sabato 31 gennaio 2015

QUANTO ERANO CATTIVI I NAZISTI: INVECE…






Deduzioni da una “guerra dimenticata”

QUANTO ERANO CATTIVI I NAZISTI: INVECE…

Uno sguardo retrospettivo sull’”invenzione dei campi di sterminio”

di Filippo Giannini
   Anni fa già trattai questo argomento, ma dato che (almeno ritengo) questo è poco noto, e la non conoscenza è dovuta al persistere del “lavaggio del cervello” voluta dai “liberatori”, per indirizzare, così,  l’opinione pubblica su una unica direzione, propongo, quindi, un’analisi storica su come nacquero i “campi di sterminio”. Molti risponderebbero, e ne sono certo: <In Germania nelle menti nefaste dei gerarchi nazisti!>; e invece no! Ed ecco la storia.

   <Noi siamo il più grande popolo del mondo. Più territori colonizzeremo, meglio sarà per l’umanità. Se la maggior parte del mondo passasse sotto la nostra amministrazione, sarebbe la fine di tutte le guerre>. Così sentenziava Cecil John Rhodes, uomo d’affari e colonizzatore inglese, nominato ministro della Colonia del Capo nel 1890.

   Dopo un  primo, fallito tentativo di colonizzazione inglese nel 1620, furono gli olandesi a stabilire nel 1652 una base di rifornimento per le navi della Compagnia olandese delle Indie orientali nella baia della Tavola, primo nucleo di Città del Capo. La spedizione comandata dal medico e navigatore Jan van Rieebeck, comprendeva – oltre agli olandesi – anche tedeschi e danesi e rappresentò il primo nucleo di colonizzatori europei destinato ad insediarsi in quelle terre ribattezzate Transvaal, Orange e Natal.

   Questo primo nucleo di bianchi chiamati boeren, cioè contadini, nel corso della sua penetrazione verso l’interno entrò in contatto e in conflitto con le popolazioni autoctone, fra le quali boscimani, ottentotti, bantu.

  Nel 1975, al momento delle guerre per la rivoluzione francese, gli inglesi occuparono il Capo, sottraendolo al controllo degli olandesi e mostrarono di voler estendere il loro dominio in tutta l’area. I boeri sopportarono inizialmente la dominazione britannica ma con il tempo affiorarono i primi contrasti. La minaccia provocata dell’instabilità di zulu e bantu, tribù guerriere in costante stato di guerra fra loro e con i nuovi arrivati, trattennero sia i boeri che gli inglesi dallo scontro aperto. A partire dal 1834 il Grande Trek, “la grande migrazione”, portò le famiglie dei contadini boeri a stabilirsi sempre più nell’interno. Nel dicembre 1838, sulle rive del fiume Ncome, nella battaglia del Blood River, i boeri sconfissero gli zulu e costituirono la Repubblica del Natal, poi annessa dagli inglesi nel 1843 con il pretesto di difendere i propri coloni dagli zulu. Altri gruppi di boeri fondarono le altre due repubbliche del Transvaal e dell’Orange, e con due diversi trattati, nel 1853 e nel 1852, l’Inghilterra riconobbe formalmente l’indipendenza d entrambi gli Stati.

   La già difficile convivenza divenne tempestosa quando la scoperta di giacimenti di diamanti a Kymberley e d’oro nei fiumi Orange e Vaal spinse gli inglesi ad assicurarsi il controllo dei giacimenti, arrivando fino all’annessione del Transvaal. E’ a questo punto che i boeri si ribellarono e sotto la guida del presidente del Transeat Paulus Krüger, nel 1881 sconfissero gli inglesi a Majuba Hill, assicurandosi il riconoscimento dell’indipendenza della repubblica.

   La scoperta dell’oro nel Transvaal segnò comunque l’inizio di un massiccio afflusso di stranieri (uitlanders), in particolare inglesi: nel 1895 questi superavano ormai di numero i membri delle antiche famiglie boere.

   Krüger avvertì il pericolo rappresentato dall’immigrazione e nell’intento di mantenere il controllo boero sul suo territorio impose restrizioni agli uitlanders, fra le quali il rifiuto di concedere loro il diritto di voto.

   Appena assunto il titolo di ministro della Colonia del Capo, Cecil Rhodes cercò di approfittare del malessere covato dagli immigrati nel Transvaal a favore della sua British South Africa Company, interessata alle miniere d’oro. Affidò al dottor Leander Starr Jameson il comando di un gruppo di gendarmi della compagnia, che doveva penetrare in  Transvaal e promuovere un colpo di Stato, confidando nell’appoggio degli uitlanders. Il 29 dicembre 1895 Jameson e 500 uomini varcarono il confine con  il Transvaal, andando incontro ad uno smacco totale. Già il 2 gennaio i boeri disperdevano il “Jameson Raid”, Rhodes, di conseguenza, dovette dimettersi dal suo incarico, mentre i suo impero privato veniva rilevato dalla Corona e Jameson  era condannato da un tribunale di Londra a due anni di prigione, poi condonati per motivi di salute.

   All’indomani della vittoria, Krüger ricevette questo telegramma: <Mi congratulo cordialmente con voi e con il vostro popolo per avere, senza l’aiuto di potenze amiche, respinto le bande armate che invadevano il vostro territorio e aver ristabilito da soli la pace e l’indipendenza del vostro Paese. Guglielmo>. Era Guglielmo II, l’imperatore tedesco che si faceva paladino di Krüger.

   Forte del non del tutto insperato appoggio tedesco e sentendo minacciata  l’indipendenza del Transvaal, Krüger iniziò ad importare armi, principalmente dalla Germania, ma anche dall’Olanda e dalla Francia, predisponendo la costruzione di ampi campi fortificati.

   Il governo britannico inviò in Africa, con la carica di alto commissario, sir Alfred Milner, che intavolò subito trattative con i boeri. La sua arroganza fu tuttavia tale che Krüger si vide costretto ad inviare il 10 ottobre 1899 un ultimatum, con il quale chiedeva alla Gran Bretagna di abbandonare ogni pretesa sul territorio da lui governato e di rispettare i trattati che riconoscevano l’indipendenza del Transvaal e dell’Orange, e allontanare l’esercito dalle frontiere.

   <Mi adoperai per far precipitare una crisi prima che fosse del tutto troppo tardi> avrebbe confessato Milner al capo delle forze inglesi Buller.

   L’ultimatum dei boeri scadeva il 12 ottobre: il governo di Salisbury respinse tutte le richieste e fu la guerra.

  Le stragi delle due guerre mondiali hanno steso un voluto velo d’oblio sugli assedi, sulle battaglie, sulle atrocità commesse a Ladysmith, Jagerfontein, Spion Kop, Colenzo, Mafeking e nelle immensità del territorio sudafricano. I boeri si batterono con coraggio perché consapevoli di non avere alternativa se volevano mantenere la loro indipendenza; gli inglesi spinsero i boeri alla guerra, oltre che per la ricchezza delle miniere, anche perché convinti che il nazionalismo afrikaaner poteva rappresentare un pericolo per le posizioni britanniche in Sudafrica.

   Fino alla fine dell’anno l’iniziativa rimase costantemente in mano ai boeri che invasero il Natal, assediando Mafeking, Kimberley, e Ladysmith. I boeri sfruttavano la solidità dei loro campi fortificati, la superiorità dei loro fucilieri a cavallo e, soprattutto la maggiore mobilità dei loro reparti che mise in crisi la già carente fantasia strategica e tattica dello stato maggiore inglese. Il futuro primo ministro Asquith, dopo aver letto uno dei dispacci provenienti dal comandante in capo delle forze britanniche, sir Redvers Buller, esclamò: <Sembra che non sia in grado di darci una vittoria né di fornire convincenti ragioni per le sue disfatte>.

   Nelle prime tre settimane di guerra gli inglesi erano in  inferiorità numerica, potendo contare su 13.000 regolari, la maggior parte dei quali bloccata nelle tre città assediate. L’arrivo del I° Corpo d’Armata inglese alla fine di ottobre cambiò gli equilibri, ma non i risultati.

   Buller, nell’intento di liberare le forze assediate a Kimberley, a Mafeking e a Ladysmith divise il suo esercito in tre colonne che furono duramente battute nello spazio di una settimana, quella che gli inglesi chiamarono “black week”: il 10 dicembre il generale William Gatacre era battuto a Stormberg, mentre due giorni dopo toccava a lord  Methuen essere sconfitto nella battaglia di Magersfontein, il 15 dicembre, a Colenso, i boeri guidati dal generale Louis Botha infliggevano allo stesso Buller, che cercava di forzare il blocco boero a Ladysmith, una pesante sconfitta in cui oltre mille inglesi rimasero sul terreno. Dopo Colenso, Buller perse il controllo della situazione (oltre che dei suoi nervi) e ordinò al comandante della piazza di Ladysmith, George White, di cessare la lotta, distruggere armi e munizioni e arrendersi. White non obbedì.

   Il governo di Londra colse l’occasione per rimuovere Buller dal comando e sostituirlo, dal gennaio 1900, nominando lord Roberts quale comandante in capo e lord Kitchener capo di Stato maggiore generale.

   Fra il 20 e il 24 gennaio Buller, cui era stato lasciato il comando delle operazioni nel Natal, si scontrò nuovamente con i boeri di Louis Botha a Spion Kop, uno sperone roccioso che dette il nome a una delle più sanguinose battaglie di tutta la guerra: quando inglesi e boeri si ritirarono dalla collina, erano entrambi convinti di essere battuti. Furono i boeri ad accorgersi per primi che il nemico si stava ritirando; Buller rinunciò a spezzare l’assedio di Ladysmith.

   La fantasia di Roberts e l’inesauribile energia di Kitchener portarono subito i primi, brillanti risultati. Come prima cosa, Kitchener si preoccupò di assicurarsi le linee di rifornimento, creando una rete ferroviaria che si estendeva sin nel cuore del territorio boero. Quindi inviò il generale French e la sua cavalleria, con un memorabile affondo, in soccorso della piazza di Kimberley, assediata dal generale boero Arnaldus Cronje. L’operazione riuscì perfettamente: i boeri rimasero intrappolati nella gola del fiume Modder a Paardeberg. Nonostante una strenua resistenza, il 27 febbraio 1900, diciannovesimo anniversario della vittoria sugli inglesi a Majuba Hill, Cronje e i suoi quattromila uomini dovettero arrendersi. Cronje fu inviato prigioniero nell’isola di Sant’Elena, dove rimase fino alla fine della guerra.

   I boeri dovettero abbandonare l’assedio di Ladysmith, mentre gli inglesi continuavano ad avanzare occupando Bloemfontein e il Natal. Nonostante un’epidemia avesse fermato gli inglesi per tre settimane, lord Roberts arrivò nell’estate del 1900 a occupare Joannesburg e Pretoria, piegando verso est e tagliando la linea ferroviaria che collegava il Transvaal con la colonia portoghese del Mozambico, mentre i generali boeri si ritiravano a nord, verso le montagne del Basutoland.

   I successi nel Transvaal e la resa dei principali capi boeri sembrarono chiudere le ostilità. In realtà si apriva una nuova fase della guerra che avrebbe insanguinato la regione per altri diciotto mesi.

   Il vecchio Krüger lasciò il Sudafrica trasferendo tutte le  prerogative presidenziali a Shalk-Burger, vicepresidente della  repubblica, il comando militare venne affidato a Louis Botha, che operava nel Transvaal orientale, mentre nel Transvaal occidentale era  il generale De La Rey a mantenere il comando di buona parte degli uomini.

   Questa fase della guerra si caratterizzò per i rapidi colpi di mano eseguiti da gruppi di boeri che tenevano sotto continua pressione l’esercito inglese, costretto a sparpagliarsi per controllare una grande estensione del territorio. Mantenendo aperta la lotta, i boeri coltivavano la speranza che qualche nazione europea si muovesse in loro soccorso. Il viaggio di Krüger in Europa aveva anche lo scopo di perorare la causa boera. Ma nessun Paese volle gettarsi nell’avventura sudafricana.

   Intanto, nel tentativo di pacificare la regione, molti prigionieri boeri vennero rimessi in libertà dagli inglesi, dietro la promessa di non prendere più parte alla guerra. Il giuramento venne tuttavia dichiarato nullo dal governo di Shalk-Burger, che non aveva riconosciuto la cessazione delle ostilità. I boeri che tornarono a casa si videro così piombare addosso i commandos di Botha con l’accusa di tradimento e diserzione.  Dal canto suo, Roberts ordinò che venissero bruciate le fattorie di quanti infrangevano il giuramento fatto di non riprendere le armi.

   La richiesta da parte di Milner di una resa incondizionata da parte dei boeri, irrigidì le posizioni, facendo naufragare i tentativi di intavolare trattative di pace. Alla fine del 1900 i generali boeri Kritzinger e Herzog invasero una seconda volta la Colonia del Capo, mentre nel 1901 l’avvocato Jan Christian Smuts conduceva una spettacolare operazione nel cuore della Colonia giungendo con i suoi uomini fino ai dintorni di Cape Town. Questa precaria situazione spinse le autorità inglesi a instaurare la legge marziale su buona parte del territorio. Kitchener decise di chiudere brutalmente la partita, creando un vuoto intorno ai boeri in armi. Colonne di truppe in uniforme cachi passarono al setaccio il veldt, cacciando e confiscando mandrie di bestiame, bruciando raccolti, case e fattorie. Donne, vecchi e bambini venivano rinchiusi in quelli che dopo di allora si sarebbero chiamati “campi di concentramento”, dove presto esplosero epidemie che falcidiarono gli internati.

   Un documento, custodito nell’archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri a Roma, contiene una relazione del Console italiano a Pretoria, Morpurgo. Questi informava che il numero dei morti, fra donne e bambini rinchiusi dagli inglesi nei campi, era di 20.000. I boeri, continua Morpurgo, furono costretti alla resa perché, se le ostilità fossero continuate, “la nazione intera avrebbe cessato di esistere”.

   L’entità e i metodi di questa ecatombe non poterono essere celati e un nuovo fremito di sdegno percorse il mondo. A Londra sir Henry Campbell-Bennerman, leader dell’opposizione, ricevuta una relazione dei fatti, li illustrò alla Camera, parlando di “metodi barbari”. Tutto ciò, tuttavia, non frenò le iniziative di Kitchener.

   In realtà, da entrambi le parti, per motivi diversi, traspariva la stanchezza. Il governo inglese era sfiancato da una guerra che aveva costi altissimi e che aveva proiettato un’ombra negativa sull’immagine di Londra nell’opinione pubblica europea. I boeri erano divisi: se il governo dell’Orange non ammetteva la possibilità di intavolare trattative di pace senza la garanzia d’indipendenza, quello del Transvaal era più possibilista, anche perché giungevano orribili notizie dai “campi di concentramento”, e di conseguenza, chiese di aprire trattative. I negoziati furono, in effetti, iniziati dai rappresentanti del Transvaal, lasciando aperta la minaccia militare dello Stato dell’Orange, che reiterava il proprio rifiuto della resa e la determinazione di continuare il conflitto “sino alle estreme conseguenze”. Le trattative furono complesse: a Klerksdorp si incontrarono dapprima i boeri tra di loro: poi a Pretoria i boeri con Milner e Kitchener; a Vereeniging si riunirono in assemblea le rappresentanze boere.  Il trattato di pace con il Transvaal e l’Orange venne siglato nel maggio 1902 a Vereeniging e fu una pace onorevole per i boeri.

*********

   Ho voluto ricordare questa “guerra dimenticata” per trarre alcune considerazioni che riguardano il mondo e la storia di oggi.

    Abbiamo due punti fissi: la guerra anglo-boera che terminò nel 1902 e l’inizio del Secondo conflitto mondiale che esplose nel 1939 e con questo iniziò anche la “persecuzione” nazista contro varie etnie. Ma abbiamo ancora un altro punto fisso: i giorni che stiamo vivendo.

   E allora; tra la guerra anglo-boera e l’inizio del Secondo conflitto mondiale c’è uno spazio di 37 anni, vale a dire poco più di una generazione. Come abbiamo visto, il generale Kitchener per avere ragione dei boeri mise in atto una persecuzione contro “donne, bambini e vecchi” che causò alcune decine di migliaia di morti: in pratica un “genocidio”. E ancora: “bestiame razziato, fattorie e case date alle fiamme”.  Ebbene nel corso di quella generazione (o poco più) la memoria andò man-mano scemando fino a che non se ne parlò più. Tra la fine dell’ultimo conflitto e i giorni di oggi, invece, dopo ben 73 anni, quindi lungo tre generazioni, non c’è giorno che non si rievochi l’altro “genocidio”. Se la malefica azione di Kitchener può essere paragonabile a quella di Himmler (ad esempio), perché il primo è completamente obliato? Eppure il primo può ben considerarsi “il maestro delle atrocità commesse dal nazionalsocialismo”.

   Il fatto è che  Kitchener, bene o male, vinse la guerra, Himmler la perse.

   La morale è tutta qui.

     

                                                                                                                       

Nessun commento:

Posta un commento