GRAMSCI,
UN GRANDE UOMO
di
Gianfredo Ruggiero
Vogliamo dedicare queste
poche righe alla memoria di un uomo che seppe vivere e morire per le sue
idee.
Non ci riferiamo ad Antonio, il pensatore e leader comunista, ma a suo
fratello Mario dimenticato da tutti perché ebbe la sventura di vestire la
camicia nera.
Più giovane di dodici anni, Mario Gramsci aderì al fascismo al ritorno dalla
prima guerra mondiale che combatté con il grado di sottotenente. A nulla
valsero i tentativi del fratello Antonio di convincerlo ad abbandonare la
fede fascista per aderire a quella comunista, non ci riuscirono neppure le
bastonate dei compagni che lo ridussero in fin di vita.
Fu il primo segretario federale di Varese, volontario per la guerra
d’Abissinia e combattente nel ’41 in Africa settentrionale.
Dopo l’8 Settembre ’43, quando l’Italia si svegliò col fazzoletto rosso
attorno al collo e la bandierina americana in mano, Mario Gramsci, invece di
gettare la sua divisa come fecero molti suoi coetanei, continuò a
combattere. Ma lo fece dalla parte sbagliata, dalla parte dei perdenti.
Aderì infatti alla Repubblica Sociale Italiana.
Fatto prigioniero, fu torturato per fargli abiurare la sua fede fascista.
Poi fu deportato in uno campo di concentramento in Australia dove le
durissime condizioni di detenzione riservate ai militari fascisti non
renitenti, cominciarono a minare la sua salute.
Rientrò in Patria sul finire del ’45 e subito dopo morì in un ospedale di
terz’ordine attorniato solo dall’affetto dei suoi cari.
Andò sicuramente meglio al celebre fratello Antonio che quando si ammalò in
carcere, a causa di una malattia contratta da adolescente, fu scarcerato e,
da uomo libero, poté curarsi a spese del Regime in una famosa clinica
privata.
Non pretendiamo che Mario Gramsci sia ricordato alla stregua del fratello
maggiore a cui, giustamente, sono dedicati libri e intitolate piazze -
perché al di là del giudizio storico rimane un grande del novecento – ma un
piccolo pensiero, crediamo, lo meriti anche lui.
Con Mario Gramsci vogliamo onorare tutti fratelli “minori”, come il fratello
di Pier Paolo Pasolini ucciso dai partigiani comunisti. Dimenticati, questi
fratelli d’Italia, perché caddero dalla parte sbagliata.
Gianfredo Ruggiero, Presidente del Circolo culturale Excalibur
Vogliamo dedicare queste
poche righe alla memoria di un uomo che seppe vivere e morire per le sue
idee.
Non ci riferiamo ad Antonio, il pensatore e leader comunista, ma a suo
fratello Mario dimenticato da tutti perché ebbe la sventura di vestire la
camicia nera.
Più giovane di dodici anni, Mario Gramsci aderì al fascismo al ritorno dalla
prima guerra mondiale che combatté con il grado di sottotenente. A nulla
valsero i tentativi del fratello Antonio di convincerlo ad abbandonare la
fede fascista per aderire a quella comunista, non ci riuscirono neppure le
bastonate dei compagni che lo ridussero in fin di vita.
Fu il primo segretario federale di Varese, volontario per la guerra
d’Abissinia e combattente nel ’41 in Africa settentrionale.
Dopo l’8 Settembre ’43, quando l’Italia si svegliò col fazzoletto rosso
attorno al collo e la bandierina americana in mano, Mario Gramsci, invece di
gettare la sua divisa come fecero molti suoi coetanei, continuò a
combattere. Ma lo fece dalla parte sbagliata, dalla parte dei perdenti.
Aderì infatti alla Repubblica Sociale Italiana.
Fatto prigioniero, fu torturato per fargli abiurare la sua fede fascista.
Poi fu deportato in uno campo di concentramento in Australia dove le
durissime condizioni di detenzione riservate ai militari fascisti non
renitenti, cominciarono a minare la sua salute.
Rientrò in Patria sul finire del ’45 e subito dopo morì in un ospedale di
terz’ordine attorniato solo dall’affetto dei suoi cari.
Andò sicuramente meglio al celebre fratello Antonio che quando si ammalò in
carcere, a causa di una malattia contratta da adolescente, fu scarcerato e,
da uomo libero, poté curarsi a spese del Regime in una famosa clinica
privata.
Non pretendiamo che Mario Gramsci sia ricordato alla stregua del fratello
maggiore a cui, giustamente, sono dedicati libri e intitolate piazze -
perché al di là del giudizio storico rimane un grande del novecento – ma un
piccolo pensiero, crediamo, lo meriti anche lui.
Con Mario Gramsci vogliamo onorare tutti fratelli “minori”, come il fratello
di Pier Paolo Pasolini ucciso dai partigiani comunisti. Dimenticati, questi
fratelli d’Italia, perché caddero dalla parte sbagliata.
Gianfredo Ruggiero, Presidente del Circolo culturale Excalibur
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