|
STORIA
Questione
giudaica: la coerenza di Giorgio Bocca…
Tratto da Storia del
Novecento, Anno VI, n.70, febbraio 2007 (in edicola) Storia del
Novecento, Strada Vicinale della Pieve 11, 27010 Copiano, PV Tel. 0382
968151 Fax 0382 968093 Indirizzo posta elettronica:
storiadelnovecento@tin.it
Archivio: Giorgio
Bocca: "Primi passi da giornalista" "Coerente con le sue posizioni di
sempre"?
Abbiamo virgolettato
titolo e sottotitolo di questo servizio (richiestoci da numerosi lettori
anche per via della rinnovata polemica con Giampaolo Pansa ed il
revisionismo in generale), perchè si tratta in entrambi i casi di
citazioni. La prima è tratta dalla presentazione di Bocca come autore
del libro Il provinciale, Mondadori 1991; la seconda è presa da un
giudizio su di lui nel corso di un'intervista - pubblicata sul Corriere
della Sera il 21 dicembre scorso - in cui si scagliava contro i
revisionisti. Dunque il risvolto di copertina de Il provinciale ci dice
che Giorgio Bocca, "nel foglio di Giustizia e Libertà ha fatto,
nell'immediato dopoguerra, i primi passi da giornalista". Non è esatto,
perchè si dimenticano i numerosi articoli - due dei quali vengono per la
prima volta qui riprodotti integralmente - che durante la guerra (e fino
al 1943) il Nostro ebbe la soddisfazione di veder stampati in prima
pagina de La Provincia grande - Sentinella d'Italia, Foglio d'ordini
settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo. In
data 14 agosto 1942 Giorgio Bocca scriveva:
La Provincia grande.
Sentinella d'Italia. Foglio d'Ordini settimanale della Federazione dei
Fasci di Combattimento. Cuneo
Anno II, numero 33, 14
agosto 1942, XX E. F.
Documenti dell'odio giudaico. I "Protocolli" dei Savi di Sion
di
Giorgio Bocca
Sono i
"Protocolli dei Savi di Sion" un documento dell'internazionale ebraica
contenente i piani attraverso a cui il popolo Ebreo intende giungere al
dominio del mondo. La logica costruzione del testo trae ragione e causa
da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura
umana. Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo
studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione. Il
povero "gojm" o "gentile" così il testo chiama i non Ebrei, leggendo
quei "Protocolli" rimane al tempo stesso stupito ed atterrito.
Anche se
è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che
può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede
prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un
opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con
tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da
esseri che si sono sempre tenuti nell'ombra ed al riparo di propizi
paraventi.
Il
testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza,
descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo Ebreo è già
arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il
monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo.
In
questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le
parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i "gentili"
sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia
all'utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel
frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione. Lungo tempo è
durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo
capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto
inizio l'opera di dissolvimento.
I primi ostacoli da
abbattere erano le due forze dell'aristocrazia e del clero. Gli ebrei
preparano la rivoluzione francese; l'aristocrazia cade nelle loro mani
per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo
della critica e della stampa. Il malgoverno da essi prodotto stanca e
disgusta il popolo.
Gli
ebrei lanciano allora il grido: Libertà, eguaglianza, fratellanza". La
massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara
il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli
Ebrei, padroni dell'oro, divengono i dominatori. Dice il testo: "Abbiamo
trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di
partito" e più oltre "l'abuso di potere da parte dei singoli farà
crollare tutte le istituzioni".
Un gran
passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la
famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano
per i veramente ingenui "gentili" un'altra più affascinante utopia: il
collettivismo.
Cervelli ebraici
dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano.
Dice
il testo: "Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di
poter distruggere l'individualità umana". Quando non esisteranno più
nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno
esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che
ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei
imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella
persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione
gerarchica delle caste.
Non
tutti i "gentili" - per sfortuna degli ebrei - sono stati però degli
"ingenui" o "zucche vuote" come essi amano chiamarli. Anche essi, o
almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse,
ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver
subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello
fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà
nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da
trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa
deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non
ebrei dire che il Comunismo è un utopia irraggiungibile e che le sue
applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni
di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei). L'odio di
chi vede svelati i suoi piani è enorme, l'odio di chi vede rovinati i
propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il Fascismo è la
causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in
apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della
Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano,
fascista o non fascista può sorridere l'idea di dovere in un tempo non
lontano essere lo schiavo degli ebrei? E' certo una buona arma di
propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di
avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli
come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con
qualunque mezzo, al dominio del mondo. Sarà chiara a tutti, anche se
ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa
guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo
ebraico di porla in stato di schiavitù.
Nessun commento:
Posta un commento