lunedì 27 ottobre 2014

DEDICATO A “RAI BUFALA” SUI PROGRAMMI INDICATI, FALSAMENTE COME “RAI STORIA” (Ma và là)



DEDICATO A “RAI BUFALA” SUI PROGRAMMI INDICATI,

FALSAMENTE COME “RAI STORIA” (Ma và là)
I Quaquaraqua (ovverosia i senzacabasisi) e il rinnovato stinnicchio antifascista
di Filippo Giannini
   In uno dei precedenti articoli avevo ricordato che la Rai (per la quale pago un truffaldino canone, ma penso di non pagarlo più) da qualche tempo ha scatenato una nuova offensiva contro il fascismo e il suo capo, avvalendosi di storici, almeno così si presentano sugli schermi (per me sono dei semplici ciarlatani, anche se ben pagati). Con questo articolo desidero presentare il pensiero su quel fenomeno dello scorso secolo di alcuni personaggi.   Da dove inizio? E se cominciassi da quello che considero un furbesco falso problema: l’articolo 18? Quanto avrei da scrivere sull’argomento, ma invito i lettori (almeno quelli che hanno un minimo di conoscenza storica) di andare a consultare i contenuti della Carta del Lavoro presentata il 21 aprile 1927, quindi quasi un secolo fa. Con questa Carta Benito Mussolini presentava PER LA PRIMA VOLTA AL MONDO i più equilibrati rapporti fra il lavoratore e il datore di lavoro. Quindi dico: ma che andate a cianciare con l’articolo 18, vera presa per il ci u elle o dei lavoratori (quanno ce vò ce vò!).

    Tanta gente del popolo si lamenta che questo sistema ha fallito e che deve essere cambiato. Abbiamo un nuovo sistema che sostituisca questo marciume? Lo Stato Corporativo che se ha bene funzionato allora perché non riproporlo? Perché manca l’Uomo? Certamente un altro Uomo del valore del Male Assoluto nasce raramente, ma, dal mio punto di vista non abbiamo altra soluzione. Dello stesso parere è anche il professore di Scienze Politiche, ebreo, dell’Università di Gerusalemme Zeev Sternhell, il quale con queste parole illustra le caratteristiche dello Stato Corporativo: <Il Fascismo fu una dottrina politica un fenomeno globale, culturale che riuscì a trovare soluzioni originali ad alcune grandi questioni che dominavano i primi anni del secolo(…). Le ragioni dell’attrazione esercitata dal Fascismo su eminenti uomini della cultura europea, molti dei quali trovarono in esso la soluzione dei problemi relativi al destino della civiltà occidentale>. Ė superfluo ricordare che Sternhell si riferiva ai problemi relativi alla crisi congiunturale nata nel 1929, la quale a detta di molti economisti fu più grave di quella che stiamo vivendo. Debbo aggiungere che lo Stato Corporativo era il passaggio obbligato per giungere alla Socializzazione dello Stato, come era nel programma mussoliniano e questo fu uno dei motivi – ripeto UNO dei motivi - per cui i fascismi dovevano essere eliminati, costringendoli alla più grande tragedia che l’umanità abbia mai conosciuto: la Seconda Guerra Mondiale, checché sostengano i quaquaraquà di Rai bufala.

   Ed ora vogliamo dare uno sguardo al dramma della disoccupazione? Oggi questo disgraziatissimo Paese con circa 55 milioni di abitanti lamenta una disoccupazione ben sopra i 3 milioni di disoccupati. Con il Male Assoluto al governo, in piena crisi congiunturale e con una popolazione di 45 milioni di abitanti, presentava una disoccupazione di circa 810 mila disoccupati, e siamo nel 1932-33.

   E con l’attuale crisetta? C’è un volume, oggi praticamente introvabile, L’Economia Italiana tra le ue Guerra, edito sotto l’alto patronato di Sandro Pertini e composto dal Comitato d‘Onore di Nilde Jotti, Francesco Cossiga, Bettino Craxi ecc. ecc. (non so se mi spiego!!!), dove a pag. 137, possiamo leggere: <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario non colse affatto di sorpresa la compagine governativa (per capirci bene cari “quaquaraquà, quella guidata da Mussolini), con  provvedimenti di varia natura, attenuarono, dove possibile i conseguenti effetti negativi soprattutto nel mondo della produzione (…). Permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità generale la grande depressione mondiale del 1929 (…)>. Per capirci meglio possiamo ricordare che negli anni fra il ’25 e il ’30, soprattutto grazie alla guida di Antonio Mosconi, i conti nazionali registrarono attivi da primato. Proprio come oggi, vero quaquaraquà di Rai/bufala?

   Visto quel che è accaduto a Genova – ma sappiamo bene che l’alluvione della città ligure è solo la punta dell’iceberg – diamo uno sguardino come al tempo del male assoluto venivano affrontate le calamità. Su questo tema debbo fare una breve premessa.

      La notte del 23 luglio 1930 uno dei terremoti più devastanti (6,5 Scala Richter) che la nostra storia ricordi colpì vaste aree della Campania, del Sannio, della Lucania e del Subappennino pugliese: all'incirca, cioè, quelle stesse zone colpite dal sisma del novembre 1980 (6° grado Scala Richter).

   Mussolini, appena conosciuta la notizia, convocò il ministro dei Lavori Pubblici, Araldo di Crollalanza, certamente uno dei più prestigiosi collaboratori del Governo di allora, e gli affidò l'opera di soccorso e di ricostruzione.

      Araldo di Crollalanza, in base alle disposizioni ricevute dal Capo del Governo, e giovandosi del RDL del 9 dicembre 1926 e alle successive norme tecniche del 13 marzo 1927 che concentra­vano tutte le competenze operative, nei casi di catastrofi, nel Mini­stero dei Lavori Pubblici, al primo annunzio del sisma (cosiddetto del Volture), fece attivare, nel giro di pochissime ore, il trasferi­mento di tutti gli uffici del Genio Civile del personale tecnico, verso la zona sinistrata, così come era previsto dal piano di inter­vento e dalle tabelle di mobilitazione che venivano periodicamente aggiornate.

   Secondo le disposizioni di legge sopra ricordate, nella stazio­ne di Roma, su un binario morto, era sempre pronto un treno speciale, completo di materiali di pronto intervento, nonché munito di apparecchiature per demolizioni ed escavazioni e quant'altro necessario per provvedere alle prime esigenze di soccorso e di as­sistenza alle popolazioni sinistrate. Sul treno, appena appresa la notizia del sisma, presero posto il Ministro e il personale dell'am­ministrazione centrale del servizio calamità. La partenza fu im­mediata. Destinazione: l'epicentro della catastrofe.

   Questa struttura entrò in azione, per la prima volta, proprio in occasione del sisma del 1930. Quindi non è errato affermare che ANCHE quella struttura fu opera del Male assoluto, struttura che poi prenderà il nome di Protezione Civile.

   Naturalmente, per tutto il periodo della ricostruzione, il Mini­stro Araldo di Crollalanza non si allontanò mai dalla zona sinistrata, adattandosi a dormire in una vettura del treno speciale che si spostava, con il relativo ufficio tecnico, da una stazione all'altra per seguire direttamente le opere di ricostruzione.

   Può essere interessante riportare la testimonianza di chi visse personalmente quella vicenda il Signor Liberato Iannantuoni di Meda (Milano): «Nella notte del 29 luglio 1930 il terremoto distrus­se alcuni centri della zona ai limiti della Puglia con la Lucania e l'avellinese, in particolare Melfì, Anzano di Puglia, Lacedonia. Proprio tra le macerie di questo borgo, all'indomani del terribile sisma, molte personalità del tempo accorsero, turbate da tanta straziante rovina, tra le quali il Ministro dei Lavori Pubblici Araldo di Crollalanza: in sua compagnia vi era la Duchessa d'Aosta. Avevo allora 22 anni, unitamente ad altri giovani fummo comandati allo sgombro delle macerie. Ecco perché conobbi da vicino Crollalanza; si trattenne un po' con noi con la serena e ferma parola d'incitamento al dovere; re­stò per me uomo indimenticabile per i fatti che seguirono. Tutto quello che il sisma distrusse nell'estate 1930, l'anno nuovo vide non più macerie, ma ridenti case coloniche ed al­tre magnifiche costruzioni con servizi adeguati alle esigenze della gente del luogo. Moderne strade fiancheggiate da filari di piante ornamentali; si seppe anche che i costi occorrenti fu­rono decisamente inferiori al previsto (...)».

   A quattro giorni dal disastro, furono estratti dalle macerie e seppelliti i morti dei Comuni devastati. Si provvide al completamento degli attendamenti e ad assicurare, in modo ordi­nato, la prima opera di assistenza. Fu assicurato anche il tempesti­vo arrivo sul posto, con treni che avevano la precedenza assoluta per il trasporto degli occorrenti laterizi, garantendo così l'avvio della ricostruzione. Si costituirono depositi adeguati dei materiali e dei sacchi di cemento sui piazzali di tutte le stazioni perimetrali della vasta area colpita. Con l’intento che alcune testimonianze non vadano perse (vedi le trasmissioni di Rai/bufala), ecco quanto scrisse il sig. Adolfo Sacci a Il Giornale  d’Italia in data 28 novembre 1988: <Il terremoto del 1908 (ripeto 1908, nda) ridusse in fumanti macerie Reggio Calabria, Messina e le cittadine di quelle due province. Con l’aiuto di mezzo mondo ben presto furono costruiti interi baraccamenti per il ricovero dei superstiti. Ed in quelle baracche vivemmo per ben venti lunghissimi anni! Dal 1908 al 1928. Finché Mussolini lasciò la capitale per recarsi in Sicilia. Il Capo del Governo poté vedere dai finestrini della sua carrozza riportandone vivissima impressione, il succedersi ininterrotto di baracche già vecchie e stravecchie. L’anno dopo al loro posto c’erano già in tutti i paesi terremotati altrettante belle, decorose palazzine che ancora oggi testimoniano il sollecito, intervento di Mussolini che ci tolse, finalmente! dalle miserrime condizioni di baraccati>. Esattamente come da settanta anni ad oggi, vero quaquaraquà di Rai/bufala?!

   Avrei tanto, ma tanto ancora da far confrontare, ma doveri di spazio me lo impediscono, però prima di terminare non posso non citare alcuni brani del più grande storico-giornalista svizzero Paul Gentizon. Egli sul numero 24 della rivista Les Mois Suisse  del maggio 1945 scrisse un necrologio su Benito Mussolini dal quale riportiamo alcuni brani significativi: <Mussolini ha subito un’atroce fine (…). Per anni tutti gli stranieri di rilievo che vennero a Roma non avevano altro interesse che avvicinare l’uomo  che, in condizioni estremamente difficili era riuscito a rimettere ordine e ritmo all’intera vita dell’Italia moderna (…). Il potere non lo logorò per niente, non si possono enumerare i suoi atti di bontà (…). Il bilancio del Fascismo? Ha nome: strade, autostrade, ferrovie, canali di irrigazione, centrali elettriche, scuole, stadi, sports, aeroporti, porti, igiene sociale, ospedali, sanatori, bonifiche industrie, commercio, espansione economica, lotta contro la malaria, battaglia del grano, Littoria, Sabaudia, Pontinia, Guidonia, Carta del Lavoro, collaborazione di classe, Corporazioni, Accademia, Codici Mussoliniani, Opera Maternità e Infanzia, Carta della Scuola, Enciclopedia, Patti Lateranensi, Pacificazione della Libia, Marina Mercantile, Marina da Guerra, Aeronautica, Conquista dell’Abissinia. Tutto ciò che ha fatto il Fascismo è consegnato alla storia. Ma se c’è un nome, che in tutto questo dramma, resterà puro e immacolato, sarà quello di Mussolini (…)>.

    Capito signori quaquaraquà volete voi contestare Paul Gentizon?

    Per concludere: ve lo immaginate un Marchionne al tempo del Governo Mussolini?



Nessun commento:

Posta un commento