lunedì 28 dicembre 2020

EDIZIONI DI STORIA

LIBRI SULLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Un argomento su cui tutti, nella vita, tornano prima o poi a riflettere. Con la seconda guerra mondiale si sono segnate le sorti del nostro Paese e del mondo stesso e ne vediamo i tragici esiti nei nostri giorni. Inutile nascondercelo : una guerra mondiale persa è solo origine di disgrazie, sudditanza e alla fine miseria. Nella collana vengono raccolti testi che riguardano tutte le fasi della guerra, in particolare nella sua fase finale : la sconfitta, la fondazione della effimera Repubblica Sociale Italiana, gli orrori e i crimini della resistenza partigiana e la persecuzione dei Vinti : peccato originale e finale della attuale Repubblica Italiana.



Seguite i link con pazienza e troverete  le nostre proposte editoriali politicamente scorrettissime :

1)      LA GUERRA SENZA NOME : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/06/archibald-ramsay-la-guerra-senza-nome.html

2)      UN RACCONTO DELLA GUERRA PERDUTA : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/roberto-mieville-un-racconto-della.html

3)      IL POTERE SEGRETO : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/luigi-cabrini-il-potere-segreto.html

4)      IN GUERRA CONTRO L’ ORO : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/camillo-pellizzi-in-guerra-contro-l-oro.html

5)      MUSSOLINI E LA GUERRA NON VOLUTA : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/filippo-giannini-mussolini-e-la-guerra.html

6)      CHI DECISE LA MORTE DI MUSSOLINI : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/maurizio-rossetti-chi-decise-la-morte.html

7)      LA GUERRA DEL SANGUE CONTRO L’ ORO : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/maurizio-barozzi-la-guerra-del-sangue.html

8)      OLOCAUSTI DIMENTICATI : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/autori-vari-olocausti-dimenticati.html

9)      IL TRADIMENTO DI BADOGLIO : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/italicus-il-tradimento-di-badoglio.html

10)   CREPUSCOLO DI SANGUE : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/pietro-caporilli-crepuscolo-di-sangue.html

11)  LA BRIGATA EBRAICA : https://catalogolanterna.blogspot.com/2020/05/daniele-proietti-la-brigata-ebraica.html



DISCORSO DI NATALE AGLI ITALIANI


Avete portato la mascherina anche al cesso; avete evitato come la peste gli amici (e a volte anche i parenti); avete rinunciato a un diritto inalienabile come quello della libertà di spostamento; avete smesso, in poche parole, di vivere per rinchiudervi in una specie di autismo.

E il Natale, dopo tutto questo, l'avete "salvato"?

No! Pertanto - lo ribadisco per l'ennesima volta - siete degli inguaribili ed incorreggibili coglioni!

Enrico Galoppini

LA FUNZIONE POLITICA DEL FASCISMO E DEL FIUMANESIMO


 

Ristampa di un rarissimo libretto del 1920 in cui l’ autore ripercorre le divisioni del movimento nazionale dell’ epoca diviso fra nazionalisti  legati al “ regime” liberal conservatore monarchico, fascisti e nazionalisti legati al fiumanesimo vittorioso di D’ Annunzio. 

L’ autore rigetta ogni possibilità di accordo con il “regime” liberal- conservatore che ha trasformato la Vittoria del 1918 in una vittoria “ mutilata” , quasi una sconfitta , ed auspica unità di intenti fra fascisti e legionari fiumani per abbattere il sistema corrotto e per una maggior grandezza della Patria. Comunanza fra i due movimenti che Marsich identifica nello spirito nazionale unito allo spirito eroico e alla capacità di sacrificio individuale totale, mutuati dall’ esperienza della Grande Guerra : per l’ autore, l’ unico mix autenticamente rivoluzionario.  Obiettivo delle forze nazionali - fasciste e dannunziane - riunite avrebbe dovuto essere l' abbattimento del sistema liberal-conservatore riunito attorno alla Monarchia, sistema che Marsich chiama senza perifrasi " regime" e costituzione di un nuovo stato nazionale attorno a quattro capisaldi programmatici : Repubblica, riconoscimento della funzione dei sindacati, autonomia amministrativa dei territori della nazione e abolizione del latifondo. Una autentica rivoluzione per quei tempi. 

Documento storico e culturale interessante, scritto con vigore ed efficacia da una figura particolare dell’ epoca : Marsich, giornalista ed avvocato veneziano, dirigente del Fascio veneziano fu anche collaboratore di D’ Annunzio e tentò di trasfondere nel fascismo lo spirito del dannunzianesimo e l’ animo legionario. A Venezia, Marsich, pur non essendo un esponente del fascismo squadrista, diresse e organizzò con mano ferma  la " bonifica" della città dalle sacche di presenza comunista e antinazionale.

Fiero antiparlamentarista, avversò la trasformazione del fascismo da Movimento a partito e si ritirò dalla politica nel 1922. 


Il suo pensiero venne recuperato durante la Repubblica Sociale Italiana come esponente del fascismo intransigente e movimentista, contro quello istituzionale e poltronaro. Sempre attuale. 

L’ edizione è arricchita da numerose illustrazioni , disegni e fotografie dell’ epoca, che restituiscono anche visivamente la temperie unica del tempo.

Questo è il terzo volumetto che le edizioni della Lanterna dedicano all’ impresa fiumana, dopo “ La notte di Ronchi” di Piero Belli  e “ La  marcia di Ronchi” di Eugenio Coselschi. 

Un altro tuffo negli anni ruggenti d’ Italia.

 

LINK UFFICIALE DEL LIBRO :


https://www.amazon.it/dp/B08QRKVGLW/ref=cm_sw_r_fa_dp_3rh3Fb6X1611C?fbclid=IwAR1O2x3evDvRemnKtLs5kMf6lO5Yu6JOfaFkNrLBGO1zpzTwxOqhUeabli4


martedì 22 dicembre 2020

Storia - MICHELE MENECHINI

Oggigiorno Storia

Michele Menechini

23 giugno 1944. E’ una bella giornata d’estate, a dispetto dei giorni tragici della guerra. Un uomo mutilato, vestito con la divisa della Guardia Forestale, pedala in bicicletta. Davanti alla sella tiene, in equilibrio instabile, la figlioletta, una bambina piccola. Passa dalla Costa del Canale, una località dell’entroterra chiavarese, in comune di Mezzanego, sta tornando a Borzonasca dove abita e lavora.

Un uomo in borghese esce dalla macchia. Ha un fucile mitragliatore. Non visto, spara una rapida raffica alle spalle dell’uomo in divisa, poi scappa da dove è venuto. I partigiani sono odiati dalla popolazione civile; quindi non si attarda a infierire sul mutilato agonizzante.

Poche ore dopo il maresciallo Michele Menechini, eroe della Grande Guerra, muore all’ospedale di Chiavari. La figlia Maria scampa miracolosamente.

23 febbraio 2010, sessantasei anni dopo. Una celebrazione semplice. La nuova caserma della Guardia Forestale di Lavagna viene dedicata alla memoria di Michele Menechini. Alla presentazione, oltre alle autorità civili e religiose prende parte la figlia Maria. Poche, sobrie e toccanti parole. Sembra quasi che una giustizia, postuma, sia finalmente intervenuta a pacificare i cuori.

22 marzo 2010. L’ANPI Tigullio dà avvio a un’atroce campagna per far cambiare l’intitolazione della caserma. Il ragionamento è il seguente: Menechini indossava una divisa, era un fascista – e per di più un fascista repubblicano: non è ammissibile che un edificio pubblico possa essere dedicato a un fascista. Il Secolo XIX, il quotidiano locale, dedica tutti i giorni, per oltre un mese, intere pagine allo “scandalo”. Non un’unica volta si cura di indagare giornalisticamente i fatti (chi fosse Menechini, perché gli sia stata intitolata la caserma, come sia morto); l’importante è appoggiare la campagna di linciaggio promossa dall’ANPI. D’altra parte, è stato lo storico par excellence del resistenzialismo nostrano a dire che si fa così, e i giornalisti si mettono sull’attenti: che bisogno c’è di approfondire? Giorgio Getto Viarengo ha proclamato: quello era un fascista, togliete l’intitolazione della caserma. L’ANPI inzia a raccogliere le firme per far cambiare dedicatario alla caserma. Tutti si inchinano immediatamente al diktat.

Viene quindi il turno di individui – se possibile – ancora più miseri. Deputati, consiglieri regionali, tutti fanno a gara a chi per primo aderisca alla campagna dell’ANPI. Sgomitano, per arrivare primi. Non può mancare, ovviamente, quello che guida contromano in autostrada (Claudio Burlando); non esita ad aderire la ex DC, ex PDL, oggi UDC, domani chissà, Gabriella Mondello; manco a dirlo, poi, tutta la variegata fauna di politicanti di sinistra, e da ultimo tal Roberto Levaggi, del PDL, veterano di tante memorabili trombature politiche.

Una dichiarazione rende bene l’idea del ragionamento. E’ di Aurora Pittau, consigliere lavagnese all’istruzione: «Quando ci è stato annunciato che la caserma sarebbe stata intitolata a Menechini non conoscevamo il profilo politico di quest’uomo; in caso contrario, avremmo subito preso posizione». In altre parole: un mutilato ed eroe della grande guerra, ucciso in modo così barbaro davanti alla figlia, merita certamente la intitolazione. Ma, ovviamente, purché non sia un fascista.

Non ho dubbi che, tanto per cambiare, le cose andranno per il peggio e i partigiani l’avranno vinta ancora una volta. La caserma probabilmente verrà intitolata a qualcun’altro, magari proprio all’assassino di Menechini, che certamente dopo la guerra sarà stato coperto di quelle medaglie-patacca che i partigiani si sono autoattribuiti a tonnellate.

Alla fine, è sempre una questione di stile. Che sguazzino pure nel fango, loro.

Un altro articolo su questo caso.

Aggiornamento del 29 marzo 2011: sul sito Italia RSI sono presenti alcune note sulla morte dell’Aiutante Michele Menechini: http://www.italia-rsi.org/genova-rsi/caduti/genovarsicaduti_m.htm

Il nominativo è presente anche nell’archivio dei caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana http://www.inilossum.eu/cadutiRsi_search.asp

                                                                                                                                                        

martedì 15 dicembre 2020

IL CAMPO DI PRIGIONIA INGLESE DI PADULA

IL CAMPO DI PRIGIONIA INGLESE DI PADULA

di Giovanni Bartolone


 

Gli Inglesi non furono teneri con gli Italiani prigionieri ed è quasi naturale; la propaganda di guerra aizzava all’odio, come si potevano non odiare gli Italiani, che dopo secoli di servaggio, osavano ribellarsi all’egemonia britannica?
Così accadde che, non appena fu aperto, nel 1943,  il campo di prigionia di Padula, il “371 P.W. Camp”,il comandante inglese non si vergognò di arrivare a nutrire i prigionieri italiani esclusivamente con ghiande, si: proprio ghiande; e la fame era tanto atroce che i perseguitati prigionieri non riuscirono a non dare la soddisfazione al perfido inglese: dovettero ingannare la fame rosicchiando il cibo dei maiali. In seguito le cose cambiarono, ma gli ipocriti inglesi si spogliarono ufficialmente della loro perfidia per passarla ai custodi: prima greci, poi indiani. che entravano all’alba negli enormi, gelidi stanzoni ben arieggiati da ampi finestroni senza vetri, dove dormivano per terra, sdraiati con poca paglia, cento prigionieri per ogni stanzone. Come già avevano fatto i greci, gli indiani entravano muniti di scudisci e si facevano sistematicamente largo a scudisciate e a pedate. Gli indiani, umiliavano gli italiani per  procura inglese. Altra perfida umiliazione era imposta con l’obbligo di sottoporsi ad una doccia fredda all’aperto, nudi in fila senza misericordia per i vecchi o i malati: d’estate o d’inverno, sollecitati ed insultati dai custodi indiani.
No, non avevano molta cura per la salute dei prigionieri gli inglesi detentori: se qualche prigioniero italiano non gravava più con le spese per il suo mantenimento sulle finanze dell’impero britannico, non era, ovviamente, cosa di cui preoccuparsi, come quando  lasciarono scorrere tanto tempo prezioso prima di soccorrere Paolo Orano, Rettore dell’Università di Perugia: fu lasciato morire per un’emorragia da ulcera perforata nell’autoambulanza che, ipocritamente, i “liberatori” inglesi avevano in ultimo concesso, per salvare la faccia, solo quando era ben chiaro a tutti che ormai era troppo tardi.
Ho reso omaggio alla tomba di Paolo Orano nel cimitero di Padula; persone  del posto prendono ancora la cura e la civile sensibilità di portarci dei fiori.
Del resto i militari inglesi non potevano ammettere di essere un po’ più ignoranti di un italiano colto e avevano imposto cocenti umiliazioni anche ad un altro Rettore, quello dell’Università di Catania, obbligandolo a ramazzare la strada davanti alla sede principale dell’Università. Il professore Orazio Condorelli si era opposto all’occupazione dell’Università, che sarà poi trasformata in un casino per le truppe britanniche. Qualche mese dopo gli inglesi la liberarono. Ma ebbero la sfacciataggine di pagare due sterline, 800 lire al cambio, per il suo affitto. Vale a dire una bottiglia di cognac italiano al bar Olympia di Palermo, oppure otto paia di calze di seta da donna, se comprate da un'italiana, la metà se comprate da un soldato britannico per inviarle alla moglie, o, infine, 190 chili di pane al mercato ufficiale, secondo l’inutile calmiere stabilito dal governo d'occupazione. Condorelli finì per alcuni mesi al campo di concentramento alleato di Priolo, Siracusa.
Erano molto sensibili gli inglesi detentori, invece, ai titoli nobiliari  e offrivano agli aristocratici caduti in loro potere un trattamento privilegiato, li alloggiavano al piano superiore dove esistevano , le meno scomode camere dei monaci certosini: i flats le chiamavano gli inglesi e quando arrivarono prigionieri con qualche disponibilità di denaro, taluni di loro più intraprendenti, memori dei metodi usati in colonia, pensarono bene di sfruttare la situazione per arricchirsi. Qualcun altro  Tommy, più modestamente, trovò, dopo la guerra, addirittura impiego nella flotta Lauro.
A proposito di Lauro, vorrei aggiungere qualche particolare poco noto, che interesserà i napoletani: Achille Lauro è un pezzo della storia di Napoli; oltre tutto, la sua vicenda è paradigmatica di tante vicende accadute ad altri prigionieri degli anglo-americani. Si dovevano sciogliere i cordoni della borsa.
La famiglia Lauro, come usavano fare gli Alleati con le loro requisizioni, aveva dovuto lasciare subito la villa di via Crispi, a Napoli, senza poter portare via niente, neanche uno dei tanti prosciutti appesi nel seminterrato. Don Achille fece appena in tempo a rimandare la famiglia a Sorrento: il 9 novembre, infat­ti, fu arrestato dagli Alleati.
Il Comandante Lauro aveva sbagliato le previsioni. Aveva predetto, che gli inglesi, appena arrivati a Napoli, lo avrebbero nominato Viceré. Invece lo incarcerarono accusandolo di essere un “dangerous fascist”, un pericoloso fascista, e requisirono la villa di famiglia di via Crispi per le loro truppe.
Trascorso tempo inesorabile in ansia e incubi senza prospettiva di soluzione, il Comandante a 57 anni si trovava ormai in campo di concentra­mento da 15 mesi senza che nulla gli fosse mai stato contestato. Questo capitava a quasi tutti gli arrestati dagli Alleati. La Commissione provinciale per le sanzioni contro il Fascismo, nicchiava, come il ragno, in attesa che la mosca incappasse nella tela. 
Lauro, nonostante le gravissime perdite della flotta, aveva ancora una certa disponibilità di danaro liquido e questo poteva e doveva contare nella nuova “civiltà” portata dai “Liberatori” alla quale gli italiani accorsi sul carro dei vincitori si erano subito adeguati.
La guerra nel suo corso aveva decimato la Flotta Lauro: 52 le navi requisite o affondate. Alla fine del conflitto la Flotta contava solo su  5 unità.
Soltanto a settembre, dopo 22 mesi di campo di concen­tramento, Lauro venne assolto da ogni accusa e scarcerato.
Eppure Don Achille pensava, prima dell’arresto, di avere molta stima a Londra, il centro più importante al mon­do per tutto quanto riguardava la navigazione: erano state le ban­che inglesi ad aprirgli linee di credito per avviare la Flotta che, nella City, era conosciuta e apprezzata. Pertanto si riteneva non solo una persona stimata sulla piazza londinese ma anche un amico degli inglesi. Ed era persuaso che, da Londra, sarebbe stato segnalato ai militari che occupavano la città come un punto di riferimento a Napoli.
In effetti, Achille Lauro era stato davvero segnalato, perché dopo l’arrivo degli Alleati in città, una jeep venne di corsa a casa sua. Contro di lui c’era un dossier con una decina di capi d’imputazione.
Soltanto molto tempo dopo, e in seguito a laboriosi esposti in difesa, avanzati dal figlio Gioacchino, risultò che queste accuse erano il frutto di segnalazioni anonime, di rapporti confidenziali dell’Ufficio Politico della Questura di Napoli, di denunce, infine, di qualcuno che lo odiava. La Commissione provinciale per le sanzioni contro il Fascismo scoprì che, dei due cittadi­ni di Sorrento che lo avevano accusato, il primo era un ex di­pendente di Lauro licenziato per furto, e il secondo era un tizio sicuro che i binari della ferrovia erano stati deviati sul suo podere, proprio per le ingerenze di don Achille. E la Commissione, al ter­mine di una elaborata inchiesta, assolse Lauro da ogni accusa.
La Commissione lo scagionò dall’accusa di “big fascist. Anche perché molti episodi avevano ri­velato una diffidenza reciproca esistente tra Lauro e il Fascismo.
Lauro, infatti, aveva rifiutato a lungo di iscriversi al PNF e lo fe­ce solo nel 1933, anno in cui si chiusero le iscrizioni, perché “da esterno”, in una posizione come la sua, non poteva più resistere alle ritorsioni e alle inchieste  nate dai dubbi che fosse un “agente ingle­se” che lavorava con capitali inglesi e per conto degli ingle­si. Inoltre, nel 1937, si era beccato una multa di un milione di lire e il divieto d’ingresso per due mesi negli uffici del ministero della Marina Mercan­tile per avere criticato pubblicamente alcuni provvedimenti go­vernativi, e che, sempre in quel tempo, si era rifiutato di obbedire all’ordine di Mussolini di dirottare agli “amici giappo­nesi” un carico di armi dirette in Cina. Ma Lauro non aveva la tempra dell’eroe e non osava sottrarsi agli impegni presi con i padroni dei sette mari.
Ciononostante Achille Lauro era stato portato prima nel vicino campo di Aversa, poi era stato trasferito a Padula e infine ancora nel Campo di Collescipoli (Terni). Rimase 22 mesi nei campi di concentramento per “criminali fascisti”; gli inglesi non andavano troppo per il sottile nel valutare, nel discriminare i nemici dagli amici, e come a Lauro capitò a tanti altri di essere presi e sbattuti in campo di concentramento, anche per un solo dubbio, ma per ragioni di sicurezza, fregandosene di perdere tempo e fatica per indagare concretamente sulla presunta pericolositàdell’individuo. Ma non si trattava soltanto di indagini approssimative, calpestando i diritti delle persone, come invece, ipocritamente andavano sbandierando i “Liberatori” di non voler fare; capitò di essere sbatacchiato in campo di concentramento perfino a qualche sfortunato marito, che aveva una bella moglie di cui si era invaghito un qualche ufficiale alleato, che sentiva prepotente il desiderio di espugnarne la resistenza virtuosa. Ha raccontato Giorgio Nelson Page, nel suo libro “Padula”, che fu rinchiuso, proprio a Padula, perfino un pastore che si era visto espropriare del suo gregge e si dibatteva e protestava nell’ingenua illusione di ottenere giustizia.
   A Padula il Comandante Lauro, preceduto da una fama di “generosità”, ebbe una vita meno scomoda, rispetto a quella condotta da migliaia di altri reclusi. Riuscì abbastanza facilmente a comprare la benevolenza dei custodi e finì, nei cosiddetti “flat”. Erano delle stanze che ospitavano ognuna una ventina di personaggi di un certo rilievo durante il Regime. A tanti altri la sorte avara riservò di finire dei “wind” – una specie di cameroni – o nelle baracche, oppure nelle tende nel patio della Certosa. Nel 1944, la Certosa, che poteva ospitarne, sia pure ammucchiandone incivilmente e antigienicamente in locali affollatissimi, non più di duemila, fu utilizzata per recluderne duemila e cinquecento.
Il 4 gennaio 1945, Valentino Orsolini Cencelli, un compagno di sventura di Lauro, già commissario del Governo per l’Opera Nazionale Combattenti, che diresse numerose opere di bonifica in Italia, annotava nel suo Diario, che sarà pubblicato col titolo di Padula 1944 - 1945
“Per dormire, vi sono dei biposto in legno, tipo cuc­cette di vagone letto. Un pagliericcio con paglia. Ormai ci si è abituati ma il primo periodo è stato molto duro assuefarsi a simile tipo di letto. I miei compagni sono: i principi Valerio Pignatelli di Cerchiara Alessandro Tasca di Cutò, France­sco Ruspoli, Vittorio Massimo; il duca Carafa d’Andria, il conte Flaminio Cimmasi Poggiolini, il nobile Luigi Maggi Pecoraro, l’onorevole Andriani già po­destà di Ancona, l’avvocato Paternostro ex federale di Palermo, il commendator Lupis già Presidente della Federazione Combattenti di Ragusa, l’avvocato pro­fessor Brunetti dell’Università di Bari, l’onorevole Lau­ro armatore; Ferace tenente di vascello, il commen­dator Della Casa proprietario dell’Albergo degli Am­basciatori di Roma; Carlo Del Bono, mezzo italiano mezzo argentino; il maestro Derevischy, che ha orga­nizzato gli spettacoli tra gli internati; il comandante della marina mercantile Guarnieri; il commendator Macarone industriale della canapa, di Napoli; Leo­nardi, console del Tribunale Speciale ed il luogote­nente generale della Milizia Masciocchi.
Il complesso di tutta questa gente ha, però, un be­neficio: una discreta educazione; il che rende sop­portabile e facilmente appianabili quegli attriti che la ristrettezza dello spazio e soprattutto lo stesso in­cubo di questo esilio, rende inevitabili. C’è, anzi, un’atmosfera di serenità, che in certi momenti della giornata diventa gioiosa. Forse anche perché questa vita, che ha della prigionia, del collegio e della ca­serma ci rende un po’ bambini, sì che una scioc­chezza, fa venire il buon umore; anche perché è una necessità, agire così, onde non essere schiacciati sot­to il peso dell’amarezza, dell’ingiustizia che si pati­sce, sotto l’onda dei ricordi e in modo particolare, per togliere il pensiero dalle persone care e dai no­stri affetti esasperati e dolenti per tanta lontananza. Si chiacchiera, si legge, si gioca a poker, bridge, sco­pone, tressette, solitari, di tutto un po’, secondo i gu­sti e le predilezioni.
Vi è, poi, un senso abbastanza vivo di solidarietà, tra noi del flat n° 9, «l’almanacco Gotha» o «il flat del­l’aristocrazia», come ci chiamano qui al campo. E se uno è triste, o ha avuto cattive notizie, c’è un quasi muto accordo fra tutti, perché non lo sia più e trovi sempre negli altri, cuori amici, fraterni, che sentono, comprendono e condividono con lui il suo dolore”.
Lauro era uno dei “personaggi” del campo di Padula. Nel suo libro accenna brevemente su come riuscì a rimettersi in sesto dalle rovine della guerra. Mi pare di ricordare che comprò a buon prezzo una nave Liberty dismessa dagli Alleati. Nel dopoguerra, infatti, agli armatori che avevano avuto il naviglio affondato nel conflitto, il governo italiano dava il diritto ad ac­quisire un determinato tonnellaggio di Liberty con un cam­bio lire-dollaro favorevole. Bastava sciogliere i cordoni della borsa, ormai si era adeguato all’american way of life..

Nel 1947 nel giro di due anni Lauro rimise in piedi gran parte della sua flotta e tornò in auge.
Ma oltre a tanti “fascisti”, come Lauro che avevano aderito al fascismo per convenienza, nel campo di Padula furono rinchiusi anche fascisti veramente “dangerous fascists”, che sentivano profondamente la loro fede; lì finirono “ospitati”, fra i tanti, il già citato principe Valerio Pignatelli, capo del fascismo clandestino al Sud - che, durante la sua permanenza, fu considerato il capo spirituale dei fascisti lì concentrati - Nando Di Nardo suo vice, il tenente Ninì Sorrentino e Antonio Picenna: tutti del gruppo di Napoli al vertice del fascismo clandestino; i fascisti clandestini di Catania con Gattuso e Orazio Santagati(1), e alcuni altri civili arrestati preventivamente. Lì fu pure internato Salvatore C. Ruta, animatore del gruppo di fascisti clandestini di Messina, con alcuni suoi camerati e concittadini. Ci fu anche l’agente speciale della Rsi, Ugo D’Esposito, del gruppo “Gamma”  della X Mas, ma pure altri agenti speciali, sempre della X Mas, del gruppo “NP di  Ceccacci”, e altri provenienti da altri Corpi militari, come ad es. Domenico Tucci Vitiello, Franco Nuovo e Giuseppe Marvaso; inoltre Riccardo Monaco, ostetrico napoletano e capitano pilota da caccia, colpevole di avere abbattuto due fortezze volanti in un solo raid e di aver continuato a perseverare incorreggibilmente nel cielo di Napoli, durante i quotidiani bombardamenti a tappeto del ’42-’43.
Nel reparto femminile, tra le trecento detenute, spiccavano le figure della principessa Maria Pignatelli e della inesauribile Elena Rega del fascismo clandestino di Napoli, l’universitaria Italia Profeta di Misterbianco (Catania) assieme a Edvige Platania, medico di Catania, che si erano schierate a fianco ai combattenti regolari che si battevano  in difesa di Catania, alle quali si aggiunse più tardi la farmacista Elda Norchi, fervente militante ed animatrice del gruppo clandestino fascista “Onore” di Roma.
Ma c’erano anche gerarchi fascisti, tra cui il segretario federale di Potenza, il vice federale di Napoli Pasquale Calvanese, Gaetano Polverelli, già ministro della Cultura popolare e alcuni giornalisti: fra i tanti Paolo Orano, al quale ho già accennato, intellettuale, giornalista riottoso ad ogni lusinga dell’invasore e pertanto di ostacolo al Grosso Capitale  che imponeva l’asservimento dell’Italia, nel quadro di un progetto psicologico generale di “lavaggio del carattere” di un popolo da colonizzare; fu arrestato dagli “Alleati” appena occuparono Perugia e, scaraventato nel campo di concentramento di Padula, venne sottoposto alle angherie dell’occupante inglese, che voleva debellare lo spirito indipendente di un italiano, fascista indomito fino all’ultimo: vitto debilitante, messo a dormire per terra in un gelido stanzone, stenti, umiliazioni cocenti, nessuna assistenza medica per un vecchio spossato e ammalato, fu lasciato morire. Venne gettato in una fossa comune  avvolto in una coperta il 7 aprile 1945. Solo più tardi fu possibile riesumarlo e seppellirlo cristianamente e civilmente nel cimitero di Padula. Altri, com’è accaduto a tanti eroi e martiri dispersi del fascismo non hanno avuto neanche questa possibilità.
Nel “371 P.W. Camp”, diPadula ho scelto due figure paradigmatiche: Paolo Orano e Achille Lauro, gli sconfitti della civiltà dello spirito, della filosofia dell’ESSERE, e i vincitori dell’american way of life, ossia la “civiltà” della  materia e la filosofia dell’AVERE.

Giovanni Bartolone


1 - Santagati diresse più tardi  a Padula il giornale manoscritto di taglio culturale “Termocauterio”, che uscì nel maggio 1945, vedi  G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, Il Mulino, Bologna, 2006.p. 125. 
 
                                                                                                                           

mercoledì 9 dicembre 2020

SE IN ITALIA CI FOSSE LA DEMOCRAZIA

            SE IN ITALIA CI FOSSE LA DEMOCRAZIA


 

Premettiamo che a noi la democrazia non piace per  “principio.

Senza scomodare il parere del grande politico del passato Tallyerand che diceva che “la democrazia è l’arte di contare i nasi anziché i cervelli”  non ci piace un sistema in cui le decisioni vengono prese a maggioranza da una maggioranza che rappresenta statisticamente l’insieme dei meno intelligenti e dei meno preparati e che quindi ha il massimo delle probabilità di prendere decisioni sbagliate!

Ricordiamoci che in natura la qualità è inversamente proporzionale alla quantità…!

Se in uno stadio raduniamo a caso 10.000 persone e ne valutiamo scientificamente le capacità intellettuali, troveremo tre o quattro geni, un centianio di intelligentissimi, un paio o tre centinaia di intelligenti, tre o quattromila mediocri e circa 6.000 cretini.

Ebbene, in democrazia a prendere le decisioni sarebbero quei 6.000 cretini..!!

Se poi andiamo a considerare quale sia effettivamente il grado di democrazia ( che significa “Governo del popolo” dal greco “Demos” e “Cratos “ ) in Italia, veniamo a scoprire che quella che governa NON è una democrazia nel senso compiuto della parola, ma una oligarchia di poteri che nascondono interessi privati e di gruppi ( ideologici, economici, finanziari e razziali ) che si nascondono dietro ai principi democratici per farsi concretamente “gli affaracci loro “ alla faccia dei cittadini.

Le cronache ripetute e ricorrenti dei decenni del dopo guerra sono lì a dimostrare con i fatti che abbiamo ragione e, nonostante le contingenti, ipocrite dichiarazioni d’intenti che ad ogni scandalo escono dalle direzioni dei vari partiti ( Tutti, nessuno escluso..) i propositi di cambiamenti hanno poi nella pratica l’efficacia delle famose “Grida manzoniane” contro i “Bravi” e cioè un bel niente..!

D’altronde, aspettarsi dai protagonisti degli scandali, delle ruberie, dei soprusi e della malversazione un rimedio che li colpirebbe, è come mettere le volpi a fare la  guardia al pollaio..!!

Sentiamo già ronzare nelle orecchie le proteste e le critiche a questo nostro dire.

Era scontato così come scontati sono i luoghi comuni che ad esse si accompagnano.

“ Sebbene imperfetta, la democrazia è ancora il sistema di governo meno negativo”

“ La sola alternativa alla democrazia è la dittatura che è molto peggio ..”

“ Senza democrazia non esiste libertà che è il bene più prezioso dell’umanità..”

E via banalizzando….!!

Ebbene, noi NON abbiamo la risposta definitiva, ma diciamo che se si dimostra che un sistema è sbagliato, quanto meno è doveroso, oltre che onesto, cercare un’alternativa ragionevole anziché respingere pregiudizialmente ogni discussione in proposito..!

Abbiamo comunque qualche ipotesi da proporre alla discussione:

-La Meritocrazia che ponga le candidature dei possibili eletti a governare SOLAMENTE in base a meriti accertati e certificati di intelligenza, competenza, comportamento sociale, fedina penale immacolata,  e che limiti la durata delle cariche istituzionali ad un periodo relativamente breve, tale da non assuefare troppo al potere ed alla tentazione della corruzione.

-Il “Vincolo di mandato” per gli eletti in modo tale che essi siano mandati a governare per realizzare le promesse fatte agli elettori  i quali, al termine del mandato, giudicheranno l’operato dei suoi rappresentanti in base alla loro coerenza, all’onestà intellettuale e morale con cui hanno agito ed in base a ciò li confermeranno o li bocceranno mandandoli a casa. ( magari anche con un referendum di controllo e di giudizio a metà mandato ).

-La condizione, per i candidati, di avere frequentato con successo una apposita scuola di amministrazione analoga alla “Ecole de l’adminitration publique” istituita in Francia da Napoleone e tuttora vigente ed obbligatoria per gli addetti alla pubblica amministrazione, tanto per evitare di vedere parlamentari e funzionari che nelle interviste dimostrano platealmente un’ignoranza asinina nelle più elementari questioni..!

E si potrebbe continuare, ma il succo del discorso è che non troviamo logico dovere scegliere tra il cancro e la polmonite, ma riteniamo doveroso di cercare una cura che ci guarisca da entrambe queste malattie..!!

Alessandro Mezzano

                                                                                                                                      

 

giovedì 3 dicembre 2020

IL CONTO DELLA STORIA

 

Corsi e ricorsi

Il conto della Storia

La storia avrà i suoi tempi ma prima o poi presenta il conto e a pagarlo non sono certo i potenti, ma il popolino che paga le nefandezze di coloro ai quali ha affidato il potere e paga anche, nella fattispecie del popolo italiano, la propria ignavia, la propensione alla tranquillità e al menefreghismo, il ritorno, dopo l'8 settembre e la vergogna di Piazzale Loreto, al “franza o spagna purchè se magna”, in una parola da popolo libero a popolo di servi!

Ora ci ritroviamo a subire un'invasione biblica che rischia di cancellare la nostra già fragile identità di popolo sconfitto e soggiogato dai vincitori del secondo conflitto mondiale, perché questa è la conseguenza della spartizione dell'Europa che avvenne nel febbraio 1945 a Jalta, tra Russi, Americani e Inglesi, che regalò mezza Europa alla comunista Urss, mentre Germania e Italia divennero “colonie” angloamericane.

Adesso la Storia ci presenta il conto e il popolo bue non muoverà un dito, COSA CHE NON SAREBBE MAI POTUTA ACCADERE CON LA GENERAZIONE CHE SEPPUR SCONFITTA ERA CRESCIUTA COL FASCISMO, perché oramai al popolo basta avere per il momento la pancia piena.

Tutti mugugnano per il fatto di avere una Presidente della Camera che antepone agli interessi degli Italiani quelli degli stranieri e tutela solo gli interessi degli immigrati, che è infastidita da monumenti, scritte o altri segni che riguardano o possono ricordare quel Fascismo che è stata l'unica ideologia nella Storia dalla parte degli Italiani mentre loro, i cattocomunisti, non hanno fatto altro che distruggere l'identità italiana, in modo da completare ciò che è sempre stato il sogno, quello di un'Italia asservita o al Vaticano oppure all'internazionalismo socialcomunista.

Per questo hanno voluto il sistema elettorale maggioritario che ha dato vita ad un bipolarismo fasullo, quello dell'alternanza tra coalizioni di eguali che ci ha messo per ben vent'anni nelle mani di un certo Silvio Berlusconi ed ora in quelle del terzetto Boldrini, Renzi e Bergoglio (il Buon Pastore che però non ha mai speso una parola per le “pecorelle” italiane vittime dell'immigrazione selvaggia!), che finora hanno gestito il fenomeno migranti in maniera tanto disastrosa quanto fraudolenta al punto da far rimpiangere agli Italiani immemori i vent'anni di leggi “porcata” o “ad personam” di berlusconiana memoria.

Gli immigrati sono una risorsa dice il terzetto, certo lo sono se limitati, regolati e controllati, altrimenti sono una risorsa solo per le tasche dello Ior (la Banca del Vaticano) e per le cooperative rosse o bianche collegate ai Partiti, per il racket della prostituzione, per la manovalanza di mafia e n'drangheta, per lo spaccio di droga, per i caporalati del Sud e per il lavoro nero, ma non certo per gli Italiani che vivono onestamente e pagano le tasse.

In tanti ci sdegniamo per le uscite della Boldrini e per le intromissioni della Chiesa, ad esempio sul delicato problema dello “ius soli”, ma non riempiamo le piazze per manifestare contro questi atti o per chiedere che, come in altri Paesi, lo “ius soli” sia almeno severamente regolamentato, le riempiamo solo per i concerti o per le sagre paesane, pensiamo di cambiare le cose facendo gli eroi da tastiera o mettendo una scheda in un'urna, non avendo imparato che questa è una democrazia solo di facciata e con le elezioni non si cambia nulla, perché, dopo le solite promesse, i Partiti torneranno a legiferare più a favore dei propri interessi che di quelli degli Italiani, è sempre stato così dal 1947 ad oggi.

Forse solo in un'Unione Europea forte e coesa le cose potrebbero cambiare e questo spiega perché gli euroscettici ed i no-euro trovano tanto sostegno sui media e sulle reti televisive delle lobby contrarie ad ogni cambiamento e al nostro riscatto.

L'unica possibilità per gli Italiani, per riprendersi la loro Patria e tornare ad essere un popolo libero, sarebbe la rivolta, ma la rivolta per …...imbarcare per l'Africa tutta questa Casta corrotta con i suoi annessi e connessi.

Possiamo aspettarci questo da un popolo che, quando si poteva ancora cambiare rotta dopo la contestazione, le stragi “impunite” e gli anni di piombo, scelse di nuovo conformisticamente la DC di Andreotti e il PC di Berlinguer invece del MSI di Giorgio Almirante?

O rivolta o finis italiae. Tertium non datur !

Uno nessuno e centomila