Ovvero: i miracoli della varechina

Immaginate un pollaio, rigorosamente in Italia, dove vivono polli neri, ormai rimasti in pochi, polli bianchi e polli rossastri. Una volta i bianchi e i rossastri erano tutti neri; poi un giorno, grazie ad una ispirazione, la stragrande maggioranza di questi si tinse, appunto, di bianco e rossastro. I neri, poverini rimasti tali, non colpiti dalla folgorazione, vennero da tutti gli altri emarginati. I polli rossastri e bianchi avevano a disposizione una gran quantità di granturco speciale (anche se rubato da altri pollai), quelli neri nulla, ma nella loro snellezza erano belli, tanto che tra loro era in voga una canzone, che iniziava così: “Che siamo belli nel becco lo vedete…”; mentre invece gli altri, “mangia tu, che mangio io”, si erano ingrassati ed erano veramente repellenti.
I polli neri, sempre fieri della loro bellezza, ebbero la sventura di perdere il loro capo e ne venne nominato al suo posto un altro il quale, nel giorno delle esequie, pose solennemente la zampetta destra sul corpo del defunto, giurò che avrebbe continuato l’opera del suo Capo e, a seguito di quel “solenne gesto”, gli altri neri urlarono in coro: “anche noi, anche noi, lo giuriamo solennemente”.
Ma si sa come sono i polli (anche se neri). Invidiosi di tanta abbondanza nel campo di quelli bianchi e rossastri, pensarono alla furbata: “E se anche noi beccassimo in tanta abbondanza?”. Fu una corsa allo smacchiamento, all’uso smodato della varechina e della tintura; e godevano, godevano sino all’orgasmo. Solo pochi polli neri vollero rimanere belli e magri e, fra questi, c’è quel pollo che scrive queste note.
Ora usciamo dal “pollaio” fittizio e inoltriamoci fra i polli reali, cioè fra quelli fuori del pollaio, cioè fra noi.
Abbiamo incontrato nel pollaio quel “pollo” che giurò, sul corpo del suo Capo, che sarebbe stato l’artefice del “Fascismo del XXI secolo”. Ebbene qualche giorno fa, interrogato da un giornalista, per rinnovare il lavaggio in varechina, attestò: “Il Msi? Mai fatto apostolato del fascismo”. Questo ex “pollo nero” evidentemente approfittò del fatto che il  suo Capo è morto; quello stesso Capo che nel suo testamento spirituale ammonì: “Attenzione a non storicizzare il Fascismo, il Fascismo è davanti a noi”, oppure . “Il mio ultimo respiro sarà fascista”. E allora, caro “pollo”, oggi bianco, che avresti dovuto essere l’alfiere del Fascismo del XXI secolo, come la mettiamo?
E andiamo all’altro “ex pollo nero”, per intenderci quel pollo il quale, grazie alle abiure e alle tinture diventato “pollo bianco”, è riuscito a sedersi (con tutte le prebende del caso), nel più alto scranno del pollaio romano. E’ inutile ricordare gli scritti, le azioni di quando era un “pollo nero” e immergiamoci nei giorni odierni, quando deve mostrare i miracoli della varechina. Leggo su un quotidiano: “Il sindaco (ex pollo nero) visita il museo storico della Liberazione e, commosso (poverino, non sapevo che i polli versassero lacrime, nda) dall’immane sacrificio di quanti hanno combattuto (?) per la liberazione dell’Italia dai nazi-fascisti, parla della Resistenza, di un fatto profondamente popolare (ma quando mai? nda), un valore da trasmettere,  ecc. ecc.”
Oppure. “Di fronte alla minaccia dell’invasione del Paese (il pollo intende l’invasione dei nazisti, nda) tutta (?)  la realtà nazionale si è unita per cercare di riportare la libertà e di combattere contro gli invasori…”.
Ho ricevuto recentemente una mail da un certo signor Giorgio il quale mi invita a consultare un sito nel quale, da quello che ho capito, è una specie di esaltazione della capitolazione dell’8 settembre 1943. E allora a quest’ultimo e al pollo sindaco, il quale ha affermato che l’inizio della Resistenza al nazi-fascismo avvenne a Porta San Paolo a Roma, rispondo: “La verità è completamente diversa. Mentre lo Stato Maggiore, il Sovrano, e quella specie di Governo Badoglio fuggivano per rifugiarsi nelle braccia dei nemici, gli unici a resistere ai tedeschi furono quelli che poi aderiranno (per obbedire ad un allora valido onore militare)  alla Rsi”.
E andiamo ai fatti storici.
Una breve premessa. Quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, Hitler offrì a Mussolini, oltre alle tre Divisioni tedesche già impegnate nell’isola, altre forze. Il Duce rifiutò perché non voleva altre truppe tedesche in Italia.
Dopo il primo “capolavoro savoiardo” del 25 luglio 1943, si svolsero in Italia due incontri, a Tarvisio il 6 agosto di quell’anno e il 15 successivo a Bologna, tra i vertici militari tedeschi e italiani per esaminare, in un clima che non si può dire idilliaco, la situazione militare in Italia. I generali Roatta e Rossi dello Stato Maggiore italiano chiesero l’invio nel nostro Paese di notevoli rinforzi tedeschi. Quindi, quando avvenne il “secondo capolavoro”, quello del “crooked deal” (“Uno sporco affare”), come definì Eisenhower la capitolazione dell’8, l’esercito tedesco in Italia non era ancora invasore, ma nostro alleato qui richiamato a sostegno della lotta contro i veri invasori: gli anglo-americani-marocchini.
A richiamo della memoria per i su citati Signor Giorgio e per l’”ex pollo nero” ora sindaco del pollaio romano, desidero rammentare ad entrambi che, a seguito della criminale mancanza di ordini, gli episodi di resistenza  del Regio Esercito contro i tedeschi furono rari ed episodici; tuttavia il prezzo di sangue pagato fu alto: in quei giorni di lotta persero la vita più di 10 mila soldati italiani in cielo, in mare e in terra ed oltre 20 mila tra feriti e dispersi. Uno dei più validi episodi di resistenza contro le truppe germaniche si svolse a Roma, a Porta San Paolo. Gli artefici furono un Reggimento di Granatieri al comando del generale Solinas; il maggiore Giulio Fiammeri che comandava un Battaglione Mobile di Polizia con stanza in Via Caltagirone; il capitano Chiti che aveva il comando di una Compagnia. Al termine dello scontro, il 10 settembre ’43, i combattenti italiani furono costretti alla resa. I generali Solinas e la maggior parte dei suoi Granatieri, il maggiore Giulio Fiammeri e il capitano Chiti e i loro subalterni chiesero e ottennero di continuare a battersi contro gli anglo americani.
Anche in questo caso la storia raccontata sino ad oggi ha pecche formidabili: serve solo ad imbrogliare ancor più quei polli che con la storia non hanno grande confidenza.
Ho letto che il “pollo sindaco” ha intenzione di inaugurare, oltre alla mascalzonata del Museo della Shoa a Villa Torlonia, anche un’altra “memoria” a ricordo delle “Leggi razziali”.
A tempo debito torneremo sull’argomento.