GELA, 1943 : IL RITORNO DELLA MAFIA IN SICILIA
Di Reporter
Luglio
1943: Gela contro le truppe “anglomafiose”. – la nascita della repubblica
italiana e dell’ indipendentismo siciliano.
Gela, 13 lug –
Settantadue anni fa nella piazza del Duomo di Gela si respirava aria di morte.
Poche ore prima si era consumata nelle strade della cittadina siciliana una
battaglia all’ultimo uomo tra le truppe dell’Asse e gli invasori.
La popolazione non
rimase a guardare e diede man forte al Regio Esercito e agli alleati tedeschi.
È vero la storia ufficiale dice ben altro. Ma, la verità alla fine viene fuori.
Sono gli stessi archivi dell’esercito statunitense a confermarci che
l’invasione della Sicilia non fu una passeggiata di salute.
Ma, questo dato non
basta. Il tema forte, però, è un altro: la collaborazione di Cosa nostra con
gli invasori. Proprio per questo ieri l’Associazione Libera (che si batte contro
tutte le mafie) avrebbe dovuto organizzare una bella manifestazione per non
dimenticare. Ma, forse ciò che andava rammentato faceva paura a Don Luigi
Ciotti, leader della sopracitata organizzazione. Il prelato da strada avrebbe
dovuto spiegare ai suoi democraticissimi seguaci che i partigiani in Tricania
non portavano il fazzoletto al collo, ma preferivano la coppola in testa e la
lupara in mano. Insomma la resistenza al nazifascismo era prerogativa dei
padrini. Vediamo perché.
Tra il 9 ed il 10
luglio del 1943, iniziò la campagna delle forze alleate per la liberazione
dell’Italia dai nazi-fascisti. L’operazione venne denomimata “Husky” (cane da slitta) e vide sbarcare
in Sicilia 160 mila uomini tra britannici, statunitensi e canadesi. Ma qualcuno
negli anni studiando l’evento ha fornito particolari assai interessanti. Uno di
questi è Michele Pantaleone da Villalba, esperto di storia della mafia. Egli
raccolse testimonianze e documenti, confermati dalla “Commissione Parlamentare
Antimafia” del 4 febbraio del 1976, dimostrando quello che solo i vecchi
nostalgici osavano affermare. Vediamo nel dettaglio questa ricostruzione.
La Commissione
Parlamentare Antimafia accertò, infatti, che:
“Numerosi
emissari dell’Esercito Americano, vennero inviati preventivamente in Sicilia,
al fine di preparare psicologicamente l’isola allo sbarco e di prendere
contatti con gli uomini di cosa nostra. L’avvocato [ ebreo – NDR ] Moses Polakoff, difensore del mafioso
americano Mayer Lansky, prese i contatti, non solo con quest’ultimo, ma persino
con il siciliano Lucky Luciano (per l’anagrafe Salvatore Lucania) a quel tempo
in carcere in America. Luciano mise in contatto in Comando Generale Usa, con il
capo della mafia siciliana che era allora Don Calogero Vizzini da Villalba.
Vizzini si coordinò con gli altri mafiosi siciliani, tra i quali Giuseppe Genco
Russo di Mussomeli, al fine di aiutare gli Americani nello sbarco, tra il 9 ed
il 10 luglio 1943”.
A sbarrare la strada
aperta dai mafiosi, ci pensarono i fascisti. La piana di Gela fu campo di una
durissima battaglia, consumatasi tra i tedeschi dell’Armata “Hermann Goering”, egli italiani dell’Armata “Livorno” contro le Forze Alleate.
Stessa durissima
battaglia si combatté sul fiume Simeto, dove la VII Armata, riuscì a bloccare
l’avanzata degli Americani verso Catania.
Il 17 luglio 1943 gli
americani entrarono ad Agrigento, il 22 luglio a Palermo ed il 17 agosto a
Messina. Venne quindi insediato il Governo AMGOT, al capo del quale fu
designato il Generale Charles Poletti.
Alla ricostruzione
dell’accaduto si aggiunge un interessantissimo libro di Andrea Augello “ Uccidi
gli italiani. Gela 1943, la battaglia dimenticata”. Una lettura controcorrente che smentisce lo
stereotipo del caloroso welcome dei
siciliani agli amici americani.
Augello, infatti,
spiega che a Gela si combatté strada per strada. La propaganda alleata celebrò lo sbarco come
“una passeggiata militare, ostacolata solo da qualche coriaceo carro Tigre
tedesco, mentre masse d’italiani festanti correvano loro incontro”. Folle festanti ci furono inizialmente a
Palermo e in altre località, con l’attiva partecipazione della Mafia, che
poteva così, dopo vent’ anni di Fascismo, riprendere il possesso del territorio. Augello spiega bene anche il clima che si
respirava in quei giorni.
“Le
condizioni di vita dei siciliani erano diventate insostenibili dopo mesi di
crudeli bombardamenti. La Sicilia e la punta della Calabria furono
letteralmente arate dall’aviazione alleata, che provocò il collasso della vita
civile e la carestia già prima dell’invasione.
In Sicilia i caccia alleati inaugurarono quel tiro al bersaglio contro
esseri umani, animali e cose che sarebbe durato per tutta la Campagna
d’Italia. Ripetuti furono i
mitragliamenti a bassa quota sulle colonne di civili inermi in fuga dalle zone
di combattimento. Furono anche impiegate
piastrelle incendiarie al fosforo contro boschi e coltivazioni. In questo quadro, l’occupazione da parte di
un nemico dotato di larghi mezzi e risorse e in cui c’erano anche numerosi
soldati siculo – americani, diventava il male minore: significava la fine dei
bombardamenti, delle vittime, della fame, del caose della sporcizia, l’inizio
di un ritorno a una vita normale”.
Detto questo, chi
avesse dei dubbi sul rapporto tra la mafia e il Fascismo può trovare delle
risposte.
La mafia fu da subito
in prima linea sul fronte antifascista. Arrivò prima del Re, di Badoglio, dei
partigiani e di De Gasperi. Cosa dovrebbe dire oggi Don Luigi Ciotti a Gela?
Nulla ,,,,,,, infatti preferisce parlare di mafia capitale.
Del resto, non va
dimenticato che senza l’ apporto della Mafia trapiantata nella democratica
America, lo sbarco in Sicilia degli invasori yankee sarebbe stato impossibile :
fa parte dei libri di Storia l’ accordo – quella volta ancora segreto – fra governo
statunitense e Mafia : la mafia avrebbe fornito tutto il supporto – anche spionistico
– possibile per permettere agli americani di sbarcare in Sicilia. In cambio
avrebbe avuto la possibilità di reimpiantarsi in Sicilia, da dove era stata
sradicata dall’ azione del prefetto di ferro Mori, che Mussolini incaricò di
debellare la Piovra in Sicilia, con tutti i mezzi. Per sovrammercato, la Mafia
chiese anche di avere la gestione della Sicilia a mani libere ..
Entrambe le parti, da
veri galantuomini e uomini d’ onore stettero ai
patti e noi oggi ne paghiamo le conseguenze : siamo sudditi degli americani (
che a settant’ anni dalla fine della guerra non se ne sono ancora andati) e la
Mafia controlla totalmente la autonoma
regione siciliana e la intiera vita
politica ed economica nazionale… D’ altro canto, sanno tutti che dietro i moti
indipendentisti siciliani vi era la longa
manus delle neocostituite cosche e ‘ndrine
criminali che non gradivano il ritorno dello Stato nelle terre sicure appena liberate…
Però, qualcuno ha
voluto commemorare quegli eventi. Il 10 luglio 2013, l’ambasciatore statunitense
in Italia, David Thorne, celebrò il settantesimo anniversario dell’invasione
della Sicilia per ricordare che Gela è stata la prima città europea ad esser “liberata dalla dittatura nazifascista”. Il diplomatico ha
dimenticato di dire qualcosa. La Sicilia liberata dalle potenze dell’Asse verrà
stretta dai tentacoli dell’Octopus Vulgaris, per gli amici Piovra.
Nacquero cos’ la
repubblica italiana e la regione autonoma siciliana : autonoma dallo Stato, ma
non dalla mafia…
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