sabato 23 gennaio 2021

LO SBARCO DI NETTUNIA (EDIZIONI)

Lo sbarco di Nettunia

II EDIZIONE

Pietro Cappellari

 

Grazie a questo lavoro si possono scoprire fatti e che smentiscono, in larga misura, la vulgata a proposito del celebre evento

La Herald Editore ha dato alle stampe la seconda edizione dello studio del Dott. Pietro Cappellari Lo sbarco di Nettunia e la battaglia di Roma. Esaurita la prima edizione, la casa editrice romana ha deciso di ristampare il volume che ormai è diventato uno dei capisaldi della storiografia italiana sulla Seconda Guerra Mondiale. La presentazione del volume in quarta di copertina è sempre del Prof. Alberto B. Mariantoni, grande studioso e uomo di cultura scomparso improvvisamente nel 2012. Si tratta di una presentazione che vale la pena leggere, in quanto riassume tutta l’importanza dell’opera di Cappellari:

«Tempo di Storia, con la “S” maiuscola. Tempo di immancabile e doverosa rimessa in discussione degli innumerevoli miti e delle vanagloriose leggende di guerra dei soliti “liberatori”. Tempo, in fine, di una oggettiva e salutare rivalutazione di tutti quegli Italiani che, per libera scelta e piena determinazione, rifiutando l’armistizio e il tradimento regio dell’8 Settembre 1943, ebbero il coraggio di lanciare intrepidamente il loro cuore oltre l’ostacolo, e di contrastare valorosamente metro per metro, con il loro volontario ed esemplare sacrificio, il rullo compressore dell’incontenibile invasione militare angloamericana, fino dentro le mura di Roma.
In una frase: tempo di ritorno alla realtà dei fatti. In particolare, in questo […] lavoro, Cappellari ci permette di penetrare negli anfratti nascosti e fino ad ora proibiti della genuina ricerca storica e di scoprire, meravigliati e sorpresi, una serie di fatti e di situazioni che smentiscono, in larga misura, la vulgata a proposito del celebre sbarco angloamericano di Nettunia. Scopriamo, al momento dello sbarco alleato sulle spiagge di Nettunia, l’eroismo dei soldati germanici, dei Paracadutisti del “Folgore”, dei Marò del “Barbarigo”, degli uomini delle SS italiane, degli equipaggi dei barchini esplosivi della Xa MAS, nel tentativo di contrastare e respingere le forze di invasione angloamericane. L’abnegazione e il coraggio di 40 studenti italiani dei Gruppi Universitari Fascisti, volontari nella Luftwaffe, che furono in grado, nella zona di Cisterna, di ostacolare i reiterati assalti dei Paracadutisti statunitensi. L’eroica morte di Carlo Faggioni dei reparti Aerosiluranti italiani. L’epopea dei cecchini fascisti di Roma che, per ben tre giorni, combatterono contro gli Statunitensi una guerra dimenticata da tutti. Scopriamo parimenti la fandonia di “Angelita di Anzio” (Angelita non è mai esistita!) e la Resistenza immaginaria… sui Colli Albani e i Monti Lepini (salvo casi di violenza personale ad Ariccia e a Palestrina…). Pietro Cappellari, in questa sua istruttiva ed accattivante opera, ci parla di moltissimi altri episodi che, fino ad oggi, sono stati volutamente celati e colpevolmente “coperti”, agli ignari cittadini, dall’antifascismo italiano del secondo dopoguerra. Ci parla, in particolare, dei territori laziali “liberati”; del mercato nero organizzato dai soldati USA con la collaborazione di delinquenti comuni e di incalliti imbroglioni italiani. Ci racconta di Am-Lire e di prostituzione (le famose “signorine”… così care ai GI’s statunitensi).
Insomma – il va sans dire… – è un libro assolutamente da leggere e da fare leggere, da meditare e da fare meditare».

Primo Arcovazzi


 

(da IL GIORNALE d'ITALIA http://www.ilgiornaleditalia.org/news/cultura/881870/-Lo-Sbarco-di-Nettunia-.html )


 

 

domenica 17 gennaio 2021

IL " PIANO BRITANNIA " E IL SACCO D' ITALIA

IL " PIANO BRITANNIA " E IL SACCO D' ITALIA

Di Reporter

Era il 1992, all’improvviso un’intera classe politica dirigente crollava sotto i colpi delle indagini giudiziarie. Da oltre quarant’anni era stata al potere. Gli italiani avevano sospettato a lungo che il sistema politico si basasse sulla corruzione e sul clientelismo. Ma nulla aveva potuto scalfirlo. Né le denunce, né le proteste popolari
(talvolta represse nel sangue), né i casi di connivenza con la mafia, che di tanto in tanto salivano alla cronaca. Ma ecco che, improvvisamente, il sistema crollava.
Cos’era successo da fare in modo che gli italiani potessero avere, inaspettatamente, la soddisfazione di constatare che i loro sospetti sulla corruzione del sistema politico erano reali? Mentre l’attenzione degli italiani era puntata sullo scandalo delle tangenti, il governo italiano stava prendendo decisioni importantissime per il futuro del paese. Con l’uragano di “Tangentopoli” gli italiani credettero che potesse iniziare un periodo migliore per l’Italia. Ma in segreto, il governo stava attuando politiche che avrebbero peggiorato il futuro del paese. Numerose aziende saranno svendute, persino la Banca d’Italia sarà messa in vendita. La svendita venne chiamata “privatizzazione”.
Anni dopo, l’ex ministro Scotti confesserà a Cirino Pomicino: “Tutto nacque da una comunicazione riservata fattami dal capo della polizia Parisi che, sulla base di un lavoro di intelligence svolto dal Sisde e supportato da informazioni confidenziali, parlava di riunioni internazionali nelle quali sarebbero state decise azioni destabilizzanti sia con attentati mafiosi sia con indagini giudiziarie nei confronti dei leaders dei partiti di governo”. Una delle riunioni di cui parlava Scotti si svolse il 2 giugno del 1992, sul panfilo Britannia , in navigazione lungo le coste siciliane.
Sul panfilo c’erano alcuni appartenenti all’élite di potere anglo-americana, come i reali britannici e i grandi banchieri delle banche a cui si rivolgerà il governo italiano durante la fase delle privatizzazioni (Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers). In quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane e la Banca d’Italia, e come far crollare il vecchio sistema politico per insediarne un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione parteciparono anche diversi italiani, come Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, il dirigente dell’Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell’Iri Riccardo Galli. Gli intrighi decisi sulla Britannia avrebbero permesso agli anglo-americani di mettere le mani sul 48% delle aziende italiane, fra le quali c’erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle, la Perugina e la Galbani. La stampa martellava su “Mani pulite”, facendo intendere che da quell’evento sarebbero derivati grandi cambiamenti. Nel giugno 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato. Si trattava di un personaggio in armonia con gli speculatori che ambivano ad appropriarsi dell’Italia. Infatti, Amato, per iniziare le privatizzazioni, si affrettò a consultare il centro del potere finanziario internazionale: le tre grandi banche di Wall Street, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers. Appena salito al potere, Amato trasformò gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l’élite finanziaria li potesse controllare, e in seguito rilevare. L’inizio fu concertato dal Fondo Monetario Internazionale, che, come aveva fatto in altri paesi, voleva privatizzare selvaggiamente e svalutare la nostra moneta, per agevolare il dominio economico-finanziario dell’élite. L’incarico di far crollare l’economia italiana venne dato a George Soros, un cittadino americano che tramite informazioni ricevute dai Rothschild, con la complicità di alcune autorità italiane, riuscì a far crollare la nostra moneta e le azioni di molte aziende italiane. Soros ebbe l’incarico, da parte dei banchieri anglo-americani, di attuare una serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli riceveva dall’élite finanziaria.

Egli fece attacchi speculativi degli hedge funds per far crollare la lira. 

A causa di questi attacchi, il 5 novembre del 1993 la lira perse il 30% del suo valore, e anche negli anni successivi subì svalutazioni. Le reti della Banca Rothschild, attraverso il direttore Richard Katz, misero le mani sull’Eni, che venne svenduta. Il gruppo Rothschild ebbe un ruolo preminente anche sulle altre privatizzazioni, compresa quella della Banca d’Italia. C’erano stretti legami fra il Quantum Fund di George Soros e i Rothschild. Ma anche numerosi altri membri dell’élite finanziaria anglo-americana, come Alfred Hartmann e Georges C. Karlweis, furono coinvolti nei processi di privatizzazione delle aziende e della Banca d’Italia. La Rothschild Italia Spa, filiale di Milano della Rothschild & Sons di Londra, venne creata nel 1989, sotto la direzione di Richard Katz. Quest’ultimo diventò direttore del Quantum Fund di Soros nel periodo delle speculazioni a danno della lira. Soros era stato incaricato dai Rothschild di attuare una serie di speculazioni contro la sterlina, il marco e la lira, per destabilizzare il sistema Monetario Europeo. Sempre per conto degli stessi committenti, egli fece diverse speculazioni contro le monete di alcuni paesi asiatici, come l’Indonesia e la Malesia. Dopo la distruzione finanziaria dell’Europa e dell’Asia, Soros venne incaricato di creare una rete per la diffusione degli stupefacenti in Europa. In seguito, i Rothschild, fedeli al loro modo di fare, cercarono di far cadere la responsabilità del crollo economico italiano su qualcun altro. Attraverso una serie di articoli pubblicati sul Financial Times, accusarono la Germania, sostenendo che la Bundesbank aveva attuato operazioni di aggiotaggio contro la lira. L’accusa non reggeva, perché i vantaggi del crollo della lira e della svendita delle imprese italiane andarono agli anglo-americani. La privatizzazione è stata un saccheggio, che ancora continua. Spiega Paolo Raimondi, del Movimento Solidarietà: Abbiamo avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell’economia produttiva e l’esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia di destabilizzazione riparte oggi, quando l’Europa continentale viene nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del Ponte di Sviluppo Eurasiatico. Qualche anno dopo la magistratura italiana procederà contro Soros, ma senza alcun successo. Nell’ottobre del 1995, il presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili-Solidarietà, Paolo Raimondi, presentò un esposto alla magistratura per aprire un’inchiesta sulle attività speculative di Soros & Co, che avevano colpito la lira. L’attacco speculativo di Soros, gli aveva permesso di impossessarsi di 15.000 miliardi di lire. Per contrastare l’attacco, l’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, bruciò inutilmente 48 miliardi di dollari. Su Soros indagarono le Procure della Repubblica di Roma e di Napoli, che fecero luce anche sulle attività della Banca d’Italia nel periodo del crollo della lira. Soros venne accusato di aggiotaggio e insider trading, avendo utilizzato informazioni riservate che gli permettevano di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e valori delle monete. Spiegano il Presidente e il segretario generale del “Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà”, durante l’esposto contro Soros: È stata… annotata nel 1992 l ‘esistenza… di un contatto molto stretto e particolare del sig. Soros conGerald Carrigan, presidente della Federal Reserve Bank di New York, che fa parte dell’apparato della Banca centrale americana, luogo di massima circolazione di informazioni economiche riservate, il quale, stranamente, una volta dimessosi da questo posto, venne poi immediatamente assunto a tempo pieno dalla finanziaria “Goldman Sachs & co.” come presidente dei consiglieri internazionali. La Goldman Sachs è uno dei centri della grande speculazione sui derivati e sulle monete a livello mondiale. La Goldman Sachs è anche coinvolta in modo diretto nella politica delle privatizzazioni in Italia. In Italia inoltre, il sig. Soros conta sulla strettissima collaborazione del sig. Isidoro Albertini, ex presidente degli agenti di cambio della Borsa di Milano e attuale presidente della “Albertini e co. SIM” di Milano, una delle ditte guida nel settore speculativo dei derivati. Albertini è membro del consiglio di amministrazione del “Quantum Fund” di Soros. III.




L’attacco speculativo contro la lira del settembre 1992 era stato preceduto e preparato dal famoso incontro del 2 giugno 1992 sullo yacht “Britannia” della regina Elisabetta II d’Inghilterra, dove i massimi rappresentanti della finanza internazionale, soprattutto britannica, impegnati nella grande speculazione dei derivati, come la S. G. Warburg, la Barings e simili, si incontrarono con la controparte italiana guidata da Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, e dal futuro ministro Beniamino Andreatta, per pianificare la privatizzazione dell’industria di stato italiana. A seguito dell’attacco speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del 30%, codesta privatizzazione sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano e dell’economia nazionale e dell’occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all’incontro del Britannia avevano già ottenuto l’autorizzazione da parte di uomini di governo come Mario Draghi, di studiare e programmare le privatizzazioni stesse. Qui ci si riferisce per esempio alla Warburg, alla Morgan Stanley, solo per fare due tra gli esempi più noti. L’agenzia stampa EIR (Executive Intelligence Review) ha denunciato pubblicamente questa sordida operazione alla fine del 1992 provocando una serie di interpellanze parlamentari e di discussioni politiche che hanno avuto il merito di mettere in discussione l’intero procedimento, alquanto singolare, di privatizzazione. I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l’allora Direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all’allora capo del governo Giuliano Amato e al Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi. Alcune autorità italiane (come Dini) fecero il doppio gioco: denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori. Amato aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non conveniente ai lavoratori, per la “necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo”, pur sapendo che l’Italia ne sarebbe uscita a causa delle imminenti speculazioni. Gli attacchi all’economia italiana andarono avanti per tutti gli anni Novanta, fino a quando il sistema economico- finanziario italiano non cadde sotto il completo controllo dell’élite.
Nel gennaio del 1996, nel rapporto semestrale sulla politica informativa e della sicurezza, il Presidente del Consiglio Lamberto Dini disse: I mercati valutari e le borse delle principali piazze mondiali continuano a registrare correnti speculative ai danni della nostra moneta, originate, specie in passaggi delicati della vita politico-istituzionale, dalla diffusione incontrollata di notizie infondate riguardanti la compagine governativa e da anticipazioni di dati oggetto delle periodiche comunicazioni sui prezzi al consumo… è possibile attendersi la reiterazione di manovre speculative fraudolente, considerato il persistere di una fase congiunturale interna e le scadenze dell’unificazione monetaria. Il giorno dopo, il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, riferiva che l’Italia non poteva far nulla contro le correnti speculative sui mercati dei cambi, perché “se le banche di emissione tentano di far cambiare direzione o di fermare il vento (delle operazioni finanziarie) non ce la fanno per la dimensione delle masse in movimento sui mercati rispetto alla loro capacità di fuoco”. Le nostre autorità denunciavano il potere dell’élite internazionale, ma gettavano la spugna, ritenendo inevitabili quegli eventi. Era in gioco il futuro economico-finanziario del paese, ma nessuna autorità italiana pensava di poter fare qualcosa contro gli attacchi destabilizzanti dell’élite anglo-americana.



Il Movimento Solidarietà fu l’unico a denunciare quello che stava effettivamente accadendo, additando i veri responsabili del crollo dell’economia italiana. Il 28 giugno 1993, il Movimento Solidarietà svolse una conferenza a Milano, in cui rese nota a tutti la riunione sul Britannia e quello che ne era derivato. Il 6 novembre 1993, l ‘allora presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi scrisse una lettera al procuratore capo della Repubblica di Roma, Vittorio Mele, per avviare “le procedure relative al delitto previsto all’art. 501 del codice penale (“Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”), considerato nell’ipotesi delle aggravanti in esso contenute”. Anche a Ciampi era evidente il reato di aggiotaggio da parte di Soros, che aveva operato contro la lira e i titoli quotati in Borsa delle nostre aziende. Anche negli anni successivi avvennero altre privatizzazioni, senza regole precise e a prezzi di favore. Che stesse cambiando qualcosa, gli italiani lo capivano dal cambio di nome delle aziende, la Sip era diventata Telecom Italia e le Ferrovie dello Stato erano diventate Trenitalia. Il decreto legislativo 79/99 avrebbe permesso la privatizzazione delle aziende energetiche. Nel settore del gas e dell’elettricità apparvero numerose aziende private, oggi circa 300. Dal 24 febbraio del 1998, anche le Poste Italiane diventarono una S.p.a. In seguito alla privatizzazione delle Poste, i costi postali sono aumentati a dismisura e i lavoratori postali vengono assunti con contratti precari. Oltre 400 uffici postali sono stati chiusi, e quelli rimasti aperti appaiono come luoghi di vendita più che di servizio. Le nostre autorità giustificavano la svendita delle privatizzazioni dicendo che si doveva “risanare il bilancio pubblico”, ma non specificavano che si trattava di pagare altro denaro alle banche, in cambio di banconote che valevano come la carta straccia.
A guadagnare sarebbero state soltanto le banche e i pochi imprenditori già ricchi (Benetton, Tronchetti Provera, Pirelli, Colaninno, Gnutti e pochi altri). Si diceva che le privatizzazioni avrebbero migliorato la gestione delle aziende, ma in realtà, in tutti i casi, si sono verificati disastri di vario genere, e il rimedio è stato pagato dai cittadini italiani. Le nostre aziende sono state svendute ad imprenditori che quasi sempre agivano per conto dell’élite finanziaria, da cui ricevevano le somme per l’acquisto. La privatizzazione della Telecom avvenne nell’ottobre del 1997. Fu venduta a 11,82 miliardi di euro, ma alla fine si incassarono soltanto 7,5 miliardi. La società fu rilevata da un gruppo di imprenditori e banche., e al Ministero del Tesoro rimase una quota del 3,5%. Il piano per il controllo di Telecom aveva la regia nascosta della Merril Lynch, del Gruppo Bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e della Chase Manhattan Bank. Alla fine del 1998, il titolo aveva perso il 20% (4,33 euro). Le banche dell’élite, la Chase Manhattan e laLehman Brothers, si fecero avanti per attuare un’opa. Attraverso Colaninno, che ricevette finanziamenti dalla Chase Manhattan, l’Olivetti diventò proprietaria di Telecom. L’Olivetti era controllata dalla Bell, una società con sede a Lussemburgo, a sua volta controllata dalla Hopa di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno. Il titolo, che durante l’opa era stato fatto salire a 20 euro, nel giro un anno si dimezzò.
Dopo pochi anni finirà sotto i tre euro.
Nel 2001 la Telecom si trovava in gravi difficoltà, le azioni continuavano a scendere. La Bell di Gnutti e la Unipol di Consorte decisero di vendere a Tronchetti Provera buona parte loro quota azionaria in Olivetti. Il presidente di Pirelli, finanziato dalla J. P. Morgan, ottenne il controllo su Telecom, attraverso la finanziaria Olimpia, creata con la famiglia Benetton (sostenuta da Banca Intesa e Unicredit). Dopo dieci anni dalla privatizzazione della Telecom, il bilancio è disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone sono state licenziate, i titoli azionari hanno fatto perdere molto denaro ai risparmiatori, i costi per gli utenti sono aumentati e la società è in perdita. La privatizzazione, oltre che un saccheggio, veniva ad essere anche un modo per truffare i piccoli azionisti. La Telecom , come molte altre società, ha posto la sua sede in paesi esteri, per non pagare le tasse allo Stato italiano. Oltre a perdere le aziende, gli italiani sono stati privati anche degli introiti fiscali di quelle aziende. La Bell, società che controllava la Telecom Italia, aveva sede in Lussemburgo, e aveva all’interno società con sede alle isole Cayman, che, com’è noto, sono un paradiso fiscale. Gli speculatori finanziari basano la loro attività sull’esistenza di questi paradisi fiscali, dove non è possibile ottenere informazioni nemmeno alle autorità giudiziarie. I paradisi fiscali hanno permesso agli speculatori di distruggere le economie di interi paesi, eppure i media non parlano mai di questo gravissimo problema.
Mettere un’azienda importante come quella telefonica in mani private significa anche non tutelare la privacy dei cittadini, che infatti è stata più volte calpestata, com’è emerso negli ultimi anni. Anche per le altre privatizzazioni, Autostrade, Poste Italiane, Trenitalia ecc., si sono verificate le medesime devastazioni: licenziamenti, truffe a danno dei risparmiatori, degrado del servizio, spreco di denaro pubblico, cattiva amministrazione e problemi di vario genere. La famiglia Benetton è diventata azionista di maggioranza delle Autostrade. Il contratto di privatizzazione delle Autostrade dava vantaggi soltanto agli acquirenti, facendo rimanere l’onere della manutenzione sulle spalle dei contribuenti. I Benetton hanno incassato un bel po’ di denaro grazie alla fusione di Autostrade con il gruppo spagnolo Abertis. La fusione è avvenuta con la complicità del governo Prodi, che in seguito ad un vertice con Zapatero, ha deciso di autorizzarla. Antonio Di Pietro, Ministro delle Infrastrutture, si era opposto, ma ha alla fine si è piegato alle proteste dell’Unione Europea e alla politica del Presidente del Consiglio. Nonostante i disastri delle privatizzazioni, le nostre autorità governative non hanno alcuna intenzione di rinazionalizzare le imprese allo sfacelo, anzi, sono disposte ad utilizzare denaro pubblico per riparare ai danni causati dai privati. La società Trenitalia è stata portata sull’orlo del fallimento. In pochi anni il servizio è diventato sempre più scadente, i treni sono sempre più sporchi, il costo dei biglietti continua a salire e risultano numerosi disservizi. A causa dei tagli al personale (ad esempio, non c’è più il secondo conducente), si sono verificati diversi incidenti (anche mortali). Nel 2006, l ‘amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, si è presentato ad una audizione alla commissione Lavori Pubblici del Senato, per battere cassa, confessando un buco di un miliardo e settecento milioni di euro, che avrebbe potuto portare la società al fallimento. Nell’ottobre del 2006, il Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, approvò il piano di ricapitalizzazione proposto da Trenitalia. Altro denaro pubblico ad un’azienda privatizzata ridotta allo sfacelo. Dietro tutto questo c’era l’élite economico finanziaria (Morgan, Schiff, Harriman, Kahn, Warburg,Rockfeller, Rothschild ecc.) che ha agito preparando un progetto di devastazione dell’economia italiana, e lo ha attuato valendosi di politici, di finanzieri e di imprenditori.
Nascondersi è facile in un sistema in cui le banche o le società possono assumere il controllo di altre società o banche. Questo significa che è sempre difficile capire veramente chi controlla le società privatizzate. E’ simile al gioco delle scatole cinesi, come spiega Giuseppe Turani: “Colaninno & soci controllano al 51% la Hopa, che controlla il 56,6% della Bell, che controlla il 13,9% della Olivetti, che controlla il 70% della Tecnost, che controlla il 52% della Telecom”. Numerose aziende di imprenditori italiani sono state distrutte dal sistema dei mercati finanziari, ad esempio la Cirio e la Parmalat. Queste aziende hanno truffato i risparmiatori vendendo obbligazioni societarie (“Bond”) con un alto margine di rischio. La Parmalat emise Bond per un valore di 7 miliardi di euro, e allo stesso tempo attuò operazioni finanziarie speculative, e si indebitò. Per non far scendere il valore delle azioni (e per venderne altre) truccava i bilanci. Le banche nazionali e internazionali sostenevano la situazione perché per loro vantaggiosa, e l’agenzia di rating, Standard & Poor’s, si è decisa a declassare la Parmalat soltanto quando la truffa era ormai nota a tutti. I risparmiatori truffati hanno avviato una procedura giudiziaria contro Calisto Tanzi, Fausto Tonna, Coloniale S.p.a. (società della famiglia Tanzi), Citigroup, Inc. (società finanziaria americana), Buconero LLC (società che faceva capo a Citigroup), Zini & Associates (una compagnia finanziaria americana), Deloitte Touche Tohmatsu (organizzazione che forniva consulenza e servizi professionali), Deloitte & Touche SpA (società di revisione contabile), Grant Thornton International (società di consulenza finanziaria) e Grant Thornton S.p.a. (società incaricata della revisione contabile del sottogruppo Parmalat S.p.a.). La Cirio era gestita dalla Cragnotti & Partners. I “Partners” non erano altro che una serie di banche nazionali e internazionali. La Cirio emise Bond per circa 1.125 milioni di Euro. Molte di queste obbligazioni venivano utilizzate dalle banche per spillare denaro ai piccoli risparmiatori. Tutto questo avveniva in perfetta armonia col sistema finanziario, che non offre garanzie di onestà e di trasparenza. Grazie alle privatizzazioni, un gruppo ristretto di ricchi italiani ha acquisito somme enormi, e ha permesso all’élite economico-finanziaria anglo-americana di esercitare un pesante controllo, sui cittadini, sulla politica e sul paese intero. Agli italiani venne dato il contentino di “Mani Pulite”, che si risolse con numerose assoluzioni e qualche condanna a pochi anni di carcere.




A causa delle privatizzazioni e del controllo da parte della Banca Centrale Europea, il paese è più povero e deve pagare somme molto alte per il debito. Ogni anno viene varata la finanziaria, allo scopo di pagare le banche e di partecipare al finanziamento delle loro guerre. Mentre la povertà aumenta, come la disoccupazione, il lavoro precario, il degrado e il potere della mafia. Il nostro paese è oggi controllato da un gruppo di persone, che impongono, attraverso istituti propagandati come “autorevoli” (Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea), di tagliare la spesa pubblica, di privatizzare quello che ancora rimane e di attuare politiche non convenienti alla popolazione italiana. I nostri governi operano nell’interesse di questa élite, e non in quello del paese.

sabato 9 gennaio 2021

L'otto per mille

   L'otto per mille: Lo Stato esattore   dell'anima
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 

 IN RICORDO di Ida Magli

    C’è un campo dove l’assunzione della responsabilità personale e il primato della propria coscienza (che in Italia è oppresso dal primato della coscienza collettiva) può e deve essere ripristinato senza indugio: la religione. L’assegnazione obbligatoria dell’otto per mille del reddito fiscale totale alle religioni, anche se obbedisce alle scelte indicate dai contribuenti, rappresenta una delle peggiori e non giustificate invasioni nella loro vita. Oltre a rispecchiare una evidente alleanza dello Stato con le religioni.

Una tassa supplementare

   Non c’è nessuna analogia con il rapporto storico dell’Italia con la Chiesa cattolica. Il concordato-trattato stipulato nel 1929 da Benito Mussolini con il pontefice Pio XI era un accordo di pace fra due Stati. Questo doveva porre fine al contenzioso che si trascinava dal 1871, ossia l’anno in cui si verificò l’annessione al Regno d’Italia dello Stato Pontificio e la dichiarazione di Roma Capitale. Niente a che fare, naturalmente, con “le religioni” in quanto tali.
   Più di cinquant’anni dopo è stato Bettino Craxi a inventare il marchingegno dell’otto per mille allo scopo di sottomettere al primato socialista dello Stato le coscienze individuali anche nell’ambito religioso.
  Si sono costretti così i cittadini a contribuire in forma surrettizia al mantenimento di tutte le religioni, dato che le scelte indicate dai contribuenti vengono comunque prelevati dal gettito fiscale complessivo.
   Perfino anche chi non crede a nessuna religione è costretto a dichiararlo, versando con il suo otto per mille una tassa supplementare allo Stato italiano.
   Non è cosa meno grave il fatto che si prevarica in questo modo l’essenza stessa di una fede religiosa: il suo porsi come” vera”.
   Contribuendo con il mio denaro a una religione per me “falsa”, compio una truffa davanti alla mia coscienza e alla mia capacità di giudizio, proprio nell’unico campo dove la natura, le leggi della fisica non mi costringono. Là dove sono libero di sentire e di pensare.
   Lo Stato esattore dell’anima è pertanto il più totalitario che si possa immaginare. E è proprio per rispetto verso le coscienze religiose che chiediamo l’abolizione dell’otto per mille.

Salvaguardare i nostri tesori

   C’è da aggiungere soltanto un’altra annotazione: lo Stato assuma su di sé attraverso il ministero dei Beni culturali le spese per il mantenimento dell’immenso patrimonio artistico costituito in Italia dagli innumerevoli templi cristiani, abbazie, monasteri, santuari, con tutto il loro contenuto prezioso di affreschi, di dipinti, sculture etc.
   Si tratta quindi di separare chiaramente l’ambito religioso da quello terreno.
   Si capirà, allora, che la Chiesa non può adempiere a questo compito neanche con la maggiore buona volontà da parte dei fedeli. E che è dovere dell’Italia salvaguardare i tesori di bellezza accumulati durante il lungo percorso storico compiuto insieme al cristianesimo

 


domenica 3 gennaio 2021

I REDUCI FASCISTI CHE PASSARONO NEL PCI e nel PSI

 

UNO SPACCATO DI STORIA:  

I REDUCI FASCISTI CHE  PASSARONO NEL PCI e nel PSI



di Maurizio Barozzi


Premessa il Fascismo dopo un ventennale percorso di compromessi, giunse alla RSI dove Mussolini varò una grande riforma socialista per completare le Corporazioni e rimediare al fatto che l’esperienza aveva dimostrato come il padronato riusciva ad aggirarle. Fu la Socializzazione delle Imprese con i lavoro portato alla direzione delle aziende.

Questa, e la proclamazione della Repubblica, costituirono uno Stato, una separazione totale con il fascismo del ventennio che non si rinnegava ma si superava.

PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DEL MONDO il Fascismo aveva portato il Popolo tutto nello Stato, con le sue componenti economiche e sociali, arti e professioni, il Lavoro e le èlite combattentistiche.

La lotta del sangue contro l’oro intrapresa dal fascismo, contro le grandi democrazie capitaliste raggiungeva il pieno della compiutezza ideologica.


ORBENE, immaginate come si sentirono quei reduci del fascismo repubblicano, quando si resero conto che il Partito, il MSI, che doveva continuarne gli ideali, sia pure sotto forma di lotta democratica, si palesò subito ostaggio di una accolita di traditori, di farabutti, manovrati dallo OSS di J. J. Angleton.

Già il fatto di posizionarlo a sinistra del parlamento, non piacque di certo, e nel 1947 poi i primi 3 eletti al Comune di Roma votarono per eleggere il sindaco democristiano Rebecchini e i suoi palazzinari.

Su tutto il territorio, gli inciuci con polizie, carabinieri, preti, padroni era all’ordine del giorno.
A Torino, tramite il missista Tullio Abelli e l’ausilio di Valerio Borghese, si organizzavano squadrette per contrastare gli operai della Fiat in sciopero. Del resto quel furfante di Borghese concesse anche a l’appena nato Israele, l’ausilio di ex decima Mas. Altri ne mandò in Sicilia a cooperare con gli americani e la Mafia.


Ma fu nel 1949 che ogni remora si ruppe quando il MSI, dopo una apparente ambiguità si schierò per il Patto Atlantico, di fatto avvalorando e ratificando il colonialismo americano in Italia.
Fu così che migliaia di reduci fascisti, desiderosi di continuare a lottare contro il capitalismo e contro gli anglo americani, decisero di entrare nel PCI.


Purtroppo rimasero fregati perché dopo il 1953 il Pci, morto Stalin, accelerò la sua socialdemocraticizzazione e rinunciò ad ogni lotta rivoluzionaria.

Ma del resto quei fascisti non avevano tante altre alternative.


La sinistra che era ancora nel MSI, non riusciva a combinare nulla e la sola forza che manteneva alta la dirittura ideale, ma era frenata dall’essere una associazione combattentistica, fu la Federazione Nazionale Combattenti della Rsi che forse evitò un più ampio esodo.

Si parla comunque di migliaia di fascisti che passarono nel PCI soprattutto, nel PSIUP e nel PSI.
Di migliaia, genericamente, me ne parlarono a suo tempo i miei camerati della FNCRSI reduci del fascismo repubblicano.


Lando dell’Amico, reduce della Decima Mas, che aveva operato in questo senso, tramite un accordo con i comunisti Giancarlo Pajetta e Togliatti, li ha quantificati in 34 mila, forse esagerando e lo racconta nel suo libro: “La leggenda del giornalista spia”, Ed. Koinè 2013.
Diversi altri autori ne parlano in qualche loro testo e tra questi Paolo Buchinani: “Fascisti Rossi”, Mondadori 1998.
Alfredo Villano nel suo “Rodolfo Graziani fascista conteso”, Ed. Storia Ribelle 2011, invece, ci segnala una notizia che io avevo già avuto sentore in Fncrsi: nei primi anni ’50, la FNCRSI non accettando assolutamente la svolta missista pro NATO e di accantonamento della Socializzazione, incaricò Rodolfo Graziani, al tempo suo Presidente onorario, di fare dei sondaggi con il PCI, che era su posizioni sociali e anti Atlantiche, per vedere se poteva esserci un tavolo e una azione comune su queste basi.

Era anche un modo per evitare l’emorragia dei reduci che al tempo era in atto. Ci furono incontri segreti alla Libreria Rinascita a via Botteghe Oscure con Pajetta, la cosa stava andando in porto, ma era complicata anche per il finanziamento di un nuovo giornale, e quindi poi abortì.


Ecco questa è la vera storia di un tradimento schifoso da parte del missismo, e le reazioni che ebbe, purtroppo inconcludenti, ma numerose, se si Leggono vari trafiletti dei giornali dell’epoca di destra, che criticavano fuoriuscita, comprese diverse preoccupate vignette del Candido di Guareschi.

Con gli anni ’60 poi avvenne una squallida mutazione antropologica nei neofascisti che assunsero in tutto e per tutto i ributtanti aspetti del conservatore, reazionario, non di rado bombarolo, lustrascarpe degli statunitensi e della Nato, con la sua base, che non contava un cazzo, inebriata dall’anticomunismo come se fossimo ancora negli anni ’20, portata a manifestare per Budapest e per Praga, ma mai contro la NATO, ad inneggiare per i Colonnelli greci e il criminale Pinochet, prima di estinguersi e finire nella merda a Gerusalemme dove andarono a rinnegare di tutto e di più.

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"Presto tutte le fabbriche saranno socializzate e sarà esaminato anche il problema della terra e della casa perché tutti i lavoratori devono possedere la loro terra e la loro casa…"

Nicola Bombacci