- In questo documento, Berija suggerisce a Stalin l’esecuzione degli ufficiali polacchi.
CRIMINI COMUNISTI
IL MASSACRO DI KATYŃ
Il massacro della foresta di Katyń, noto anche più semplicemente come
Massacro di Katyń, avvenne durante la
seconda guerra mondiale e consistette nell’esecuzione di massa, da parte dell’
Armata Rossa, di soldati e civili polacchi. L’espressione si riferiva inizialmente al massacro dei soli ufficiali polacchi detenuti del
campo di prigionia di Kozielsk, che avvenne appunto nella foresta di
Katyń, vicino al villaggio di
Gnezdovo, a breve distanza da
Smolensk. Attualmente l’espressione denota invece l’uccisione di 21.857 cittadini polacchi: i prigionieri di guerra dei campi di
Kozielsk,
Starobielsk e
Ostashkov e i detenuti delle prigioni della
Bielorussia e
Ucraina occidentali, fatti uccidere su ordine di
Stalin nella foresta di Katyń e nelle prigioni di
Kalinin (Tver),
Kharkov e di altre città
sovietiche. La scoperta del massacro annunciata a
Radio Berlino il
13 aprile 1943
dalla propaganda nazista come un crimine dei Sovietici causò
l’immediata rottura delle relazioni diplomatiche tra il governo polacco
in esilio a
Londra e l’Unione Sovietica per ritorsione da parte di Stalin. L’URSS negò le accuse in tutte le maniere possibili fino al
1990, quando riconobbe l’
NKVD come responsabile del massacro e della sua
copertura.
Antefatto
Molti polacchi erano stati fatti prigionieri a seguito dell’invasione
e sconfitta della Polonia da parte di tedeschi e sovietici nel
settembre
1939. Vennero internati in diversi campi di detenzione, tra cui i più noti sono
Ostashkov,
Kozielsk e
Starobielsk.
Kozielsk e Starobielsk vennero usati principalmente per gli ufficiali,
mentre Ostashkov conteneva principalmente guide, gendarmi, poliziotti e
secondini. Contrariamente ad una credenza diffusa, solo 8.000 dei circa
15.000 prigionieri di guerra di questi campi erano ufficiali. Il
massacro rispondeva ad una logica ben precisa di ulteriore indebolimento
della Polonia appena asservita. Infatti, poiché il sistema di
coscrizione polacco prevedeva che ogni laureato divenisse un ufficiale
della riserva, il massacro doveva servire ad eliminare una parte
cospicua della classe dirigente nazionale. Tutto ciò nel quadro di una
spartizione della Polonia tra
Germania nazista ed
URSS,
due potenze che rappresentavano due sistemi culturali ed ideologici
opposti ed antitetici, ma che, per circa 2 anni e fino al giugno
1941, furono legate dal
Patto Molotov-Ribbentrop, che stabiliva la non aggressione reciproca e la spartizione della Polonia e dei
Paesi Baltici.Il
5 marzo 1940, secondo un’informativa preparata da
Lavrentij Beria (capo della
polizia segreta sovietica) direttamente per Stalin, alcuni membri del
politburo dei
Soviet –
Stalin,
Vyacheslav Molotov,
Kliment Vorošilov,
Anastas Mikojan[3],
e Beria stesso– firmarono un ordine di esecuzione degli attivisti
“nazionalisti e controrivoluzionari” detenuti nei campi e nelle prigioni
delle parti occupate di Ucraina e Bielorussia.
I preparativi sovietici
Appena due giorni dopo l’
invasione della Polonia, il
19 settembre 1939, il Commissario di Primo Grado della Sicurezza di Stato (il Ministro per gli Affari Interni),
Lavrentij Berija riunì il Consiglio dell’
NKVD
per i prigionieri di guerra e gli internati (presieduto dal Capitano
della Sicurezza dello Stato, Pyotr K. Soprunenko) ordinando l’apertura
dei campi di detenzione per i prigionieri polacchi. Questi erano i campi
di:
Jukhnovo (stazione ferroviaria di Babynino),
Yuzhe (Talitsy), Kozielsk,
Kozelshchyna,
Oranki, Ostashkov (Isola Stolbnyi, sul Lago Seliger, vicino a Ostashkov),
Putyvli (stazione ferroviaria di Tetkino), Starobielsk,
Vologod (stazione ferroviaria di Zaenikevo) e
Gryazovets. Nel periodo dal
3 aprile al
19 maggio 1940
circa 22.000 prigionieri di guerra vennero assassinati: circa 6.000
provenivano dal campo di Ostaszków, circa 4.000 da Starobielsk, circa
4.500 da Kozielsk e circa 7.000 dalle parti occidentali di Ucraina e
Bielorussia. Solo 395 prigionieri vennero salvati dal massacro. Furono
portati al campo di Yukhnov e quindi a Gryazovets.
La dinamica del massacro
I prigionieri di Kozielsk vennero eliminati in un luogo prescelto
appositamente per le uccisioni di massa situato nella contea di
Smolensk, chiamato foresta di Katyń, che diede poi il nome all’intero
massacro; quelli provenienti da Starobielsk vennero uccisi nella
prigione dell’NKVD di Kharkov e i loro resti vennero sepolti nei pressi
di Pyatikhatki; gli ufficiali di polizia di Ostashkov vennero uccisi
nella prigione dell’NKVD di Kalinin (Tver) e sepolti a
Miednoje.
I trasporti si effettuarono solo dopo la compilazione di un dossier per
ogni soldato: Kobulov elaborò la bozza di questi dossier che dovevano
essere esaminati dalla Troika. I campi dovevano rispedire i documenti
compilati entro il 16 marzo. Con queste liste la Troika avrebbe deciso
la condanna dei prigionieri. Il traferimento di prigionieri era sotto la
supervisione del capo del Dipartimento centrale per i prigionieri di
guerra (sotto l’NKVD): Soprunenko
[4].
Informazioni dettagliate sulle esecuzioni di Kalinin vennero fornite da
Dmitrii S. Tokarev, ex capo del consiglio del distretto dell’NKVD di
Kalinin. Secondo Tokarev le uccisioni iniziarono la sera e finirono
all’alba. Il primo trasporto, il
4 aprile,
contava ben 390 persone e i giustizieri ebbero difficoltà ad eseguire
il loro compito nell’arco di una sola notte. Il trasporto successivo non
superava invece le 250 persone. Altri trasporti erano tra i 200 e i 50,
solo gli ultimi due erano di 25 e 33 persone. Le esecuzioni vennero
compiute con pistole tipo
Walther PPK fornite da
Mosca.
Il metodo con cui vennero eseguite era stato studiato nel dettaglio.
Inizialmente venivano verificati i dati anagrafici del condannato, poi
questi veniva ammanettato e portato in una cella isolata. Dopo essere
stato fatto entrare nella cella, veniva immediatamente ucciso con un
colpo alla nuca. Il colpo di pistola veniva mascherato tramite
l’azionamento di macchine rumorose (probabilmente ventilatori). Il corpo
veniva quindi trasferito all’aperto passando da una porta posteriore e
poi veniva caricato su uno dei sei camion appositamente predisposti per
il trasporto. A questo punto toccava alla vittima seguente. Questa
procedura venne ripetuta ogni notte, ad eccezione della festa del
primo maggio.
Nei pressi di Smolensk la procedura era diversa: i prigionieri
venivano portati alle fosse con le mani legate dietro la schiena e
uccisi con un colpo di pistola alla nuca.
La scoperta
La propaganda sovietica mostra l’occupazione congiunta russo-tedesca
della Polonia come liberazione dei contadini dal giogo degli
aristocratici. Su questo cartello, in
lingua ucraina, due contadini miserabili guardano un ufficiale in divisa da parata dell’esercito polacco colpito da un soldato dell’
Armata rossa. Poco dopo l’
invasione tedesca dell’Unione Sovietica del giugno
1941,
il governo polacco (in esilio a Londra) ed il governo sovietico
conclusero un accordo contro la Germania; venne costituito un Corpo
d’Armata polacco in territorio sovietico per combattere i nazisti.
Quando i generali
Władysław Anders
e Sikorski iniziarono ad organizzare l’armata, richiesero informazioni
sugli ufficiali polacchi che credevano internati in territorio
sovietico. Anders e Sikorski incontrarono Stalin e gli chiesero
espressamente che ne era della loro sorte. Ma Stalin diede loro risposte
evasive, aggiungendo che alcuni di loro potevano essere fuggiti in
Manciuria. Il vero destino dei prigionieri scomparsi rimase un mistero fino all’aprile del
1943, quando la
Wehrmacht
su indicazione di alcuni abitanti del luogo scoprì le fosse comuni di
oltre 4.000 ufficiali polacchi nella foresta nei pressi di Katyń.
Joseph Goebbels, ministro della
Propaganda
del Terzo Reich, vide in questa scoperta un eccellente strumento per
inserire un cuneo tra Polonia, Alleati occidentali ed Unione Sovietica.
Il
13 aprile
Radio Berlino annunciò al mondo il ritrovamento: «È stata trovata una
grossa fossa, lunga 28 metri e ampia 16, riempita con dodici strati di
corpi di ufficiali polacchi, per un totale di circa 3.000. Essi
indossavano l’uniforme militare completa, e mentre molti di loro avevano
le mani legate, tutti avevano ferite sulla parte posteriore del collo
causata da colpi di pistola. L’identificazione dei corpi non comporterà
grandi difficoltà grazie alle proprietà mummificanti del terreno e al
fatto che i Bolscevichi hanno lasciato sui corpi i documenti di identità
delle vittime. È già stato accertato che tra gli uccisi c’è il generale
Smorawinski di Lublino.» Gli Alleati sapevano già che i nazisti avevano
trovato le fosse comuni, avendo captato le loro trasmissioni radio,
decifrate nella base inglese di
Bletchley Park.
Il governo sovietico negò le accuse tedesche e sostenne che i polacchi,
prigionieri di guerra, erano stati impiegati in opere di costruzione ad
ovest di Smolensk e successivamente catturati e giustiziati dalle unità
tedesche nell’agosto 1941. Sia le investigazioni tedesche che quelle
successive della Croce Rossa sui cadaveri di Katyń produssero prove
evidenti che il massacro si era verificato all’inizio del 1940, in un
periodo in cui l’area era ancora sotto il controllo sovietico. Si deve
osservare, tuttavia, il rinvenimento di proiettili tedeschi nel corpo
degli ufficiali polacchi. Goebbels, però, spiega, nel suo diario
presumibilmente di uso privato (quindi non aveva interessi a scriverlo)
che «
Sfortunatamente, munizioni tedesche sono state trovate nelle
fosse di Katyń. Dev’essere ancora chiarito in che modo vi sono giunte. O
si tratta di munizioni vendute ai sovietici ai tempi della buona intesa
[nazi-sovietica], oppure sono stati gli stessi sovietici a gettare lì
le munizioni. In ogni caso, è essenziale che questa circostanza rimanga
segretissima. Se essa dovesse venire a conoscenza del nemico, l’intero
affare di Katyń verrebbe a cadere»
[5]. In seguito alla richiesta ufficiale di investigare in merito alle responsabilità del massacro, inviata alla
Croce Rossa Internazionale dal Generale
Władysław Sikorski, il
26 aprile 1943 Radio Mosca
annunciò la decisione russa di rompere le relazioni diplomatiche con il
governo polacco in esilio a Londra. Stalin rispose presentando le
«Prove infondate del massacro di Katyń», usandole poi come pretesto per
ritirare il riconoscimento al governo Sikorski, accusarlo di collaborare
con la Germania nazista e avviare una campagna per far riconoscere agli
Alleati occidentali il governo collaborazionista da loro organizzato in
contrapposizione ai cosiddetti “Polacchi di Londra”, guidato da
Wanda Wasilewska.
Commissione internazionale d’inchiesta e intimidazioni
Su richiesta del governo hitleriano e del governo polacco in esilio
si costituì a fine aprile 1943 una commissione internazionale
indipendente sotto il patrocinio della Croce Rossa Internazionale
formata da dodici esperti di altrettanti Paesi, tutti prestigiosi
cattedratici universitari, guidata dallo svizzero Naville, della quale
faceva parte anche l’italiano Vincenzo Mario Palmieri,
ordinario di Medicina legale e delle assicurazioni all’Università di
Napoli. Il verdetto unanime di questa commissione, basato sull’esame dei
cadaveri e dei fori d’ entrata e uscita delle pallottole,
dell’abbigliamento invernale, dei documenti trovati loro indosso, tutti
attestanti date non successive al marzo 1940, della dendrocronologia
degli alberi della foresta circostante, rivelanti un’età non superiore
ai tre anni, ma non inferiore ai due (quindi non compatibile con la data
rivendicata poi dai Sovietici della tarda estate 1941) attribuì la
responsabilità del massacro all’Armata Rossa. Naturalmente i Sovietici
non accettarono tale verdetto, anzi, lo presentarono come influenzato
dalla propaganda nazista. Alcuni membri della Commissione furono
addirittura uccisi, altri intimiditi e costretti a ritirare le loro
perizie. Il prof. Palmieri, dopo la caduta del fascismo, fu fatto segno
di una campagna denigratoria insistente dal ’43 al ’48 condotta da Mario
Alicata ed Eugenio Reale, dirigenti napoletani del PCI, che lo
additarono come ‘L’uomo di Katyń’, ossia un collaborazionista col regime
fascista di cui chiedere l’epurazione a tutti i costi. Si giunse a
farlo insultare in classe dagli studenti.
Tentativi d’insabbiamento
La
Germania nazista
utilizzò il massacro di Katyń come argomento di propaganda contro
l’Unione Sovietica. Joseph Goebbels scrisse nel suo diario: «I
commentatori esteri si meravigliano della straordinaria astuzia con la
quale siamo stati in grado di convertire l’incidente di Katyń in una
questione altamente politica». I tedeschi riuscirono a screditare il
governo sovietico agli occhi del mondo e per breve tempo sollevarono lo
spettro del «mostro comunista» che porta la distruzione nei territori
della civiltà occidentale; inoltre avevano forgiato, contro il suo
volere, il generale Sikorski in uno strumento che poteva minacciare di
sfaldare l’alleanza tra gli Alleati occidentali e l’Unione Sovietica.
Per gli Alleati occidentali il massacro di Katyń e la crisi
polacco-sovietica iniziavano a minacciare l’alleanza strategica con
l’URSS in un momento in cui l’importanza dei polacchi per gli Alleati,
essenziale nei primi anni di guerra, iniziava a svanire con l’entrata
nel conflitto dei colossi militari e industriali di USA e URSS. Il primo
ministro britannico
Winston Churchill ed il presidente statunitense
Franklin Delano Roosevelt
erano sempre più divisi tra i loro impegni verso l’alleato polacco, la
ferma posizione di Sikorski e le domande (spesso rasentanti il ricatto
politico) di Stalin e dei suoi diplomatici, la cui politica era chiara
nei commenti dell’ambasciatore sovietico a Londra,
Ivan Maisky,
che disse a Churchill che il destino della Polonia era segnato
dall’essere «una nazione di 20 milioni di persone confinante con una di
200 milioni». L’improvvisa scomparsa del generale Sikorski, l’unico che
aveva mantenuto una presa di posizione senza compromessi sulla
questione, evitò la minaccia di una spaccatura tra gli Alleati
occidentali. Nel gennaio
1944,
avendo riconquistato la zona di Katyń, i sovietici istituirono una
compiacente “Commissione speciale per la determinazione e investigazione
dell’uccisione di prigionieri di guerra polacchi da parte degli
invasori fascisti tedeschi nella foresta di Katyń”, guidata dal
Presidente dell’Accademia di Scienza Medica dell’URSS
Nikolai Burdenko,
che riesumò nuovamente i corpi e giunse alla «conclusione» che le
uccisioni erano state eseguite dagli occupanti tedeschi. In privato il
primo ministro britannico Winston Churchill espresse l’opinione che le
atrocità erano state probabilmente compiute dai sovietici. Secondo una
nota del Conte Raczynski, Churchill ammise il
15 aprile,
durante una conversazione con il Generale Sikorski: «Ahimè, le
rivelazioni tedesche sono probabilmente vere. I bolscevichi possono
essere molto crudeli». Comunque allo stesso tempo, il
24 aprile,
Churchill rassicurò i russi: «Dobbiamo sicuramente opporci
vigorosamente a qualsiasi “investigazione” da parte della Croce Rossa
Internazionale o di qualsiasi altro organo in qualsiasi territorio
durante l’occupazione tedesca. Tali investigazioni sarebbero una frode e
le loro conclusioni ottenute per mezzo del terrorismo». Nel 1944 il
presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt incaricò il capitano
George Earle, suo emissario speciale nei
Balcani, di raccogliere informazioni su Katyń. Earle svolse l’incarico usando contatti in
Bulgaria e in
Romania. Anche Earle concluse che l’Unione Sovietica era colpevole. Dopo consultazioni con
Elmer Davis,
il direttore dell’”Ufficio di informazione di guerra”, Roosevelt
rigettò tali conclusioni, dicendosi convinto della responsabilità
nazista, e ordinò la soppressione del rapporto di Earle. Quando Earle
richiese formalmente il permesso di pubblicare le sue scoperte, il
presidente gli diede ordine scritto di desistere dal suo intento. Earle
venne riassegnato e trascorse il resto della guerra nelle
Samoa Americane. Nel
1946, il
pubblico ministero capo sovietico al
processo di Norimberga
Roman Rudenko cercò di accusare la Germania per le uccisioni di Katyń,
dichiarando che: «Uno dei più importanti atti criminali del quale i
principali criminali di guerra sono responsabili erano le esecuzioni di
massa di prigionieri di guerra polacchi uccisi nella foresta di Katyń,
nei pressi di Smolensk da parte degli invasori tedeschi», ma, pur
potendo disporre di “testimoni oculari” che “avevano visto” i tedeschi
compiere il massacro, tutti adeguatamente preparati dall’ NKVD, fece
cadere la questione dopo che
Stati Uniti e
Regno Unito
si rifiutarono di appoggiarlo e gli avvocati tedeschi misero in piedi
una difesa imbarazzante. Katyń non è menzionata in nessuna delle
sentenze di Norimberga.Nel 1951-1952, un’indagine del Congresso
statunitense concluse che i polacchi erano stati uccisi dai sovietici.
Ma, siccome l’Unione Sovietica era tra i Paesi vincitori della Seconda
guerra mondiale, aveva beneficiato dell’
amnistia concessa alle potenze vincitrici del conflitto. Durante gli anni della
guerra fredda,
le autorità comuniste polacche occultarono la questione in accordo con
la propaganda sovietica, censurando deliberatamente qualsiasi fonte che
potesse fare qualche luce sul crimine sovietico. La verità non fu nota
pubblicamente fino alla caduta del comunismo nel
1989. Per coprire il massacro di
Katyń, il
Cremlino enfatizzò il
massacro di Hatyn, una località bielorussa 60 km a nord di
Minsk, dove nel
1943
venne compiuta una strage di militari russi. Sui manuali di storia
sovietici venne raccontato solo l’eccidio di Hatyn, la cui colpa veniva
attribuita all’esercito nazista occupante. Per decenni le autorità, le
scolaresche, gli stranieri in visita furono condotti a Hatyn per
apprendere tutti i particolari della barbarie germanica. Il depistaggio
andò avanti per decenni, fino a quando nel
1993 il grande scrittore bielorusso
Vasil Bychau
denunciò pubblicamente alla radio che il massacro di Hatyn veniva
strumentalizzato, tanto più che con ogni probabilità la strage fu
compiuta non dai nazisti tedeschi, ma dagli
ucraini, loro alleati. La questione della responsabilità rimase controversa ad ovest così come oltre la
cortina di ferro, ad esempio negli
anni settanta
nel Regno Unito: un progetto del 1976 per un memoriale delle vittime
che recava come data il 1940 (piuttosto che il 1941) vennero condannati
come provocatori nel clima politico della guerra fredda.
La rivelazione della verità
Nel
1989 studiosi sovietici rivelarono che
Stalin aveva effettivamente ordinato il massacro, e nell’ottobre
1990 Michail Gorbačëv porse le scuse ufficiali del suo paese alla Polonia, confermando che la
NKVD
aveva giustiziato i prigionieri e aggiungendo l’esistenza di altri due
luoghi di sepoltura simili a quello di Katyń: Mednoje e Pyatikhatki. Il
leader sovietico, però, sostenne che i documenti cruciali, tra cui
l’ordine di fucilare 25.000 polacchi senza neppure avanzare contro di
loro un capo di imputazione, non si sapeva dove fossero. La vicenda può
dirsi conclusa solo con la presidenza di
Boris Eltsin. Nel
1992 alcuni funzionari russi rilasciarono documenti
top secret
del «Plico sigillato n. 1». Tra questi vi era la proposta del marzo
1940, di Lavrentij Beria, di passare per le armi 25.700 polacchi dei
campi di Kozelsk, Ostashkov e Starobels e di alcune prigioni della
Bielorussia e dell’Ucraina occidentali, con la firma (tra gli altri) di
Stalin; estratti dell’ordine del
Politburo del
5 marzo 1940; e una nota di
Aleksandr Shelepin a
Nikita Khrushchev del
3 marzo 1959,
con informazioni sull’esecuzione di 21.857 polacchi e con la proposta
di distruggere i loro archivi personali. Le investigazioni che accusano
delle uccisioni lo stato tedesco piuttosto che quello sovietico sono
state usate per screditare il
Processo di Norimberga nel suo complesso, spesso in supporto al
negazionismo dell’Olocausto,
o per mettere in discussione la legittimità e/o la saggezza di usare la
legge penale per proibire la revisione dell’Olocausto. Si deve notare
che esistono alcuni studiosi che negano la colpevolezza sovietica,
dichiarano falsi i documenti declassificati e cercano di dimostrare che i
polacchi vennero uccisi dai tedeschi nel 1941 (nonostante dalle
autopsie sia evidente la differenza di un anno in un cadavere, e i
cadaveri portassero uniformi invernali, mentre i tedeschi invasero
l’Urss in estate). Durante la visita in Russia di
Aleksander Kwasniewski, nel settembre del
2004,
funzionari russi annunciarono la volontà di trasferire tutte le
informazioni sul massacro di Katyń alle autorità polacche non appena
fossero state declassificate. Nel marzo
2005 le autorità russe hanno posto fine ad un’investigazione durata un decennio. Il pubblico ministero militare capo russo
Alexander Savenkov ha dichiarato che il massacro non fu un
genocidio, un
crimine di guerra o un
crimine contro l’umanità
e che «Non esistono assolutamente le basi per parlarne in termini
giuridici». Nonostante le dichiarazioni fatte in precedenza, 116 dei 183
volumi di documenti raccolti durante l’investigazione russa, così come
la decisione di porvi fine, sono stati coperti da segreto. A causa di
ciò l’Istituto nazionale per il ricordo polacco ha deciso di avviare una
propria indagine. Un gruppo di magistrati guidati da
Leon Kieres ha dichiarato che cercherà di individuare i nomi di coloro che ordinarono ed eseguirono le uccisioni. Inoltre, il
22 marzo 2005, il
Camera dei deputati della Polonia
(Parlamento) polacco ha approvato all’unanimità un atto con il quale si
richiede che sugli archivi russi venga tolto il segreto. Il Camera dei
deputati della Polonia ha inoltre richiesto alla Russia di qualificare
come
genocidio il massacro di Katyń e di riconoscere i danni agli eredi delle vittime. I tribunali russi hanno respinto la richiesta. Nel
2010, il governo russo ha parzialmente accolto la richiesta polacca, mettendo online i documenti già resi noti. Dal
28 aprile sul
sito web
dell’Archivio di Stato russo sono disponibili il dossier sull’eccidio.
Il governo ha promesso a Varsavia di fornire documenti non ancora
trasmessi. Il responsabile dell’Archivio di Stato russo, Andreij
Artizov, ha commentato la pubblicazione del dossier dicendo che: «Ora
nessuno potrà dubitare che la colpa fu dei sovietici» e che «anche noi
non abbiamo fatto solo del bene».Per ricucire la profonda ferita e le
divisioni che il massacro aveva provocato fra i due popoli, nell’aprile
dello stesso anno doveva tenersi in
Russia
una solenne commemorazione delle vittime dell’eccidio alla presenza
delle massime autorità polacche e russe, ma tale cerimonia non poté aver
luogo a causa dell’
Incidente dell’aereo presidenziale polacco in cui persero la vita il presidente della
Polonia Lech Kaczyński ed altre 95 persone.
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