Popolo italiano, corri alle armi e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!. Con queste parole, il 10 Giugno 1940, Mussolini concluse il proprio discorso dal balcone di Palazzo Venezia. A queste parole i ragazzi della G.I.L. risposero accorrendo con entusiasmo alla chiamata del Capo, smaniosi di servire la patria ricoprendosi di onore sui campi di battaglia. La foga con la quale questi giovani tra i 18 e 19 anni, esenti quindi dalla cartolina precetto, accorsero alla chiamata alle armi non deve stupire: il Fascismo diede un’importanza fondamentale all’indottrinamento delle masse, in particolare dei più giovani, i quali dalla più tenera età crebbero nel mito dell’Italia destinata a riportare i fasti dell’antica Roma diventando una potenza internazionale. Nel 1937 nacque la G.I.L, Gioventù italiana del Littorio, dalla fusione dei Fasci Giovanili di Combattimento e l’ Opra Nazionale Balilla. Direttamente sottoposta al Segretario del Partito Nazionale Fascista, ebbe lo scopo di forgiare le giovani leve di italiani, sia maschi che femmine. Il carattere paramilitare di tale organizzazione fu una caratteristica peculiare: gli iscritti erano, così, inquadrati in squadre, manipoli, centurie, coorti e legioni, ricalcando le unità militari dell’Antica Roma. Inoltre, in base all’età, furono suddivisi in:
Figli della lupa, dai 4 agli 8 anni;
Balilla, dagli 8 ai 14;
Avanguardisti, dai 14 ai 17;
Giovani Fascisti, dai 18 ai 21.
Altra organizzazione giovanile, più autonoma, fu rappresentata dalla G. U. F,, i gruppi universitari fascisti, che includeva i ragazzi tra i 18 e 28 anni. Infine va ricordato il Servizio Premilitare che ebbe il chiaro scopo di preparare i giovani al servizio di leva. Il grande entusiasmo di questi giovani fu però visto con scarso favore da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito e dal Capo di Stato Maggiore Pietro Badoglio. Il fenomeno del volontarismo diede molte preoccupazioni a livello di controllo: proprio la loro voglia di fare e di combattere rese spesso complicati i rapporti, sia con i commilitoni che con i comandi. Oltre a ciò lo stesso Partito Fascista, alle prese con un ricambio generazionale, non era ancora pronto a sacrificare questi giovani sui campi di battaglia. Un fatto resta però inconfutabile: il fenomeno dei volontari nella Seconda Guerra Mondiale fu sensibilmente più rilevante che nella Prima in cui il numero dei disertori crebbe in maniera esponenziale. Per cercare di fiaccare, da un lato, questa esaltazione e per utilizzare questa grande occasione come irripetibile fonte di propaganda fu ideata la Marcia della Gioventù che partendo dall’Appennino ligure, il 26 Agosto, raggiunse Padova il 16 Settembre snodandosi per un percorso di 450 Km e 20 tappe. A destinazione giunsero oltre 25 mila ragazzi che furono inquadrati in 24 battaglioni, formati da tre compagnie fucilieri e una comando, e armati con il fucile modello 91 e un pugnale. I vari reparti vennero acquartierati all’interno degli stand della Fiera di Padova in cui il 10 ottobre furono passati in rassegna da Mussolini in persona e arringati da numerosi gerarchi che resero la giornata, per molti di questi giovani, un’ indimenticabile. La grande giornata avrà per molti un finale amaro: Badoglio decise di smobilitare tutti i Battaglioni della GIL e il Duce, in cerca del massimo appoggio alla guerra che stava per iniziare, decise di non inimicarsi le alte sfere dell’esercito avallandone la decisione. Unica voce che si levò a difesa di questi giovani fu il Segretario del PNF Ettore Muti che pagherà con l’ esautorazione il proprio appoggio ai ragazzi. Molti giovani furono costretti a tornare a casa mortificati nelle loro idee di patria e di eroismo cresciute in tanti anni di addestramento para – militare, ma fu proprio questa grande volontà a spingere alcune migliaia di giovani del V Gruppo a incendiare un padiglione della fiera campionaria e a rifiutarsi di abbandonare la loro caserma. Per cercare di sbloccare la situazione fu inviato a trattare con questi ragazzi il generale Fulvio Balisti , che riuscì a instaurare un dialogo con la massa di giovani che chiese solamente di andare a combattere dopo anni di promesse e di illusioni. Dopo essere giunti ad un compromesso questi adolescenti furono inquadrati in due battaglioni della GIL e inviati a Formia, Gaeta e Scauri al fine di terminare il proprio addestramento militare. Venne così costituito ufficialmente il Gruppo Battaglioni speciali Giovani Fascisti:
al comando il colonnello Tanucci
aiutante maggiore il tenente Mario Niccolini
Il Gruppo speciale GG.FF. è suddiviso in 2 battaglioni, il I al comando del maggiore Balisti e il II alle dipendenze del maggiore Benedetti, bersagliere come Tanucci. Nonostante la scarsa ammirazione di alcuni vertici del Partito, il Ministero della Guerra inviò l’ispettore di fanteria Taddeo Orlando a controllare l’andamento delle operazioni di addestramento delle nuove truppe. Il suo parere fu positivo e il Ministero con la disposizione n° 486120 del 12 Aprile 1941 trasformò i battaglioni della GIL nella 301esima Legione Camicie Nere. Questa denominazione fu destinata ad essere ulteriormente modificata da una successiva disposizione, la n 49640 del 18 Aprile 1941, secondo la quale venne disposta la costituzione del Gruppo Battaglioni Giovani Fascisti facenti parte del Regio Esercito a tutti gli effetti. Essendo un reparto, seppur particolare, dell’Esercito la divisa fu quella grigio – verde dei fanti italiani ma due furono le peculiarità a cui i ragazzi non intesero rinunciare per spirito di corpo:
le fiamme del bavero sono a due punte bicolore, giallo e rosso come i colori di Roma e della GIL
adottano il fez come copricapo proprio come gli Arditi della Prima Guerra Mondiale.
Ulteriore peculiarità di questo reparto fu che i giovani, non ancora maggiorenni, poterono essere arruolati solo grazie al consenso firmato dei genitori. Furono inquadrati nei ranghi non come volontari di guerra ma come volontari ordinari senza vincoli di ferma. Il 4 Maggio i Battaglioni GG. FF partirono alla volta di Napoli dove, per oltre due mesi, continuarono il loro estenuante addestramento, fino al 19 Luglio 1941 quando arrivò la notizia della partenza: destinazione Libia. Sbarcati a Tripoli il loro primo compito fu quello di occupare i presidi di Homs e Misurata. La reazione degli altri reparti italiani fu spesso sarcastica, gli stessi vertici del nostro esercito escludono categoricamente un loro impiego in vere e proprie azioni di guerra. Sono giovani e inesperti, non si possono mandare queste truppe di fronte ad un nemico tanto temibile. Il 2 Settembre i GG.FF entrarono all’interno del R.E.C.A.M ( Raggruppamento Esplorante del Gruppo d’Armata di Manovra) agli ordini del generale Gambara che a più riprese dimostrerà la propria stima ai giovani combattenti. Sarà però solo alla fine di Novembre che verrà concesso l’assenso all’impiego di queste giovani truppe sul fronte marmarico, nella località che li renderà celebri proprio come avrebbero voluto: Bir el Gobi.
Prima di continuare il racconto delle imprese dei Battaglioni Giovani fascisti sono necessarie alcune precisazioni che meglio aiuteranno a collocare gli eventi nel loro giusto contesto.
Dopo la continua dimostrazione di inaffidabilità delle nostre truppe, nell’Aprile 1941 fu trasferito in Africa occidentale il Deutsche Afrika Korps comandato dal Feldmaresciallo Erwin Rommel le cui imprese serviranno per ribaltare una situazione all’apparenza disperata. In quell’estate di trionfali successi un unico neo offuscherà la brillante mente del condottiero teutonico: la città di Tobruck per parecchi mesi riuscì a resistere ai suoi continui e pressanti attacchi che dissangueranno le sue forze dando il tempo ad un nemico spesso incerto di riorganizzarsi e prepararsi ad un attacco che arriverà completamente inaspettato.
Tra il 17 e 18 Novembre scattò l’operazione Crusader : l’armata britannica appena ricostituita fu affidata ad Alan Cunningham, vincitore degli Italiani in AOI. Nonostante questo la Volpe del Deserto per tutta la giornata non si rese conto di quanto stesse accadendo, giudicando infondata qualsiasi possibilità di un attacco in forze. Dopo alcuni giorni di confusione finalmente si rese conto di quanto stesse accadendo e riorganizzò le proprie truppe in modo da contenere l’assalto di quelle inglesi il cui obiettivo fu quello di aggirare verso nord il grosso del nostro esercito.
Proprio per queste esigenze di riorganizzazione il 21 Novembre il gruppo venne diviso: il comandante Tanucci si diresse con il II battaglione a rinforzare la zona di Bir el Gobi, mentre il I rimase in zona arretrata in posizione d’attesa. La situazione fu comunque molto confusa da entrambe le parti tanto che i comandi inglesi decisero di sostituire il comandante Cunnigham con il generale Ritchie. Si susseguirono giorni convulsi costellati da ordini e contrordini finchè il 1 Dicembre giunse quello che i ragazzi aspettavano dai giorni della Marcia della Gioventù. La destinazione è nota ma quello che troveranno giunti in quella landa desolata fu un’amara sorpresa. Roccia e sabbia la fanno da padroni, c’è solo il deserto in cui cercare di erigere delle postazioni difensive a cui aggrapparsi nei momenti del grande attacco. Nonostante la povertà del territorio fu questo lo snodo cruciale della campagna in Marmarica: da alcune settimane i due eserciti si fronteggiavano intorno alla città di Tobruck, ma il vero pericolo per gli uomini dell’Asse giunge da sud. Se fosse caduto questo caposaldo sarebbe collassata tutta l’armata di Rommel e i sogni di gloria che in quell’estate si andavano avverando.
Il giorno 3 i due battaglioni si apprestarono alla preparazione delle difese:
il I Battaglione si posizionò nella quota 182
il II Battaglione alle quote 184 e 188
Il consueto rimbombo dei cannoni lasciò presagire l’imminente attacco. Nelle prime ore del pomeriggio si abbatterono sulle povere postazioni dei GG.FF centinaia di proiettili esplosivi che oltre a spianare il terreno, incutevano timore a questi giovani inesperti. Almeno così la pensava il generale Ritchie, convinto che queste giovani truppe italiane sarebbero scappate appena udito il cannone. All’attacco fu lanciato un considerevole raggruppamento di forze. L’XI Brigata Indiana agli ordini del generale Anderson era formata:
3 Battaglioni di fanteria
2 Reggimenti di artiglieria
1 compagnia di carri dell’’8th Royal Thank
In contrapposizione le nostre forze poterono schierare:
1454 uomini
8 cannoni da 47/32
8 mortai da 81 mm con due casse di bombe Passaglia, utili per mettere fuori uso i carri nemici
Solo nella prima mattinata del giorno 4 iniziò il vero e ,secondo le speranze inglesi, risolutivo attacco alle postazioni italiane. Furono i Camerons scozzesi ad aprire le ostilità contro le buche presidiate dal I Battaglione. Centinaia di uomini si riversarono contro le postazioni nemiche sorretti dai thanks e dal fuoco di sbarramento dell’artiglieria. La reazione dei nostri ragazzi fu gagliarda, tanto che a decine gli Inglesi rimasero su quell’arido suolo. Anche le postazioni del II Battaglione, più a Nord, furono sottoposte ad un duro attacco: i carri Valentine sorressero l’azione dei fanti indiani. Anche in questo settore la sproporzione delle forze in campo fu più che mai squilibrata. I nostri elefantini contro i grandi mezzi corazzati, eppure molte volte i primi avranno la meglio, anche se a costo di sacrifici inauditi.
La prima e la seconda ondata furono respinte in entrambi i settori, ma ’’intera zona di Bir el Gobi fu accerchiata dalle truppe inglesi. Il terzo attacco alle nostre linee si registrò verso le 14 di quello stesso giorno: la pressione delle artiglierie e delle fanterie crebbe di ora in ora ma l’eroismo dei vari presidi non venne mai meno. Nella serata però si perse la quota 188, la 4.a Compagnia che la presiedeva dovette attestarsi su quota 184.
Gli attacchi continuarono, tra il 2 e 5 Dicembre per ben sette volte il XXX Corpo britannico fu respinto con gravi perdite. La sete e la mancanza di rifornimenti piagarono i nostri reparti che continuarono però la loro accanita resistenza contro un nemico superiore sia per mezzi che per uomini. La richiesta di aiuti divenne febbrile, tanto che lo stesso Rommel fu informato sulla resistenza di questi ragazzi che continuarono a tenere questo caposaldo. Ormai conscio dell’importanza strategica di questa postazione la Volpe del Deserto decise di inviare delle truppe corazzate a sostegno dei giovani italiani.
Le Divisioni Ariete e Trieste furono trasferite a Hag fet el-Gueitinat, a 7 Km nord ovest di Bir el-Gobi;
la 15.ima e la 21.ima Panzer Division si posizionarono a 7 Km nord-est di Bir el Gobi
Alle 17 del giorno 5 giunsero in prossimità di quota 188 i primi reparti delle divisioni corazzate tedesche. Dopo un violento scontro tra i carri e tedeschi e quelli inglesi la postazione fu riconquistata è potè iniziare l’avanzata verso Bir el Gobi dove erano attese la divisione Ariete e Trieste. La prima fu bloccata da un attacco nemico, mentre la seconda si perse nel deserto.
Ciò che conta fu l’arrivo di rinforzi e di qualche rifornimento. Gli Italiani poterono così attaccare gli Inglesi che dovettero abbandonare velocemente il campo di battaglia. Ormai la situazione potè dirsi sotto controllo. Quel sabato mattina giunse anche a complimentarsi con quei giovani combattenti il grande Rommel, la Volpe del Deserto passò in rassegna le truppe ormai provate da giorni di dura resistenza che, però, furono ampiamente ripagate da questo grande onore.
Intanto continuarono i combattimenti tra le varie forze corazzate dei due schieramenti: i panzer tedeschi di Cruwell e gli M14 dell’Ariete, che nella notte riuscirono a raggiungere Bir el Gobi, riuscirono a respingere gli ultimi disperati attacchi delle forze inglesi che non poterono più contare sulla schiacciante superiorità. Alle 13 giunse alla postazione comandi dei GG.FF questo radiogramma firmato dal generale Gambara: Sette violenti attacchi forza circa una divisione respinti giorni 4, 5, 6. Sei carri armati pesanti, sei leggeri et circa cinquanta automezzi vari inchiodati davanti alla nostra linea. Sei carri colpiti nostro tiro rimorchiati nemico sue linee. Da informazioni prigionieri et nostra ricognizione campo battaglia perdite nemico ingentissime. Nostre perdite oltre trenta morti et settanta feriti. Sei ufficiali feriti fra cui colonnello Tanucci gravemente colpito bacino et femore. Comportamento ufficiali et volontari tutti sotto attacchi artiglieria carri fanteria con mortai et aviazione superbo et superiore ogni elogio. Carri armati due volte penetrati linee due volte respinti. Volontari fermi loro armi fino all’ultimo schiacciati da carro. Truppa da tre giorni senza acqua nè viveri. Munizioni quasi esaurite. Autocarreggio quasi interamente distrutto con materiale.” La battaglia di Bir el Gobi potè dirsi finalmente conclusa. Le perdite da parte inglese furono molto ingenti:
300 morti
250 feriti
70 prigionieri
Le perdite dei nostri giovani combattenti ammontarono a:
54 morti
117 feriti
31 dispersi
Dopo questa grande prova di coraggio e valore il nostro reparto ripiegò con le altre truppe italo – tedesche entrando a far parte della Divisione Sabratha. Partecipò agli scontri di El Agheila e Marsa el Brega ammantato dalla grande fama dello scontro di Bir el Gobi che purtroppo, dopo la caduta del Fascismo, in Italia fu dimenticato e bollato come un episodio da dimenticare.
Bibliografia:
I.Alpheo Pagin, I ragazzi di Mussolini
II.Giuseppe Mugnone, I ragazzi di Bir el Gobi
III.Arrigo Petacco, L’armata nel deserto
IV.Arrigo Petacco, La nostra guerra
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