LA GRANDE MASCALZONATA
di Filippo Giannini
Dopo le riprovevoli e ripetute rappresentazioni su tutti i “mass-media” avvenute in occasione della
ricorrenza della “Giornata della Memoria” del 27 gennaio, leggo su “Il Messaggero” del giorno successivo:
“Nasce il museo dello Shoah nel cuore di Villa Torlonia”. E’noto che Villa Torlonia fu, per un certo
periodo, la residenza di Benito Mussolini, con questa iniziativa si vuole rafforzare la tesi della responsabilità
del Duce nelle malefatte – reali, supposte o false che siano – di Hitler.
Il 25 aprile 1945 Luigi Longo, uno dei massimi esponenti del Pci e quindi del CLNAI (Comitato Italiano
Liberazione Alta Italia), nell’impartire disposizioni per l’esecuzione della condanna a morte del Duce,
ordinò: <Lo si deve accoppare subito, in malo modo, senza processo, senza teatralità, senza frasi
storiche>.
A distanza di oltre sessant’anni ancora si parla di questo argomento. Perché?
Per avere una visione più chiara della infinita serie di mascalzonate che vengono quotidianamente
“scaricate” su quell’uomo, è necessario partire dal “Trattato di Pace” del febbraio 1947 (indicarlo come
“iniquo” è riduttivo) ricordiamo quanto recita l’articolo 17 (Sezione I – Clausole Generali): <L’Italia, la
quale, in conformità dell’art. 30 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le
organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà, in territorio italiano, la rinascita di simili
organizzazioni>. E i “politici” italiani che si sono succeduti dal 1945 ad oggi, si sono piegati
vergognosamente a questo “diktat”, inventando, manipolizando e storpiando la storia, non curandosi
minimamente, per giungere allo scopo prefisso, di infangare la memoria di un morto che operò in modo
completamente difforme dalle accuse di cui è stato fatto carico.
Una qualsiasi persona di media intelligenza si dovrebbe chiedere: “cosa può interessare ad una grande
democrazia (sic), come quella americana se ci sia o meno un movimento fascista in Italia?”. La risposta la
dette proprio Mussolini in una delle sue ultime interviste: “Le nostre idee hanno spaventato il mondo”; per
“il mondo” intendeva quello del grande capitale, la plutocrazia, l’imperialismo liberista. E allora, ecco la
necessità delle grandi menzogne, delle mascalzonate.
“L’operazione demonizzazione del fascismo” è sviluppato su diversi tentacoli; leggiamo, sempre su “Il
Messaggero”, stessa data, pag, 41: <A scuola. Lezioni, mostre e percorsi virtuali nei campo di
sterminio>. In pratica dei nostri ragazzi “il sistema” ne fa degli automi, il cui carburante è la menzogna. E
allora facciamo un po’ di storia, quella documentata e documentabile.
Per costruire il mostro (e i mostri) si è costruita un’accusa che riteniamo la più infamante e la più
menzognera: l’essere stato Mussolini un vessatore e il responsabile della consegna degli ebrei ai tedeschi. I
detrattori, per rendere l’accusa più plausibile hanno coniato il sostantivo “nazifascista”, termine
dispregiativo tendente ad accomunare in un’unica responsabilità fascismo e nazismo sulle atrocità commesse
da quest’ultimo, sempre che queste non siano frutto di una enorme montatura, come molti studiosi
sostengono.
Le diversità dottrinali fra fascismo e nazionalsocialismo sono evidenziate da diversi studiosi e, tra questi,
citiamo un’osservazione di Renzo De Felice (“Intervista sul Fascismo”, pag. 88): <Fra fascismo italiano e
nazismo tedesco ci sono semmai più punti di divergenza che di convergenza, più differenze che
somiglianze>. Infatti, e lo dobbiamo ricordare, anche se l’ebraismo internazionale si era schierato contro il
Fascismo, sia nella guerra civile di Spagna che nel decretare le sanzioni, per continuare poi negli anni
successivi. Mussolini impose per il problema ebraico le leggi razziali (certamente odiose e inique), ma con
l’ordine “discriminare, non perseguire”. Stabilito ciò, e stabilito che <il fascismo fece propria la dottrina
razziale più per opportunità politica – evitare una difformità così stridente all’interno dell’Asse – che
per interna necessità della sua ideologia e della sua vita politica> (ibidem, pag. 102).
Trattare l’argomento “fascismo – ebrei” è stato (e lo vediamo, lo è ancora) un cozzare contro un muro
eretto dall’antifascismo internazionale, muro costruito e cementato da falsità che con la Storia non hanno
nulla a che vedere. Vediamo, allora, di cercare un varco che possa dipanare le nebbie artatamente montate e
avvicinarci a qualche sprazzo di verità.
Un attento studioso dell’”Olocausto ebraico” (specifichiamo “ebraico”, perché di “Olocausti” se ne
dovrebbero ricordare ben altri, dei quali i “nazifascisti” o non ne erano responsabili o, addirittura, ne furono
le vittime), Mondekay Poldiel, scrive: <L’Amministrazione fascista e quella politica, quella militare e
quella civile, si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi
rimanessero lettera morta>. Per i “duri d’orecchi” Poldiel scrive che TUTTI (anche i fascisti, come sarà
rimarcato anche più avanti) non solo non “perseguirono”, ma neanche “discriminarono”, questo almeno
fino a quando… ma andiamo con ordine.
Per dimostrare quanto fosse lontana dal pensiero mussoliniano la “questione ebraica” è da ricordare che
nel 1934, in occasione dell’incontro con Weizmann , Mussolini concesse tremila visti a tecnici e scienziati
ebrei che desideravano stabilirsi in Italia. Nel 1939 (attenzione alla data) vennero aperte le aziende di
addestramento agricolo, le “haksharoth” (tecniche poi trasferite in Israele) che entrarono in funzione ad
Airuno (Como), Alano (Belluno), Orciano e Cevoli (Pisa). Così, sempre in quegli anni, nei locali della
Capitaneria di Porto, la scuola marinara di Civitavecchia ospitava una cinquantina di allievi che poi
diverranno i futuri ufficiali della marina da guerra israeliana.
Tutto ciò – e tanto altro ancora – può essere un sufficiente esempio per illustrare il criterio delle
applicazioni delle “Leggi Razziali” in Italia.
Quanto sin qui scritto è solo l’inizio della lunga storia che riguarda i rapporti fra fascismo e gli ebrei. La
documentazione più completa è contenuta nel mio libro di prossima pubblicazione, ma desidero porre alcune
domande ai detrattori, ai dispensatori di ingiurie maramaldesche scagliate un po’ per ignoranza e molto per
un bieco, ignobile, servile tornaconto contro un uomo che tutto il mondo ci invidiava:
1) perché non spiegate alle scolaresche e ai telespettatori cos’era la DELASEM? Da chi fu autorizzata?
Che funzioni svolgeva? E, soprattutto, in quali anni operò?
2) Perché gli ebrei tedeschi, austriaci e quelli che vivevano nei Paesi occupati dalle truppe germaniche si
rifugiavano nell’Italia fascista? Eppure, sapete bene che nell’Italia fascista vigevano le leggi razziali?
3) Perché quegli stessi ebrei non chiedevano asilo ai “Paesi democratici” o, meglio ancora, nel
“paradiso sovietico”.
4) Perché non ricordate quanto hanno scritto su questo argomento storici ebrei come Mondekay Poldiel,
Rosa Paini, George L. Mosse, Menachem Shelah, Emil Ludwig? E questo è solo un frammento di
quanto c’è da raccontare e da scrivere, solo se si anelasse alla verità.
5) Perché non parlare sempre di personalità ebraiche come Ludwig Gumplowicz, Cesare Goldman,
Duilio Sinigaglia, Aldo Finzi, Dante Almasi, Guido Jung, Margherita Malfatti e mille altri ancora?
6) Perché non ricordare gli ordini che dette Mussolini al generale Robotti dopo la visita di Ribbentrop?
7) Perché non far presente quando e in quale occasione i tedeschi misero le mani su tanti infelici sino a
quel giorno al sicuro dietro ad uno “scudo protettore”?
8) Quindi, e di conseguenza, sarebbe fuori luogo asserire che gli ebrei furono consegnati alle camere a
gas (sempre che siano esistite realmente) dal primo governo antifascista?
9) Sì, perché, perché. Perché?
10) Ma un altro perché, e non è male ricordarlo, è doveroso porlo, anche se è drammatico e frustrante.
Perché i discendenti del Duce (a parte Donna Rachele) mai nessuno si erse, o si erge a difenderne la
memoria? Eppure le possibilità non erano, e non sono ancora mancate.
E allora: maestri, genitori, per contrastare almeno parzialmente questi vili attacchi, cercate la verità e
parlatene con i vostri scolari, i vostri studenti, i vostri figli.
“Quell’uomo” non merita davvero quanto questo infido sistema, per sopravvivere a sé stesso, opera per
infangarne la memoria.
P.S. Dato che intendo andare avanti su questa strada, saputa la persecuzione cui sono stati oggetto David
Irving, René-Louis Berclaz, Ernst Zündel e altri, prendo a spunto una frase che avrebbe detto “qualcuno”
a la faccio mia: <Ora preparate la mia orazione funebre>.
di Filippo Giannini
Dopo le riprovevoli e ripetute rappresentazioni su tutti i “mass-media” avvenute in occasione della
ricorrenza della “Giornata della Memoria” del 27 gennaio, leggo su “Il Messaggero” del giorno successivo:
“Nasce il museo dello Shoah nel cuore di Villa Torlonia”. E’noto che Villa Torlonia fu, per un certo
periodo, la residenza di Benito Mussolini, con questa iniziativa si vuole rafforzare la tesi della responsabilità
del Duce nelle malefatte – reali, supposte o false che siano – di Hitler.
Il 25 aprile 1945 Luigi Longo, uno dei massimi esponenti del Pci e quindi del CLNAI (Comitato Italiano
Liberazione Alta Italia), nell’impartire disposizioni per l’esecuzione della condanna a morte del Duce,
ordinò: <Lo si deve accoppare subito, in malo modo, senza processo, senza teatralità, senza frasi
storiche>.
A distanza di oltre sessant’anni ancora si parla di questo argomento. Perché?
Per avere una visione più chiara della infinita serie di mascalzonate che vengono quotidianamente
“scaricate” su quell’uomo, è necessario partire dal “Trattato di Pace” del febbraio 1947 (indicarlo come
“iniquo” è riduttivo) ricordiamo quanto recita l’articolo 17 (Sezione I – Clausole Generali): <L’Italia, la
quale, in conformità dell’art. 30 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le
organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà, in territorio italiano, la rinascita di simili
organizzazioni>. E i “politici” italiani che si sono succeduti dal 1945 ad oggi, si sono piegati
vergognosamente a questo “diktat”, inventando, manipolizando e storpiando la storia, non curandosi
minimamente, per giungere allo scopo prefisso, di infangare la memoria di un morto che operò in modo
completamente difforme dalle accuse di cui è stato fatto carico.
Una qualsiasi persona di media intelligenza si dovrebbe chiedere: “cosa può interessare ad una grande
democrazia (sic), come quella americana se ci sia o meno un movimento fascista in Italia?”. La risposta la
dette proprio Mussolini in una delle sue ultime interviste: “Le nostre idee hanno spaventato il mondo”; per
“il mondo” intendeva quello del grande capitale, la plutocrazia, l’imperialismo liberista. E allora, ecco la
necessità delle grandi menzogne, delle mascalzonate.
“L’operazione demonizzazione del fascismo” è sviluppato su diversi tentacoli; leggiamo, sempre su “Il
Messaggero”, stessa data, pag, 41: <A scuola. Lezioni, mostre e percorsi virtuali nei campo di
sterminio>. In pratica dei nostri ragazzi “il sistema” ne fa degli automi, il cui carburante è la menzogna. E
allora facciamo un po’ di storia, quella documentata e documentabile.
Per costruire il mostro (e i mostri) si è costruita un’accusa che riteniamo la più infamante e la più
menzognera: l’essere stato Mussolini un vessatore e il responsabile della consegna degli ebrei ai tedeschi. I
detrattori, per rendere l’accusa più plausibile hanno coniato il sostantivo “nazifascista”, termine
dispregiativo tendente ad accomunare in un’unica responsabilità fascismo e nazismo sulle atrocità commesse
da quest’ultimo, sempre che queste non siano frutto di una enorme montatura, come molti studiosi
sostengono.
Le diversità dottrinali fra fascismo e nazionalsocialismo sono evidenziate da diversi studiosi e, tra questi,
citiamo un’osservazione di Renzo De Felice (“Intervista sul Fascismo”, pag. 88): <Fra fascismo italiano e
nazismo tedesco ci sono semmai più punti di divergenza che di convergenza, più differenze che
somiglianze>. Infatti, e lo dobbiamo ricordare, anche se l’ebraismo internazionale si era schierato contro il
Fascismo, sia nella guerra civile di Spagna che nel decretare le sanzioni, per continuare poi negli anni
successivi. Mussolini impose per il problema ebraico le leggi razziali (certamente odiose e inique), ma con
l’ordine “discriminare, non perseguire”. Stabilito ciò, e stabilito che <il fascismo fece propria la dottrina
razziale più per opportunità politica – evitare una difformità così stridente all’interno dell’Asse – che
per interna necessità della sua ideologia e della sua vita politica> (ibidem, pag. 102).
Trattare l’argomento “fascismo – ebrei” è stato (e lo vediamo, lo è ancora) un cozzare contro un muro
eretto dall’antifascismo internazionale, muro costruito e cementato da falsità che con la Storia non hanno
nulla a che vedere. Vediamo, allora, di cercare un varco che possa dipanare le nebbie artatamente montate e
avvicinarci a qualche sprazzo di verità.
Un attento studioso dell’”Olocausto ebraico” (specifichiamo “ebraico”, perché di “Olocausti” se ne
dovrebbero ricordare ben altri, dei quali i “nazifascisti” o non ne erano responsabili o, addirittura, ne furono
le vittime), Mondekay Poldiel, scrive: <L’Amministrazione fascista e quella politica, quella militare e
quella civile, si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi
rimanessero lettera morta>. Per i “duri d’orecchi” Poldiel scrive che TUTTI (anche i fascisti, come sarà
rimarcato anche più avanti) non solo non “perseguirono”, ma neanche “discriminarono”, questo almeno
fino a quando… ma andiamo con ordine.
Per dimostrare quanto fosse lontana dal pensiero mussoliniano la “questione ebraica” è da ricordare che
nel 1934, in occasione dell’incontro con Weizmann , Mussolini concesse tremila visti a tecnici e scienziati
ebrei che desideravano stabilirsi in Italia. Nel 1939 (attenzione alla data) vennero aperte le aziende di
addestramento agricolo, le “haksharoth” (tecniche poi trasferite in Israele) che entrarono in funzione ad
Airuno (Como), Alano (Belluno), Orciano e Cevoli (Pisa). Così, sempre in quegli anni, nei locali della
Capitaneria di Porto, la scuola marinara di Civitavecchia ospitava una cinquantina di allievi che poi
diverranno i futuri ufficiali della marina da guerra israeliana.
Tutto ciò – e tanto altro ancora – può essere un sufficiente esempio per illustrare il criterio delle
applicazioni delle “Leggi Razziali” in Italia.
Quanto sin qui scritto è solo l’inizio della lunga storia che riguarda i rapporti fra fascismo e gli ebrei. La
documentazione più completa è contenuta nel mio libro di prossima pubblicazione, ma desidero porre alcune
domande ai detrattori, ai dispensatori di ingiurie maramaldesche scagliate un po’ per ignoranza e molto per
un bieco, ignobile, servile tornaconto contro un uomo che tutto il mondo ci invidiava:
1) perché non spiegate alle scolaresche e ai telespettatori cos’era la DELASEM? Da chi fu autorizzata?
Che funzioni svolgeva? E, soprattutto, in quali anni operò?
2) Perché gli ebrei tedeschi, austriaci e quelli che vivevano nei Paesi occupati dalle truppe germaniche si
rifugiavano nell’Italia fascista? Eppure, sapete bene che nell’Italia fascista vigevano le leggi razziali?
3) Perché quegli stessi ebrei non chiedevano asilo ai “Paesi democratici” o, meglio ancora, nel
“paradiso sovietico”.
4) Perché non ricordate quanto hanno scritto su questo argomento storici ebrei come Mondekay Poldiel,
Rosa Paini, George L. Mosse, Menachem Shelah, Emil Ludwig? E questo è solo un frammento di
quanto c’è da raccontare e da scrivere, solo se si anelasse alla verità.
5) Perché non parlare sempre di personalità ebraiche come Ludwig Gumplowicz, Cesare Goldman,
Duilio Sinigaglia, Aldo Finzi, Dante Almasi, Guido Jung, Margherita Malfatti e mille altri ancora?
6) Perché non ricordare gli ordini che dette Mussolini al generale Robotti dopo la visita di Ribbentrop?
7) Perché non far presente quando e in quale occasione i tedeschi misero le mani su tanti infelici sino a
quel giorno al sicuro dietro ad uno “scudo protettore”?
8) Quindi, e di conseguenza, sarebbe fuori luogo asserire che gli ebrei furono consegnati alle camere a
gas (sempre che siano esistite realmente) dal primo governo antifascista?
9) Sì, perché, perché. Perché?
10) Ma un altro perché, e non è male ricordarlo, è doveroso porlo, anche se è drammatico e frustrante.
Perché i discendenti del Duce (a parte Donna Rachele) mai nessuno si erse, o si erge a difenderne la
memoria? Eppure le possibilità non erano, e non sono ancora mancate.
E allora: maestri, genitori, per contrastare almeno parzialmente questi vili attacchi, cercate la verità e
parlatene con i vostri scolari, i vostri studenti, i vostri figli.
“Quell’uomo” non merita davvero quanto questo infido sistema, per sopravvivere a sé stesso, opera per
infangarne la memoria.
P.S. Dato che intendo andare avanti su questa strada, saputa la persecuzione cui sono stati oggetto David
Irving, René-Louis Berclaz, Ernst Zündel e altri, prendo a spunto una frase che avrebbe detto “qualcuno”
a la faccio mia: <Ora preparate la mia orazione funebre>.
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