mercoledì 25 novembre 2015

JOSE' ANTONIO PRIMO DE RIVERA






Josè Antonio Primo de Rivera


Josè Antonio Primo de Rivera, marchese di Estella e Grande di Spagna, nacque a Madrid il 21 aprile 1906, primogenito del generale Miguel Primo de Rivera,marchese di Estella, che aveva esercitato la dittatura in Spagna dal 1923 al 1930, anno in cui morì in esilio a Parigi il 28 gennaio. Avvocato dal 1925, Primo si dedicò alla politica alla morte del padre, di cui voleva onorare la memoria e continuare l’azione. Fino ad allora Primo era stato un giovane intellettuale di tendenze conservatrici o reazionarie, molto a suo agio tra i suoi libri invece che in mezzo alle folle agitate. Non aveva rinunciato allo stile dei giovani del suo ambiente, i Senoritos che trascorrevano il loro tempo in impegni mondani e in cui egli si riconosceva, investendoli di compiti eroici. In un pubblico discorso affermò che erano i senoritos, che portavano uno spirito di lotta per un fine che non interessa loro in quanto senoritos ( soldato politico); lottavano perché a molti della loro classe sociale fossero imposti sacrifici duri e giusti, e perché uno Stato totalitario provveda tanto ai potenti quanto agli umili. Furono fondati altri gruppi fascisti e nazionalsocialisti e nel clima di fermento politico che comparvero giornali, libri, periodici, manifesti, che insistevano perché ai mali della Spagna si desse una soluzione fascista. Un gruppo di giovani scalmanati si raccolse attorno a Josè Antonio, che divenne leader dei giovani fascisti. Alto, bello, trentenne, animato da smania di piacere, anche i suoi nemici marxisti riconoscevano il suo fascino. I suoi discorsi ed i suoi scritti danno l’impressione di uno studente brillante che ha letto, ma non sempre digerito, un’enorme mole di manuali di teoria politica. Inizialmente monarchico e cattolico.’’El Fascio’’ospitò un suo articolo nel suo unico numero del 1933: ‘’La Patria è una totalità storica…superiore a ciascuno di noi e a ciascuno dei nostri gruppi. A questa unità devono inchinarsi classi e individui. E la costruzione dello Stato si dovrà fondare su questi due principi’’.Nel 1934 scrisse:’’Il fascismo è un‘inquietudine europea. E’ una maniera nuova di concepire tutto - la storia , lo Stato, l’accesso del proletariato alla vita pubblica; una maniera nuova di concepire i fenomeni della nostra epoca e di interpretarli. Il fascismo ha già trionfato in vari paesi, e in alcuni, come in Germania, con i mezzi democratici più irreprensibili’’. Josè Antonio si batteva contro coloro che criticavano suo padre, cercando di riabilitarlo. Era un giovane che si sforzava sinceramente di trovare una via nazionale per porre fine alle incoerenze del liberalismo. La sua poesia preferita era ‘’If ‘’di Kipling usava leggerne dei passi ai suoi seguaci prima delle sfilate domenicali o prima degli scontri per le strade. Nel 1933 fondò la Falange prendendo il nome della formazione dell’esercito macedone che nel IVsecolo a. C. aveva distrutto la democrazia in Grecia. I caratteri originali della personalità politica di Josè Antonio erano il senso di appartenenza a un’elite sociale, la convinzione del dovere di sacrificarsi per la grandezza della patria e il benessere del popolo. I senoritos erano diversi da lui e pochi lo seguirono. Josè Antonio provava forte avversione per l’ambiente monarchico – militare nel quale essi erano formati: un ambiente cui Josè Antonio imputava il tradimento di suo padre Miguel, licenziato da re Alfonso XIII, spinto all’esilio volontario, morto nell’amarezza dell’abbandono. La figura paterna, il desiderio di riscattar la e rivalutarne l’opera influirono assai sulla scelta di Josè Antonio di entrare in politica e sulla sua adesione al modello fascista. Il vecchio generale era ammiratore di Mussolini, al cui regime si era ispirato ricalcandone maldestramente istituzioni – milizia e partito – e sistema corporativo. Josè Antonio condivise del fascismo la spinta ipernazionalista e il superamento della lotta di classe, comprese la necessità di ripercorrerne la strada attraverso la creazione di un partito che nascesse contro il potere politico esistente, anziché esserne il prodotto: come era stato il caso dell’esangue e burocratica Unìon Patriotica, creata da suo padre. Fallì l’obiettivo alle elezioni politiche del 1931, si applicò allo studio dei movimenti fascisti ( collaborò al foglio di Manuel Delgado, ’’El Fascio’’), che giudicò inadatti al suo paese. Si interessò ai gruppuscoli sorti in Spagna a partire dal 1930. L’avvento al potere di Hitler in Germania, incoraggiò in Spagna una definizione fascista di personalità e gruppi che già si muovevano nell’estrema destra, verso cui si orientò Josè Antonio, fondando con alcuni di essi, il 29 ottobre 1933, il partito – ‘’movimento’’, come preferivano chiamarlo, perché partito evocava la democrazia -della Falange Espanola, formazione dalla vocazione nazionalrivoluzionaria, che ripudiava la tradizione monarchica e il liberalismo, rivendicando l’instaurazione di uno stato autoritario capace di realizzare la giustizia sociale e di mettere fine agli abusi del capitalismo mediante gli interventi pubblici in economia. Dotato di un superiore livello culturale e di un notevole fascino personale fascino personale, Josè Antonio ( chiamato così, senza cognome, dai suoi fervidi sostenitori) andò presto ad occupare, il 4 ottobre, la carica di Jefe Nacional del partito, ma non ebbe vita facile né al di fuori né all’interno di esso. Eletto deputato nel blocco delle destre che vinse le elezioni politiche del novembre 1933, mantenne nelle Cortes una posizione isolata, denunciando la miopia dei gruppi più conservatori e reazionari che, animati da spirito di rivincita, si dedicarono a demolire l’opera riformatrice realizzata nel biennio precedente da repubblicani e socialisti. Di fronte al sabotaggio della riforma agraria, Josè denunciò il rischio di rivoluzione cui una tale politica di chiusura ai bisogni popolari esponeva il paese. Atteggiamenti ‘’nazionalsocialisti’’gli alienarono i favori delle classi medio-alte, chefecero confluire i loro voti e finanziamenti sul partito cattolico della CEDA ( Confederacion Espanola de Derechas Autònomas) di Josè Maria Gil Robles, o sulla monarchica Renovacìon Espanola di Josè Calvo Sotelo. Le autorità dell’Italia fascista pur guardando con simpatia al movimento di Primo de Rivera, dato che Josè Antonio era stato ricevuto da Mussolini a pochi giorni dalla fondazione della Falange, nutrirono scarsa fiducia nelle sue possibilità di successo e lo sostennero economicamente in una forma limitata e discontinua. Le difficoltà di crescita della Falange provocarono dissensi nel movimento, facendo sì che la stessa leadership di Josè Antonio fosse messa in discussione. La schiacciante superiorità numerica degli altri partiti di destra spingeva la Falange a caratterizzarsi in senso squadristico,’’ a dedicarsi – Josè annunciò nel discorso di fondazione del partito – alla dialettica dei pugni e delle pistole’’ secondo il cammino percorso dal fascismo italiano, cui essa dichiaratamente si ispirava. Josè Antonio era esperto dello scontro fisico e dell’uso della pistola, era meno versato di altri suoi camerati nel praticare la violenza e nel pensarne le strategie: nei diversi episodi di guerriglia urbana – scontri di piazza e attentati terroristici – che nel 1934 l’estrema destra aveva con l’estrema sinistra, la Falange subì più colpi di quanti ne inflisse. Dopo la fallita insurrezione socialista dell’ottobre 1934 e la sterzata a destra del governo della repubblica, Josè Antonio accentuò il carattere sociale del programma della Falange, indicando tra i 27 punti del suo programma – che rese pubblico nel novembre 1934, obiettivi come l’eliminazione del sistema capitalistico ( considerato antitetico a quello corporativo), la nazionalizzazione delle banche, la soppressione dei latifondi, redistribuzione delle terre. Insofferente dell’immobilismo dei conservatorie convinto che essi rappresentassero un ostacolo alle sue posizioni-ambizioni, Josè Antonio prese a progettare diverse iniziative insurrezionali, il cui braccioarmato avrebbe dovuto essere l’esercito: per cui contattò il generale Francisco Franco, che prudentemente ne rimase estraneo. Essendo prevalenti nelle forze armate le istanze conservatrici e reazionarie, le suggestioni socialisteggianti di Josè Antonio incontrarono scarso seguito e le sue mene insurrezionali non giunsero a concretarsi. La sua politica ebbe scarsissima presa nella società spagnola. Nella sua lettera a Franco prima della rivolta delle Asturie, il 24 settembre 1934, era disposto ad appoggiare un colpo di Stato militare per restaurare il ‘’perduto destino storico del paese’’. Franco non rispose e l’episodio fu rivelato nell’ottobre 1938 da ‘’Y’’, la rivista della sezione femminile della Falange. Josè ebbe un eclettismo di idee politiche , visibile nel suo progetto – schema di governo del 1935, in cui erano inclusi elementi non falangisti: il ministro degli esteri Barròn, della giustizia , Serrano Suner, della difesa Franco, delle finanze,Vintales, sottosegretario: Larraz, alla pubblica istruzione,Aunos ,all’economia Carceller; interni, Mola, direttore generale polizia, Vàzquez; lavori pubblici , Lorenzo Pardo; alle corporazioni, Mateo; sottosegretario Garceràn; alle comunicazioniRuiz de Alda; sottosegretario , Moreno ( Josè), Marocco e colonie, generale Goded, alla sanità, Nogueras, anche il colonnello Rada, che aveva addestrato le reclute carliste in Navarra, era strettamente in contatto con la Falange. Combattè la milizia falangista, ed il 7 ottobre 1934 a Madrid lo sciopero generale, circolò per la città conintenzioni bellicose a bordo della medesima auto su cui viaggiavano Josè Antonio, Ledesma Ramos, Ruiz de Alda,( intimo amico di Josè Antonio, perché anche lui era di Estella [Navarra] ) ed aveva suggerito a Josè il nome ‘’Falange’’. Nel 1934-’35 Josè Antonio ebbe rapporti con il colonnello Barba, della Union Militar. Da poche unità di migliaia dalla sua fondazione la Falange giunse a 25.000 aderenti. L’imperativo categorico della Falange era accrescere il disordine in Spagna per giustificare l’avvento di un regime che ristabilisse l’ordine, Josè perse il suo seggio alle Cortes, nel febbraio 1936 scorazzava su automobili armate di mitragliatrici, i senoritos per il caos, incendiando Chiese e attribuendo la colpa agli anarchici, attentando al giurista socialista Jimènez de Asùa, autore della Costituzione della Repubblica. I socialisti parlavano della Falange come ‘’FAI (anarchici) – lange’’. Franco incontrò Josè Antonio a casa di suo cognato Serrano Suner , detto il cugnadissimo, proponendo al colonnello Yague, brillante falangista dalla testa leonina che ora comandava la Legione Straniera, fungesse da anello di collegamento tra la Falange ed i generali. Il governo del primo ministro ammiraglio Manuel Azana manteneva l’ordine il 27 febbraio 1936 chiuse la sede della Falange a Madri. Il 15 marzo 1936 un falangista collocò una bomba a casa di Largo Caballero e Josè fu arrestato per detenzione abusiva di armi, prima però fu avvisato da Azana di lasciare il paese, ma non lo fece per la madre malata,( cosa falsa perché ella era morta anni prima). Si riferiva alla madre Spagna. Eduardo Aunos, suo seguace, gli propose di fuggire all’estero in aereo, ma lui non volle perché Falange non era un partito di cospiratori i cui capi se ne stavano all’estero. ‘’Spagna! Una, grande, libera)’’. Quando fu ucciso un ufficiale che era tenente della Guardia Civilda Asaltos per aver estratto un revolver puntandolo su Azana, durante il suo corteo funebre fino al cimitero est il carro funebre fu accompagnato da falangisti madrileni che gridavano in coro scontrandosi con i socialisti giubilanti che cantavano l’Internazionale, salutando col pugno chiuso ed esplodendo colpi di arma da fuoco contro il corteo. Al Cimitero ci fu una battaglia fra falangisti e gli asaltos socialisti; morirono il cugino germano di Josè, Andrei Saenz marchese de Heredia, ucciso da un tenente degli asaltos, Josè Castello. Molti membri del Movimento giovanile della CEDA, già guidati da Gil Robles, confluirono nell’estremismo della Falange, benché fosse stata messa al bando dopo i disordini per i funerali del tenente della Guardia Civil. Passarono il capo della Gioventù della CEDA , il generale Ramòn Serrano Suner, anello di collegamento tra la Falange ed i generali. Serrano era stato compagnoni studi universitari di Josè Antonio a Madrid, agli inizi degli anni ’20, molto amici anche ideologicamente. La Falange aveva i capi in carcere, metteva in guardia il partito dall’unirsi ai cospiratori militari perchè ‘’Noi non saremo né l’avanguardia né le truppe d’urto né i preziosi alleati di un qualche confuso movimento reazionario’’. Nel luglio 1936 i falangisti divennero 75.000,lavoratori di Siviglia, giovani della borghesia, studenti universitari, si scontravano nelle piazze con i nemici, in battaglie e assassinii per le strade. Josè scrisse al generale Sanjurjo, ex amico di suo padre, che doveva divenire capo di governo provvisorio di restaurazione monarchica, una lettera di apertura ai soldati, esortandoli dal carcere di porre fine agli attacchi cui era stata fatta segno la ‘’sacra persona della Spagna‘’. ‘’All’ultimo momento, ha detto Spengler, è sempre stato un plotone di soldati quello che ha salvato la civiltà’’. Passati i tempi in cui Josè diceva che tutti i soldati erano inutili, pusillanimi, e che il più codardo di tutti era Franco. La Falange non era legata ai cospiratori e Josè condivise i sentimenti che animavano un discorso del socialista Prieto. Il 1° giugno Josè scrisse dal carcere di Alicante una lettera al generale Mola, promettendo appoggio alla cospirazione militare, promettendo 4.000 falangisti in aiuto alla sedizione. Al grido di ‘’Cafe!’’ ovvero ‘’ìCamaradas!, Arriba Falange espanola !’’ verificarono amaramente alle elezioni del febbraio 1936 quando vinse il Frente Popular: la Falange che si era presentata al di fuori di ogni alleanza per non appiattirsi su una collocazione di destra o di sinistra – subì una durissima sconfitta, raccogliendo un numero di voti inferiore a quello dei suoi militanti. Si trattò di un insuccesso messo in conto, poiché la legge spagnola favoriva le coalizioni, ma il risultato era troppo deludente perchè la legge Josè Antonio non ne traesse l’indicazione che il suo nazionalismo sociale trovava in Spagna pochi consensi. Al ritorno al potere della sinistra, egli rispose rabbiosamente, non limitandosi solo ad orientare la Falange verso una guerra aperta con i gruppi armati socialisti e comunisti, ma incoraggiando attentati alla vita di rappresentanti politici del Frente Popular e delle istituzioni statali. Josè Antonio contribuì a creare il clima di illegalismo, disordine ed insicurezza che avrebbe favorito il golpe militare e la successiva guerra civile. Arrestato ed incriminato per diversi reati, si convinse che la salvezza sua propria e del paese erano nelle mani delle forze armate: dal carcere, diffuse una ‘’Lettera ai militari di Spagna’’ in cui proclamava essere ‘’suonata l’ora in cui le vostre armi debbono entrare in gioco per mettere in salvo i valori fondamentali’’ Cercò di proporsi ai generali cospiratori come punto di riferimento politico; infatti, Josè Antonio accettò di metter a loro disposizione – di fatto, senza condizioni – le milizie falangiste. Il fallimento del golpe militare, il fatto che la Spagna restasse divisa in due parti e che egli fosse detenuto ad Alicante, rimasta sotto il controllo dei repubblicani, segnarono la sua sorte. Processato da un tribunale popolare per ’’ribellione militare’’, Josè Antonio fu condannato a morte e giustiziato nel novembre 1936. Divenne, così, un’icona politica nella Spagna nazionalista; il generale Franco che non aveva per lui alcuna simpatia, essendo il tipico militare quadrato, ottuso, conservatore, clerico-‘’fascista’’ e reazionario, e verso Josè Antonio non si era impegnato per ottenerne la salvezza, per opportunismo politico ne fece il protomartire della sua causa: si impadronì della figura di Josè Antonio, del suo frasario, della sua Falange per meglio adattarsi a quel modello fascista che i successi dei suoi propri protettori, Mussolini e Hitler, facevano apparire vincente. Così, strumentalmente al Caudillo ed a uso della sua alleanza nazionale monarchica, a Josè Antonio toccò in morte una grandezza distorta che sia pur non avendo raggiunto in vita si era mostrata pura e coerente ai veri camerati.

 
Antonio Rossiello 

                    

                                                                                                            

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