RETROSCENA DELLA RESA DI
PANTELLERIA
Di Francesco Fatica
(ISSES, Istituto di Studi Storici Economici e Sociali, Napoli)
Vorrei aggiungere qualche particolare poco noto all’interessante e documentato articolo di Orazio Ferrara, che ci ha dimostrato come lo sbarco di Pantelleria non fu quell’operazione assolutamente priva di reazione e di resistenza che ci è stata gabellata per vera dai vincitori ed avallata conformisticamente perfino dagli storici della vulgata ufficiale di questa repubblica. Mi propongo anche di tracciare il disegno generale in cui va vista la resa di Pantelleria, una delle azioni più scandalose in cui si cominciò ad intravedere l’azione occulta della Massoneria Universale per provocare la sconfitta dell’Italia fascista.
Come ha dimostrato Ferrara nel suo articolo: “La caduta di Pantelleria in un documento riservato inglese. Operazione Corkscrew: lo sbarco”, pubblicato nel n. 44 di questa Rivista, ci furono batterie italiane che aprirono il fuoco per contrastare l’attacco e l’invasione. E ancora fu ostacolato lo sbarco dai fanti inglesi nel porto “dal fuoco di armi leggere, per la verità subito zittito per l’intervento di ufficiali italiani”.
Come tutti sappiamo si arrese e ordinò la resa senza combattere l’ammiraglio Pavesi, comandante in capo della Piazza di Pantelleria, e consegnò vergognosamente al nemico intatti le aviorimesse in caverna ed i depositi di carburanti e di acqua potabile stivati in bunker che nessuna delle 20 mila tonnellate di bombe lanciate sull’isola era riuscito neppure ad intaccare.
Consegnò i serbatoi citati, i depositi di viveri e munizioni e le aviorimesse in caverna intatti al nemico, secondo un concorde copione che poi si è ripetuto con impressionante e coordinata regolarità ad Augusta, nel porto di Palermo, a Siracusa ed in altre località minori, dove furono protagonisti ignominiosamente altra alti ufficiali della Regia Marina.
A proposito di questo primo inganno, che vide al vertice un ammiraglio, invito il lettore a riflettere su particolari non trascurabili: si disse falsamente che era finita l’acqua, non mancavano neanche i carburanti che erano stivati in inattaccabili bunker scavati nella roccia, inattaccabili pure le aviorimesse. Scandalosamente non furono fatti saltare né gli uni, né le altre e nemmeno le piste aeroportuali, contravvenendo con ignominia, agli ordini superiori.
Si può ragionevolmente ipotizzare quindi che fossero ritenuti validi soltanto gli ordini della Massoneria.
Furono fatte saltare, invece, sorprendentemente, tre giorni dopo lo sbarco, il 14 giugno 1943, le case del centro del paese di Pantelleria, che erano state risparmiate da 140 incursioni aeree (che avevano invece distrutto tutto intorno al porto ed all’aeroporto) case che si erano salvate anche dai bombardamenti navali.
Perché? Perché si doveva riprendere tracotantemente su pellicola cinematografica l’effetto dirompente dei bombardamenti dell’aviazione americana. Iniziavano così varie pittoresche “ricostruzioni” – fabbricate con cinematografica maestria ed apparenza di verosimiglianza – di quella serie di pellicole, che si dissero “documentarie”, ma che erano smaccatamente propagandistiche, intitolata “Combat Film”.
Secondo alcuni testimoni tuttora viventi, fu previsto un finto attacco aereo di B17 e B24, che sganciavano sacchi di sabbia, mentre gli artificieri americani facevano saltare le case, con effetti meglio mirati di quel che avrebbero fatto le bombe vere. Si salvò il castello medievale, ma soltanto perché un artificiere sbagliò qualcosa; si ebbe così il secondo caduto americano; il primo sarebbe stato ucciso dal calcio di un leggendario asino dantesco, che, evidentemente, non aveva voluto obbedire agli ordini dell’ammiraglio.
In un sussulto di resipiscenza umanitaria, ma non abbastanza per voler lasciare un tetto ai civili, avevano fatto sgombrare il paese da tutti gli abitanti, che però assistettero allo scempio dalle colline circostanti, da dove pure si facevano le riprese cinematografiche. Ma l’errore delle riprese da terra dimostra da solo che la scena è stata ripresa dopo lo sbarco, in quanto l’operatore ed i suoi assistenti mai avrebbero potuto trovarsi sul posto prima dell’invasione dal mare (1).
Per riparare all’errore lo speaker racconta oggi di una ritorsione tedesca a forza di Stukas e Messerschmitt sull’isola appena “liberata”, ma i molti testimoni non hanno visto nessun caratteristico bombardiere in picchiata, come erano gli Stukas, assolutamente non confondibili con le sagome enormi dei B17 e B24.
Pertanto, in seguito alla trasmissione su Rai Uno della scena di cui abbiamo trattato, la “Pro Loco” scrisse a Clinton, allora presidente in carica: “Come ritiene il presidente degli Stati Uniti di rimediare all’ignobile misfatto compiuto dal comandante delle forze alleate durante l’ultima guerra?”. Non risulta agli atti alcuna risposta, non sembra che se ne sia interessato il ministero degli esteri, né oggi, né allora, tanto che il presidente della “Pro Loco” si disse pronto a ricorrere all’Alta Corte dell’Aja. Ma possiamo ben immaginare come potrebbero andare queste cose.
Era soltanto il primo atto della sconfitta. Una sconfitta che si attuava secondo una impressionante previsione fatta da Badoglio. Guido Cassinelli (l’avvocato di Badoglio) ha scritto:
“Di fronte alle impazienze di taluni ambienti (…) chiesi al Maresciallo se poteva precisare il momento, sia pure soltanto indicativo per agire. Mi rispose: “O dopo la perdita della Tunisia o dopo lo sbarco in Italia”. Sarà il Badoglio più preciso nel determinare il momento quando nel novembre del 1942, davanti ad una carta geografica, ad esponenti del partito d’Azione guidati da La Malfa e del partito Comunista guidati da Amendola sentenzia: “Prevedo la caduta di Tripoli, poì sarà la volta della Tunisia, quindi le città italiane subiranno tremendi bombardamenti; infine ci sarà un’azione aero-navale e lo sbarco terrestre” (2).
Stelvio Dal Piaz, nel libro citato, commenta: “Arte divinatoria dell’anziano Maresciallo? No, si tratta del piano della Massoneria Universale concordato con i fratelli italiani”.
Sarebbe troppo lungo riportare le vicende che portarono alla scoperta documentata delle direttive segrete emanate dal grande Oriente della Massoneria Universale per il Gran Maestro del Grande Oriente Italiano. Basti per ora accennare che il colonnello Peter Arden del Servizio spionaggio militare del Secret Service di Londra, arrestato in Rsi, il 14 ottobre 1944, mentre tentava di attraversare le linee, fu trovato in possesso di documenti che aveva nascosti in un casolare vicino.
Riportato dal libro citato di Stelvio Dal Piaz, prezioso per le informazioni che ci dà, un solo documento:
“”Londra 28 luglio 1943 (tenere bene a mente questa data! N.d.r.). Al Dilettissimo e Potentissimo Fratello Venerabile Gran maestro del Grande Oriente Italiano di Rito Scozzese ed Accettato e della Grande Loggia di Rito Simbolico e affinché ne renda edotti tutti i Potentissimi Fratelli di tutti gli Orienti, riuniti nel Supremo Grande Oriente Universale, Vi esprimiamo – per mezzo del Venerabile Gran Maestro della Gran Loggia di Francia – il loro più vivo compiacimento per il gravissimo colpo inferto al satanico capo del fascismo ed al suo partito, elogiandoVi altresì per l’intensa azione svolta, ed in particolar modo per il prossimo armistizio, alla cui conclusione tanto teneva questo supremo Grande Oriente del Grande Oriente Universale. Considerato lo stato attuale della situazione internazionale ed in modo particolare quella italiana, considerata la posizione personale di Mussolini la cui cessione nelle mani degli Alleati sarà per nostra volontà contemplata nelle clausole di armistizio, il Supremo Gran Consiglio del Grande Oriente Universale Vi precisa, Potentissimo Gran Maestro, i compiti che dovete assolvere sino a quando da questo Grande Oriente del Grande Oriente Universale non Vi verranno impartite successive direttive. Pertanto i compiti alla cui realizzazione – Dilettissimo Gran maestro – dovrete immediatamente dedicarVi, mediante la collaborazione di tutti quei Potentissimi e Potenti Fratelli dell’Oriente Italiano che Voi accuratamente designerete, sono i seguenti: 1) creare caos morale e materiale in tutto il popolo italiano, le cui imperialistiche aspirazioni…(bla bla bla) 2) prendere sempre più stretto contatto con il servizio di spionaggio militare del Secret Service di Londra…(…).
Riteniamo superfluo rammentarVi, Venerabile Gran Maestro, che la Vostra azione e quella dei Potentissimi e Potenti Fratelli del Vostro oriente dovrà essere improntata alla massima decisione ed energia nei confronti di una collettività privata ormai dell’unico uomo che potesse garantire i suoi reali interessi…(…)”.
Il documento continua per un’altra pagina di ordini conditi dalla solita enunciazione di farraginosi orpelli rituali massonici.
Un altro documento è la fotografia della lettera credenziale del colonnello Arden presso il generale Carboni, capo del S.I.M. (Servizio Informazioni Militari), mittente James Mulrade, capo del Secret Service. In essa si fa riferimento ad accordi verbali presi in precedenza a Napoli con lo stesso generale Carboni e con il generale Ambrosio.
Altro documento è la lettera di Badoglio sconsideratamente abbandonata nella furia della fuga e recuperata dal colonnello Arden.
Badoglio scrisse:
“Roma, 8 settembre 1943
Il precipitare della situazione – provocato dalla improvvisa comunicazione ufficiale dell’avvenuto armistizio – impedisce la riunione da noi progettata. In ogni modo, nel caso che i tedeschi estendano in Italia la loro occupazione militare, resta fissata la realizzazione delle ultime direttive impartiteci dal Grande Oriente di Londra. Provvederò io stesso a stabilire i contatti con tutti i fratelli che verranno smistati nei rispettivi posti. F.to Badoglio” (3).
L’esposizione di Dal Piaz continua per molte pagine, io mi limito a segnalare che da esse risulta che oltre a Badoglio, a Carboni e ad Ambrosio, anche il figlio Mario di Badoglio, i generali Roatta ed Armellini, nonché Acquarone, Favagrossa, Orlando, rivestivano un alto grado nelle gerarchie massoniche. Concludo con un’ultima informazione: la Massoneria Universale nel dare disposizioni di tenere sempre più stretti contatti con “il Sovrano” rammenta “che egli, da Principe ereditario, è stato nostro simpatizzante, accolto da noi quale gradito visitatore” (4).
Ma è lo stesso “Sovrano” che non si vergogno di confessare quando, firmata la resa senza condizioni (chiamata truffaldinamente “armistizio”, anche per farla più facilmente accettare da tutti i combattenti), scriveva al duca Acquarone: “Fin dal gennaio 1943 io concretai definitivamente la decisione di porre fine al Fascismo e revocare il Capo del Governo. L’attuazione di questo, provvedimento, resa più difficile dallo stato di guerra, doveva essere minuziosamente preparata e condotta nel più assoluto segreto, mantenuto anche con le poche persone che vennero a parlarmi del malcontento del paese (5). Lei, caro duca, è stato al corrente delle mie decisioni e delle mie personali direttive; e lei sa che soltanto quelle del gennaio 1943 portarono al 25 luglio successivo” (6).
Pantelleria, dicevo, è stato soltanto il prologo dell’ultimo atto della titanica lotta “del sangue contro l’oro”, una lotta che continua con sanguinosa evidenza nel mondo. Mentre in Italia ancora oggi traspare, abbastanza per chi vi pone attenzione, l’attività occulta della Massoneria Universale e dell’imperio finanziario sionista al centro di ogni intrigo. Ma mi accorgo di aver ecceduto in considerazioni, sia pure molto interessanti e degne di essere conosciute dai molti che non ne sono stati informati, considerazioni che però ci hanno portato fuori tema.
Tornando alle vicende dell’11 giugno in Pantelleria, a conferma della cocente ripulsa ad arrendersi in quel modo ignominioso, da parte di ufficiali, soldati e marinai, mi piace raccontare un episodio significativo, che mette in risalto le virtù dei combattenti italiani anche quando l’avversa fortuna sembra non lasciare alcuna via di scampo.
Una cinquantina di difensori dell’isola, tenaci soldati e marinai che non vollero arrendersi neanche dopo lo sbarco, quando le truppe inglesi ormai stavano per raggiungere le zone più lontane dal porto, avendo tentato una impossibile guerriglia, decisero di abbandonare Pantelleria; partirono con otto barche di pescatori per un’epica traversata a vela verso la Sicilia. Ma furono intercettati e mitragliati da un cavalleresco aereo inglese. Sette barche gravemente danneggiate si capovolsero e molti naufraghi persero la vita; soltanto una piccola barca, comandata dal guardia Marina Luigi Montanari, riuscì a sfuggire al feroce mitragliamento dell’aereo inglese e ad allontanarsi col favore delle tenebre frattanto sopraggiunte.
Mantenendo la rotta a nord, si dileguarono protetti dalla notte, ma dopo qualche ora, mentre erano tesi ad ascoltare ogni più piccolo indizio del nemico in caccia, avvertirono il ronzio lontano di un motore in rapido avvicinamento. In prima ipotesi si pensò ad un mas inglese, e si ammainò la vela per passare inosservati, ma poi il tipico, inconfondibile rumore dei motori Isotta-Fraschini dei mas italiani dette la certezza di aver incontrato dei camerati; allora accesero dei fiammiferi. Furono visti ed immediatamente accostati dal battello amico, rifocillati cameratescamente e poi rimorchiati in Sicilia (7).
www.isses.it
Note:
1) Roberto Alajmo, Ciak, si bombarda, su “L’Ultima Crociata”, anno LIII – N. 5 – giugno 2003
2) Guido Cassinelli, Appunti sul 25 luglio 1943. Documenti di Azione, Ediz. Sapri, Roma, 1944, ripresi in Stelvio Dal iaz, La sconfitta necessaria dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Il ruolo della massoneria nell’azione di sabotaggio ai combattenti italiani, La Biblioteca di Babele Edizioni, Modica (RG), 2004.
3) Stelvio Dal Piaz, op. cit., pag 46.
4) Piero Barone, La capitolazione di un grande esercito, in “Storia Verità”, Roma, settembre-ottobre 2000, citato da Stelvio Dal Piaz, op. cit., p. 35.
5) Erano massoni che manovravano subdolamente secondo le direttive avute dalla loggia di londra.
6) Riportato integralmente da Mino Caudana e Arturo Assante, Dal regno del Sud al vento del Nord, C.E.N., Roma, III edizione 1963, p. 8.
7) Tullio Marcon, I muli del mare, Edizioni Storia Militare, Parma, 1998, Alberelli srl edizioni speciali 3^ edizione, pp. 138-139.
Articolo tratto STORIA DEL NOVECENTO, Anno V numero 52 luglio 2005 pagine 42-43,44
Di Francesco Fatica
(ISSES, Istituto di Studi Storici Economici e Sociali, Napoli)
Vorrei aggiungere qualche particolare poco noto all’interessante e documentato articolo di Orazio Ferrara, che ci ha dimostrato come lo sbarco di Pantelleria non fu quell’operazione assolutamente priva di reazione e di resistenza che ci è stata gabellata per vera dai vincitori ed avallata conformisticamente perfino dagli storici della vulgata ufficiale di questa repubblica. Mi propongo anche di tracciare il disegno generale in cui va vista la resa di Pantelleria, una delle azioni più scandalose in cui si cominciò ad intravedere l’azione occulta della Massoneria Universale per provocare la sconfitta dell’Italia fascista.
Come ha dimostrato Ferrara nel suo articolo: “La caduta di Pantelleria in un documento riservato inglese. Operazione Corkscrew: lo sbarco”, pubblicato nel n. 44 di questa Rivista, ci furono batterie italiane che aprirono il fuoco per contrastare l’attacco e l’invasione. E ancora fu ostacolato lo sbarco dai fanti inglesi nel porto “dal fuoco di armi leggere, per la verità subito zittito per l’intervento di ufficiali italiani”.
Come tutti sappiamo si arrese e ordinò la resa senza combattere l’ammiraglio Pavesi, comandante in capo della Piazza di Pantelleria, e consegnò vergognosamente al nemico intatti le aviorimesse in caverna ed i depositi di carburanti e di acqua potabile stivati in bunker che nessuna delle 20 mila tonnellate di bombe lanciate sull’isola era riuscito neppure ad intaccare.
Consegnò i serbatoi citati, i depositi di viveri e munizioni e le aviorimesse in caverna intatti al nemico, secondo un concorde copione che poi si è ripetuto con impressionante e coordinata regolarità ad Augusta, nel porto di Palermo, a Siracusa ed in altre località minori, dove furono protagonisti ignominiosamente altra alti ufficiali della Regia Marina.
A proposito di questo primo inganno, che vide al vertice un ammiraglio, invito il lettore a riflettere su particolari non trascurabili: si disse falsamente che era finita l’acqua, non mancavano neanche i carburanti che erano stivati in inattaccabili bunker scavati nella roccia, inattaccabili pure le aviorimesse. Scandalosamente non furono fatti saltare né gli uni, né le altre e nemmeno le piste aeroportuali, contravvenendo con ignominia, agli ordini superiori.
Si può ragionevolmente ipotizzare quindi che fossero ritenuti validi soltanto gli ordini della Massoneria.
Furono fatte saltare, invece, sorprendentemente, tre giorni dopo lo sbarco, il 14 giugno 1943, le case del centro del paese di Pantelleria, che erano state risparmiate da 140 incursioni aeree (che avevano invece distrutto tutto intorno al porto ed all’aeroporto) case che si erano salvate anche dai bombardamenti navali.
Perché? Perché si doveva riprendere tracotantemente su pellicola cinematografica l’effetto dirompente dei bombardamenti dell’aviazione americana. Iniziavano così varie pittoresche “ricostruzioni” – fabbricate con cinematografica maestria ed apparenza di verosimiglianza – di quella serie di pellicole, che si dissero “documentarie”, ma che erano smaccatamente propagandistiche, intitolata “Combat Film”.
Secondo alcuni testimoni tuttora viventi, fu previsto un finto attacco aereo di B17 e B24, che sganciavano sacchi di sabbia, mentre gli artificieri americani facevano saltare le case, con effetti meglio mirati di quel che avrebbero fatto le bombe vere. Si salvò il castello medievale, ma soltanto perché un artificiere sbagliò qualcosa; si ebbe così il secondo caduto americano; il primo sarebbe stato ucciso dal calcio di un leggendario asino dantesco, che, evidentemente, non aveva voluto obbedire agli ordini dell’ammiraglio.
In un sussulto di resipiscenza umanitaria, ma non abbastanza per voler lasciare un tetto ai civili, avevano fatto sgombrare il paese da tutti gli abitanti, che però assistettero allo scempio dalle colline circostanti, da dove pure si facevano le riprese cinematografiche. Ma l’errore delle riprese da terra dimostra da solo che la scena è stata ripresa dopo lo sbarco, in quanto l’operatore ed i suoi assistenti mai avrebbero potuto trovarsi sul posto prima dell’invasione dal mare (1).
Per riparare all’errore lo speaker racconta oggi di una ritorsione tedesca a forza di Stukas e Messerschmitt sull’isola appena “liberata”, ma i molti testimoni non hanno visto nessun caratteristico bombardiere in picchiata, come erano gli Stukas, assolutamente non confondibili con le sagome enormi dei B17 e B24.
Pertanto, in seguito alla trasmissione su Rai Uno della scena di cui abbiamo trattato, la “Pro Loco” scrisse a Clinton, allora presidente in carica: “Come ritiene il presidente degli Stati Uniti di rimediare all’ignobile misfatto compiuto dal comandante delle forze alleate durante l’ultima guerra?”. Non risulta agli atti alcuna risposta, non sembra che se ne sia interessato il ministero degli esteri, né oggi, né allora, tanto che il presidente della “Pro Loco” si disse pronto a ricorrere all’Alta Corte dell’Aja. Ma possiamo ben immaginare come potrebbero andare queste cose.
Era soltanto il primo atto della sconfitta. Una sconfitta che si attuava secondo una impressionante previsione fatta da Badoglio. Guido Cassinelli (l’avvocato di Badoglio) ha scritto:
“Di fronte alle impazienze di taluni ambienti (…) chiesi al Maresciallo se poteva precisare il momento, sia pure soltanto indicativo per agire. Mi rispose: “O dopo la perdita della Tunisia o dopo lo sbarco in Italia”. Sarà il Badoglio più preciso nel determinare il momento quando nel novembre del 1942, davanti ad una carta geografica, ad esponenti del partito d’Azione guidati da La Malfa e del partito Comunista guidati da Amendola sentenzia: “Prevedo la caduta di Tripoli, poì sarà la volta della Tunisia, quindi le città italiane subiranno tremendi bombardamenti; infine ci sarà un’azione aero-navale e lo sbarco terrestre” (2).
Stelvio Dal Piaz, nel libro citato, commenta: “Arte divinatoria dell’anziano Maresciallo? No, si tratta del piano della Massoneria Universale concordato con i fratelli italiani”.
Sarebbe troppo lungo riportare le vicende che portarono alla scoperta documentata delle direttive segrete emanate dal grande Oriente della Massoneria Universale per il Gran Maestro del Grande Oriente Italiano. Basti per ora accennare che il colonnello Peter Arden del Servizio spionaggio militare del Secret Service di Londra, arrestato in Rsi, il 14 ottobre 1944, mentre tentava di attraversare le linee, fu trovato in possesso di documenti che aveva nascosti in un casolare vicino.
Riportato dal libro citato di Stelvio Dal Piaz, prezioso per le informazioni che ci dà, un solo documento:
“”Londra 28 luglio 1943 (tenere bene a mente questa data! N.d.r.). Al Dilettissimo e Potentissimo Fratello Venerabile Gran maestro del Grande Oriente Italiano di Rito Scozzese ed Accettato e della Grande Loggia di Rito Simbolico e affinché ne renda edotti tutti i Potentissimi Fratelli di tutti gli Orienti, riuniti nel Supremo Grande Oriente Universale, Vi esprimiamo – per mezzo del Venerabile Gran Maestro della Gran Loggia di Francia – il loro più vivo compiacimento per il gravissimo colpo inferto al satanico capo del fascismo ed al suo partito, elogiandoVi altresì per l’intensa azione svolta, ed in particolar modo per il prossimo armistizio, alla cui conclusione tanto teneva questo supremo Grande Oriente del Grande Oriente Universale. Considerato lo stato attuale della situazione internazionale ed in modo particolare quella italiana, considerata la posizione personale di Mussolini la cui cessione nelle mani degli Alleati sarà per nostra volontà contemplata nelle clausole di armistizio, il Supremo Gran Consiglio del Grande Oriente Universale Vi precisa, Potentissimo Gran Maestro, i compiti che dovete assolvere sino a quando da questo Grande Oriente del Grande Oriente Universale non Vi verranno impartite successive direttive. Pertanto i compiti alla cui realizzazione – Dilettissimo Gran maestro – dovrete immediatamente dedicarVi, mediante la collaborazione di tutti quei Potentissimi e Potenti Fratelli dell’Oriente Italiano che Voi accuratamente designerete, sono i seguenti: 1) creare caos morale e materiale in tutto il popolo italiano, le cui imperialistiche aspirazioni…(bla bla bla) 2) prendere sempre più stretto contatto con il servizio di spionaggio militare del Secret Service di Londra…(…).
Riteniamo superfluo rammentarVi, Venerabile Gran Maestro, che la Vostra azione e quella dei Potentissimi e Potenti Fratelli del Vostro oriente dovrà essere improntata alla massima decisione ed energia nei confronti di una collettività privata ormai dell’unico uomo che potesse garantire i suoi reali interessi…(…)”.
Il documento continua per un’altra pagina di ordini conditi dalla solita enunciazione di farraginosi orpelli rituali massonici.
Un altro documento è la fotografia della lettera credenziale del colonnello Arden presso il generale Carboni, capo del S.I.M. (Servizio Informazioni Militari), mittente James Mulrade, capo del Secret Service. In essa si fa riferimento ad accordi verbali presi in precedenza a Napoli con lo stesso generale Carboni e con il generale Ambrosio.
Altro documento è la lettera di Badoglio sconsideratamente abbandonata nella furia della fuga e recuperata dal colonnello Arden.
Badoglio scrisse:
“Roma, 8 settembre 1943
Il precipitare della situazione – provocato dalla improvvisa comunicazione ufficiale dell’avvenuto armistizio – impedisce la riunione da noi progettata. In ogni modo, nel caso che i tedeschi estendano in Italia la loro occupazione militare, resta fissata la realizzazione delle ultime direttive impartiteci dal Grande Oriente di Londra. Provvederò io stesso a stabilire i contatti con tutti i fratelli che verranno smistati nei rispettivi posti. F.to Badoglio” (3).
L’esposizione di Dal Piaz continua per molte pagine, io mi limito a segnalare che da esse risulta che oltre a Badoglio, a Carboni e ad Ambrosio, anche il figlio Mario di Badoglio, i generali Roatta ed Armellini, nonché Acquarone, Favagrossa, Orlando, rivestivano un alto grado nelle gerarchie massoniche. Concludo con un’ultima informazione: la Massoneria Universale nel dare disposizioni di tenere sempre più stretti contatti con “il Sovrano” rammenta “che egli, da Principe ereditario, è stato nostro simpatizzante, accolto da noi quale gradito visitatore” (4).
Ma è lo stesso “Sovrano” che non si vergogno di confessare quando, firmata la resa senza condizioni (chiamata truffaldinamente “armistizio”, anche per farla più facilmente accettare da tutti i combattenti), scriveva al duca Acquarone: “Fin dal gennaio 1943 io concretai definitivamente la decisione di porre fine al Fascismo e revocare il Capo del Governo. L’attuazione di questo, provvedimento, resa più difficile dallo stato di guerra, doveva essere minuziosamente preparata e condotta nel più assoluto segreto, mantenuto anche con le poche persone che vennero a parlarmi del malcontento del paese (5). Lei, caro duca, è stato al corrente delle mie decisioni e delle mie personali direttive; e lei sa che soltanto quelle del gennaio 1943 portarono al 25 luglio successivo” (6).
Pantelleria, dicevo, è stato soltanto il prologo dell’ultimo atto della titanica lotta “del sangue contro l’oro”, una lotta che continua con sanguinosa evidenza nel mondo. Mentre in Italia ancora oggi traspare, abbastanza per chi vi pone attenzione, l’attività occulta della Massoneria Universale e dell’imperio finanziario sionista al centro di ogni intrigo. Ma mi accorgo di aver ecceduto in considerazioni, sia pure molto interessanti e degne di essere conosciute dai molti che non ne sono stati informati, considerazioni che però ci hanno portato fuori tema.
Tornando alle vicende dell’11 giugno in Pantelleria, a conferma della cocente ripulsa ad arrendersi in quel modo ignominioso, da parte di ufficiali, soldati e marinai, mi piace raccontare un episodio significativo, che mette in risalto le virtù dei combattenti italiani anche quando l’avversa fortuna sembra non lasciare alcuna via di scampo.
Una cinquantina di difensori dell’isola, tenaci soldati e marinai che non vollero arrendersi neanche dopo lo sbarco, quando le truppe inglesi ormai stavano per raggiungere le zone più lontane dal porto, avendo tentato una impossibile guerriglia, decisero di abbandonare Pantelleria; partirono con otto barche di pescatori per un’epica traversata a vela verso la Sicilia. Ma furono intercettati e mitragliati da un cavalleresco aereo inglese. Sette barche gravemente danneggiate si capovolsero e molti naufraghi persero la vita; soltanto una piccola barca, comandata dal guardia Marina Luigi Montanari, riuscì a sfuggire al feroce mitragliamento dell’aereo inglese e ad allontanarsi col favore delle tenebre frattanto sopraggiunte.
Mantenendo la rotta a nord, si dileguarono protetti dalla notte, ma dopo qualche ora, mentre erano tesi ad ascoltare ogni più piccolo indizio del nemico in caccia, avvertirono il ronzio lontano di un motore in rapido avvicinamento. In prima ipotesi si pensò ad un mas inglese, e si ammainò la vela per passare inosservati, ma poi il tipico, inconfondibile rumore dei motori Isotta-Fraschini dei mas italiani dette la certezza di aver incontrato dei camerati; allora accesero dei fiammiferi. Furono visti ed immediatamente accostati dal battello amico, rifocillati cameratescamente e poi rimorchiati in Sicilia (7).
www.isses.it
Note:
1) Roberto Alajmo, Ciak, si bombarda, su “L’Ultima Crociata”, anno LIII – N. 5 – giugno 2003
2) Guido Cassinelli, Appunti sul 25 luglio 1943. Documenti di Azione, Ediz. Sapri, Roma, 1944, ripresi in Stelvio Dal iaz, La sconfitta necessaria dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Il ruolo della massoneria nell’azione di sabotaggio ai combattenti italiani, La Biblioteca di Babele Edizioni, Modica (RG), 2004.
3) Stelvio Dal Piaz, op. cit., pag 46.
4) Piero Barone, La capitolazione di un grande esercito, in “Storia Verità”, Roma, settembre-ottobre 2000, citato da Stelvio Dal Piaz, op. cit., p. 35.
5) Erano massoni che manovravano subdolamente secondo le direttive avute dalla loggia di londra.
6) Riportato integralmente da Mino Caudana e Arturo Assante, Dal regno del Sud al vento del Nord, C.E.N., Roma, III edizione 1963, p. 8.
7) Tullio Marcon, I muli del mare, Edizioni Storia Militare, Parma, 1998, Alberelli srl edizioni speciali 3^ edizione, pp. 138-139.
Articolo tratto STORIA DEL NOVECENTO, Anno V numero 52 luglio 2005 pagine 42-43,44
Nessun commento:
Posta un commento