La dittatura perfetta avra´ la sembianza di una democrazia, una prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno mai di fuggire. Un sistema di schiavitu´ dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitu´.
domenica 6 marzo 2022
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA CRONOLOGIA DEGLI AVVENIMENTI
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA CRONOLOGIA
DEGLI AVVENIMENTI
SPRONATI DA UFFICIALI DAL PASSATO VALOROSO,
MA ANCHE DA SEMPLICI MILITI, FANTI, AVIERI, MARINAI, RIFIUTANDO IL DISONORE
CHE COLPIVA OGNUNO, MOLTI SOLDATI DAVANO INIZIO, CON MOTO SPONTANEO, AL
FENOMENO PRODIGIOSO DELLA RICOSTRUZIONE DELLE FORZE ARMATE PREMESSE da L’ORGANIZZAZIONE MILITARE DELLA RSI. Giuseppe Rocco.
Come tutti sanno, già prima dell’8 settembre
1943, mentre gli alti comandi preparavano il tradimento, in numerosi ambienti
militari la situazione successiva al 25 luglio, pur nella formale apparente
disciplina, aveva provocato una serie di sbandamenti e di perplessità.
In modo particolare, nei reparti della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale,
costretti a sostituire i fascetti con le stellette, maturavano propositi
che il maldestro intreccio di tre tradimenti portò in seguito allo
scoperto. Tutta l’abilità dei cospiratori si era esaurita
con il colpo di stato del 25 luglio. Mussolini, dopo la sua liberazione
dal Gran Sasso, ebbe a dire a Galbiati che se i nostri Capi militari avessero
applicato, nella preparazione della guerra, la stessa intelligenza dimostrata
nella preparazione del colpo di stato, egli non sarebbe stato a Roma a
parlare, ma in un albergo del Cairo. Tutti e tre i Capi di Stato Maggiore,
cioè Badoglio, Cavallero e Ambrosio, come risulta dai loro diari,
persero più tempo per studiare il colpo contro il governo che per
elaborare piani contro il nemico. Dopo il 25 luglio, solo livore politico, vendette
e confusione: si pensi che su sedici ministri, due soltanto riuscirono
a partire da Pescara con il re e Badoglio. Gli altri, dimenticati o spariti. I tedeschi, traditi dal governo badogliano (naturalmente,
consenziente il re); il governo Badoglio, tradito dagli americani con la
promessa - falsa - di sbarcare una divisione di paracadutisti nell’aeroporto
di Ciampino, e con la proclamazione dell’armistizio quattro giorni prima
di quanto concordato (l’8 settembre anziché il 12); tre milioni
e mezzo di soldati italiani traditi dallo Stato Maggiore, abbandonati allo
sbaraglio, senza ordini, con la sola direttiva generica di volgere le armi
contro l’alleato che da tre anni gli combatteva a fianco. Già nella notte fra l’8 e il 9, ma con ritmo
sempre più accelerato nei giorni successivi (prima che i tedeschi
attuassero i loro comprensibili piani di vendetta per il tradimento), ovunque
si trovassero soldati italiani, qualcuno si ribellò. Con moto spontaneo, spronati da ufficiali dal passato
valoroso ma anche da semplici militi, fanti, marinai, avieri ecc., rifiutando
il disonore che colpiva ognuno, molti soldati davano inizio al fenomeno
prodigioso della ricostruzione delle Forze Armate. Si manifestò
ovunque l’intenzione di continuare a combattere il vecchio nemico, mettendosi
a fianco di qualche reggimento tedesco - in caso di elementi isolati -
o costituendo reparti regolari organizzati e disciplinati. In ogni centro, grande o piccolo, attorno a quanti
non avevano deposto le armi, si verificò un’affluenza di giovani
generosi e anche di meno giovani, padri di famiglia con gradi o senza,
che avevano tutto da perdere ma ritenevano necessario salvare, nel momento
supremo, il valore più alto di un popolo: l’onore militare. Valore
che si riflette, in guerra e in pace, in tutti i campi della vita civile
ed economica della nazione. Le note dell’inno del primo fascismo, trasmesse
da Radio Monaco la sera dell’8 settembre da un gruppo di "irriducibili",
rappresentò il primo collante, un segnale per gli isolati, una prima
certezza di non essere soli, ma che altri fratelli erano determinati a
raccogliere dal fango le armi abbandonate, continuando a combattere, con
o senza speranza di vittoria ma per fedeltà alla parola data. Nel giro di pochi giorni, quasi tutti i reparti
della Milizia e nuclei di soldati, di marinai, di avieri, di fascisti,
di civili non fascisti, di funzionari statali, di specialisti delle varie
Armi si riunivano spontaneamente per difendere le loro sedi e le loro prime
caserme, anche dall’alleato germanico giustamente diffidente. Subito si
creò una rete militare tale da occupare e presidiare tutto il territorio
non invaso dagli anglo-americani, (circa gli otto decimi del suolo italiano)
ed assicurare l’attività dell’apparato statale in tutti i suoi aspetti,
amministrativi, assistenziali, politici, giudiziari ecc. La Repubblica Sociale Italiana era già viva
e vitale prima ancora della liberazione del Duce, prima che il nuovo Governo
ne sanzionasse la nascita. Dopo tre giorni, già centottantamila uomini
erano accorsi volontari o rimasti in servizio. Il primo importante scopo era stato raggiunto: neutralizzare
la furia dei tedeschi, trasformati in poche ore da alleati in nemici. * * * Difficoltà immense accompagnarono la nascita
delle Forze Armate repubblicane; le carenze erano enormi, ma tutto riuscì
a procedere, nonostante il continuo arretramento del fronte, sia in Italia
che nel resto dell’Europa occupata dai tedeschi. Lo stato "Repubblica
Sociale Italiana" per venti mesi operò regolarmente, in tutte
le funzioni consentite dal tempo di guerra. Come il lettore potrà rilevare dal contenuto
del libro, verso la metà di aprile ’45, quando avvenne lo sfondamento
della Linea Gotica, l’Italia era ancora in piedi, tutta la sua struttura
organizzativa rispondeva alle esigenze della popolazione, l’aspetto alimentare
era sopportabile, la burocrazia funzionava bene, tanto che il governo del
Sud aveva emanato disposizioni di assorbirla man mano che avanzava l’occupazione
militare alleata. La situazione finanziaria, inoltre, era tale che, nonostante
il peso della guerra, il costo dell’alleato e degli assegni familiari pagati
ai congiunti dei richiamati (anche quelli che combattevano con l’esercito
del Sud), il bilancio del 1944 si chiuse in pareggio. I disagi maggiori
erano rappresentati dagli incessanti bombardamenti mirati e terroristici
nonché dalle imboscate di fuorilegge che scendevano di notte dalle
montagne. Le truppe della RSI erano distribuite lungo i confini
dove, da sole od unitamente a reparti germanici, avevano impedito fino
all’ultimo ogni sfondamento, sia sul fronte occidentale che su quello orientale.
Ad ovest si opponevano alle armate golliste che, dopo lo sbarco alleato
in Provenza del 15 agosto ’44 ed il conseguente abbandono da parte dei
tedeschi della Francia meridionale, si erano riaffacciati al confine piemontese,
con l’intenzione di conquistare territori italiani, come pegno da presentare
al tavolo della pace. Ad est, agguerrite grandi formazioni slave, comuniste
o no, aiutate anche da italiani, pretendevano di impadronirsi del Veneto
fino all’Isonzo ed oltre. Solo la strapotenza americana in uomini e mezzi
riuscì, con enormi sforzi, impiegando venti mesi più del
previsto, ad eliminare il fronte italiano. I tedeschi, con le divisioni
depauperate dalle perdite, ormai battuti su altri fronti, rinunciarono
a resistere sulla linea del Po, anticipando l’abbandono del territorio
italiano. Si determinò così una situazione improvvisa, che
mise le armate repubblicane in crisi, per cui i previsti piani di ripiegamento
non poterono essere attuati e la fine della guerra portò con sé
lo scatenamento dell’odio comunista con le tragedie che rappresentano una
delle pagine più buie della nostra storia. * * * Esaurite queste premesse, è nostra intenzione
esaminare la situazione militare alla metà di aprile 1945, prima
dei movimenti di ripiegamento generale, segnando su apposite cartine la
dislocazione dei vari reparti lungo i confini. Indicheremo altresì
la posizione degli enti militari nelle varie località e tutta l’organizzazione
del fronte interno. La rappresentazione grafica sarà preceduta
da una succinta storia di ogni Arma e di ogni Reparto, onde far conoscere
il vero spirito di abnegazione e la fede che animava i singoli elementi,
dal più umile "levato" al più noto generale.
da L’ORGANIZZAZIONE MILITARE DELLA RSI. Giuseppe Rocco.
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