LA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA E IN PARTICOLARE
NELLA PROVINCIA DI UDINE
Guido Bellinetti
La Repubblica Sociale Italiana
si manifestò non solamente o precipuamente col suo apparato militare,
impiegato su diversi fronti: orientale contro le bande di Tito, occidentale
contro l'esercito francese e i maquis, meridionale contro gli alleati e
all'interno, per l'ordine pubblico, contro la guerriglia partigiana, ma
anche con la sua responsabile e intensa attività nel campo legislativo,
amministrativo e sociale più ampio, assicurando così la sopravvivenza
del tessuto civile, dell'apparato produttivo, delle provvidenze alla popolazione.
La sua gestione centrale e periferica si realizzò grazie ad una
burocrazia rigida, responsabile, preparata nel ventennio fascista, ed all'apporto
generoso di migliaia d'impiegati, dirigenti e amministratori. Molti di
questi pagarono con la vita propria e anche dei familiari la dedizione
al dovere verso lo Stato repubblicano e alla solidarietà verso la
gente comune, i profughi, i senza tetto, i diseredati e gli sbandati in
genere.
Il quadro offerto da chi a
posteriori, con il fine di alterare una realtà storica, ha ricostruito
quel tempo e posto lo scontro tra la RSI e chi si opponeva ad essa sullo
stesso piano, stabilendo così una arbitraria parità di funzioni
e di peso, è storicamente insostenibile. La stessa interpretazione,
affermatasi con più favore recentemente, di "guerra civile"
comporta un'artificiosa gonfiatura dell'attività di guerriglia,
promossa al livello di paritaria contrapposizione a uno Stato forte di
800.000 circa uomini in armi e nell'esercizio delle sue attività
sovrane. Basta considerare che un soldato inquadrato in un esercito regolare,
comportava all'epoca un supporto di almeno 4 uomini nelle retrovie per
concludere che le esigenze di movimento, armamento, rifornimento delle
divisioni della RSI e dell'armata germanica sul territorio italiano, sostenute
nella misura suddetta, vanificano una contrapposizione di qualche migliaio
di uomini, limitato sia nella capacità operativa che nei movimenti
e negli armamenti esclusivamente individuali. L'azione di disturbo, essenzialmente
periferica, del fatto "partigiano" deve quindi essere ridimensionata,
superando gli schemi dell'agiografia ufficiale.
La verità è
che la RSI ha svolto la sua funzione, indipendentemente dalle valutazioni
storico politiche, poggiando su un complesso amministrativo efficiente
e responsabile, tenuto contro delle difficoltà in cui si è
realizzato. Pur incombendo, in quel tempo, lo stato di guerra con i pericoli
conseguenti, in primis l'azione distruggitrice dei bombardamenti aerei
e le strettoie create dai tedeschi a seguito dell'armistizio di Badoglio,
in materia di disponibilità di prodotti industriali e d'uso pieno,
stante la priorità militare delle comunicazioni e dei trasporti
ferroviari e stradali con relativo carburante, lo sforzo del governo della
RSI fu immane e realizzato con la collaborazione di milioni di lavoratori
e impiegati. Tutto questo, paradossalmente, si realizzò anche a
beneficio di quelli che lo osteggiavano.
Per riportarsi alla situazione
reale del tempo, si ricordi l'episodio del generale americano Taylor, che,
accomiatandosi dal Re, rifugiatosi al sud, si sentì chiedere una
dozzina di uova per la Regina.
Nella RSI la dedizione dei
Prefetti, dei Segretari del P.F.R. e degli Alti commissari interprovinciali
o degli Enti pubblici, dei mille e mille dirigenti e dipendenti fu encomiabile
e generosa, nonostante le incursioni nemiche, la penuria di generi alimentari
d'ogni tipo e i furti di sciacalli che privavano le popolazioni dei viveri.
Nel clima snervante in cui
operò l'autorità, su tutto il territorio nazionale anche
laddove non esistevano presidi militari, reparti in armi, difese che offrissero
un minimo di sicurezza nel lavoro e nella sopravvivenza, lo Stato non venne
mai meno ai suoi compiti e corrispose stipendi, sussidi, sovvenzionamenti,
ripristino di opere danneggiate. L'assistenza del governo della RSI comprese
anche le famiglie dei militari internati in Germania o dei dispersi e tra
questi, sicuramente, anche degli sbandati e dei partigiani in Italia e
Jugoslavia.
Se questo era il clima nel
territorio della Repubblica, particolare era quello nello stesso territorio,
limitato al cosiddetto "Litorale adriatico", parte sottoposta
dai tedeschi dopo l'armistizio Badoglio a stretto controllo per esigenze
militari, dettate dall'ubicazione come cerniera tra territorio italiano
e jugoslavo e comprensivo delle province di Gorizia, Pola, Fiume - oltre
che Trieste. Nelle prime incombeva, oltretutto, l'astio delle soldataglie
slave arruolate dai tedeschi che si sommava a quello delle bande di Tito.
La volontà degli italiani,
nonostante tutto, non venne meno e non cedette alle minacce e alle intimidazioni.
Gli ammassi furono conferiti
regolarmente, i concentramenti di bestiame si realizzarono periodicamente,
il burro consegnato e nemmeno le coperture di biciclette mancarono. I trasporti
ferroviari assicurati, salvo le temporanee interruzioni per bombardamenti
aerei, prontamente riparate. Il tutto nel rischio mortale di ogni giorno.
Secondo i dati raccolti, nella
provincia di Udine, la situazione cominciò a deteriorarsi agli inizi
del 1945 e sicuramente in relazione all'andamento sfavorevole delle operazioni
militari su tutti i fronti.
A Bicinicco di Pordenone i
partigiani assassinarono il Segretario comunale il 1° Gennaio 1945
e dopo pochi giorni fu ammazzato il figlio diciottenne del Segretario di
S. Pietro di Gorizia.
Dopo il catastrofico bombardamento
aereo di Udine, 350 senza tetto furono sistemati nelle case dei parrocchiani
di S. Maria del Carmine. Dopo una successiva devastante incursione, la
Cooperativa delle mense di guerra organizza i pasti per 1700 sinistrati.
Il 9 febbraio 1945 venne ordinato
il censimento di tutto il bestiame da carne della provincia e organizzato
un sistema di raccolta in appositi centri, sì da disporre la requisizione
mensile degli animali.
Nel febbraio 1945 oltre 1000
bambini ricevettero la refezione scolastica gratuitamente, mentre il 18
dello stesso mese il Commissario per il Litorale Adriatico Rainer ordinò
che a tutti i dipendenti pubblici venisse corrisposta una gratifica straordinaria
per il genetliaco del Fuhrer. A seguito delle proteste, nel mese successivo,
il beneficio fu esteso anche ai dipendenti privati. Certamente tra i primi
e i secondi si poteva supporre fossero anche i doppiogiochisti, ma non
risulta che qualcuno abbia rifiutato l'imbarazzante dono. A Tolmezzo in
Carnia, per esempio, il direttore della sezione del Corpo forestale della
RSI, dott. Romano Marchetti, era anche il capo delle formazioni partigiane
Osoppo della zona: presumibilmente avrà accettato anche lui quel
denaro, perché in fondo, togliere "al nemico" rappresentava
una raffinata forma di sabotaggio dall'interno.
Il 26 febbraio 1945 il Comune
di Udine aumentò tasse e imposte comunali quasi raddoppiandole e
moltiplicandole per due se il reddito familiare avesse superato le centomila
lire annue.
Ai primi di marzo le edicole
della periferia della città vennero minacciate se avessero esposto
il quotidiano del Partito fascista repubblicano; nessun risultato.
Alla fine dello stesso mese
la vidimazione delle tessere di lavoro obbligatorio divenne quindicinale
e successivamente giornaliera.
Malgrado tutto le tasse vennero
pagate e i bilanci comunali lo dimostrano. Conoscendo la mole di lavoro
dei Comuni, della Provincia, della Prefettura, della Questura e degli altri
enti pubblici, si può bene immaginare quali fossero le difficoltà
da affrontare giorno per giorno, ora per ora, sempre al fine di assicurare
alla popolazione il possibile per la sua vita. A tutto provvidero le autorità
della RSI tanto nelle zone a ridosso del fronte che nei paesi di alta montagna,
dove la disfatta partigiana nell’inverno del 1944 richiese il noto proclama
del maresciallo inglese Alexander che invitava a colpire alle spalle tedeschi
e fascisti, rinnovato dalla primavera del 1945 da analoghi appelli del
clero. In realtà l'attività più sollecita fu diretta
al furto dei viveri diretti ai paesi ed alle frazioni più lontane.
Il giorno di Pasqua 1945 giunsero
a Udine alcuni convogli ferroviari dalla Germania con feriti e ammalati
italiani che non avevano aderito alla RSI: malgrado la catastrofe finale
fosse vicina, Mussolini inviò a Tarvisio da Milano alcuni funzionari
con la somma di lire 8 milioni per le urgenze da risolvere.
Negli archivi comunali, provinciali
o prefettizi, nonostante le condizioni di indescrivibile abbandono, è
conservata la corrispondenza sia pubblica che privata, quest'ultima spesso
specchio delle ragioni, talvolta assurde e incompatibili con la tragedia
che si svolgeva attorno, personali e familiari. Una madre scrive il 3 luglio
1944 al Prefetto di Udine chiedendo semplicemente il rientro del figlio
internato in Germania, pur sottolineando che non aveva aderito alla RSI
nè per il lavoro in Germania. Il Prefetto annota sul foglio della
donna in data 7 Giugno: "urgente rimpatrio dalla Germania. Confermare
subito".
È rintracciabile, nella
ricerca archivistica, il documento riassuntivo dell'attività assistenziale
verso i bambini, svolta nella provincia di Udine, dall'O.N.B. ossia l'organizzazione
fascista giovanile. La nota riporta:
Assistiti Spese
Befana fascista 5.870
266.500
Refezione scolastica gratuita 13.400
3.616.000
Patronato scolastico 13.380
356.000
Sussidi assistenziali 136 73.000
Indumenti 560 111.000
Indennità infortuni 96
56.000
Premi demografici 16 36.000
Colonie estive 5.528
3.000.000
Orfani di guerra in istituti scolastici 674
1.000.000
Medicinali 450 25.000
Cure ambulatoriali 457 28.000
Borse studio 26 52.000
Sussidi individuali 720 100.000
Inoltre: distribuiti 4000
pacchi dono indumenti, ospitati più di 100 ragazzi con vitto e alloggio,
allestita una colonia montana a Gemona con cento bimbi senza tetto, creata
una mensa aziendale a lire 10 a pasto per 200 impiegati cittadini. A parte:
distribuzione di coperte, lenzuola, letti e materassi a oltre 100 profughi
delle terre invase e dall'Istria. Firmato: Cap. De Barba. (Archivio Com.
Udine. 288- 1945 - Cat.II).
È augurabile che si
avvii una ricerca attenta presso gli archivi del territorio già
amministrato dalla RSI, per ricostruire un quadro dell'attività
svolta negli anni 1943-1945, dal governo repubblicano. È un aspetto
poco conosciuto o addirittura falsato della storia della Repubblica Sociale
Italiana, il cui accertamento consentirebbe di stabilire alfine la vera
portata non solo della sua presenza su tre quarti del territorio nazionale,
ma anche il peso reale dell'opposizione palese o occulta creatasi alla
fine del 1943 e successivamente definita "resistenza".
Se anche vi furono, localmente
come nella zona "libera di Carnia", episodi in cui le forze governative
furono temporaneamente neutralizzate, perché esposte in zone non
sufficientemente presidiate -si badi bene, in tempi vicini alla conclusione
sfortunata della guerra - la RSI ristabilì sempre l'ordine e il
suo ordinamento giuridico, amministrativo e burocratico, nell'interesse
soprattutto della popolazione. Questa affermazione di legittimità
non s'ebbe solo nelle città presidiate da migliaia di soldati e
militi, ma anche nei centri minori, grazie anche all'apporto di dirigenti
funzionari, impiegati e operai, che non si sottrassero ai loro doveri,
nemmeno di fronte al rischio della vita.
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