LA VERITA’ SU VIA RASELLA
E SULLA STRAGE DELLE FOSSE ARDEATINE
Di Antonio Leggiero
Molto è stato scritto,
giustamente, sull’eccidio delle FOSSE ARDEATINE.
Il problema è che, quasi tutto
è stato prodotto, in modo deformato e incompleto, sulla falsariga
ineliminabile, condizionante e coartante del “mito resistenziale”.
Va ricordato,
ad onor del vero, senza nulla togliere all’inaudita gravità della
strage, che, in ogni conflitto e in ogni epoca storica, è stato sempre
riconosciuto alle forze armate di una nazione il diritto legittimo di
rappresaglia, a seguito di attentati eseguito contro le proprie truppe.
Ciò è stato sempre praticato da tutti gli eserciti del mondo, anche da
quelli, a torto, ritenuti più “umani”.
Basti ricordare, realtà ai più
sconosciuta, che l’esercito americano durante l’ultimo periodo di
guerra, nei primi mesi del ’45, nei territori occupati in Germania,
aveva imposto la regola dei cento tedeschi fucilati, per ogni militare
statunitense ucciso!
Di questo, nessuno ne parla.
Non si può infangare la leggenda “degli americani buoni, portatori di
civiltà”. Già, il mitico esercito “yankee” liberatore degli oppressi e
castigatore dei cattivi. In Italia, più di mezzo secolo fa, gli
americani eseguivano questo compito “in maniera impeccabile”,
mitragliando i bambini nei giardini degli asili e delle scuole, durante
le ore di ricreazione, colpendo le autoambulanze con le insegne della
Croce Rossa in evidenza e lasciando dei “meravigliosi souvenirs” per le
strade, in cui si nascondevano dei subdoli e terrificanti ordigni, che
colpivano e martoriavano gli strati più inermi della popolazione (chi
non ricorda le famigerate penne d’oro?), con bambini accecati e
mutilati.
Non divaghiamo e torniamo alle
Ardeatine, cercando di ricostruire gli eventi così come si svolsero, in
quel maledetto inizio di primavera, di circa sessant’anni or sono.
Nel fare ciò, dobbiamo prima
analizzare, almeno per sommi capi, una questione fondamentale, di cui
poco o nulla si discute: quale fu la causa?
In altre parole: come si
giunse all’eccidio? Perché? Chi lo volle?
Del resto, la logica vuole che
di ogni fenomeno della realtà ci si interroghi prima sulla causa e poi
sull’effetto, anche se quest’ultimo, può essere, per così dire, più
appariscente e calamitante, a tal punto da richiamare maggiormente
l’attenzione. Come è accaduto nel caso in questione.
Iniziamo con ordine.
Com’è noto, Roma viveva
l’occupazione tedesca con una certa tolleranza, anche perché gli effetti
del governo militare erano assai blandi.
Naturalmente, questo non era
gradito ai comandi partigiani, che vedevano ciò come un impedimento alle
loro azioni di guerriglia, con i più estremisti che accusavano la
popolazione di inerme acquiescenza all’occupazione tedesca.
Ragion per cui, i capi
decisero di agire, del tutto incuranti delle successive conseguenze sui
civili. Ma questo era il normale “modus operandi” dei partigiani in
Italia.
Ed ecco quindi che, il 23
marzo 1944, un gruppo di GAP (acronimo che stava per GRUPPI D’AZIONE
PATRIOTTICA, ma che, in sostanza, erano il braccio armato del PARTITO
COMUNISTA, a cui, peraltro, è stato sempre alieno il concetto di Patria)
entrò in azione. Il gruppo di fuoco era guidato da ROSARIO BENTIVEGNA e
composto dalla sua compagna CARLA CAPPONI (nome di battaglia ELENA),
FRANCO CALAMANDREI, CARLO SALINARI (nome di battaglia SPARTACO), RAOUL
FALCIONI, FERNANDO VITAGLIANO, PASQUALE BALSAMO, SILVIO SERRA, FRANCESCO
CURRELI e GUGLIELMO BLASI.
Anche se, nelle stesse
dichiarazioni dei partigiani partecipanti all’azione, a distanza di
anni, vi sono ancora delle vistose incongruenze, sui nomi e sul numero
di chi era presente a Via RASELLA. Ma, anche questo modo confuso e
farraginoso di raccontare le loro azioni, fa parte del loro “cliché”.
Comunque, questo fu, secondo
la massima probabilità, il gruppo degli esecutori. Veniamo, quindi, ai
mandanti.
L’azione era stata autorizzata
dal Comando Militare del CLN, di cui faceva parte RICCARDO BAUER, SANDRO
PERTINI (da non ricordare soltanto come il simpatico connetto, che
faceva i salti di gioia ai mondiali di calcio per la nostra nazionale,
ma anche e soprattutto come famigerato “baciatore” omaggiante delle
bandiere “titine” ed elargitore di vitalizi a tanti aguzzini delle
foibe), RICCARDO BAUER e GIORGIO AMENDOLA, che era soltanto il
responsabile militare delle formazioni partigiane comuniste a Roma,
mentre il vero “deus ex machina” era il “mitico compagno ERCOLE ERCOLI”,
alias PALMIRO TOGLIATTI.
Torniamo a quel tragico
pomeriggio d’inizio primavera, un pomeriggio pieno di sole, quando
ancora le stagioni mantenevano i loro ritmi naturali.
Il gruppo di GAP aveva
osservato, in precedenza, che, tutti i giorni, alla stessa ora,
attraverso Via RASELLA un reparto di tedeschi, per recarsi al cambio
della guardia al Quirinale. Dopo averne studiato le mosse, stabilì che
questo era il giusto obiettivo strategico (?).
Occorre, già qui fare due
doverose precisazioni storiche.
Primo, questo reparto non era
composto, come i più credono, grazie alla “vulgata resistenziale”, da
sadici e feroci torturatori nazisti. Questi militi, invece,
appartenevano all’Undicesima Compagnia del Reggimento di Polizia
“BOZEN”, semplicemente aggregata, per motivi contingenti, alle SS, ma
mai impegnata in vere e proprie azioni di guerra, principalmente per
ragioni anagrafiche, in quanto erano uomini in là con gli anni.
Secondo, non erano sanguinari
e cinici “mostri teutonici” ma erano dei richiamati – riservisti
ALTOATESINI, cioè ITALIANI.
In ogni caso, alle 15 e 52 del
23 marzo ’44, ROSARIO BENTIVEGNA, appena ricevuto il segnale dell’arrivo
del reparto, all’imbocco della strada, accese la miccia della bomba,
occultata in un carretto della nettezza urbana, contenente diciotto
chili di tritolo, più infiniti pezzi di acciaio e ferro, per accrescere
l’effetto devastante.
Fu l’inferno!
A causa di quell’esplosione,
morirono 32 militi tedeschi all’istante, più un altro, il giorno dopo,
in ospedale.
Fin qui, più o meno, la storia
è abbastanza conosciuta.
Pochissimi sanno, invece, che,
nell’esplosione, morirono anche due italiani, che erano sul posto e che
non avevano nulla a che vedere con tutta quella maledetta guerra!
Costoro erano stati visti dagli attentatori, i quali non fecero nulla
per salvarli, decidendo ugualmente di portare a compimento quell’insulso
atto, che tanto sarebbe costato all’inerme popolazione.
Quindi, li sacrificarono
coscientemente. La prima vittima era un ragazzino di tredici anni. Si
chiamava PIETRO ZUCCHERETTI, il quale, per una di quelle tragiche
fatalità del destino che non perdonano, si trovava sul posto. Infatti,
dovendosi recare al lavoro, era salito su un autobus che doveva farlo
scendere a Via DEL TRITONE. Purtroppo, l’autobus quel giorno non
rispettò la sua abituale tabella di marcia ed il ragazzo fu costretto a
scendere alla fermata di PIAZZA BARBERINI.
Fu attratto, adolescente,
dalle note della canzone, che i militi tedeschi cantavano, mentre
marciavano (“HUPF MEIN MADEL” – “SALTA RAGAZZA MIA”) ed invece di
prendere Via DEGLI AVIGNONESI, rimase ad aspettare, quella che, ai suoi
occhi, sembrava una simpatica parata militare. Secondo alcuni testimoni,
per godersi meglio la “sfilata”, si era addirittura seduto sul carretto
dei rifiuti, che conteneva i diciotto chili di tritolo!
Fu la sua condanna.
L’esplosione lo dilaniò orribilmente in sette pezzi, che furono
scaraventati a diverse decine di metri di distanza. I piedi non furono
mai trovati e di lui, rimase visibile sul selciato soltanto il tronco!
L’altra vittima si chiamava
ORFEO CIAMBELLA, aveva 60 anni e svolgeva l’incolpevole, anzi lodevole,
compito di custode del deposito della Croce Rossa di Via RASELLA. Anche
lui, fu preso in pieno dall’esplosione. Venne scaraventato a circa
sessanta metri dallo scoppio! Non morì subito, ma dopo una lunga e
terribile agonia, durata diversi anni, con il corpo pieno di schegge,
che lo tormentarono, fino alla fine, tra indicibili sofferenze.
Di questi due martiri nessuno
o quasi ne ha mai parlato, se non un’eccellente inchiesta svolta dal
giornalista PIERANGELO MAURIZIO, per conto del quotidiano “IL TEMPO”,
una decina d’anni or sono.
Per i partigiani, l’azione di
Via RASELLA non provocò vittime civili.
La domanda più straziante e
lacerante, ovviamente non solo adesso, ma già allora era ed è: “Quale
straordinaria importanza strategico-militare poteva avere
quest’azione?”.
Purtroppo, per quanto si
cerchi di trovarne una soddisfacente, una risposta convincente non c’è.
Se non quella di suscitare la prevedibilissima e scontatissima
rappresaglia tedesca. Infatti, da tempo, le strade della capitale erano
tappezzate con sinistri e lugubri manifesti, che annunciavano terribili
rappresaglie per ogni azione contro le forze germaniche. Anche, dal
punto di vista dei partigiani, nell’ottica della loro lotta ai tedeschi,
non c’era assolutamente bisogno di compiere quella scellerata azione,
visto che erano già sulla strada della capitale le colonne Alleate del
Generale CLARK, che, infatti, di lì a settanta giorni circa, sarebbero
entrate in Roma. E ciò sarebbe avvenuto con o senza VIA RASELLA.
E’ da ricordare anche che il
Comando Militare Germanico di Roma riuscì a mitigare una richiesta di
rappresaglia di HITLER ancora più tremenda, che consisteva nel far
saltare in aria un intero quartiere, con CINQUANTA ITALIANI UCCISI PER
OGNI TEDESCO! Detto Comando riuscì, invece, ad applicare la misura di
DIECI ITALIANI PER UN TEDESCO.
Va anche ricordato che tutta
la carneficina che seguì alle FOSSE ARDEATINE, si sarebbe ancora potuta
evitare, se si fossero consegnati i responsabili. Perché, allora, almeno
qualcuno di questi partigiani, se veramente voleva essere un eroe, non
si presentò? Il fulgido esempio di SALVO D’ACQUISTO era ancora fresco e
non era avvenuto molto distante.
Per carità, mi venga perdonato
questo accostamento blasfemo, tra un EROE in odore di Beatificazione e
dei cinici esecutori di ordini di Togliatti, accanito aguzzino di tanti
italiani (anche comunisti) in Russia!
Pertanto, inevitabilmente, ci
fu l’inumana mattanza, che avvenne in alcune cave fuori Roma, lungo la
Via ARDEATINA, dove furono massacrate 335 persone!
Per cercare di comprendere, se
mai sarà possibile, oggi, dopo sessant’anni, come queste reazioni
indubbiamente brutali, profondamente inumane, terribilmente bestiali
(ripetiamo, praticate da tutti gli eserciti), tuttavia, assumano, in
quell’irripetibile contesto storico-militare il carisma di “legittimità”
(ovviamente dal punto di vista strettamente giuridico, mai morale, per
carità, altrimenti sarebbe la fine della coscienza umana), va ricordato
un particolare rivelatore.
Quando, a distanza di anni, si
celebrarono i processi ai responsabili dell’eccidio delle ARDEATINE,
coloro i quali vennero condannati all’ergastolo, per strage, in primis
il colonnello HERBERT KAPPLER, vennero ritenuti penalmente responsabili
non per i 335 morti, esecuzione avvenuta in ottemperanza di un ordine
legittimo, ma per i cinque in pù, che furono aggregati, per errore, al
gruppo dei condannati, nella concitazione degli eventi.
Ed è il caso di ricordare
anche l’anomala vicenda giudiziaria del capitano ERICH PRIEBKE, vice di
KAPPLER, in un primo momento assolto, poi processato di nuoco, quasi a
furor di popolo, per le enormi proteste di piazza della comunità
ebraica, con nuova sentenza, stavolta, di condanna, quasi violando il
sacrosanto principio di civiltà giuridica del “ne bis in idem”!. E
questo non è avvenuto nell’immediato dopoguerra (si sarebbe anche potuto
capire), ma qualche anno fa! Una chicca di chiusura. Nel 1982, allora
Presidente della Repubblica SANDRO PERTINI (singolare coincidenza)
furono decorati al valor militare il capo-esecutore del gruppo di fuoco
ROSARIO VENTIVEGLIA e la moglie CARLA CAPPONI, partecipante all’azione
di Via RASELLA (SIC!).
Ce n’era proprio bisogno, dopo
quarant’anni, e per quali straordinari meriti?
Queste due medaglie stridono
contro il buon senso e contro ogni logica.
Visto che erano due, andavano
conferite alla memoria delle due vittime innocenti e dimenticate di Via
RASELLA: PIETRO ZUCCHERETTI e ORFEO CIAMBELLA.
Per tutta riconoscenza, in un
libro pubblicato l’anno successivo (’83) dal BENTIVEGNA, con il titolo
“Acthung banditen”, lo stesso scrisse: “LA PROPAGANDA NEMICA DIFFUSE CHE
CIVILI, RESIDENTI O DI PASSAGGIO, ERANO STATI COINVOLTI NELL’AZIONE DI
VIA RASELLA. NON RISULTA DALLE FONTI STORICHE CONSULTATE, CHE VI SIANO
STATI DEI CADUTI CIVILI”.
Ogni commento è vano.
Se non che questi due poveri
cristi vennero uccisi per la seconda volta. Dalla stessa mano di chi li
aveva uccisi, accendendo quella stramaledettissima miccia, in un
soleggiato pomeriggio d’inizio primavera di tanti anni prima.
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P.S.: va ricordato infine, per inquadrare
meglio il personaggio BENTIVEGNA, che dopo l’ingresso delle truppe
alleate in Roma, quindi, ad ostilità cessate, il gappista uccise a colpi
di pistola un giovane tenente della Guardia di Finanza di nome GIORGIO
BARBARISI, “reo” di avergli intimato di affiggere un manifesto, in una
zona vietata. Ne nacque un alterco con conseguente omicidio. Una corte
alleata condannò il BENTIVEGNA diciotto mesi di reclusione per “ECCESSO
DI DIFESA”.
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