Proponiamo l’intervista allo storico Pietro Cappellari sul significato di una data simbolica e nefasta per i destini della nostra patria, l’8 settembre 1943.
di E. Galoppini(ildiscrimine.com) – Che cosa è, nei fatti, l’8 settembre 1943? Come si arriva al cosiddetto “armistizio” e al cambio di alleanze?
L’8
Settembre è esattamente la “morte della Patria”, ossia la fine della
Nazione italiana come Stato avente una propria missione e un primato da
esercitare, la fine di un comune sentimento di Patria nel popolo
italiano. Una rottura tragica ed epocale che affonda ovviamente le sue
radici nel colpo di Stato del 25 Luglio 1943 (arresto di Mussolini e
fine del Regime fascista), di cui sono corresponsabili la Monarchia, le
alte sfere militari e la destra interna al PNF (che sperava in una
successione al Duce, ma venne poi esautorata). Il processo scatenante
del colpo di Stato è ovviamente la crisi militare irreversibile iniziata
dopo la sconfitta di El Alamein (Novembre 1942) e resasi drammatica
dopo l’abbandono della Tunisia (Maggio 1943). La destra fiancheggiatrice
il Regime (circoli di Corte, militari, ma anche Confindustria e Chiesa
cattolica) cercarono allora di salvare il salvabile, ossia se stessi,
liquidando il Fascismo, provocando però un collasso morale che – per
incapacità e vigliaccheria dei nuovi “amministratori” dell’Italia –
condusse all’8 Settembre.
Si
può parlare unicamente di “tradimento” oppure anche chi si arrese aveva
le sue ragioni, visto l’andamento negativo della guerra? O non si deve
pensare, piuttosto, all’esito finale di una manovra che parte da lontano
e che durante tutto il conflitto tese a sabotare scientificamente
l’operato delle nostre Forze Armate? Che idea ti sei fatto studiando a
fondo quegli anni?
Non
fu un armistizio, assolutamente no, ma una resa incondizionata che
contemplava il passaggio al nemico (senza nemmeno dichiarargli guerra).
Il che corrisponde, quindi, a un tradimento di carattere epocale.
Oltretutto, esponeva i soldati italiani (abbandonati a loro stessi) al
rischio di venir considerati franchi tiratori, con tutte le drammatiche
conseguenze che Badoglio conosceva benissimo e che in diversi casi
furono attuate (cfr. Cefalonia). È ovvio che valutando serenamente gli
avvenimenti tra il 1940 e il 1943, si ha un quadro della situazione
disarmante. Parte delle Forze Armate italiane, penso prima di tutto alla
Regia Marina, non vollero combattere e fecero di tutto per sottrarsi
allo scontro. Se a ciò si aggiunge che diversi Alti Ufficiali italiani
erano sul libro paga degli Angloamericani (cfr. i famosi “Articoli 16”)
non ci vuole poi molto a capire come l’Italia sia crollata militarmente,
nonostante – questo non bisogna mai dimenticarlo – l’eroismo dei suoi
soldati, cancellato dai libri di scuola perché mai nessuno potesse
affermare che gli Italiani si batterono con onore. Per la sinistra
italiana dovevano essere dipinti solo come “miserabili” mandati a morire
da Mussolini. La storia non è questa, ovviamente.
Che
cosa rappresenta oggi, nella vita concreta degli italiani, il retaggio
degli avvenimenti che ebbero luogo settant’anni fa? Quali conseguenze
paghiamo ancora? Te lo chiedo perché molti ritengono che si tratti solo
di questioni ormai superate, mentre a mio avviso la nostra sudditanza
agli interessi occidentali ed atlantici deriva in prima istanza dalla
nostra sconfitta bellica. Tutto il resto è stato un lento ma
consequenziale sviluppo di quella catastrofe.
Con
la sconfitta militare dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale la
nostra Nazione non ha subito solo danni irreparabili nel prestigio o
immediati, come la mutilazione dell’Istria e della Dalmazia e il
conseguente sterminio degli Italiani di quelle terre con l’estinzione
della civiltà italiana nell’Adriatico Nord-Orientale. L’Italia è
divenuta una “colonia”, sotto il controllo statunitense. Non ha mai
avuto una vera e propria politica estera degna di questo nome e i
Governi democratici che si sono succeduti nel corso dei decenni – vera e
propria longa manus di
poteri d’Oltreoceano – hanno puntato ad una progressiva
denazionalizzazione, privando lo Stato italiano dei suoi presupposti
naturali, quali i confini e, addirittura, la Sovranità, ceduta ad
organizzazioni internazionali prive di legittimità popolare quali la
NATO, l’ONU, l’Unione Europea, ecc. Se si eccettua il breve scatto
d’orgoglio di Craxi (cfr. questione di Sigonella), i Governi democratici
italiani hanno proceduto alla liquidazione dell’Italia come Nazione.
Gli effetti di questa politica sono oggi sotto gli occhi di tutti. La
crisi economica e solo l’aspetto più evidente del collasso morale in cui
è stata precipitata l’Italia.
Quest’anno
le “autorità” della cosiddetta Repubblica Italiana non hanno ritenuto
opportuno calcare troppo la mano nel “commemorare” positivamente l’8
settembre così come in occasione del 25 aprile (e anche del 25 luglio).
Complice il malcontento che monta tra la gente?
Credo
essenzialmente che oggi ben pochi sanno cosa sia avvenuto l’8 Settembre
1943. L’imbarazzo di molti esponenti di questa repubblichetta davanti
agli eventi storici è a dir poco colossale. Si preferisce sorvolare su
episodi su cui, prima di tutto, regna un’immensa ignoranza. Bastano
motti e parole d’ordine false – finanziate con soldi pubblici – per
stendere una fitta nebbia sull’evento e pensare immediatamente ad altro.
Che
cosa ti senti di consigliare ai giovani e a tutti coloro che, al di là
delle loro idee politiche, sono sinceramente orientati verso la
conoscenza della verità storica? Ci sono delle fonti storiografiche,
recenti e non, particolarmente consigliabili?
Oggi
si può accedere a una vasta mole di studi revisionisti che permettono
di orientare il giovane ricercatore verso la realtà storica. Quello che
consiglio sempre è spogliarsi di ogni ideologia o visione del mondo e
cercare con le proprie forze documenti e riscontri oggettivi su un dato
evento. Affidarsi agli altri è solo un falso punto di partenza.
Pensi
che un giorno l’Italia riuscirà a superare il trauma dell’8 settembre?
Per come la vedo io ciò sarà impossibile fintantoché durerà la nostra
settantennale occupazione, ma non vedo affatto inutile cercare e
divulgare la verità storica, perché sono sicuro che un giorno, quando
questa situazione deprimente finirà, verranno finalmente riconosciute le
ragioni di coloro che, ostacolati e vilipesi da questo regime di
marionette (compresi quei politici che alla fine si son dimostrati come
tutti gli altri…), hanno tenuto duro per tutto questo tempo.
Nessuno
può dire cosa ci riserverà il futuro, anche se i tristi e gravi scenari
di guerra che si profilano all’orizzonte non fanno pensare a nulla di
buono. L’invasione di immigrati che metterà a repentaglio le nostre
identità nazionali e minaccerà come mai la stessa civiltà
romano-germanica dalla quale nacque l’Europa pone delle scelte radicali e
coerenti. Solo chi rimarrà in piedi sulle rovine potrà guidare la
rinascita dei popoli europei.
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