Adolfo Ferrero, alpino ed eroe dell'Ortigara
La storia del tenente decorato con Medaglia d'Argento al valore militare
IL GIORNALE D´ITALIA
Ortigara.
Un nome conosciuto non solo agli amanti della montagna, ma anche a
tutti quelli che hanno a cuore la storia d'Italia. Perché è proprio su
quel monte che tra il 10 e il 29 giugno 1917 si è combattuta una delle
più sanguinose battaglie della Grande Guerra. Una battaglia in cui gli
Alpini, sacrificandosi per la Patria, hanno dato un'ennesima grande
prova di eroismo e valore.
Tra
loro c'era il ventenne tenente Adolfo Ferrero, torinese, arruolato nel
2°Reggimento Alpini Battaglione Valdora. che trovò eroica morte il 19
giugno 1917. E venne decorato con una Medaglia d'Argento al Valore
Militare con la seguente motivazione: “Comandante
di un plotone, lo trascinava con mirabile slancio all’attacco, e non
cessava dall’incitare ad avanzare, benché ferito ripetutamente e
gravemente”.
La
sua storia è narrata, insieme ad altre valorosamente simili, da Adler
Battistini nel suo “Ortigara. Una tomba e un altare” (Ed.Narratori
Moderni 1967). Una storia, quella di Adolfo Ferrero, che lo ha visto,
dopo il suo sacrificio, essere sepolto al Sacrario Militare di Asiago.
Circa quarant'anni dopo, sui resti di un soldato (forse il suo
attendente, al quale forse l'aveva consegnata affinché fosse spedita),
venne ritrovata una lettera. Un po' sporca di sangue ma ancora in
perfetto stato di conservazione. Una lettera che merita di essere
proposta per intero. Da leggere e rileggere. Dedicando un pensiero
riconoscente ai tanti “Ferrero” che hanno contribuito alla difesa della
Patria. Queste le parole del giovane tenente:
“18.06.1917 ore 24
Cari genitori,
Scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisogno di farvelo pervenire.
Non ne posso fare a meno: il pericolo è
grave, imminente. Avrei un rimorso se non dedicassi a voi questi
istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che io odio
la retorica …no, no, non è retorica quello che sto facendo. Sento in me
la vita che reclama la sua parte di sole, sento le mie ore contate,
presagisco una morte gloriosa ma orrenda… Fra cinque ore qui sarà
l’inferno. Tremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine
coprirà ogni cosa e rombi, e tuoni e boati risuoneranno fra questi
monti, cupi come le esplosioni che in quest’istante medesimo odo in
lontananza. Il cielo si è fatto nuvoloso: piove… Vorrei dirvi tante
cose…tante…ma voi ve l’immaginate. Vi amo. Vi amo tutti tutti. Darei un
tesoro per potervi rivedere, ma non posso… Il mio cieco destino non
vuole.
Penso, in queste ultime ore di calma
apparente, a te Papà, a te Mamma, che occupate il primo posto nel mio
cuore, a te Beppe, fanciullo innocente, a te o Adelina.. addio.. che
debbo dire?
Mi manca la parola, un cozzare di
idee, una ridda di lieti, tristi fantasie, un presentimento atroce mi
tolgono l’espressione… No, no, non è paura. Io non ho paura! Mi sento
ora commosso pensando a voi, a quanto lascio, ma so dimostrarmi, dinanzi
ai miei soldati, calmo e sorridente. Del resto anche essi hanno un
morale elevatissimo.
Quando
riceverete questo scritto, fattovi recapitare da un’anima buona, non
piangete e siate forti, come avrò saputo esserlo io. Un figlio morto per
la Patria non è mai morto. Il mio nome resti scolpito indelebilmente
nell’animo dei miei fratelli, il mio abito militare e la mia fidata
pistola (se vi verrà recapitata), gelosamente conservati, stiano a
testimonianza della mia fine gloriosa. E se per ventura mi sarò
guadagnata una medaglia, resti quella a Giuseppe…
O
genitori, parlate, fra qualche anno, quando saranno in grado di
capirvi, ai miei fratelli di me, morto a vent’anni per la Patria.
Parlate loro di me, sforzatevi a risvegliare in loro ricordo di me. M’è
doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi… Fra dieci, venti
anni forse non sapranno nemmeno più di avermi avuto fratello…
A
voi poi mi rivolgo. Perdono, vi chiedo, se v’ho fatto soffrire, se v’ho
dati dispiaceri. Credetelo, non fu per malizia se la mia inesperta
giovinezza vi ha fatti sopportare degli affanni, vi prego volermene
perdonare. Spoglio di questa vita terrena, andrò a godere di quel bene
che credo essermi meritato.
A voi Babbo e Mamma un bacio, un bacio
solo che vi dica tutto il mio affetto. A Beppe a, Nina un altro. Avrei
un monito: ricordatevi di vostro fratello. Sacra è la religione dei
morti. Siate buoni. Il mio spirito sarà con voi sempre. A voi lascio
ogni mia sostanza. E’ poca cosa. Voglio però che sia da voi gelosamente
conservata.
A
Mamma, a Papà lascio… il mio affetto immenso. E’ il ricordo più
stimolabile che posso loro lasciare. Alla mia zia Eugenia il crocefisso
d’argento, al mio zio Giulio la mia Madonnina d’oro. La porterà
certamente. La mia divisa a Beppe, come le mie armi e le mie robe. Il
portafoglio (l 100) lo lascio all’attendente.
Vi Bacio. Un bacio ardente di affetto dal vostro aff.mo Adolfo
Saluti a zia Amalia e Adele e ai parenti tutti”
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