martedì 23 agosto 2022

REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA CRONOLOGIA DEGLI AVVENIMENTI

I MONUMENTI AI CADUTI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA. UN OMAGGIO AI CADUTI E UN RICORDO DEGLI ULTIMI COMBATTENTI PER L'ITALIA. CRONOLOGIA DEGLI AVVENIMENTI CHE HANNO SEGNATO LA NASCITA, LA VITA, LA FINE DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

 


REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA CRONOLOGIA DEGLI AVVENIMENTI
da COMBATTENTI DELL'ONORE. Paolo Teoni Minucci.
 
     
    1943
    13 maggio giovedì Con la resa della 1a Armata italiana, termina la resistenza delle Forze Armate italo-tedesche in Africa settentrionale.
 
    10 giugno giovedì Sbarco incontrastato anglo-americano a Pantelleria.
    12 giugno sabato Sbarco incontrastato anglo-americano a Lampedusa e Linosa.
    10 luglio sabato Sbarco anglo-americano in Sicilia.
    21 luglio mercoledì Convocazione del Gran Consiglio del Fascismo.
    24 luglio sabato ore 17 Si riunisce il Gran Consiglio del Fascismo.
    25 luglio domenica ore 2,40 Il Gran Consiglio del Fascismo approva a maggioranza l’ordine del giorno Grandi.
    25 luglio domenica ore 17 Mussolini entra a villa Savoia, residenza privata del Re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia.
    25 luglio domenica ore 17,29 Mussolini viene arrestato all’uscita da villa Savoia, al termine dell’udienza reale.
    25 luglio domenica ore 22,30 L’EIAR diffonde i seguenti comunicati:
    "Attenzione, attenzione: Sua Maestà il re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo ministro Segretario di stato, presentate da Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini ed ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro, Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio".
    Segue quindi la radiodiffusione del proclama del Re Vittorio Emanuele III:
    "Italiani, assumo da oggi il comando di tutte le Forze Armate.
    Nell’ora solenne che incombe sui destini della Patria, ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede, di combattimento: nessuna deviazione deve essere tollerata, nessuna discriminazione può essere consentita.
    Ogni italiano s’inchini innanzi alle ferite gravi che hanno lacerato il sacro suolo della Patria. L’Italia, per il valore delle sue Forze Armate, per la decisa volontà di tutti i cittadini ritroverà, nel rispetto delle Istituzioni che ne hanno sempre confortato l’ascesa, la via della riscossa.
    Italiani, sono oggi più che mai indissolubilmente unito a voi dalla incrollabile fede nella immortalità della Patria".
    Poi la radiodiffusione del proclama del Generale Pietro Badoglio:
    "Italiani, per ordine di Sua Maestà il Re e Imperatore, assumo il governo militare del Paese con pieni poteri.
    L’Italia, duramente colpita nelle sue province invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni.
    Si serrino le file attorno a Sua Maestà il Re e Imperatore, immagine vivente della Patria, esempio per tutti.
    La consegna ricevuta è chiara e precisa, sarà scrupolosamente eseguita e chiunque s’illuda d’intralciare il normale svolgimento o tenti di turbare l’ordine pubblico, sarà inesorabilmente colpito.
    Viva l’Italia, viva il Re."
    28 luglio mercoledì alba Mussolini viene fatto imbarcare sulla corvetta Persefone.
    28 luglio mercoledì Il nuovo Governo ordina lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista.
    28 luglio mercoledì ore 13 Mussolini sbarca all’isola di Ponza e viene rinchiuso in una casa situata in località Santa Maria.
    7 agosto sabato ore 1 Mussolini viene imbarcato sul cacciatorpediniere Pantera.
    7 agosto sabato ore 13 Mussolini approda all’isola La Maddalena e rinchiuso a villa Weber.
    17 agosto martedì Gli anglo-americani occupano Messina; la Sicilia è perduta.
    28 agosto sabato ore 4 Mussolini viene imbarcato su di un idrovolante e trasportato a Vigna di Valle sul lago di Bracciano.
    28 agosto sabato ore 6 Mussolini viene caricato su di una ambulanza militare che parte per Assergi, località ai piedi del Gran Sasso d’Italia.
    28 agosto sabato ore 13,30 Mussolini è rinchiuso nella "Villetta del Gran Sasso" poco lontano dalla base di partenza della funivia che in due tronchi, superato un dislivello di 1000 metri, porta alla località di Campo Imperatore, nella quale sorge tutt’ora il rifugio Duca degli Abruzzi a quota 2112 metri sul livello del mare.
    3 settembre venerdì Mussolini viene portato al rifugio Duca degli Abruzzi, con la funivia, e alloggiato in un appartamento.
    3 settembre venerdì Gli anglo-americani sbarcano in Calabria.
    3 settembre venerdì ore 17,15 A Cassibile in Sicilia, località 15 chilometri a sud di Siracusa, il Generale Castellano, su mandato di Badoglio, sottoscrive per conto dell’Italia la resa incondizionata, nelle mani del Maggior Generale americano Bedell Smith, Capo di Stato Maggiore del Generale Eisenhower, Comandante in capo delle forze anglo-americane.
    8 settembre mercoledì ore 18,30 Il Generale Eisenhower rende nota al mondo, via radio, la capitolazione dell’Italia con questo comunicato:
    "L’Esercito italiano ha capitolato senza condizioni. Ho concesso un armistizio le cui condizioni sono state approvate da Gran Bretagna, dagli Stati Uniti e dalla Russia Sovietica. Ho pertanto agito nell’interesse delle Nazioni Unite. Il Governo italiano, ha dichiarato di sottomettersi a queste condizioni senza riserve. L’armistizio è stato firmato da un mio plenipotenziario e da un plenipotenziario di Badoglio ed entra subito in vigore. Le ostilità tra le Forze armate delle Nazioni Unite e quelle dell’Italia, vengono immediatamente sospese. Tutti gli italiani che coopereranno ad allontanare l’aggressore tedesco dal territorio italiano, otterranno l’aiuto delle Nazioni Unite."
    8 settembre mercoledì ore 19,45 L’EIAR radiodiffonde il seguente proclama di Badoglio, precedentemente registrato:
    "Il Governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al Generale Eisenhower, comandante in capo delle Forze Alleate anglo-americane.
    La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le Forze anglo-americane dovrà cessare, da parte delle Forze italiane, in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza."
    9 settembre giovedì ore 5 La vettura reale ed un seguito di altre, su cui sono Badoglio, membri del Governo e numerosi generali, lascia Roma e, imboccata la Tiburtina, dirige su Pescara. Il Re e Badoglio se ne vanno, senza dare avviso né ordini al Consiglio dei Ministri, abbandonando all’ira tedesca centinaia di migliaia di nostri soldati.
    9 settembre giovedì alba Una potente forza da sbarco anglo-americana, prende terra in prossimità di Salerno.
    9 settembre giovedì Truppe inglesi sbarcano senza contrasto a Taranto.
    9 settembre giovedì Il corteo reale effettua una sosta a Crecchio, dove chiede ed ottiene ospitalità al castello dei Duchi di Bovino.
    9 settembre giovedì notte Il corteo reale giunge ad Ortona e s’imbarca sulla corvetta Baionetta, assieme a trenta fra generali e colonnelli, con destinazione Brindisi.
    10 settembre venerdì pomeriggio La Baionetta attracca nel porto di Brindisi. Il Re e la Famiglia reale, prendono alloggio nella palazzina del Comando di Piazza.
    12 settembre domenica ore 14 Mussolini viene liberato dalla prigione di Campo Imperatore, da paracadutisti tedeschi. Fatto salire su di un ricognitore biposto Stork, pilotato dall’asso dell’aviazione capitano Gerlach, su cui sale anche il capitano delle SS Otto Skorzeny, decolla fortunosamente da un ripido spiazzo sassoso alle 15, alla volta dell’aeroporto di Pratica di Mare, nei pressi di Pomezia, dove atterra alle 16.
    12 settembre domenica ore 17 Mussolini, a bordo di un trimotore Heinkel, decolla da Pratica di Mare alla volta di Vienna, e vi giunge a notte inoltrata.
    12 settembre domenica ore 22 Dalla radio tedesca viene diffusa la notizia della liberazione di Mussolini.
    13 settembre lunedì mattino Mussolini si trasferisce in volo a Monaco di Baviera.
    14 settembre lunedì mattino Mussolini parte in aereo per Rastenburg, quartier generale di Hitler.
    15 settembre mercoledì sera Mussolini fa diramare da radio Monaco, 5 ordini del giorno indirizzati "ai fedeli camerati di tutta Italia:
    — A partire da oggi 15 settembre, riassumo la suprema direzione del fascismo in Italia.
    — Nomino Alessandro Pavolini, Segretario provvisorio del PNF, il quale assume, d’ora innanzi, la dizione Partito Repubblicano Fascista.
    — Ordino che tutte le Autorità militari, politiche, amministrative e scolastiche, come tutte le altre che sono state destituite dal loro ufficio dal Governo della capitolazione, riassumano immediatamente i loro posti ed uffici.
    — Ordino l’immediata ricostituzione degli Uffici del Partito, con le seguenti disposizioni:
    — appoggiare efficacemente e cameratescamente l’Esercito tedesco, che si batte sul suolo Italiano, contro il comune nemico;
    — fornire immediatamente al popolo assistenza morale e materiale;
    — esaminare la situazione dei membri del Partito, in relazione alla loro condotta di fronte al colpo di stato, alla capitolazione, al disonore, di segnalare i vili e di punire esemplarmente i traditori;
    — Ordino la ricostituzione di tutte le formazioni della MVSN. Il partito Fascista Repubblicano libera gli ufficiali delle Forze Armate, dal giuramento prestato al Re il quale, capitolando alle condizioni ben note ed abbandonando il suo posto, ha consegnato la Nazione al nemico e l’ha trascinata nella vergogna e nella miseria".
    18 settembre sabato sera Mussolini pronuncia da Radio Monaco il suo primo discorso dopo l’arresto, durante il quale, fatto il riassunto degli avvenimenti dal 25 luglio in poi ed avere accusato il Re e Badoglio della resa incondizionata, del tradimento e del disonore caduti sul popolo italiano dichiara, preannunciando così la nascita del nuovo stato:
    – Riprendere le armi a fianco della Germania, del Giappone e degli altri alleati. Solo il sangue può cancellare una pagina così obbrobbiosa della storia della Patria.
    – Preparare senza indugio la riorganizzazione delle nostre Forze Armate attorno alle formazioni della MVSN. Solo chi è animato da una fede e combatte per un’idea, non misura l’entità dei sacrifici.
    – Eliminare i traditori, in particolar modo quelli che sino alle ore 21,30 del 25 luglio militavano, talora da parecchi anni, nelle file del Partito.
    – Annientare la plutocrazia parassitaria e fare finalmente del lavoro il soggetto dell’economia e la base infrangibile dello stato.
    23 settembre giovedì Mussolini rientra in Italia da Monaco e prende residenza alla Rocca delle Caminate.
    23 settembre giovedì pomer. Alessandro Pavolini dirama alla radio, la composizione del nuovo Governo nominato da Mussolini, in attesa della convocazione della Costituente.
    27 settembre lunedì Alla Rocca delle Caminate, prima riunione del Governo fascista repubblicano.
    29 settembre mercoledì Comunicazione del Governo fascista repubblicano: "Con l’indirizzo del 27 settembre approvato dal Consiglio dei Ministri, si dà inizio al funzionamento del nuovo Stato fascista repubblicano, il quale troverà nella Costituente, che sarà prossimamente convocata, la promulgazione dei suoi definitivi ordinamenti costituzionali. Da oggi e fino a quel giorno, il Duce assume le funzioni di Capo del nuovo Stato fascista repubblicano".
    29 settembre Badoglio e Malta, a bordo della corazzata inglese Nelson, firma il "lungo armistizio", documento che contiene tutte le clausole della resa senza condizioni dell’Italia, clausole che saranno rese pubbliche solamente il 6 novembre 1945.
    10 ottobre domenica Mussolini prende residenza a Gargnano, sul lago di Garda nella villa Feltrinelli.
    13 ottobre mercoledì ore 15 Il governo del Regno del sud, dichiara guerra alla Germania.
    13 novembre sabato Nei pressi di Ferrara viene ucciso dai partigiani, mentre si stava recando a Verona al Congresso del Partito, il Segretario federale del Fascio ferrarese, il moderato Igino Ghisellini. L’attentato segna l’inizio, su base scientifica, della guerra civile in Italia.
    14 novembre domenica matt. Si apre a Verona il Congresso del Partito fascista repubblicano.
    25 novembre giovedì Proclamazione della Repubblica Sociale Italiana.
     
    1944
    8 gennaio sabato Comincia il processo a carico dei 19 membri del Gran Consiglio del Fascismo, firmatari dell'ordine del giorno Grandi che aveva pr
    11 gennaio martedì ore 9,21 Al poligono di tiro di Ponte Catena in Verona, vengono fucilati: Ciano, De Bono, Gottardi, Marinelli, Pareschi, unici componenti il Gran Consiglio, in stato di detenzione.
    22 gennaio sabato ore 2 Fra Anzio e Nettuno, a sud di Roma, uno sbarco di truppe anglo-americane, crea una pericolosa testa di ponte alle spalle della linea "Gustav" e minaccia di far crollare, per aggiramento, il fronte di Cassino.
    4 giugno domenica Cadute le ultime difese, Roma viene occupata dalle truppe anglo-americane.
    30 giugno venerdì Con decreto ministeriale la RSI, istituisce le Brigate Nere, reparti armati composti dagli iscritti al Partito Fascista Repubblicano e da volontari, liberi da impegni militari di età compresa fra i 18 ed i 60 anni. Le BB.NN. hanno prevalente funzione di salvaguardia dell'ordine interno. I rispettivi Segretari federali, ne assumono il comando e Comandante Generale è nominato Alessandro Pavolini.
    14 agosto lunedì Firenze è occupata dagli anglo-americani.
    25 agosto venerdì Inizia l'attacco degli anglo-americani alla "linea verde" che fa parte del dispositivo di difesa della "linea gotica", ultimo baluardo di sbarramento alla valle del Po.
    25 ottobre mercoledì Si esaurisce l’offensiva anglo-americana, che ha conseguito buoni risultati ma non ha scardinato la porta che chiude la strada per Bologna e la pianura padana. Il fronte si assesta e si prepara al periodo invernale; la sosta durerà 5 mesi.
    13 novembre lunedì Il generale inglese Alexander rivolge un proclama ai partigiani, affinché depongano le armi e ritornino alle loro case in attesa dell'offensiva di primavera.
    16 dicembre sabato mattina Mussolini tiene al teatro Lirico di Milano il suo ultimo discorso, davanti ad una platea entusiasta e commossa.
     
    1945
    5 aprile mercoledì ore 4,50 Con l’attacco nella zona della Versilia alla Linea verde 1, facente parte dell’ormai logoro complesso difensivo della Linea gotica, la 5a Armata americana dà inizio all’operazione Second Wind, propedeutica all’offensiva di primavera che porterà, di lì a pochi giorni, alla conquista della parte ancora libera del territorio della RSI.
    14 aprile venerdì L’attacco anglo-americano si estende a tutta la Linea gotica e si sviluppa principalmente in direzione di Bologna, lungo le valli del Reno e del Setta al centro, e contro la linea del Senio nella zona adriatica. 
    18 aprile martedì ore 19 Mussolini lascia Gargnano e alle 21 giunge a Milano.
    21 aprile venerdì alba Bologna è occupata dagli anglo-americani.
    23 aprile domenica Gli anglo-americani iniziano l’attraversamento del Po.
    25 aprile martedì ore 19,30 Mussolini lascia Milano per la Valtellina, preceduto e seguito da contingenti eterogenei di truppe della RSI.
    26 aprile mercoledì ore 17 Con l’ammaina bandiera ordinato dal Comandante Principe Junio Valerio Borghese presso la sede di piazza Fiume, la Xa MAS smobilita.
    27 aprile giovedì In luogo ed ora imprecisati, Mussolini cade nelle mani dei partigiani.
    28 aprile venerdì In luogo e ora imprecisati, Mussolini e la Signora Petacci vengono uccisi.
    28 aprile venerdì ore 17,15 In piazza Paracchini a Dongo, i partigiani si apprestano a uccidere, contro il parapetto di ferro che delimita a lago la piazza, un gruppo di persone, in precedenza catturato, che comprende anche alcuni esponenti della RSI.
    28 aprile venerdì ore 17,25 Schierati i fascisti con il viso al lago, un eterogeneo gruppo di armati apre il fuoco contro di loro; cadono così:
    Francesco Barracu Medaglia d'oro al v.m., mutilato di guerra, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
    Nicola Bombacci Organizzatore sindacale, socialista.
    Pietro Calistri Capitano pilota della ANR.
    Vito Casalinuovo Colonnello, ufficiale d'ordinanza di Mussolini.
    Goffredo Coppola Professore, Presidente dell'Istituto di cultura fascista.
    Ernesto Daquanno Direttore dell'agenzia Stefani.
    Gian Luigi Gatti Tenente, medaglia d'oro al v.m., segretario particolare di Mussolini.
    Augusto Liverani Ministro delle Comunicazioni.
    Fernando Mezzasoma Ministro della Cultura popolare.
    Mario Nudi Presidente della Federazione Agricoltori.
    Paolo Porta Avvocato, Commissario dei Fasci repubblicani di Como.
    Alessandro Pavolini Ministro Segretario del Partito fascista repubblicano, Comandante Generale delle BB.NN.
    Ruggero Romano Ministro dei Lavori Pubblici.
    Idreno Utimperghe Commissario dei Fasci repubblicani di Lucca.
    Paolo Zerbino Ministro degli Interni.
    Dopo una sequenza drammatica, viene ucciso anche il Dottore in legge Marcello Petacci, fratello di Claretta.
    28 aprile venerdì I 16 corpi vengono gettati su di un camion furgonato sul quale, transitando da Azzano, si provvede a caricare anche i cadaveri di Mussolini e della Signora Petacci.
    29 aprile notte sabato Il camion giunge a Milano e i corpi dei 18 uccisi sono scaricati a piazzale Loreto per l'esposizione al pubblico.
    30 aprile domenica ore 2,30 A Ghedi (Brescia), con la firma della resa di tutte le truppe della RSI, presso il Comando del 4° Corpo d’Armata Corazzato del Generale americano Crittemberg, il Generale Maresciallo d'Italia e Ministro della Guerra Rodolfo Graziani, sancisce di fatto la fine della Repubblica Sociale Italiana.
    In alcune regioni d’Italia, reparti dell’Esercito repubblicano, resteranno in armi fino al 5 maggio 1945.
 
 
da COMBATTENTI DELL'ONORE. Paolo Teoni Minucci.
Anno di Edizione: 2000. Greco&Greco editori.
da COMBATTENTI DELL'ONORE. Paolo Teoni Minucci.
 
     
     
    Prefazione
     
    Questo libro è il risultato di una ricerca che ha avuto, per oggetto, una minuscola rappresentanza di quanti, in divisa e in abito civile, militarono con ruoli gregari nelle file della RSI.
    Furono uomini e donne che si impegnarono, con responsabilità e sacrificio, per riscattare dalla vergogna dell’otto settembre l’Onore d’Italia, costituendo il facile bersaglio di armi fratricide, durante i 20 mesi della guerra civile ma, ancor più, dopo la sua sanguinosa conclusione.
    Nell’intento di procrastinare l’inevitabile processo di revisione di quel periodo, l’antifascismo professionale, con l’aiuto degli ultimi bardi, per altro già molto prossimi allo Stige, resta disperatamente abbarbicato alle sue verità e si ostina a tener relegati, nel grigiore di un limbo storico, gli italiani della Repubblica Sociale.
    Sulla base di informazioni precarie, ho cercato allora i monumenti edificati in memoria di quei Caduti, sono stato là dove furono eretti, li ho fotografati, ne ho tracciato l’itinerario, ho ricopiato nomi ed epigrafi molte volte sbiadite e, per finire, ho completato le vicende narrate da quelle pietre, con le notizie documentate che mi è stato possibile raccogliere.
    I motivi che hanno indotto questo lavoro sono:
    — Rendere omaggio ai Caduti della RSI, cui questo libro è dedicato e, soprattutto, a quelli di loro che non ebbero e non avranno il conforto di una croce.
    — Divulgare fra i giovani che non sanno, perché ne furono impediti, la conoscenza di una storia d’Italia, taciuta in patria, ma ben nota oltre confine.
    — Conservare il più a lungo possibile, fra le pagine di un libro, il ricordo di quegli uomini e di quelle pietre che l’ingiuria del tempo, la mano vandalica, la povertà dei mezzi e delle forze dei superstiti, condannano inesorabilmente a sparire.
    — Raccogliere, in una singola pubblicazione episodi accaduti in tempi e luoghi, anche distanti fra loro.
    Coloro che ne sentiranno il desiderio potranno recarsi in quei luoghi per una verifica, una riflessione, una preghiera, un fiore; gli itinerari descritti e le fotografie, ne faciliteranno il ritrovamento e non si avrà bisogno di chiedere.
    Ho in tal modo sollevato il velo su alcune storie, tutte ugualmente tristi e tutte tristemente concluse, ignorate dai più, che rappresentano una frazione delle migliaia che non sapremo.
    Solamente il giorno in cui questo inverecondo dopoguerra, iniziato nell’aprile del 1945, si sarà tramutato in pace vera e non ci sarà più discriminazione fra i morti della stessa terra, quel giorno, anche per gli italiani della Repubblica Sociale, la seconda guerra mondiale potrà dirsi finalmente conclusa.
    Ma sarà allora troppo tardi per conoscere la vicenda di questi Figli di una Patria matrigna, le cui storie il tempo, avrà oramai cancellato per sempre.
     
    Premessa
     
    Gli italiani della mia generazione, quelli che come me vissero la seconda guerra mondiale in età di ragione, ma non abbastanza matura per prendervi parte diretta, volgono al tramonto.
    Noi siamo gli ultimi testimoni oculari di quella vicenda storica che ci vide, alla fine, eredi di una sconfitta devastante come risultato di una guerra due volte perduta: la prima, combattendo contro un potente nemico esterno; la seconda, combattendo gli uni contro gli altri nella sanguinosa bufera di una guerra civile.
    Trentanove mesi durò la prima, venti mesi l’altra e, quando tutto sembrò aver finalmente termine, sulla desolazione di un’Italia distrutta nel corpo ma ancor più nelle coscienze, scese l’ora cupa della vendetta e del sangue.
    Libertà sconfinata in cambio della capitolazione, era stato l’insinuante pervicace baratto promosso da oltre oceano e sollecitato con le bombe dei B 17, mentre dall’est un’altra libertà, la bolscevica, muoveva verso occidente sulla prua dei T 34.
    Sotto quei velivoli e dietro quei carri, avanzavano culture molto diverse da quella europea e mediterranea nella quale eravamo nati e alla quale eravamo stati educati.
    Tra poco quei due sistemi, fra loro così distanti e contrapposti, si sarebbero duramente e pericolosamente confrontati, per la supremazia, sul confine di un muro ideologico, prima ancora che di cemento, costruito sulle macerie di una Europa distrutta e irrimediabilmente avviata al tramonto, dall’inscindibile soffocante amplesso dei liberatori.
    Sono consapevole di non raccontare cose nuove; le date e gli avvenimenti che rievoco sono però fondamentali per la nostra storia contemporanea, acquisiti da tempo alla stessa e dovrebbero essere ben chiari nella testa di tutti.
    Potrebbe allora trattarsi di fatica oziosa, ma non è così, perché ho la speranza che un ripasso sia pur sommario, dei principali avvenimenti che ebbero inizio 60 anni or sono, giovi ai vecchi dalla memoria sinistrata mentre, per quanto riguarda i giovani, sento il dovere e nutro l’illusione di concorrere ad aprire loro uno spiraglio sull’ignoto che, mi auguro, vorranno maggiormente ampliare.
    Ho raccontato i fatti che portarono gli italiani alla guerra civile, così come accaduti e nella loro sequenza cronologica.
    Non credo che quanto narrato sia opinabile e questa presunzione mi deriva dall’avere presenziato a quegli avvenimenti; dall’averne conosciuto personalmente molti dei protagonisti; dall’attenta analisi di una grande mole di letteratura postuma; dall’aver messo, nell’esposizione, la massima obiettività.
 
 
    Dal "Consenso" alla Democrazia
     
    L’inizio della fine
 
    È il 1938, secondo il parere dei massimi storici, l’anno del più alto "consenso" che il popolo italiano decretò al fascismo a partire dall’ottobre 1922, data della sua ascesa al governo della Nazione.
    Quando si dice il più alto consenso, s’intende dire che alla stragrande maggioranza del popolo italiano, andava benissimo così.
    Non che non ci fossero italiani oppositori del regime anzi, sia pure in numero limitato, più o meno noti, ce n’erano e anche di parecchio tosti, distribuiti fra l’area comunista e quella cattolica, sia in Italia che all’estero ma, in quel periodo, non avevano molto seguito.
    Quando nella prima fase della seconda guerra mondiale la Germania, alla quale ci legava il Patto d’Acciaio, diede chiara prova di poter stravincere in terra, mare e cielo, il popolo italiano cominciò a entrare in angustia, perché vedeva sfuggire l’occasione di sedersi con poca spesa al tavolo delle trattative di pace, se non si fosse corsi per tempo in aiuto al vincitore.
    E fu allora che le piazze d’Italia cominciarono a riempirsi di gente, in parte messa su dalla propaganda ma in parte convinta, che gridava guerra, guerra.
    E fra coloro che gridavano di più c’erano i soliti furbi, quelli di "armiamoci e partite" perché, ognuno di loro, aveva in tasca la ricetta per stare a casa.
     
    La guerra
 
    Scendemmo dunque in campo il 10 giugno 1940 ed è lì che il consenso cominciò a calare, col progredire della guerra e degli insuccessi.
    Prova inequivocabile non furono i sondaggi di opinione, che a quell’epoca non si sapeva cosa fossero, ma le scritte ostili al regime, dapprima nei cessi poi, sempre più audacemente, anche sui muri delle case.
    Il consenso raggiunse il suo livello più basso, per diventare decisamente dissenso quando il nemico, con lo sbarco in Sicilia il 10 luglio 1943, diede inizio all’invasione del territorio metropolitano.
    Da quel momento, nel cervello degli italiani, si fece sempre più strada la convinzione che i tedeschi non ce l’avrebbero fatta e che quindi, anche per noi, la partita era perduta.
    E quando Vittorio Emanuele il 25 luglio 1943 licenziò Mussolini per sostituirlo con Badoglio, un’ondata di tripudio pervase l’Italia, perché anche lo scemo del villaggio aveva capito che si trattava della prima mossa per uscire dalla guerra cosa che, in quel momento, era ciò che più voleva il popolo italiano.
    Con la scusa del tripudio ci furono anche tentativi di sommossa non chiaramente finalizzati, repressi energicamente dal Governo Badoglio al prezzo complessivo di 1600 fra morti, feriti, incarcerati, ma la cosa non destò scalpore, anche perché non venne divulgata.
    L’8 settembre 1943, corollario della manovra di sganciamento, il popolo italiano che sperava fosse veramente finita, si diede ancora una volta al tripudio (secondo me con molta meno enfasi del 25 luglio, perché capiva che qualcosa non quagliava), ma molto più al saccheggio.
    In quelle stesse ore l’esercito nemico proveniente da sud, estendeva l’invasione a un terzo della Penisola, mentre l’altro esercito straniero proveniente da nord, fino a quel momento nostro alleato, ne occupava la parte rimanente.
    Chiaritasi con il capovolgimento delle alleanze (operazione nella quale siamo maestri e noti nel mondo) la nuova situazione bellica, la parte del popolo italiano rimasta a sud del fronte, si trovò ad avere risolto i suoi problemi più immediati mentre, per coloro che si vennero a trovare a nord di quella linea, le cose si prospettavano un pochino più complicate.
     
    Interludio
 
    Dopo che i tedeschi ebbero intercettato alcuni comunicati radio, trasmessi in chiaro da fonte nemica, che davano per siglata il 3 settembre 1943 la resa senza condizioni dell’Italia agli anglo-americani, mandarono per la presentazione delle credenziali, il mattino dell’8 settembre al Re Vittorio Emanuele III, il nuovo Incaricato d’affari presso il Regno d’Italia, Rudolf Rahn.
    "L’Italia combatterà fino in fondo a fianco della Germania…", fu la sorprendente e incauta dichiarazione del Re, sulla quale piombò, attraverso i microfoni dell’EIAR alle 19,45 di quello stesso 8 settembre, l’inqualificabile comunicato del Capo del Governo italiano, Generale Pietro Badoglio.
    L’esercito italiano, venuto a mancare di colpo il supporto di ogni gerarchia, letteralmente si squagliò come neve al sole, nel volgere di poche ore.
    Si assistette allora all’angosciante spettacolo fornito dalle centinaia di migliaia di soldati stanchi, affamati, laceri e demoralizzati che, battendo le campagne e le strade secondarie tentavano, molte volte inutilmente, di sottrarsi alla cattura da parte dei tedeschi.
    La reazione di questi ultimi, al nostro voltafaccia, fu immediata e rude ma non ancora sanguinosa, anche se a Roma il Regio Esercito, appoggiato da qualche decina di civili, aveva tentato inutilmente di opporsi, con le armi, all’occupazione dei centri nevralgici della capitale.
    D’altra parte non era in alcun modo ipotizzabile l’abbandono tedesco agli anglo-americani, dello strategico scacchiere mediterraneo, solo per accondiscendere il desiderio di pace dell’italico alleato che si era stancato di guerra, così come era naturale fossero furibondi per il nostro voltafaccia che, oltretutto, li poneva improvvisamente in non poche difficoltà tattiche.
    Non è difficile immaginare i sentimenti nei nostri confronti, soprattutto di coloro che in quel momento si trovavano nel bel mezzo delle cannonate nella testa di ponte di Salerno, mentre contrastavano da soli lo sbarco anglo-americano, dopo che le nostre truppe si erano eclissate.
    Sicuramente saranno riandati alle tappe della disgraziata alleanza con l’Italia: eravamo entrati in guerra contro loro espresso parere; erano dovuti intervenire in Grecia per darci una mano; erano dovuti intervenire, con l’Afrika Korps di Rommel, anche in Africa settentrionale; il nostro intervento in Russia aveva dato più problemi che vantaggi; ci avevano mandato alcune delle migliori divisioni (ancor prima del 25 luglio e su nostra pressante richiesta), per fronteggiare l’avanzata anglo-americana in Sicilia, scarsamente e fiaccamente (per non dir peggio), contrastata dalle nostre truppe e, per paga del loro sacrificio in uomini e materiali gli italiani, non solo mollavano le armi lasciandoli nelle peste, ma addirittura gli sparavano addosso!
    Fu qualche tempo dopo l’8 settembre, che iniziò a organizzarsi qua e là una certa opposizione, per il momento scarsamente armata, diretta contro i tedeschi e contro i fascisti, che avrebbe poi preso il nome di "Resistenza"; contro i fascisti, soprattutto dopo la costituzione di un Governo repubblicano che portò, il 25 novembre 1943, alla proclamazione della Repubblica Sociale.
    Obiettivo principale e fondamentale della neonata repubblica, fu quello di riprendere le armi a fianco dell’alleato tedesco per risollevare l’Onore nazionale, trascinato nel fango dalla resa incondizionata e dal tradimento dell’alleato.
    A questo punto, il popolo italiano che venne a trovarsi nel territorio della Repubblica Sociale, doveva decidere con chi stare: da un lato si parlava di onore, ma il sia pur lento arretrare delle armate tedesche, lasciava pochi dubbi circa l’esito finale della partita; dall’altro si parlava di libertà e l’inarrestabile avanzata delle forze anglo-americane, ne lasciava ancor meno su chi sarebbe stato il vincitore.
    La stragrande maggioranza degli italiani, pur parteggiando in cuor proprio per gli uni o per gli altri, decise di non decidere e abbozzò, ponendosi alla finestra avendo, come primo obiettivo, quello di portar fuori le stringhe da quel casino; e ce n’era molta di gente alla finestra in quell’8 settembre del ‘43 ma, fra poco, un nuovo evento avrebbe deciso per tutti:
     
    La guerra civile
 
    Con il nuovo Stato repubblicano scesero in campo i vecchi fascisti; gli idealisti che sentirono più forte il richiamo dell’onore; gli internati nei lager tedeschi che alla prigionia preferirono il combattimento; i giovani di leva che alla macchia preferirono il dovere.
    Il risultato fu che a Mondragone, i bersaglieri della Repubblica Sociale andarono con successo al combattimento contro gli anglo-americani, già il 15 novembre 1943.
    La propaganda antifascista, le emittenti radio nemiche e Radio Bari, portavoce del Governo Badoglio, si diedero ad aizzare l’odio contro i soldati della RSI; esso venne pianificato, istituzionalizzato e scagliato su di loro; si ordinò di ucciderli entro due ore dalla cattura, mentre si provvedeva a trasmetterne via radio, oltre le linee, generalità e indirizzo, per facilitarne il riconoscimento e la soppressione.
    Alle spalle dei soldati della RSI si vennero così formando sui monti, nelle pianure e nelle città, bande armate di civili ed ex militari (i partigiani), che operavano in nome delle Resistenza, composte da: antifascisti di antica e nuova militanza; soldati sbandati dell’ex esercito regio rimasti tagliati fuori dalle loro città invase; prigionieri ex nemici fuggiti dai campi di concentramento; giovani renitenti alla leva della RSI. 
    Ultimi ad apparire furono gli eroi della "sesta giornata", coloro cioè che dopo il 24 aprile 1945 uscirono per la prima volta allo scoperto brandendo le armi, il fazzoletto verde o rosso al collo (ed erano i più feroci).
    Anche costoro (forse gli stessi che 5 anni prima erano accorsi a portare aiuto a un altro vincitore), reclameranno e otterranno, per sé e successori, prebende e carriere.
    I partigiani erano organizzati in gap, bande, brigate, non vestivano divisa e, generalmente, non obbedivano a regole che non fossero quelle stabilite dal loro capo diretto.
    Il metodo di lotta era la guerriglia, che veniva attuata con imboscate, colpi di mano, attentati dinamitardi, metodi illegittimi, secondo gli accordi internazionali di guerra (Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1907, ancora in vigore) che, in quei casi, ammettono la ritorsione della rappresaglia.
    Tutte le imprese compiute dai partigiani durante e dopo la guerra civile, furono in seguito dichiarate, con apposita legge retroattiva, azioni di guerra e, come tali, condivise e giustificate.
    Ciò permise l’impunità a un gran numero di masnadieri, che si era infiltrato nella Resistenza con scopi che con quella avevano poco da spartire. 
    A sud della linea del fuoco, nel territorio che poteva considerarsi la continuazione dell’Italia del regno, il Governo Badoglio, fra incredibili difficoltà e umiliazioni, non riuscì a ottenere dagli anglo-americani lo stato di alleanza ma semplicemente quello di "cobelligeranza" e poté a fatica rimettere in armi, traendoli dagli sbandati della disfatta militare, circa 5000 uomini, che vennero organizzati in un Raggruppamento, avanguardia di quello che sarebbe divenuto il CIL (Corpo Italiano di Liberazione) il quale, sia pure limitato nel numero e impiegato in modo qualche volta umiliante e sempre subordinato, combatté onorevolmente e con sacrificio, da Mignano Montelungo al Po.
    Per gli appartenenti alla RSI accusati di ogni turpitudine da altri commessa e a quelli accomunati, non ci fu pietà; il loro sangue corse a rivi e se alla fine il genocidio non poté essere portato a termine, lo si dovette alle truppe d’occupazione anglo-americane che lo contrastarono, dapprima fiaccamente, poi in modo sempre più deciso.
    I fascisti della RSI sopravvissuti alle stragi, furono messi al bando e, negata loro l’idealità della causa per la quale avevano combattuto, vennero cacciati dai posti di lavoro, derubati dei loro averi, processati da sedicenti tribunali del popolo, incarcerati e rinchiusi in campi di concentramento, privati dei diritti civili; e furono i fortunati.
     
    Il dopoguerra
 
    Quei tristissimi giorni io li ho vissuti da comprimario, e quindi testimone, e ho di loro serbato un ricordo che ancora mi sgomenta: truppe di colore; folla scalcinata ubriaca e vociante; bandiere e fazzoletti rossi; amici spariti, incarcerati, uccisi; "segnorine" sulle jeep dei vincitori; donne con la testa rasata; strade e piazze illuminate; odore di sigarette Chesterfield; preservativi usati, in terra nelle vie; dentifricio al gusto di ragù; ritmi di boggie woggie; Military Police con elmetti e manganelli bianchi; cioccolato, scatolette e chewing gum.
    Al seguito di armi straniere (fatto già più volte verificatosi nella storia d’Italia), anche l’antifascismo e la Resistenza finalmente trionfavano e, con loro, trionfava il popolo italiano che aveva, con molta disinvoltura, accantonato la sua maschia volontà guerriera sfoderata qualche anno prima contro la "perfida Albione" e, ancora una volta abbozzando, si adeguava.
    Per sottrarsi alle accuse di fascismo che i vincitori gli muovevano e nella speranza di ottenere condizioni di miglior favore dalla resa incondizionata, gli italiani indossarono i panni della vittima e cercarono di spacciare per vera, autoconvincendosene, la favola della presa del potere nel ‘22, da parte di una cricca, che poi li aveva tenuti soggiogati per vent’anni!
    Continuando sull’esempio delle prèfiche più accreditate, si poté assistere al miracolo della conversione (altro che pani e pesci!) e 45 milioni di italiani fascisti si trasformarono come per incanto in 45 milioni di antifascisti italiani.
    I veri vincitori, trascorso il periodo di euforia seguito alla cessazione delle ostilità, in forza dell’articolo 11 delle clausole di resa del Corto armistizio secondo il quale:
    "Il Comandante in Capo delle Forze alleate avrà pieno diritto di imporre misure di disarmo, smobilitazione e di smilitarizzazione", provvidero a disarmare i partigiani.
    La Resistenza venne così bruscamente accantonata e, al di fuori degli stereotipi riconoscimenti e prestampate frasi di circostanza, le fu solo concesso di celebrarsi ma, per favore, senza troppe bandiere rosse.
    Essa a quel punto non volle ma io credo non poté, liberarsi dalle scorie che la gravavano e che in seguito ne avrebbero messo in gioco immagine e credibilità.
    Soprattutto l’antifascismo, sua componente principale e trasversale, costretto dalla preponderanza comunista nelle anguste spire di una rivalsa senza confini e ormai senza scopo, non fu in grado, al termine di uno scontro che aveva visto sconfitta l’Italia intera, di muovere un passo verso i vinti e chiudere definitivamente il conflitto, sull’esempio di ciò che avevano fatto altri: Franco nel 1939, Lincoln nel 1865.
    Incapace di autocritica e a furia di celebrazioni la Resistenza, su cui presero a formarsi le fortune politiche e materiali della nuova classe dirigente italiana, si autodefinì epopea poi mito e infine dogma.
    Difficile quindi tentare un approccio o porre anche il più piccolo interrogativo su alcune delle sue imprese più oscure, senza incorrere nell’accusa di vilipendio mentre strade, piazze, monumenti, mausolei venivano a lei intitolati ed eretti.
    Per gli sconfitti, cioè quegli italiani che avevano con coerenza ma senza fortuna, combattuto fino alla fine per l’Onore e avevano pagato un contributo altissimo di sangue, per lunghi anni ne fu vietato anche il semplice ricordo.
    La Repubblica italiana "fondata sull’antifascismo e nata dalla Resistenza" non sa nemmeno, a distanza di 55 anni (e quel che è peggio non gliene frega niente di sapere), quanti furono i Caduti della Repubblica Sociale, che fascista era sì, ma anche italiana.
     
da COMBATTENTI DELL'ONORE. Paolo Teoni Minucci.
Anno di Edizione: 2000. Greco&Greco editori. (Indirizzo e telefono: vedi EDITORI)
 
 
 

SPRONATI DA UFFICIALI DAL PASSATO VALOROSO, MA ANCHE DA SEMPLICI MILITI, FANTI, AVIERI, MARINAI, RIFIUTANDO IL DISONORE CHE COLPIVA OGNUNO, MOLTI SOLDATI DAVANO INIZIO, CON MOTO SPONTANEO, AL FENOMENO PRODIGIOSO DELLA RICOSTRUZIONE DELLE FORZE ARMATE
PREMESSE da L’ORGANIZZAZIONE MILITARE DELLA RSI. Giuseppe Rocco.
 
 
    Come tutti sanno, già prima dell’8 settembre 1943, mentre gli alti comandi preparavano il tradimento, in numerosi ambienti militari la situazione successiva al 25 luglio, pur nella formale apparente disciplina, aveva provocato una serie di sbandamenti e di perplessità. In modo particolare, nei reparti della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, costretti a sostituire i fascetti con le stellette, maturavano propositi che il maldestro intreccio di tre tradimenti portò in seguito allo scoperto.
    Tutta l’abilità dei cospiratori si era esaurita con il colpo di stato del 25 luglio. Mussolini, dopo la sua liberazione dal Gran Sasso, ebbe a dire a Galbiati che se i nostri Capi militari avessero applicato, nella preparazione della guerra, la stessa intelligenza dimostrata nella preparazione del colpo di stato, egli non sarebbe stato a Roma a parlare, ma in un albergo del Cairo. Tutti e tre i Capi di Stato Maggiore, cioè Badoglio, Cavallero e Ambrosio, come risulta dai loro diari, persero più tempo per studiare il colpo contro il governo che per elaborare piani contro il nemico.
    Dopo il 25 luglio, solo livore politico, vendette e confusione: si pensi che su sedici ministri, due soltanto riuscirono a partire da Pescara con il re e Badoglio. Gli altri, dimenticati o spariti.
    I tedeschi, traditi dal governo badogliano (naturalmente, consenziente il re); il governo Badoglio, tradito dagli americani con la promessa - falsa - di sbarcare una divisione di paracadutisti nell’aeroporto di Ciampino, e con la proclamazione dell’armistizio quattro giorni prima di quanto concordato (l’8 settembre anziché il 12); tre milioni e mezzo di soldati italiani traditi dallo Stato Maggiore, abbandonati allo sbaraglio, senza ordini, con la sola direttiva generica di volgere le armi contro l’alleato che da tre anni gli combatteva a fianco.
    Già nella notte fra l’8 e il 9, ma con ritmo sempre più accelerato nei giorni successivi (prima che i tedeschi attuassero i loro comprensibili piani di vendetta per il tradimento), ovunque si trovassero soldati italiani, qualcuno si ribellò.
    Con moto spontaneo, spronati da ufficiali dal passato valoroso ma anche da semplici militi, fanti, marinai, avieri ecc., rifiutando il disonore che colpiva ognuno, molti soldati davano inizio al fenomeno prodigioso della ricostruzione delle Forze Armate. Si manifestò ovunque l’intenzione di continuare a combattere il vecchio nemico, mettendosi a fianco di qualche reggimento tedesco - in caso di elementi isolati - o costituendo reparti regolari organizzati e disciplinati.
    In ogni centro, grande o piccolo, attorno a quanti non avevano deposto le armi, si verificò un’affluenza di giovani generosi e anche di meno giovani, padri di famiglia con gradi o senza, che avevano tutto da perdere ma ritenevano necessario salvare, nel momento supremo, il valore più alto di un popolo: l’onore militare. Valore che si riflette, in guerra e in pace, in tutti i campi della vita civile ed economica della nazione.
    Le note dell’inno del primo fascismo, trasmesse da Radio Monaco la sera dell’8 settembre da un gruppo di "irriducibili", rappresentò il primo collante, un segnale per gli isolati, una prima certezza di non essere soli, ma che altri fratelli erano determinati a raccogliere dal fango le armi abbandonate, continuando a combattere, con o senza speranza di vittoria ma per fedeltà alla parola data.
    Nel giro di pochi giorni, quasi tutti i reparti della Milizia e nuclei di soldati, di marinai, di avieri, di fascisti, di civili non fascisti, di funzionari statali, di specialisti delle varie Armi si riunivano spontaneamente per difendere le loro sedi e le loro prime caserme, anche dall’alleato germanico giustamente diffidente. Subito si creò una rete militare tale da occupare e presidiare tutto il territorio non invaso dagli anglo-americani, (circa gli otto decimi del suolo italiano) ed assicurare l’attività dell’apparato statale in tutti i suoi aspetti, amministrativi, assistenziali, politici, giudiziari ecc.
    La Repubblica Sociale Italiana era già viva e vitale prima ancora della liberazione del Duce, prima che il nuovo Governo ne sanzionasse la nascita.
    Dopo tre giorni, già centottantamila uomini erano accorsi volontari o rimasti in servizio.
    Il primo importante scopo era stato raggiunto: neutralizzare la furia dei tedeschi, trasformati in poche ore da alleati in nemici.
    * * *
    Difficoltà immense accompagnarono la nascita delle Forze Armate repubblicane; le carenze erano enormi, ma tutto riuscì a procedere, nonostante il continuo arretramento del fronte, sia in Italia che nel resto dell’Europa occupata dai tedeschi. Lo stato "Repubblica Sociale Italiana" per venti mesi operò regolarmente, in tutte le funzioni consentite dal tempo di guerra.
    Come il lettore potrà rilevare dal contenuto del libro, verso la metà di aprile ’45, quando avvenne lo sfondamento della Linea Gotica, l’Italia era ancora in piedi, tutta la sua struttura organizzativa rispondeva alle esigenze della popolazione, l’aspetto alimentare era sopportabile, la burocrazia funzionava bene, tanto che il governo del Sud aveva emanato disposizioni di assorbirla man mano che avanzava l’occupazione militare alleata. La situazione finanziaria, inoltre, era tale che, nonostante il peso della guerra, il costo dell’alleato e degli assegni familiari pagati ai congiunti dei richiamati (anche quelli che combattevano con l’esercito del Sud), il bilancio del 1944 si chiuse in pareggio. I disagi maggiori erano rappresentati dagli incessanti bombardamenti mirati e terroristici nonché dalle imboscate di fuorilegge che scendevano di notte dalle montagne.
    Le truppe della RSI erano distribuite lungo i confini dove, da sole od unitamente a reparti germanici, avevano impedito fino all’ultimo ogni sfondamento, sia sul fronte occidentale che su quello orientale. Ad ovest si opponevano alle armate golliste che, dopo lo sbarco alleato in Provenza del 15 agosto ’44 ed il conseguente abbandono da parte dei tedeschi della Francia meridionale, si erano riaffacciati al confine piemontese, con l’intenzione di conquistare territori italiani, come pegno da presentare al tavolo della pace. Ad est, agguerrite grandi formazioni slave, comuniste o no, aiutate anche da italiani, pretendevano di impadronirsi del Veneto fino all’Isonzo ed oltre.
    Solo la strapotenza americana in uomini e mezzi riuscì, con enormi sforzi, impiegando venti mesi più del previsto, ad eliminare il fronte italiano. I tedeschi, con le divisioni depauperate dalle perdite, ormai battuti su altri fronti, rinunciarono a resistere sulla linea del Po, anticipando l’abbandono del territorio italiano. Si determinò così una situazione improvvisa, che mise le armate repubblicane in crisi, per cui i previsti piani di ripiegamento non poterono essere attuati e la fine della guerra portò con sé lo scatenamento dell’odio comunista con le tragedie che rappresentano una delle pagine più buie della nostra storia.
    * * *
    Esaurite queste premesse, è nostra intenzione esaminare la situazione militare alla metà di aprile 1945, prima dei movimenti di ripiegamento generale, segnando su apposite cartine la dislocazione dei vari reparti lungo i confini. Indicheremo altresì la posizione degli enti militari nelle varie località e tutta l’organizzazione del fronte interno.
    La rappresentazione grafica sarà preceduta da una succinta storia di ogni Arma e di ogni Reparto, onde far conoscere il vero spirito di abnegazione e la fede che animava i singoli elementi, dal più umile "levato" al più noto generale.
 
 
da L’ORGANIZZAZIONE MILITARE DELLA RSI. Giuseppe Rocco.

giovedì 18 agosto 2022

MARGHERITA KAISER PARODI

MARGHERITA KAISER PARODI ORLANDO, LA DONNA DI REDIPUGLIA

Margherita Kaiser Parodi Orlando (Roma, 16 Maggio 1897 – Trieste, 1° Dicembre 1918)

Margherita, figlia di Maria Orlando e nipote di Luigi Orlando, appartiene alla terza generazione della famiglia imprenditoriale Orlando. La madre, sposata con Giuseppe Kaiser, benestante livornese di origine tedesca, ottenne, allo scoppio della prima guerra mondiale, l’italianizzazione del cognome, assumendo anche quello della nonna, ovvero Parodi.
Margherita Kaiser Parodi nacque a Roma il 16 maggio 1897.
Decise di arruolarsi volontaria appena diciottenne partendo con la madre Maria e la sorella Olga per l’ Ospedale CRI di Cividale nel Friuli, alle dipendenze dell’ Invitta Terza Armata del Duca D’Aosta.

Il 19 maggio 1917 venne coinvolta in un bombardamento con l’ospedale mobile n. 2 di Pieris, nel goriziano. Nonostante la violenza dell’azione di fuoco austriaca, rimase al suo posto, prestando cure immediate ai militari feriti. Per il suo comportamento, la sua abnegazione e lo spirito di umana fratellanza verso i fanti italiani, lo Stato Maggiore del Regio Esercito le conferì la Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: “per essere rimasta serena al suo posto a confortare gli infermi affidati alle sue cure, mentre il nemico bombardava la zona dove era situato l’ospedale cui era addetta”.

La giovane Margherita rimase al suo posto fino alla fine della guerra, assaporando così il sapore della vittoria tanto sperata. La fine del conflitto, però, coincise con lo scoppio dell’epidemia di spagnola, una grave forma di influenza che causò dal 1917 al 1920 decine di milioni di morti in tutti i continenti. Nonostante l’elevato rischio di contagio, Margherita Parodi rimase nuovamente accanto ai soldati gravemente ammalati: la fatica, il freddo e le veglie di notte ai letti dei moribondi ne fiaccarono il fisico e ne compromisero lo stato di salute, tanto che il 1° dicembre 1918 restò vittima del morbo nell’ospedale di Trieste.

Di fronte al Sacrario Militare, sul Colle Sant’Elia, tra i numerosi monumenti in pietra e marmo, si trova anche quello in memoria delle Crocerossine cadute

“A noi, tra bende, fosti di carità l’ancella; morte tra noi ti colse, resta con noi, sorel

mercoledì 10 agosto 2022

Gli anni bui della Rivoluzione francese: crimini e genocidi

Gli anni bui della Rivoluzione francese: crimini e genocidi

Nella mentalità europea la rivoluzione francese è considerata generalmente un avvenimento positivo perché, nonostante i crimini compiuti in questo periodo siano ormai noti, viene associata alla finedellAncien Règime e alla proclamazione dei diritti dell’uomo. Anche molti cattolici sono oggi di questo avviso. Eppure paradossalmente in quell’epoca avvenne una delle peggiori persecuzioni anticristiane della storia.
In realtà, lo scontro tra Chiesa e Rivoluzione inizialmente era tutt’altro che scontato. La maggior parte del clero aveva infatti accolto favorevolmente i moti dell’89 tanto che alla costituzione dell’Assemblea nazionale quattro vescovi e 149 preti si unirono al terzo stato. Il clerovotò a favore dell’abolizione della decima e non vi furono particolari problemi quando si decise di nazionalizzare i beni della Chiesa, ma i rapporti si ruppero quando i legislatori pretesero di avere poteri decisionali in materie attinenti al campo spirituale.
Infatti i rivoluzionari, oltre a decretare lo scioglimento degli ordini religiosi che non si dedicassero all’insegnamento e all’assistenza, emanarono nel luglio del 1790 la costituzione civile del clero che prevedeva la riduzione delle diocesi da 130 a 83, l’elezione dei vescovi e dei curati e l’abolizione di ogni giurisdizione del papa sulla Francia venendo a creare di fatto una chiesa nazionale scismatica. Questo provvedimento fu assai controproducente perché diede un aiuto fondamentale alla controrivoluzione e spinse il papa Pio VI (che pur critico verso la rivoluzione si era astenuto da pronunciamenti ufficiali) ad una condanna pubblica. Il clero si divise tra i “refrattari” che si rifiutarono di giurare fedeltà alla costituzione e i “costituzionali” che invece accettarono di farlo (questi ultimi composti da 7 vescovi e circa metà del basso clero anche se vi furono numerose defezioni in seguito alla condanna papale). Il clero refrattario inizierà perciò ad essere accusato di tendenze aristocratiche e controrivoluzionarie.
La situazione religiosa peggiorò con l’avvento della repubblica. Dopo la destituzione del re nell’agosto del 1792, l’Assemblea Costituente emanò una serie di normative antireligiose: la deportazione dei preti refrattari che non avessero lasciato il paese entro 15 giorni (salvo poi negare i passaporti per tenere i preti come ostaggi), la confisca delle campane, lo scioglimento degli ordini religiosi caritativi e il divieto di fare processioni o di indossare l’abito talare al di fuori degli edifici di culto. Anche il clero costituzionale incomincerà a essere perseguitato perché sospetto di tendenze monarchiche e moderatismo e, del resto, molti rivoluzionari non vedevano alcuna differenza tra le due Chiese. Durante il Terrore, si ebbe la cosiddetta “Scristianizzazione” nella quale i “rappresentanti in missione” influenzati del materialismo tardo-illuminista distrussero oggetti sacri, profanarono chiese e costrinsero all’abiura parecchi preti costituzionali. Venne inoltre adottato il calendario rivoluzionario in sostituzione a quello ecclesiastico e le decadi al posto delle settimane. Non tutti i politici francesi però condividevano la politica di scristianizzazione perché vi era il timore di perdere l’appoggio della maggioranza del popolo rimasta religiosa e d’inimicarsi le nazioni neutrali.
Nel 1795, perciò, si acconsentì alla riapertura delle chiese e lo stato rinunciò al finanziamento del culto. Non vi fu però una vera libertà perché le manifestazioni pubbliche di religiosità rimasero vietate e la repubblica proseguì con la laicità d’attacco, imponendo il calendario repubblicano in tutti gli atti della vita pubblica e il festeggiamento delle decadi al posto delle festività cristiane. Solo sotto Napoleone Bonaparte ebbe fine la fase più anticattolica della rivoluzione, grazie al Concordato stipulato nel 1801. Ilfuturo imperatore considerava però la Chiesa un mero strumento di governo e con gli “Articolo Organici”subordinò strettamente il clero allo stato (per una brevi sintesi sulle misure antireligiose dei rivoluzionari, seppur benevola verso quest’ultimi, si veda A. Soboul, La rivoluzione francese, Roma 1998 pp. 466-468).
La politica antireligiosa suscitò scontento tra la popolazione sfociando in alcuni casi in aperte rivolte. La più importante tra queste fu quella che scoppiò in Vandea. Vi erano già stati segnali di malumore in questa regione quando venne approvata la costituzione civile del clero e i vandeani accolsero con sfavore la notizia dell’esecuzione del sovrano. La goccia che fece traboccare il vaso fu la notizia della coscrizione obbligatoria di 300000 uomini: “Hanno ucciso il nostro Re; hanno cacciato via i nostri preti; hanno venduto i beni della nostra chiesa; hanno mangiato tutto quello che avevamo e adesso vogliono prendersi i nostri corpi… No, non gli avranno”, dichiararono gli insorti vandeani del villaggio di Doulon. Essi si proclamarono perciò realisti e cattolici, ritorcendo contro la Repubblica il diritto all’insurrezione per ottenere la libertà.  La pessima organizzazione delle truppe rivoluzionarie permise agli insorti di prendere il controllo di una vasta area del paese, che le truppe rivoluzionarie avrebbero dovuto riconquistare palmo a palmo. I ribelli riuscirono ad infliggere pesanti perdite ai repubblicani applicando la tattica della guerriglia e per domare la rivolta, i parigini ricorsero a metodi brutali. In entrambi i fronti si ebbero atrocità, ma quello che fecero i rivoluzionari fu così terribile che alcuni studiosi hanno persino parlato di “genocidio”. I massacri più sanguinosi avvennero tra l’altro nel 1794 quando la rivolta era stata in gran parte domata: migliaia di prigionieri vennero brutalmente assassinati. Le azioni più sanguinose si ebbero a Nantes doveJean-Baptiste Carrier, oltre alla ghigliottina, integrò quelle che lui definiva «deportazioni verticali» ossia gli annegamenti nelle acque della Loira: vennero praticati dei fori sulle fiancate dei barconi a chiglia piatta sui quali s’inchiodavano delle tavole di legno che poi venivano schiodate quando le barche erano al centro del fiume, portando così alla morte per annegamento alle vittime legate. In un primo tempo questi annegamenti furono limitati ai sacerdoti, ma presto si estesero ad un numero sempre maggiore di persone (si calcola che le vittime nella sola Nantes siano state tra le duemila e le quattromilaottocento).
Nei mesi di febbraio e marzo del 1794, le forze repubblicane intrapresero attraverso la regione ribelle una marcia «pacificatrice». Le dodici “colonne infernali” del maresciallo Turreau massacrarono ogni persona che trovarono sul loro cammino, uccidendo anche vandeani di provata fede repubblicana. Le violenze e le uccisioni su donne e bambini erano all’ordine del giorno. Si calcola che su una popolazione di poco superiore alle 800.000 persone, i vandeani uccisi siano stati più di 117.000 (ma alcuni si spingono fino a 250000, cfr. S. Schama, Cittadini. Cronaca della rivoluzione francese, Milano 1989 pp. 813-817).
Questi massacri non furono dovuti alla semplice brutalità della guerra, ma vennero incitati (se non espressamente ordinati) dai deputati della Convenzione, come apprendiamo dai documenti rinvenuti. Il generale Westermann così scriveva ad esempio al Comitato di Salute Pubblica nel dicembre del 1793: “Non esiste più Vandea, cittadini repubblicani, essa è morta sotto l’albero della libertà con le sue donne e i suoi bambini (…) Eseguendo gli ordini che mi avete dato, ho fatto calpestare i bambini dai cavalli, ho fatto massacrare le donne che almeno non partoriranno più briganti. Non ho prigionieri per i quali possa rimproverarmi”. Anche il deputato Carrier ammetterà candidamente di aver ricevuto “l’ordine di sterminare la popolazione in modo da poter ripopolare il paese in più in fretta possibile con cittadini repubblicani”. Secondo lo storico Reinald Secher, il genocidio vandeano fu quindi concepito, organizzato e messo in atto dal Comitato di Salute Pubblica ovvero, tra gli altri, da Robespierre in persona. (Lorenzo Fazzini, E Robespierre disse: cancellate i vandeaniAvvenire, 21 ottobre 2012). La fine dei massacri si ebbe con l’avvento dei termidoriani che stipularono diversi accordi con i ribelli nella quale promettevano di rispettare la loro fede e i loro beni, ma la pace durò pochi mesi e si ebbero in seguito altri focolai di guerriglia.
Simili insurrezioni si ritroveranno anche nei territori occupati dai francesi. In Belgio i contadini cominciarono ad abbattere gli alberi della libertà sostituendoli con delle croci, in Lussemburgo i francesi dovettero impiegare una battaglia in piena regola per vincere la ribellione e provvidero a deportare molti preti sull’isola di Ré, mentre nello stato Pontificio le truppe francesi venivano spesso assalite da gruppi di contadini guidati dai rispettivi parroci. Tutto questo accade dopo che l’occupazione di Roma e l’esilio del pontefice, aveva fatto credere ai rivoluzionari d’aver schiacciato il “fanatismo” e portato la pace universale (F. Furet – D. Richet, La rivoluzione francese, Bari 1974 pp. 534-535).
La rivoluzione francese ebbe indubbiamente grandi meriti, ma ebbe anche la colpa di aver creato un nuovo fanatismo di tipo ideologico che guardava ai suoi avversari come esseri privi di tratti umani e che scatenò atrocità che nulla avevano da invidiare a quelle provocate in nome del fondamentalismo religioso.
Mattia Ferrari

mercoledì 3 agosto 2022

I CRIMINALI AMERICANI E LE BOMBE ATOMICHE SUL GIAPPONE

33 foto mostrano gli effetti devastanti della bomba atomica su Hiroshima

Quando il 6 agosto del 1945 suonarono le sirene antincendio, i 245.000 abitanti di Hiroshima, abituati come erano a quel suono che scoppiava di frequente quando gli aerei americani sorvolavano il loro cielo, non si potevano aspettare quello che di lì a poco sarebbe successo.

Alcuni attimo dopo le 8.15, un lampo di luce accecante investì la città, portando con se morte e distruzione. Gli stati Uniti avevano appena lasciato cadere la bomba atomica. “Little Boy”, così fu chiamata la bomba, uccise istantaneamente circa 30.000 persone, devastando gli edifici dell’intera città. Uomini polverizzati all’istante e una città rasa al suolo per un miglio dal punto zero, insieme ad una vastità di incendi.

Il 50% delle vittime morì per ustioni e tra quelli sopravvissuti all’esplosione iniziale e agli incendi, molti morirono per esposizione alle radiazioni. L’ospedale della città si trovava nel punto zero, quindi medici e infermieri vennero a mancare ed i feriti sopravvissuti si trovarono a trascinarsi tra le macerie nella più totale disperazione. Vi mostriamo 33 foto che raccontano la devastazione ad Hiroshima dopo la bomba atomica, i cui effetti hanno afflitto gli esposti alle radiazioni per diverse generazioni.

1.Un uomo guarda le rovine della Hiroshima Prefectural Industrial Promotion Hall. La struttura fu preservata e fu in seguito ribattezzata Genbaku Domu (Hiroshima Peace Memorial)

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Bernard Hoffman/The LIFE Picture Collection/Getty Images

2. La nube atomica sale a 6000 metri sopra Hiroshima subito dopo la caduta della bomba

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

3. Alcune vittime della catastrofe si rifugiano nelle macerie di una banca che è stata trasformata per ospitare i feriti e i senzatetto

Bomba Atomica Hiroshima Effetti

Keystone-France/Gamma-Keystone via Getty Images

4. Le ustioni da radiazioni di un superstite di Hiroshima

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Museum of Health and Medicine

5. Immagini aeree di Hiroshima prima e dopo l’attentato

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Library of Congress/Harry S. Truman Presidential Library & Museum

6. Immagini aeree di Hiroshima prima e dopo l’attentato, con indicato il punto zero dell’esplosione

Bomba Atomica Hiroshima Effetti U.S. Department of Defense

7. Una donna ripulisce tra le macerie

Bomba Atomica Hiroshima Effetti

Getty Images

8. Veduta aerea di Hiroshima nel 1946

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Library of Congress

9. Una madre e un bambino siedono nelle rovine di Hiroshima quattro mesi dopo l’attentato

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Alfred Eisenstaedt/Pix Inc./The LIFE Picture Collection/Getty Images

10. Una vittima dell’esplosione con gravi ustioni

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Wikimedia Commons

11. Due donne camminano tra le rovine

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Smith Collection/Gado/Getty Images

12. La sagoma di una vittima bruciata sui gradini di una banca. Il calore e la luce generati dalla bomba furono così intensi da cambiare le tonalità delle strade e degli edifici, lasciando le aree “protette” dai corpi umani, più simili alle loro sfumature originali

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Universal History Archive/UIG via Getty Images

13. Un uomo sopravvissuto osserva le macerie

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Getty Images

14. Un’altra ombra umana bruciata sui gradini di una banca dalla bomba

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Universal History Archive/UIG via Getty Images

15. Una visione della distruzione nel 1947

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

16. La città in rovina pochi giorni dopo la bomba

Bomba Atomica Hiroshima Effetti AFP/AFP/Getty Images

17. Un’anziana sopravvissuta all’esplosione giace coperta di mosche in un ospedale allestito in quella che era una banca

Bomba Atomica Hiroshima Effetti CORBIS/Corbis via Getty Images

18. I resti di un camion dei pompieri devastato dall’esplosione

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

19. Un gruppo di bambini e adulti rimasti senza casa scaldano le mani sul fuoco alla periferia di Hiroshima

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Alfred Eisenstaedt/Pix Inc./The LIFE Picture Collection/Getty Images

20. I residenti camminano per le strade circondate da macerie

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Bernard Hoffman/The LIFE Picture Collection/Getty Images

21. Poco dopo che la bomba è stata fatta cadere, il fumo sale nel cielo sopra la città mentre un’onda d’urto che viaggia più veloce della velocità del suono devasta l’area sottostante

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Galerie Bilderwelt/Getty Images

22. Un bambino giapponese tra la devastazione, un anno dopo l’esplosione

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Getty Images

23. La devastazione dalla bomba si estendeva per diversi chilometri dal punto zero

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

24. Un soldato giapponese cammina attraverso un’area rasa al suolo da “Little Boy”

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

25. Una vittima di Hiroshima si trova in un ospedale di fortuna

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

26. Una sopravvissuta la cui pelle è stata bruciata in corrispondenza delle parti scure del kimono che indossava al momento dell’esplosione e che erano a diretto contatto con la pelle

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

27. Bambini indossano maschere per combattere l’odore della morte nell’aria dopo il bombardamento

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Keystone/Getty Images

28. Un uomo con la sua bicicletta a circa 150 metri dal punto zero

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Keystone/Getty Images

29. Vittime dell’esplosione si riprendono in un ospedale improvvisato infestato da mosche, in un edificio che era una banca

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

30. Alberi bruciati ed edifici distrutti bombardati costellano il paesaggio di Hiroshima all’indomani del bombardamento

Bomba Atomica Hiroshima Effetti National Archives and Records Administration

31. La gente cammina lungo le strade attraverso le rovine

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Library of Congress

32. Le rovine della città un mese dopo l’attentato

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Galerie Bilderwelt/Getty Images

33. Un bambino siede sulle rovine di Hiroshima

Bomba Atomica Hiroshima Effetti Alfred Eisenstaedt/Pix Inc./The LIFE Picture Collection/Getty Images