martedì 5 gennaio 2016

I NOSTRI EROI ! GIUSEPPE SOLARO

L’intervista: la biografia su Giuseppe Solaro alla terza ristampa

Vincenti-Solaro
Lucca, 4 ott – Giuseppe Solaro è stato il più giovane federale della Repubblica Sociale Italiana, a Torino, città in cui è nato e in cui è stato ucciso. Aveva 31 anni e vissuto abbastanza perché gli venisse dedicata una biografia, arrivata recentemente alla terza ristampa: “Giuseppe Solaro – Il fascista che sfidò la FIAT e Wall Street”, edita da CicloStile. L’autore è Fabrizio Vincenti, anima eclettica, giornalista laureato in economia e commercio, direttore di una testata sportiva (gazzettalucchese.it), collaboratore de La Nazione e instancabile ricercatore. A lui va il merito di aver ricostruito la vicenda umana e politica di Solaro, una storia esemplare nelle sue linee essenziali.
Partiamo dalle fine: se è vero che la vita di un uomo si misura da come muore, Giuseppe Solaro è stato un gigante. Pur sapendo i rischi che correva, non ha lasciato né il suo ruolo politico né la sua città, agevolando piuttosto l’uscita di scena di altre persone. È stato così catturato dai partigiani e ucciso.
Possiamo dire che Solaro è stato un capro espiatorio: si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma non in modo inconsapevole, perché è rimasto a Torino invece di andare via. Torino: cioè, la peggiore città del nord Italia per un fascista in quel momento. La sua morte ha rappresentato quella di tanti appartenenti alla generazione cresciuta sotto il fascismo e arrivati alle estreme conseguenze. Al contrario di quanto è stato detto dopo, non sono stati pochi: ci sono stati più volontari nella Seconda guerra mondiale che nella Prima.
“L’esecuzione di Solaro”: così titola il manifesto di condanna a morte del federale, un interessante esempio di mistificazione in tempo di guerra civile. Per molti studiosi, fra cui Giampaolo Pansa, si tratterebbe fra l’altro di un posticcio, di una foglia di fico messa a omicidio avvenuto. Il contenuto poi punta a demonizzare l’avversario: Solaro è un “criminale di guerra”, “reo confesso”, “torturatore”, “inqualificabile criminale”. A questi epiteti si aggiungono quello di “debole” e “spia”. Lo era davvero?
No, non era vero ed è stato dimostrato. Il trattamento ricevuto da Solaro è quello usato da una certa sinistra con tutti quelli che erano fascisti in quel momento: non si sono limitati ad ucciderli fisicamente, ma hanno tentato di farlo anche moralmente. Tanto è vero che sulla figura di Solaro si è rovesciata tutta una serie di infamità, rappresaglie familiari (il padre ferroviere venne allontanato inizialmente dal servizio), per finire con le accuse infamanti su torture e fucilazioni che avrebbe comandato. Una nutrita sequenza di menzogne tesa a togliere ogni dignità al nemico, ma Solaro – nonostante si muovesse in un contesto di guerra civile – ha tenuto un comportamento esemplare. Al contrario dei suoi detrattori.

Eppure, sempre nel manifesto, si afferma che fu “trattato con grande umanità”. “Noi adempiamo una solenne missione di giustizia, non accecati da un odio sterile”, conclude.
Viene da sorridere. La fine di Solaro lascia il sapore della mattanza generale di quei momenti. Solo a Torino circa 3 mila persone sono state uccise fra gli ultimi giorni della guerra e il primo dopoguerra. Nelle modalità con cui è morto Solaro c’è tutta la ferocia di quel momento. La ferocia del CLN che impose la morte per impiccagione; la ferocia nella tecnica, perché impiccato due volte a mani libere, quindi con una maggiore sofferenza per il condannato; la ferocia con l’esibizione del nemico ucciso, visto che Solaro fu portato impiccato per tutta Torino, con lo spregio di una sigaretta in bocca – lui, accanito fumatore – per poi essere tirato nel Po ed essere sparato dalle spallette. L’esecuzione di Solaro possiamo dire che viaggi sull’autostrada Torino-Milano, portandoci ad un’altra mattanza ‘rituale’, quella esposta a piazzale Loreto. Questo è stato il rito fondativo della repubblica post-fascista, le cui fondamenta poggiano su quel sangue.
Oltre alla morte esemplare, Solaro di esempi ne ha dati anche in vita. Di umili origini, passando attraverso il lavoro di geometra ha raggiunto la laurea in economia, di cui ha parlato e scritto intensamente sino all’ultimo. Nel mezzo la famiglia (il matrimonio e le figlie) e la politica, incarnando pienamente l’ideale fascista del pensiero-azione: volontario in Spagna nel ’37, artigliere durante la guerra, aderente alla Rsi e infine guida del fascismo   torinese nei momenti più duri.
SolaroSolaro ha vissuto una vita di lavoro e di coraggio, e il suo percorso esistenziale smonta alcuni dei luoghi comuni imposti nel dopoguerra. Innanzitutto, viste le sue origini, quello del connubio tra fascismo ed alta borghesia. Si è fatto poi fautore di una battaglia sociale che 4/5 dei comunisti si sarebbe sognato di fare, e infine spezza anche il cliché dei fascisti succubi dei nazisti: non ha mai esitato a difendere i suoi uomini e far valere le sue posizioni nei confronti del comando tedesco. Nonostante poi abbia vestito varie volte la divisa, e stato più uomo di studi che di armi, come Alessandro Pavolini, che non a caso lo ha voluto alla guida del fascismo torinese. Solaro, in particolare, si interessava di geopolitica ed economia, e ci ha lasciato dei concetti validi ancora oggi nonostante fosse, per l’età, ancora ‘in formazione’. Chissà cosa avrebbe potuto dire se non fosse morto. Per questo – vi anticipo – stiamo lavorando alla pubblicazione di tutti i suoi scritti economici.
Torino era ed è la città della Fiat, un soggetto con cui tutti i regimi politici hanno dovuto fare i conti e che ha condizionato la vita italiana. L’incontro-scontro di Solaro è stato a più livelli, sia economico che politico.
Per un fascista e anticapitalista il rapporto con la Fiat non poteva che essere durissimo. Solaro era un nemico feroce e durissimo del capitalismo, e soprattutto di quello di marca anglosassone. Riteneva che il vero pericolo fosse quello e che il modello di società che si stava preconizzando con la vittoria alleata, sarebbe stato gravemente penalizzante per le classi più umili e per i paesi più poveri. A distanza di 70 anni anche quella riflessione continua ad avere una sua validità. Tornando alla Fiat, in tanti documenti dice che era lei il nemico, piuttosto che il giovane che disertava il bando Graziani e scappava sulle montagne. Fiat che giocava più ruoli sullo scacchiere della guerra civile: teneva rapporti con tutte le parti, dalla Rsi, ai partigiani, ai tedeschi (alcuni dei quali ritroveremo nella Fiat in Germania a guerra finita), agli angloamericani. Non è un caso che Mirafiori non sia praticamente mai stata bombardata, in una città come Torino che invece ha subito gravissime distruzioni per le incursioni aeree.
La ricerca. Qual è l’obbiettivo di questo libro?
La vera sfida, spero vinta, è stata ricostruire la vita di un uomo di cui si conosceva pressoché solo la morte. La sua immagine prima dell’esecuzione, con la corda già intorno al collo, era nota. La ritroviamo anche sulle copertine di alcuni libri, senza però alcun riferimento alla vita di Solaro. Una morte esemplare, si è detto, ma la mia domanda era: avrà avuto anche una vita esemplare? Muore da fascista, ma come sarà vissuto? Molti passaggi della sua vita erano totalmente scomparsi. Basti pensare che le figlie non erano sicure neppure che avesse lavorato al Comune di Torino, dove invece fece anche un po’ di carriera, sempre intervallata dai richiami alle armi. Alcuni cassetti sono rimasti chiusi, alcuni documenti sono ancora introvabili e, come per tanti in quel periodo, rimangono misteri: per esempio sono scomparse le valigie che gli appartenevano. Probabilmente contenevano documenti con cui Solaro pensava di poter ricostruire la storia di quei giorni, magari alcune responsabilità e salvaguardare il suo ruolo da accuse artificiose. La sua battaglia – ha sempre sostenuto – era per l’Italia e per il fascismo, che riteneva l’unica strada possibile per un socialismo di marca italiana.
Giuseppe Solaro è stato un testimone della guerra civile, ma anche un lucido commentatore, uno speaker. Alla radio pronunciò proprio il suo discorso più famoso: “I ribelli siamo noi”, che racconta lo stato d’animo e la consapevolezza di chi andava incontro alla vita, alla guerra e alla morte con lo stesso passo di danza. Un altro esempio per tutti.

Simone Pellico


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