martedì 31 agosto 2021

GIUSEPPE SOLARO, ULTIMO FEDERALE DI TORINO.

GIUSEPPE SOLARO, ULTIMO FEDERALE DI TORINO.

 27 MAGGIO 95. Cinquantenario della tragica morte.

GUARDANDO IL RITRATTO DI MIO PADRE
Gabriella Solaro
 
Se questo giorno fosse 
come un qualunque altro giorno,
e il vento non avesse disperso
la fioritura dei glicini,
e di te non mi restasse solo
questo fascio di carte ingiallite, 
io non morirei ogni anno di più
in questo giorno.
 
Nel ritratto riluce,
luminosa magnolia,
il tuo volto d’alabastro;
lo sguardo sereno
è già rivolto lontano
verso il cielo dei martiri.
 
In questo giorno d’aprile,
che non è come un altro giorno,
mi giunge il suono di voci,
di canti e celebrazioni:
son le musiche che suggellano
la Storia dei vincitori.
 
Ma che sarà invece di te
e di tutti i morti di allora,
orbite vuote, spalancate
su un mondo che più non vi piange?
Quali mani, dopo le nostre,
accenderanno di colore
il grigio muro del pianto?
Chi recherà una lucerna
per rischiarare il confine
che separa la pietà dalla gloria?
 
Si spegne lontano
l’eco degli ultimi suoni,
si allungano le ombre –
fantasmi che fuggono
dal mondo dei vivi –
e io resto da sola,
senza risposte,
in questa sera d’aprile
che non è come un’altra sera.
 
Ma all’improvviso risplende
nella cornice d’argento
il tuo viso ed illumina
la mia notte. Forse
è ancora tempo di fede!
 
Raccoglierò queste carte
consumate dal tempo
nell’urna della memoria.
Cercherò nelle tue parole
Il senso segreto 
del tuo passaggio di meteora
nel turbinìo della Storia.
Accenderò fiaccole di luce 
e per strade lunghe millenni
continuerò il mio cammino
verso la riva remota 
dove tu 
              mi aspetti.
 
Gabriella Solaro, 25 aprile 1995 

L’ULTIMA CROCIATA N. 5. Luglio 1995

 

 
 
IL RICORDO DI FRANCA
Franca Solaro
 
     I miei ricordi personali riguardanti mio Padre sono quelli di una bambina di sette anni riflessiva, che gli eventi drammatici di cui era già conscia spettatrice hanno reso precocemente matura.  Noi vivevamo come recluse a Palazzo Campana, allora Casa Littoria, e ricordo benissimo il buon Marino che ci scortava sempre all'andata ed al ritorno da scuola.  Mio Padre, in quell'ultimo terribile anno e mezzo di guerra, non avrà certamente avuto troppo tempo da dedicare a me e a te Gabriella, eppure so che ci ha immensamente amate, come si possono amare due piccole bambine indifese. Di Lui mi restano solo poche, vecchie, sfocate fotografie.  Vedo un giovane snello, bruno, in uniforme militare, con un bel viso scarno, intenso, dallo sguardo profondo e precocemente serio. Mi resta soprattutto la lezione della Sua vita: così breve, così tragica, così intensa: aveva solo trent’anni quando lo hanno ucciso. A diciott'anni geometra, a 19 impiegato, a 20 sott'ufficiale di artiglieria nel servizio di leva, a 22 sposato, a 23 volontario in Spagna quale ufficiale della Milizia, due figlie, poi la guerra sul fronte occidentale al comando di un gruppo di artiglieria, l'8 Settembre, la Repubblica Sociale, a 28 anni, Federale di Torino, a 30 la fine (atroce!) e contemporaneamente la laurea in Economia e Commercio a pieni voti all'Università di Torino da studente lavoratore, l'attività politica nel gruppo torinese di Guido Pallotta, quella universitaria quale fiduciario del G.U.F. torinese, gli studi di economia politica e corporativa sotto la guida del Prof. Pacces, la fondazione e la direzione del «Centro Studi Economici e Sociali» presso l'Università di Torino, insieme a Golzio e Canonica, le pubblicazioni. in campo economico, l'attività giornalistica continuata sino alla fine, con la personale direzione della «Riscossa» -settimanale della Federazione torinese - la collaborazione al quotidiano «La Stampa» con numerosi articoli di fondo.  E sono lieta e fiera di poter dire che delle Sue pubblicazioni, in particolare di quelle concernenti la sistemazione geo-politica della futura Europa, del futuro «Nuovo Ordine Europeo» (siamo nel 1940/41) si sta interessando un importante storico tedesco, il Prof. Hans Werner Neulen di Colonia, autore con Nicola Cospito del volume «Salò-Berlino. L'alleanza difficile» edito in Italia da Mursia.  Se penso alla Sua vita, ai suoi trent’anni, come appare assolutamente inadeguata la mia: studio, lavoro, casa e famiglia. Ho vissuto, abbiamo vissuto al 75%, come diceva il grande Montale.  E subito mi domando il perchè di quella orribile fine: la doppia impiccagione, la macabra passeggiata del cadavere sul camion per le vie di Torino esposto al pubblico ludibrio, il corpo gettato nel Po dall'alto del Ponte Isabella come un sacco di rifiuti, il macabro tiro al bersaglio nelle acque del fiume!  Un martirio ed uno scempio paragonabili solo a Loreto! Perchè quella barbarie?  Perchè quella ferocia? Perchè in quel modo?  Perchè era un isolato, un corporativista, un sostenitore della socializzazione delle imprese e dei 17 punti di Verona, inviso sia ai comunisti che affrontava sul loro terreno in fabbrica, sia all'establishment torinese, che minacciava nei suoi intoccabili interessi socio-economici; un «pericoloso idealista» per gli uni, un «povero illuso» per gli altri -i benpensanti trasformisti-, la vittima sacrificale ideale per lo sfogo finale di tutti gli odi e di tutte le viltà.  E se fosse sopravvissuto, che cosa avrebbe fatto dopo? Avrebbe continuato la lotta politica, Lui così sensibile alle tematiche sociali, Lui che aveva tentato sino all'ultimo di mantenere vivi i contatti con il mondo operaio torinese sul tema della socializzazione?  Oppure si sarebbe limitato, troppo disilluso di fronte alla caduta di tutti i suoi ideali, ad una attività manageriale, professionale, forse universitaria?  Infine l'ultima domanda, la più angosciosa: per chi, per che cosa ha dato la vita mio padre, Lui e tutti quelli come Lui, dell'una e dell'altra parte, il meglio, il fiore di un'intera generazione?  Per l'Italia odierna, con le tasche troppo piene ed il cuore troppo vuoto?  Per questa Italia di oggi, in cui gli unici metri di giudizio sono il denaro, l'avere anziché l'essere, il vuoto apparire? I valori in cui mio Padre credeva -l'amor di Patria, l'aspirazione ad una migliore giustizia sociale, la fedeltà alle proprie idee, il disinteresse personale, la capacità di sacrificio per la realizzazione dei propri ideali- appaiono del tutto superati ed anacronistici?  Solo la Vostra presenza qui oggi, il Vostro calore, la Vostra partecipazione mi aiutano a credere, a sperare, che forse mio Padre non è morto invano.  Ringrazio tutti dal profondo del cuore.
Franca Solaro
 
 
 
                                                                                                                                        
 
                                                                                                                                        

Nessun commento:

Posta un commento