Monfalcone, 1985
Internet, 2004
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni la storiografia sterminazionista si è arricchita, di un nuovo «campo di sterminio»: la Risiera di San Sabba. Nel Gennaio 1979 è apparsa una delle opere più importanti dedicate a tale tema: «La Risiera di San Sabba», di Ferruccio Fölkel. (1)
L'Autore intende dimostrare che la Risiera fu un «Vernichtungslager» («campo di sterminio») definizione da lui stesso, usata quattro volte (p. 18, 50, 132 e 157) ovviamente provvisto di forno crematorio e «camera a gas».
Sebbene venga presentata come frutto di «puntigliose ricerche durate oltre tre anni» (p. 2 di sopracoperta), l'opera è di un livello decisamente mediocre.
La descrizione contorta e contraddittoria di forno crematorio e «camera a gas» non occupa complessivamente più di una pagina, sommersa da una marea di disgressioni e di divagazioni che spesso rasentano il pettegolezzo e che non hanno alcuna connessione con lo «sterminio» pretesamente perpetrato, alla Risiera.
Il metodo dimostrativo del Fölkel è superficiale e dilettantesco, sia nel procedimento dimostrativo vero e proprio, arbitrario e infondato, sia nell'uso di testimonianze di seconda mano, sia infine nel riferimento alle fonti, spesso lacunoso o addirittura inesistente. Da tutta l'opera traspare [6] inoltre una crassa ignoranza in tema di storiografia sterminazionista.
Nonostante ciò, l'opera a quanto pare è stata presa sul serio. In una recensione non propriamente oculata, Giuseppe Laras, direttore della rivista La Rassegna Mensile di Israel, la presenta come segue:
- «Del tragico luogo di
tortura e di morte, noto come la "Risiera di San Sabba",
fino a pochi anni fa se ne sapeva ben poco. La rivelazione che
la "fabbrica della morte" nazista aveva svolto il suo
orribile lavoro anche da noi inquietò profondamente l'opinione
pubblica del nostro paese. ...
Il processo penale, tuttavia, ha lasciato troppi interrogativi insoluti e troppi problemi irrisolti. Di gettare maggior luce su tale inquietante vicenda si è incaricato Ferruccio Fölkel, di padre viennese e madre triestina, il quale, attraverso lunghe e minuziose indagini, è riuscito a ricostruire quanto avvenne a San Sabba, a Trieste e nel litorale adriatico durante gli anni crudeli dell'occupazione nazista.
Sulla scorta di testimonianze di ex prigionieri e di documenti inediti, il Fölkel ricostruisce una vicenda angosciosa di morte e di sofferenze, che tutti abbiamo il dovere di non ignorare, oltreché per un insopprimibile moto di riconoscenza e. di pietà verso la memoria delle vittime, per rafforzare in noi il disgusto e il rifiuto della dottrina nazista e di qualsiasi ideologia liberticida» (2).
In realtà La Risiera di San Sabba, più che opera storica, e un libello pseudoscientifico, come ci accingiamo a dimostrare in questo studio.
[7]
Riguardo alla «camera a gas» il principale strumento di «sterminio» della Risiera (p. 26) il Fölkel è sorprendentemente laconico. Ecco tutto ciò che si può apprendere al riguardo dal suo libro:
- «Proprio lì era
stato utilizzato un vano piuttosto ampio, chiamato convenzionalemnte
"garage". Da questo garage si passava nel crematorio
attraverso una porta mascherata da un vecchio mobile. La camera
a gas funzionava in modo rudimentale. Come vi veniva immesso
il gas venefico ? È difficile rispondere, ma i tedeschi
avevano prelevato anche un grande furgone postale e avevano fatto
venire dalla Germania un furgone particolare. Vi era addetto
il famoso Lorenz Hackenholt, quello che a Belzec, come sottufficiale
delle SS, aveva lavorato nella stessa direzione. I grossi automezzi-mobili
della morte venivano chiamati a Belzec "Fondazione Hackenholt".
Pare che fosse stato Hackenholt a far impiantare e a impiegare
grossi tubi di scarico attraverso i quali il gas veniva immesso
nel garage» (p. 26).
Nel 1945 crematorio, garage e ciminiera furono distrutti [8] con l'esplosivo, per cui non esiste più traccia della «camera a gas»:
- «Il forno crematorio,
il famoso garage e la ciminiera, sono stati fatti saltare in
aria dai tedeschi la notte fra il 29 e il 30 aprile 1945, poco
prima di lasciare il campo di San Sabba» (p. 31; cfr. p.
143).
Il testimone Schiffner dichiara anzi esplicitamente che alla Risiera non esisteva alcuna «camera a gas»:
- «Prima del forno crematorio
c'era una grande stanza, nella quale venivano condotti gli ebrei.
Non ho sentito spari. Per quanto mi ricordi, nella stanza in
cui venivano rinchiusi gli ebrei non c'era un impianto a gas.
Suppongo che gli ebrei venissero impiccati, perché si
potevano sentire talvolta durante la notte le grida» (p.
29-30).
Dunque tale stanza, anche se priva di un «impianto a gas», era ugualmente una «camera a gas» in cui «sembra» che siano state effettuate delle «gasazioni» !
A pagina 33 il Fölkel riferisce la seguente testimonianza:
- «Mi diceva Wachsberger
che nei giorni in cui si doveva procedere agli stermini, la porta
del garage rimaneva aperta per l'intero pomeriggio».
L'affermazione (arbitraria e infondata) del Fölkel secondo cui la «camera a gas» si trovava nel cosiddetto «garage» è contraddetta inoltre dal testimone Paolo Sereni, il quale dichiara: «Il forno era istallato nel luogo adibito a garage» (p. 168).
Incertezza e contraddizione anche riguardo alla data in cui sarebbero iniziate le «gasazioni»:
- «È invece universalmente
riconosciuto che la data [9] ufficiale dell'inizio dell'attività
della (o delle) camera a gas mobile, del «garage»
e del crematorio risale al 4 aprile 1944 anche se fonti diverse
parlano del 17 o addirittura del 21 giugno». (p. 33).
Un altro mistero impenetrabile è quello relativo alla tecnica di «gasazione». Come funzionava la «camera a gas»?
Esaminiamo la descrizione del Fölkel:
- «La camera a gas funzionava
in modo rudimentale. Come vi veniva immesso il gas venefico ?
È difficile rispondere, ma (!) i tedeschi avevano prelevato
anche un grande furgone postale e avevano fatto venire dalla
Germania un furgone particolare» (p. 26).
Qualche riga dopo egli aggiunge:
- «I grossi automezzi-mobili
della morte venivano chiamati a Belzec "Fondazione Hackenholt".
Pare che fosse stato Hackenholt a far impiantare e a impiegare
grossi tubi di scarico attraverso i quali il gas veniva immesso
nel garage» (p. 26).
Per quanto concerne le «camere a gas mobili», il Fölkel [10] manifesta la stessa incertezza e confusione. Egli parla una volta di «camera a gas mobile», al singolare (p. 22), un'altra volta di «autofurgoni mobili», al plurale (p. 24) e infine «della (o delle) camera a gas mobile» (p. 33).
Quante erano queste pretese «camere a gas mobili»? Altro mistero impenetrabile.
Ma quali prove ci sono che alla Risiera siano effettivamente state impiegate le «camere a gas mobili» ? Al riguardo in tutto il libro del Fölkel compare soltanto un riferimento ad una lettera del 6.4.1945 proveniente dal carcere del Coroneo che accennerebbe «all'arrivo del "famigerato autotreno a gasogeno", dove venivano fatti salire "i sorteggiati"» (p. 30).
Tale lettera è menzionata nella «prima parte del punto 6 del dispositivo della sentenza della corte di assise presieduta da Domenico Maltese» (p. 28): non è citato né il testo, né l'autore, né il destinatario. Ciò significa che il documento in questione è assolutamente irrilevante. Infatti la storiografia ufficiale nulla sa dell'impiego di «camere a gas mobili» i cosiddetti «Gaswagen» (3) a San Sabba. La «Zentrale Stelle der Landesjustizverwaltungen» di Ludwigsburg, da noi interpellata in proposito, non ha alcuna conoscenza al riguardo (4) e la più importante ed autorevole opera sterminazionista degli ultimi anni, Nazionalsozialistische Massentötungen durch Giftgas, non ne fa menzione (5).
Del resto non si comprende per quale ragione il fantomatico 'autotreno (!) a gasogeno' sarebbe stato inviato alla Risiera dove pretesamente esisteva già una «camera a gas» e per di più il 6 Aprile 1945, tre settimane prima che il campo fosse evacuato!
[11]
Conclusione
Non c'è la minima prova che alla Risiera sia mai esistita una «camera a gas», di cui si ignora dove si trovasse, come funzionasse, da chi e quando sia stata costruita, quando sia entrata in funzione.
[13]
Anche riguardo al «forno crematorio» il Fölkel fornisce informazioni esigue e contraddittorie.
- «Il crematorio era stato
predisposto sotto il livello del terreno e, a detta dell'architetto
Boico, era lungo 20 metri per 15; lo stesso architetto è
convinto che ci fosse il modo di bruciare almeno cinquanta corpi
alla volta» (pp. 26-27).
- «Da questo garage si
passava nel crematorio attraverso una porta mascherata da un
vecchio mobile» (p. 26).
- «Sapevo che nella Risiera
di Trieste esisteva un impianto di cremazione. Questo impianto
è stato costruito da Lambert, come la maggior parte degli
altri dello stesso genere nei campi di sterminio e negli istituti
per l'eutanasia. Quale camino era stata adoperata una ciminiera
gia esistente nella Risiera. Degli altri particolari tecnici
dell'impianto ho solo una vaga idea. Ai piedi del camino c'era
un forno aperto di mattoni, della grandezza di circa m. 2 X 2,
che aveva una grande graticola di acciaio. Secondo una mia valutazione,
di volta in volta potevano essere messe. nel forno 8-12 salme.
Il forno e il camino erano aperti. Non c'era una porta di ferro.
Era un impianto molto primitivo, che adempiva al suo scopo grazie
all'alto camino. C'era un [14] forte risucchio. Questa ciminiera
si trovava in un capannone nella parete di fronte» (p.
29).
Osservazioni
Anzitutto una precisazione. L'espressione «forno crematorio» non deve trarre in inganno: l'istallazione descritta non era un forno crematorio vero e proprio, come quelli che si trovavano nei campi di concentramento tedeschi (6), ma un semplice rogo.
Le dichiarazioni dell'architetto Boico e del testimone Gley sono chiaramente contraddittorie. L'uno parla di un forno di metri 20 X 15 (= 300 metri quadrati), l'altro di un forno di metri 2 X 2 (= 4 metri quadrati)!
Il Fölkel fa risaltare ancora di più la contraddizione commentando così la dichiarazione del testimone Gley:
- «In realtà il
forno era posto sotto il livello del terreno era cioè
interrato ed era lungo, come ha riferito anche l'architetto Boico,
circa 20 metri per 15. Forse l'apertura sotterranea era grande
circa m. 2 X 2» (p. 29, nota 1).
Le testimonianze citate del Fölkel ingarbugliano ulteriormente la cosa. Come si è visto, il testimone Paolo Sereni dichiara che «il forno era istallato nel luogo adibito a garage» (p. 168), il quale, secondo il Fölkel, era invece la «camera a gas»!
Francesco Sircelj asserisce che il forno era situato in una [15] baracca:
- «All'interno infatti
la baracca era divisa in due parti. Nell'ambiente più
grande c'era una specie di magazzino, nell'altro, al lato, dove
all'esterno si ergeva l'alto camino della fabbrica, si trovava
invece il fondo del crematorio» (p. 177).
- «Poi ho visto una SS
dicevano che fosse un ucraino che nel reparto più piccolo
del capannone, dove c'era il forno crematorio, tagliava con una
mannaia i cadaveri» (p. 177).
La piantina della Risiera durante l'occupazione nazista presentata fuori testo del Fölkel (7) genera una confusione ancora maggiore. Dalla scala risulta che il «forno crematorio» (locale E) misurava all'incirca metri 10,5 X 9,5 ed aveva perciò una superficie di circa 99,75 metri quadrati. Siccome il locale era diviso in due parti, nella più piccola delle quali era istallato il forno, il locale di incinerazione aveva una superficie necessariamente inferiore a 50 metri quadrati. Come è possibile allora che il «forno crematorio» avesse una superficie di 300 metri quadrati?
Per quanto concerne la collocazione del forno, cioè del rogo, e assolutamente ridicolo che esso fosse stato costruito in un locale sotterraneo, senza contare che, in tale assurda eventualità, quand'anche fosse stato distrutto coll'esplosivo, sarebbero rimasti dei resti ben visibili: un locale sotterraneo di 300 metri quadrati non può sparire nel nulla. Eppure lo stato architettonico della Risiera è tale che si ignora persino dove fosse la ciminiera:
- «"Oggi non sappiamo
nemmeno dove esattamente sorgeva il camino" mi ha spiegato
l'architetto Boico» (p. 143).
Dunque il forno non era situato né in un locale sotterraneo né in una fossa. Dov'era affora? Evidentemente in superficie. Ma collocare un forno di tal fatta, cioè un rogo, in una baracca o in un capannone accanto a un magazzino era certamente il modo migliore per far incendiare tutta la Risiera. Infatti la cremazione di un cadavere in un forno crematorio a combustione diretta richiede 100-150 kg di fascine (8). Ciò significa che per cremare cinquanta cadaveri in un forno aperto non tenendo conto della maggiore dispersione del calore sono necessari 50-75 quintali di fascine. È evidente che l'arsione di tale enorme quantità di legna in un locale così piccolo (meno di 50 metri quadrati) sarebbe stato un vero suicidio.
Bisogna inoltre notare la singolarità di questo forno, che, pur avendo una superficie di incinerazione di 300 metri quadrati, poteva cremare solo cinquanta cadaveri alla volta. Ciò significa che vi veniva collocato un cadavere ogni 6 metri quadrati! La capacità di cremazione indicata dal Boico dunque doppiamente ridicola.
Un altro, problema è quello relativo alla evacuazione del furno. Dalla piantina precedentemente menzionata risulta che il «forno crematorio» era collegato al «camino» (la ciminiera della fabbrica) da un condotto lungo circa nove metri e mezzo. Come poteva essere evacuato il furno senza un potente impianto di tiraggio (9) ?
Conclusione
Del crematorio non si sa con certezza neppure dove [17] fosse istallato. Una cosa sola è certa: esso non poteva avere se mai è esistito le dimensioni, la capaciti di cremazione e la collocazione indicate dall'architetto Boico.
[19]
- «Molto spesso ci si chiede
anche se a San Sabba avvennero esecuzioni fra l'ottobre 1943,
data di insediamento del campo militare, e il febbraio-marzo
1944, quando entrarono in funzione almeno parzialmente gli strumenti
di morte tradizionali dei campi di sterminio nazisti. Non ho
dubbi nel dare una risposta tristemente positiva. Ma come avvenivano
le esecuzioni, "prima"? E quali furono i mezzi di morte,
"dopo" ? Nemmeno il giudice Serbo, in base alla deposizione
di decine di testimoni, è stato in grado di dare risposte
assolutamente sicure. O, meglio, le testimonianze sono diverse
e molte volte contraddittorie» (p. 23).
- «Ci si è chiesti
molte volte quanti prigionieri venivano uccisi al giorno; sarebbe
stato così possibile dare una cifra attendibile sul numero
delle vittime della Risiera di San Sabba. La risposta, anzi,
le risposte che oggi possiamo proporre sono le seguenti: non
siamo in grado di dire se non con notevole approssimazione quante
persone furono uccise nel periodo che va dalla fine di ottobre
- 1943 al [20] febbraio-marzo del 1944, quando il forno cominciò
a funzionare. Poichè il campo, all'inizio, era un campo
militare, si può pensare che i primi prigionieri, combattenti
della Resistenza jugoslava e italiani che non avevano voluto
aderire alla RSI, giunsero alla Risiera per essere eliminati
non prima del novembre 1943. Nessun testimone vivente, nessun
superstite vivente per meglio dire , perché di testimoni,
tedeschi e italiani, ce ne sarebbero, ci ha mai parlato di quel
periodo con cognizione di causa. Tutti, dal Gionechetti al Wachsberger
al Sereni (e di tutti il più preciso, il più lucido,
il più informato rimane il Wachsberger), sono giunti al
campo di sterminio DOPO il febbraio 1944. Probabilmente i prigionieri
uccisi PRIMA, comunque sotto il comando di Wirth, devono essere
alcune centinaia»(p. 32).
Veniamo al secondo periodo. L'argomentazione è talmente assurda che merità una citazione per esteso:
- «Nonostante la testimonianza
della signora Giulia Pincherle Spadaro, è probabile che
il forno non venisse usato quotidianamente. Si può obiettare
che si poteva gassare o uccidere i prigionieri negli altri modi
descritti e poi non bruciare i loro corpi nello stesso giorno.
Anche questa è un'ipotesi. È pero più probabile
l'ipotesi secondo la quale la gassazione e la cremazione, o comunque
l'uccisione e la cremazione dei cadaveri, avessero luogo di solito
dalle due alle tre volte alla settimana. Il forno era stato attrezzato
per cremare un massimo di cinquanta-sessanta cadaveri alla volta.
Secondo le testimonianze degli abitanti in quella zona di San
Sabba e di Servola (infatti dal versante orientale della collina
di Servola si riesce a vedere il comprensorio del [21] campo),
la ciminiera eruttava un furno giallognolo la sera, grosso modo
dalle 21 alle 24, e di solito, nei giorni centrali della settimana.
Alcuni testimoni oculari hanno detto che ciò succedeva
soltanto il martedì e il giovedì. Wachsberger
parla del venerdì come giornata di gran lavoro, non
escludendo però le altre giornate della settimana. Mi
diceva Wachsberger che nei giorni in cui si doveva procedere
agli stermini, la porta del garage rimaneva aperta per l'intero
pomeriggio.
Tutte queste notizie sono utili per dare una risposta al quesito che più ci interessa: quanti detenuti sono stati complessivamente bruciati nel forno del Lambert a parte altri prigionieri stranamenti "spariti" nella Risiera?
Io non accetterei riduttivamente il 21 giugno 1944 (Carlo Schiffrer) come data di inizio dell'"operazione cremazione"; sono però tentato di farlo allo scopo di rendere quanto più verosimile possibile il numero degli assassinati. Dal 21 giugno 1944 al 26-27 aprile 1945 i tedeschi hanno avuto a disposizione circa 300 giorni. Se però i giorni di utilizzo erano due o anche tre alla settimana, riduttivamente noi ricaviamo cento giorni effettivi di attiviti, con una media giornaliera di cinquanta persone trucidate e quindi circa cinquanta cadaveri da cremare. Moltiplicando la cifra di cinquanta salme per cento giornate, si raggiunge una somma di cinquemila persone assassinate» (pp. 33-34).
Questo procedimento argomentativo è assolutamente ridicolo perché si basa da un lato sulla falsa capacità di cremazione di cinquanta cadaveri alla volta, dall'altro sull'IPOTESI che le «esecuzioni» siano avvenute regolarmente due-tre volte alla settimana per dieci mesi. ,
Tale ipotesi del resto è contraddetta dal testimone Paolo Sereni, che dichiara: «Un giorno alla settimana (non ricordo quale) era destinato alle esecuzioni e cremazioni» (p. 168). Alle «esecuzioni e cremazioni» di quante persone? Paolo Sereni non lo dice.
Per quanto concerne l'attività del forno, le testimonianze riferite dal Fölkel sono veramente straordinarie:
«Secondo le testimonianze degh abitanti in quella zona di San Sabba e di Servola (infatti dal versante orientale della [22] collina di Servola si riesce a vedere il comprensorio del Campo), la ciminiera eruttava un fumo giallognolo la sera, grosso modo dalle 21 alle 24, e di solito nei giorni centrali della settimana- (p. 33). Come hanno potuto questi «testimoni oculari» vedere un «fumo giallognolo» uscire in piena notte da una ciminiera alta «circa quaranta metri» ? (p. 9).La valutazione del numero delle vittime della Risiera proposta dal Fölkel è dunque assolutamente infondata e arbitraria. Nonostante cio' egli dichiara:
- «Se è difficilmente
contestabile la cifra di 5.000 persone soppresse dai nazisti
alla Risiera di San Sabba, è più difficile verificare
quante persone sono transitate dal Campo di San Sabba. Gli jugoslavi
sostengono di avere in proposito una serie di documenti ineccepibili.
Certo si tratta soltanto in parte di documenti nazisti. Infatti
gran parte dei libri-mastri dove gli uffici amministrativi di
Oberhauser registravano il nome e cognome dei detenuti in transito
è stata fatta sparire dai tedeschi alla fine di aprile,
cosi come quasi tutta la documentazione compromettente è
stata bruciata nel crematorio il 28 aprile 1945.
Eppure sembra che un TOTENBUCH, un libro dei decessi, sia finito in mano jugoslava. Bubnic^ stesso mi accennava a una cifra piuttosto alta: 25.000 persone transitate: complessivamente, in circa diciotto mesi di esistenza, il Campo di San Sabba avrebbe ospitato circa 25.000 persone. La cifra mi sembra assai alta sia in rapporto alla struttura iniziale del Campo ottobre-dicembre 1943, quando esso era essenzialmente una base di appoggio militare sia in rapporto alle capacità del Campo di contenere, sia pure in varie riprese, un numero cosi elevato di persone. Forse la cifra va ridotta di un 15-20%» (pp. 34-35).
Dunque la cifra di 5.000 vittime, calcolata con un procedimento arbitrario quanto ridicolo, diventa un fatto «difficilmente contestabile»! Tanto più che, per ammissione del Fölkel, non esiste alcun documento nazista da cui si possa desumere il numero non diciamo delle vittime ma neppure dei detenuti passati per la Risiera.
Quanto al fantomatico «Totenbuch», esso registrerebbe i detenuti in transito ma non quelli morti, il che per un [23] «libro dei decessi» è alquanto singolare. Ma quand'anche tale «Totenbuch» esistesse realmente e da esso risultasse un totale di 25.000 persone transitate, dimostrerebbe appunto che la Risiera era un Campo di transito, non già un «Campo di sterminio». Infatti a quale scopo sarebbero stati inviati da Trieste ad Auschwitz 22 convogli di deportati dal 9 Ottobre 1943 al 1· Novembre 1944 (p. 135) se a San Sabba esisteva un «Campo di sterminio»?
Conclusione
È impossibile accertare sia pure approssimativamente il numero delle «vittime» della Risiera. Il calcolo e la cifra presentati dal Fölkel sono assolutamente arbitrari e infondati.
Nel testo dell'opera appaiono inoltre stralci delle testimonianze di: 20) Giulia Pincherle Spadaro (p. 23); 21) Nerina Levi e Nori Levi in Viviani (pp. 128-129); 22) Giuseppe Gionechetti (p. 27); 23) Haimi Wachsberger (pp. 135-146 e passim); 24) Bruno Piazza (p. 24).
L'esame delle fonti è particolarmente istruttivo. Infatti tali testimonianze non solo non sono dichiarazioni giurate, ma sono addirittura quasi tutte di seconda mano!
Ecco le fonti delle varie testimonianze:
Testimoni: Karis, Maric^ic^, Sircelj, Milani, Sluga, Peloza. Fonte: «Testimonianza raccolta da Albin Bubnic^».
Testimoni: Gionechetti, Millo, Basile, Carretta, Jerman. [26]
Fonte: «Testimonianza raccolta da Giovanni Postogna ».
Testimoni: Rupena, Skabar, Virag, Skrinjar. Fonte: «Testimonianza raccolta da Albin Bubnic^ e Ricciotti Lazzero».
Testimone Wachsberger (n. 8). Fonte: «Testimonianza raccolta da Ricciotti Lazzero».
Testimone Anonimo (n. 11). Fonte: «Testimonianza raccolta dal prof. Carlo Schiffrer di Trieste dall'interrogatorio di un amico superstite». (Carlo Schiffrer, "La Risiera", Trieste, 1961) (10).
Testimone Piazza (n. 15 e 24). Fonte: Dal libro Perché gli altri dimenticano di Bruno Piazza (Feltrinelli, Milano 1956).
Testimone Sereni. Fonte: «Dichiarazione (in carta libera per gli usi consentiti dalla legge»>. Venezia, 30 Maggio 1966.
Testimone Pincherle Spadaro. Fonte: non indicata.
Testimoni Nerina e Nori Levi. Fonte: «Si tratta di una delle testimonianze raccolte da Giuseppe Fano, zio dello scrittore Giorgio Voghera, e controfirmate dal notaio Dandri». Il Fölkel precisa che questa è una o«testimonianza indiretta» (p. 128).
Testimone Gionechetti (n. 22). Fonte: «Ci sono in proposito molte testimonianze indirette. Perci6 mi sembra utile riportare alcuni passi tratti dall'opuscolo LA RISIERA pubblicato nel 1969 a cura di Schiffrer, testimonianza poi ripresa dall'Associazione nazionale famiglie caduti e dispersi in guerra Sezione provinciale di Trieste» (p. 27).
Testimone Wachsberger (n. 23). Fonte: intervista del Fölkel.
[26]
Conclusione
Nessuna dichiarazione giurata; nessuna testimonianza di prima mano tranne quella di Paolo Sereni.
Quale valore si può attribuire a testimonianze di tal fatta ?
Come abbiamo già rilevato, nessun testimone dichiara che alla Risiera sia mai esistita una «camera a gas». Soltanto nella testimonianza di Paolo Sereni appare un fugace accenno ai «gas»:
- «Il forno era istallato
nel luogo adibito a garage: si diceva che a volte fossero usati
i gas di scarico degli automezzi per le uccisioni, ma si sentivano
frequentemente spari e quindi più verosimilmente i motori
degli automezzi venivano accesi per sovrastare le grida e gli
spari» (p. 168).
- «(Fölkel) Ma come
uccidevano, queste SS»?
«(Wachsberger) non glielo so dire. Uccidevano. Posso raccontarle soltanto quello che sentivarno dal nostro camerone: le grida disperate dei condannati a morte, le invocazioni di pietà, di misericordia. In particolare io ricordo perfettamente il rumore di un sibilo che proveniva dal garage».
«Secondo lei si trattava di gas venefico»?
«È possibile» dice Wachsberger (p. 138).
- «Per coprire le urla.
i tedeschi alzavano il volume degli apparecchi radio, accendevano
i motori degli autocarri, aizzavano i cani da guardia affinché
latrassero».
- «Le vittime venivano
uccise nel garage» (p. 178).
«Mi diceva Wachsberger che nei giorni in cui si doveva procedere agli stermini, la porta del garage rimaneva aperta per l'intero pomeriggio» (p. 33).
- «Accadde, per esempio,
che una sera di giugno, dieci uomini erano già stati spogliati
nudi (infatti, stranamente, non si sono trovate macchie sugli
indumenti dei prigionieri uccisi nel garage) e nove di essi erano
già stati gassati, o comunque uccisi, quando improvvisamente
suona l'allarme aereo. I tedeschi perdevano letteralmente la
testa quando suonava l'allarme; e la perdettero anche in quella
circostanza. Ebbene, al cessato allarme, quell'uomo non venne
gassato anzi fu dimenticato, e addirittura liberato» (p.
138).
Il Wachsberger ignora dunque come venissero uccise le vittime: ma allora come può parlare di «gasazione»?
Se ciò è contraddittorio, il fatto di «gasare» le vittime una per volta è decisamente ridicolo. O forse la «camera a gas» della Risiera poteva contenere solo nove persone?
La scena finale à addirittura comica: il superstite, il testimone oculare della «camera a gas», viene rimesso in libertà !
Non meno sorprendente è ciò che accadde al Wachsberger e agli altri detenuti che avevano prestato servizio alla Risiera:
- «Allora Joseph Oberhauser
ci accompagnò alla grande porta dalle grate sormontate
da filo spinato vicino al villino dove abitava, il tremendo portone
guardato sempre a vista da gente armata fino ai denti. Mi accorsi
che i battenti erano aperti. A uno a uno il nazista ci dette
la mano e ci augurò buona fortuna» (p. 145).
Quale attendibilità si può attribuire a un simile testimone?
[31]
Il libro La Risiera di San Sabba rivela inoltre la grossolana ignoranza del Fölkel riguardo alla storiografia ufficiale relativa ai «campi di sterminio» nazisti.
Riferiamo anzitutto gli errori più significativi.
Treblinka viene definito «il tristernente famoso campo di sterminio del distretto di Lublino» (p. 17), il che è errato, perché tale campo si trovava nel distretto di Varsavia (11).
A pagina 99 il Fölkel scrive:
- «Secondo i risultati
delle commissioni d'inchiesta del governo polacco, a Treblinka
persero invece la vita 731.000 persone. Contrariamente ad Auschwitz,
le camere a gas erano soltanto due e funzionavano a ossido di
carbonio. Furono poi costruite altre dieci carnere che funzionavano
con cianuro d'idrogeno».
- «I grossi automezzi-mobili
della morte venivano chiamati a Belzec "Fondazione Hackenholt"»
(p. 26).
«Come già detto, l'autotreno a gasogeno era uno dei marchingegni della Fondazione Hackenholt"» (p. 30, nota).
Egli confonde Belzec con Chelmno, in cui sarebbero stati usati i suddetti «Gaswagen» (13).
L'espressione «Fondazione Hackenholt» deriva dal documento PS-1553 (14) dove designa un impianto di «gasazione» fisso:
- «Davanti a noi una casa
come uno stabilimento balneare, a destra e a sinistra grandi
vasi di cemento con gerani o altri fiori. Dopo aver salito una
scaletta, a destra e a sinistra, tre e tre camere come garages,
di metri 4 x 5, 1,90 d'altezza. Nella parte posteriore, non visibili,
uscite di legno. Sul tetto, la stella di David in rame. Davanti
all'edificio la scritta: Fondazione Heckenholt» (15)
Il Fölkel aggiunge che «le 'Stiftingen' (17), cioè le "fondazioni", derivavano il nome dalle "fondazioni di pubblica [33] utilita". Per esempio, in Polonia, Wirth e il suo gruppo si fregiavano del nome "Fondazione Wirth "» (p. 139, nota 1).
In realtà non è mai esistita una «Fondazione Wirth». Il Fölkel fraintende il seguente passo di Gerald Reitlinger:
- «Il nome di Wirth non
ricorre in alcuno dei documenti ufficiali riguardanti l'eutanasia
salvatisi dalla distruzione, ma ciò dipende dal fatto
che l'ultima fase dell'operazione fu sottratta a Tiergartenstrasse
4 e affidata invece a un ente fittizio, la «Gemeinnützige
Stiftung für Anstaltspflege», o «fondazione
di utiliti pubblica per le cure sanatoriali» È impressionante
il fatto, notato da Kurt Gerstein, che, quando in Polonia erano
in piena attività i campi di sterminio, Wirth e compagni
si fregiavano ancora del nome di «fondazione (Stiftung)»
(18).
Il Fölkel, nella sua sorprendente ignoranza, sdoppia questo Kurt Gerstein in un «ingegner Gersten» (p. 96) (19) e in una fantomatica «ditta Gestein»:
- «A parte gli esperimenti
"medici ", ad Auschwitz fu implegato con grande successo
il Ziklon-B (K.C.N.), cioè il cianuro di potassio. La
ditta fornitrice era la Kurt Gestein» (p. 99).
Kurt Gerstein ricopriva la carica di capo del servizio [34] tecnico di disinfezione presso l'SS-Führungshauptamt, Amtsgruppe D, Sanitätswesen der Waffen-SS, e in tale qualità nel 1944 ordinò alla ditta DEGESCH (21) 2.370 Kg di Zyklon-B a fine di disinfezione per i campi di concentramento di Oranienburg (1.185 kg) e di Auschwitz (1.185 kg).
Egli allegò al summenzionato rapporto del 26 Aprile 1945 (PS-1553) le 12 fatture della DEGESCH relative alle ordinazioni in questione. Da queste fatture indirizzate all'Obersturmführer Kurt Gerstein risulta la spedizione da parte della DEGESCH delle suddette quantità di Zyklon-B alla «Abt. Entweseung und Entseuchung» (sezione disinfestazione e disinfezione) dei «Konzentrationslager» di Oranienburg e di Auschwitz (22).
Quanto allo Zyklon-B, esso non era «cianuro di potassio» (KCN), come crede il Fölkel, ma «acido cianidrico, liquido (HCN) assorbito in un coibente poroso, ad es. in farina fossile bruciata (Diagries) o in una sostanza sintetica gessosa (Erco) o in dischi di cellulosa» (23).
A pagina 100 il Fölkel dichiara:
- «Appunto in base a queste
nuove direttive, e con l'alta supervisione di Eichmann, si operò
nel gruppo dei campi di sterminio in Polonia comandati da Globocnik:
Sobibor, Belzec, Treblinka, Chemno, Majdanek».
A pagina 33 il Fölkel parla dei «grandi campi di sterminio nazisti di Germania e di Polonia» e a pagina 79 attribuisce la qualifica di «campo di sterminio» a Buchenwald.
Ma secondo, la storiografia ufficiale in Germania non è esistito alcun «campo di sterminio».
In una lettera inviata al giornale tedesco Die Zeit il 19 Agosto 1960, il dott. Martin Broszat, allora membro e Attualmente direttore dell'Institut für Zeitgeschichte München (Istituto di Storia Contemporanea di Monaco), dichiarò:
«Né a Dachau né a Bergen-Belsen né a Buchenwald sono stati gasati Ebrei o altri detenuti». E ancora: «Lo sterminio in massa degli Ebrei mediante gasazione iniziò nel 1941-1942 ed ebbe luogo esclusivamente (ausschliesslich) in pochi luoghi appositamente scelti e forniti di adeguate istallazioni tecniche, soprattutto nel territorio polacco occupato (ma in nessun modo nel Vecchio Reich): ad Auschwitz-Birkenau, a Sobibor, a Treblinka, a Chelmno e a Belzec» (29).
Anche a questo riguardo segnaliamo gli esempi più importanti.
- «Comunque a Ludwigsburg
è conservato un documento significativo. In esso (si tratta
di una lettera inviata a Trieste) il capo supremo delle SS Himmler
si rivolge al [36] generale Globoc^nik: "Lieber Globus",
così incomincia la breve missiva,
- "Caro Globus, lei si è
comportato mirabilmente nèl .Litorale Adriatico, lei che
guida l'Aktion Reinhard ha fatto un ottimo lavoro e la ringrazio."
Prosegua senz'altro nella sua azione di sterminio, Heil Hitler»
(pp. 121-122).
Il dott. Adalbert Rückerl, dal 1966 direttore della «Zentrale Stelle der Landesjustizverwaltunge» di Ludwigsburg, nei cui archivi sarebbe conservata la lettera di Himmler citata dal Fölkel, dedica la prima parte del libro «NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse» ai «Campi di sterminio dell'Aktion Reinhard» (pp. 37-242). In essa tuttavia non compare il minimo accenno alla lettera in questione. Infatti tale documento, come è riportato dal Fölkel, non esiste negli archivi della «Zentrale Stelle der Landesjustizverwaltungen» di Ludwigsburg (30) né altrove, perch6 è la falsificazione del documento NO-058. Si tratta di una lettera del 20 Novembre 1943 inviata a Globocnik da Himmler. Ecco il testo:
«Caro Globus,Questo documento è incluso anche nella serie di [37] documenti relativi all'azione Reinhard classificata PS-4024 e con tale riferimento è citato da Rückerl (32).
Confermo la ricevuta della Sua lettera del 4/ 11/ 1943 e della Sua comunicazione relativa alla conclusione dell'Azione Reinhard.
La ringrazio per la cartella che mi ha inviato.
Le esprimo il mio ringraziamento e la mia riconoscenza per i Suoi grandi ed eccezionali meriti che Lei si è acquisiti per tutto il popolo tedesco nell'esecuzione dell'Azione Reinhard.
Heil Hitler» (31).
Alle pagine 93-94 il Fölkel menziona un altro documento fantasma:
- «Cito Orianenburg perché
al processo di Norimberga contro i nazisti fu esibito un documento
ufficiale che, appunto, proveniva da questo lager; in esso si
calcolava il reddito medio ricavabile da ogni detenuto. La tariffa
media di noleggio del detenuto alle industrie era di marchi 6
giornalieri. Detrazioni per vitto, marchi 0,60; durata media
della vita «attiva» di ciascun detenuto, mesi 9.
Ne risultava un reddito medio di circa 1.400 marchi ricavati
dall'«utilizzazione razionale dei cadaveri». E in
particolare da a) oro dentario; b) vestiario; c) oggetti di valore;
d) denaro, specialmente valuta svizzera, inglese e statunitense;
e) utilizzazione delle ossa e delle ceneri».
Infatti essa è priva di intestazione dell'ufficio di provenienza, di indicazione di luogo d'origine, di destinatario, di data e di firma! (33).
Contrariamente a quanto asserisce il Fölkel, questo preteso documento naturalmente non è mai stato esibito al processo di Norimberga (34).
Un'altra dimostrazione della crassa ignoranza storica del Fölkel appare a pagina 128:
- «Al processo Eichmann
è stato riportato il brano di una allocuzione ufficiale
di Globus: "Se in Germania crescerà [38] una generazione
incapace di comprendere il nostro lavoro, allora il nazional-socialismo
sara' stato vano. Credo che i .centri di sterminio dovrebbero
essere immortalati con targhe di bronzo, su cui dovrebbe apparire
la scritta: 'Noi SS abbiamo avuto il coraggio di compiere questa
grande opera' ". "Parole anche profetiche"».
- «Alors Globocnek: Mais
messieurs, si jamais, après nous, il y aurait une génération
si lâche, si carieuse, qu'elle ne comprenne pas notre oeuvre
si bon, si nécessaire, alors messieurs tout le Nationalsocialisme
était pour rien. Mais, au contraire, il faudrait enterrer
des tables de bronce, aux quels il est inscrit, que c'étions
nous, nous, qui avons eu le courage de réalizer cet oeuvre
gigantique! (35).
«Allora Globocnek: "Ma signori, se dopo di noi, vi sarà mai una generazione cosi fiacca e smidollata (36) da non comprendere la nostra opera così buona, così necessaria, allora signori tutto il nazionalsocialismo sarà esistito invano. Ma, al contrario, bisognerebbe seppellire delle tavole di bronzo nelle quali fosse scritto che fummo noi, noi ad avere avuto il coraggio di realizzare quest'opera gigantesca!».
«Darauf Glb.: Meine Herren, wenn je nach uns eine Generation kommen sollte, die so schlapp und so knochenweich ist, dass sie unsere grosse Aufgabe nicht versteht, dann allerdings ist der ganze Nationalsozialismus umsonst gewesen. Ich bin im Gegenteil der Ansicht, daß man Bronzetafeln versenken sollte, auf denen festgehalten ist, [39] daß wir, wir den Mut gehabt haben, dieses grosse und so notwendige Werk durchzuführen» (37).
"Allora Globocnik: "Signori, se dopo di noi dovesse mai venire una generazione che fosse così fiacca e così smidollata da non comprendere il nostro grande compito, allora certamente tutto il nazionalsocialismo sarebbe stato vano. Io sono al contrario del parere che bisognerebbe sotterrare delle tavole di bronzo sulle quali fosse fissato per iscritto che noi, noi abbiamo avuto il coraggio di realizzare questa grande e così necessaria opera"».
Pertanto il Fölkel non solo ha fornito il falso riferimento della «allocuzione ufficiale» di Globocnik, ma ha anche storpiato la citazione. Ma non è tutto. Nei due documenti surnmenzionati Kurt Gerstein racconta che Globocnik gli riferì il 17 Agosto 1942 che due giorni prima il 15 Agosto Hitler e Himmler gli avevano reso visita a Lublino. In tale occasione Globocnik aveva fatto il discorso citato, ricevendo, l'approvazione del Führer (38). In realtà il 15 Agosto 1943 Hitler non era a Lublino (39) per cui il discorso di Globocnik è pura invenzione, come riconosce Gerald Reitlinger:
- «Fu detto loro che si
trattava di un ordine di Hitler, il quale poco tempo prima aveva
visitato Lublino e aveva pranzato con Globocnik. A tavola il
dott. Herbert Linden aveva richiamato l'attenzione di Hitler
sul pericolo che in avvenire si scoprissero le fosse comuni e
in proposito Globocnik aveva deliziato Hitler dicendo che gli
sarebbe piaciuto "seppellire (in quelle fosse) delle targhe
di bronzo, che lo proclamassero autore dell'impresa". Tutto
questo era pura invenzione di Globocnik, perché Hiteler
non aveva affatto lasciato il suo quartier generale.» (40)
- «A questi pseudoproblemi,
grosse tare della psiche, [40] poeva far cenno solo un ragioniere
frustrato e disgustoso come Himmler; nell'ottobre 1943 in un
discorso tenuto a Poznan ai gerarchi delle SS costui disse: "...
che le nazioni vivano in prosperità o muoiano di fame
come bestie, a me importa solo nella misura in cui avremo bisogno
degli appartenenti ad esse come schiavi per la nostra KULTUR,
altrimenti per me sono prive di ogni interesse "»
(p. 59).
- «Ob die anderen Völker
in Wohlstand leben oder ob sie verrecken vor Hunger, das interessiert
mich nur soweit, als wir sie als Sklaven für unsere Kultur
brauchen, anders interessiert mich das nicht.» (41)
«Se gli altri popoli vivono nella prosperità o crepano di fame, ciò mi interessa solo nella misura in cui ne abbiamo bisogno come schiavi per la nostra civiltà, altrimenti non mi interessa».
«Poi, nell'ottobre 1943 fra il 16 e il 29 , sbarcarono a Trieste i primi novantadue «specialisti» dell'Einsatzkommando Reinhard, come testimoniò a Norimberga Konrad Georg Morgen, Obersturmbannführer delle SS Morgen aggiunse: "Il Kommando Reinhard dovette porre termine alla sua attività nell'autunno del 1943 e distruggere sino alle fondamenta i campi di sterminio orientali. Esso fu impiegato quindi compattamente per garantire la sicurezza delle strade nel territorio partigiano sul Carso e in Istria» (p. 16).
Il primo riferimento è inventato, mentre la citazione è deformata. INFATTI Morgen dichiarò che, quando fece la sua seconda visita a Lublino, Wirth non c'era più: «Accertai che Wirth nel frattempo aveva inaspettatamente ricevuto l'ordine di distruggere dalle fondamenta i suoi campi di sterminio. Egli era stato richiamato con tutto il suo Kommando in Istria, dove garantiva la sicurezza delle strade ed è morto nel Maggio 1944» (42).
Conclusione generale
Il libro La Risiera di San Sabba, di Ferruccio Fölkel è un semplice libello pseudostorico e pseudoscientifico.
La piantina della Risiera durante l'occupazione nazista: Da Ferrucio Fölkel, La Risiera de San Sabba, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1979 (fuori testo).
1 / Ferruccio Fölkel, La Risiera di San Sabba, Arnoldo Mondadori, Editore, Milano 1979.
2 / LaRassegna Mensile di Israel, Aprile-Maggio 1979, p.202.
3 / Sui pretesi «Gaswagen» vedi: F. P. Berg, "The Diesel Gas Chambers: Myth Within A Myth". The Journal of Historical Review, Spring 1980, pp. 38-40 (The Gaswagons); Udo Walendy, "NS-Bewältigung", Historische Tatsache Nr. 5, Historical Review Press, 1979, pp. 29-31.
4 / Comunicazione della «Zentrale Stelle der Landesjustizverwaltungen» all'Autore. 1· Febbraio 1985.
5 / Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas. herausgegeben von Eugen Kogon, Hermann Langbein, Adalbert Rückerl u.a., Frankfurt am Main 1983, cap. IV, "Tötung in Gaswagen hinter der Front", pp. 81-109.
6 / Vedi ad esempio i documenti NO-4401, NO--445 e NO-4448 relativi al crematorio di Buchenwald. Il documento NO-4448 contiene la descrizione di «un forno crematorio Topf a doppia muffola riscaldato a olio o a coke con impianto di aria compressa e impianto di rafforzarnento del tiraggio». I forni della ditta «Topf und Söhne» erano istallati anche nei crernatori di Birkenau. Vedi le fotografie pubblicate in: KL Auschwitz. Fotografie dokumentalne. Kraiowa Agencia Wydawnicza Warszawa 1980, pp. 64, 65, 66 e 162.
7 / Riportiarno tale piantina nell'Appendice.
8 / Enciclopedia italiana, Roma 1949. vol. XI, voce Cremazione, p. 825.
9 / I forni crematori della ditta Topf und Söhne erano forniti di un Saugzug-Anlage (impianto di tiraggio indotto): NO-4448. Vedi anche: KL Auschwitz. Fotografie dokumentalne, op. cit., p. 62: sezione trasversale nord-sud del crematorio II; al centro, accanto al camino, l'impianto di tiraggio indotto.
10 / Carlo Schiffrer non dichiara di aver interrogato l'amico anonimo, la cui testimonianza egli introduce con le seguenti parole: «Ma il particolare più raccapricciante me lo ha raccontato un amico che vi fu rinchiuso per alcuni giorni a causa di una sua presunta appartenenza alla "razza ebraica"» (Carlo Schiffrer, La Risiera; in: Trieste, Luglio-Agosto 1961).
11 / Central Commission for the investigation of German Crimes in Poland. German Crimes in Poland, Warsaw 1947, vol. I, The Treblinka Extermination. Camp p. 95.
12 / Adalbert Rückerl, NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, München 1979, pp. 203-204; Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas, op. cit., p. 163 e 184; German Crimes in Poland, op. cit., vol. I, p. 98.
13 /Nationalsozialistische Massentötungen durch Gifgas, op. cit., cap. V: «In Kulmhof Stationierte Gaswagen», pp. 110- 145.
14 / Si tratta del cosiddetto rapporto-Gestein del 26 Aprile 1945.
15 / PS-1553, p. 5. Il documento è redatto in un francese alquanto scorretto. Riportiamo il passo citato come appare nell'originale: «Avant nous une maison comme institut de bain, A droite et à gauche grand pot de beton avec geranium ou autre fleurs. Aprês avoir monté un petit escalier, à droite et à gauche, trois et trois chambres comme de garages, 4 x 5 mètres, 1,90 mètre d'altitude. Au retour, pas visibles, sorties de bois. Au toît, l'étoile David en cuivre. Avant le Bâtiment, inscription: Fondation Heckenholt».
16 / T-1310, p. II. Si tratta del cosiddetto rapporto-Gerstein del 4 Maggio 1945 già pubblicato con alcune espunzioni da Hans Rothfels nel 1953 sulla rivista Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte.
17 / Leggi «Stiftungen».
18 /Gerald Reitlinger, La soluzione finale, Milano 1965, pp. 161-162.
19 / Anche nell'Indice Analitico compaiono i nomi «Gerstein, Kurt, ditta» e «Gesten, ingegnere» (p. 191).
20 /In pubblicazione presso la casa editrice Sentinella d'Italia.
21 /Deutsche Gesellschaft für Schädlingsbekämpfung, Società tedesca per la lotta antiparassitaria.
22 / PS-1553, pp. 15-26.
23 /NI-9098, p. 35.
24 / NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 13.
25 / Nell'Indice Analitico appare la grafia «Chemmo» (p. 190). La località in questione si chiama Chelmno in polacco e Kulmhof in tedesco.
26 / NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 245; R. Hilberg, The Destruction of the European Jews, Chicago 1961, p. 572.
27 / The Destruction of the European Jews, op. cit., p. 572.
28 / NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 349.
29 / Die Zeit, Nr. 34, Freitag, den. 19. August 1960, p. 16.
30 Comunicazione della «Zentrale Stelle der Landesjustizverwaltungen» all'Autore. 1·Febbraio 1985 .
31 «Lieber Globus! Ich bestätige Ihren Brief vom 4.11.43 und Ihre Meldung über den Abschluß der Aktion Reinhardt. Ebenso danke ich Ihnen für die mir übersandte Mappe. Ich spreche Ihnen für Ihre grossen und einmaligen Verduebste, die Sie sich bei der Durchführung der Aktion Reinhardt für das ganze deutsche Volk erworben haben, meinen Dank und meine Anerkennung aus. Heil Hider». NO-058 .
32 NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 131 .
33 NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 131. 32, Eugen Kogon, Der SS-Staat, Verlag Karl Alber, München 1946, pp. 296-297.Circa la fonte del pretesto documento, l'Autore si limita a scrivere che esso «è stato redatto dalle SS» (p. 297), ma di ciò non fornisce alcuna prova.
34 Der Prozeß gegen die Haiptkriegsverbrecher vor dem internationalen Militärgerichtshof, Nürnberg 14. November 1945 - I. Oktober 1946, Veröffentlicht in Nünrnberg, Deitschland, 1949, vol. XXIII (Indice), p. 62. (utilizzazione dei cadaveri).
35 T-1309 = PS-1553, p. 5 .36 L'aggettivo "carieuse" non esiste in francese; lo traduciarno secondo il
senso dd'aggettivo tedesco corrispondente nel docurnento T-1310 knochenweich .
37 T-1310, p. 9.
38 T-1309 = PS-1553, p. 5; T-1310, p. 9 .
39 Vierteljahreshefte für Zeitgechichte, 1953, p. 189, nota 3 9 a .
40 La soluzione finale, op. cit., p. 184 .
41. Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem internationalen Militärgerichtshof, Nürnberg 14. November 1945-1. Oktober 1946. Veröffentlicht in Nürnberg, Deutschland, 1948. Vol. XXIX, p. 123 .
42 La fonte, non indicata dal Fölkel, è: Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem internationalen Militärgerichtshof, op. cit., Vol. XX, p. 555 .
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