lunedì 16 maggio 2016

LE STRAGI PARTIGIANE - PARTE II


LE STRAGI PARTIGIANE - PARTE II (articolo senza fonte... chi smentisce??)


Eccidio del carcere giudiziario di Ferrara
  - L’otto giugno 1945 una squadra di partigiani, che esibivano sul taschino del giubbotto un grosso distintivo con la falce e martello, si fecero aprire con uno stratagemma, la porta del carcere “Piangipane” , di Ferrara, tre di essi, armati di mitra, dopo aver fatto evadere i partigiani detenuti per reati comuni, penetrarono nell’ala dove erano rinchiusi i detenuti politici, e, fattesi aprire le celle dal capo guardia, ingiunsero ai reclusi di ammassarsi in fondo al corridoio e li massacrarono a ripetute raffiche di mitra sparate ad altezza d’uomo. Non soddisfatti, continuarono a sparare nel mucchio dei corpi ammucchiati per terra in una pozza di sangue, prima di fuggire nel cortile, dove uccisero anche il capo guardia. In totale i morti furono 18 e 17 i feriti. In successive e tardive indagini furono identificati i tre sicari, ma , giudicati dalla Corte di Appello di Ancona, questa ritenne estinti i reati per amnistia, quasi che l’eccidio fosse stato “commesso nella lotta contro il fascismo”.

Il rogo di Francavilla Fontana (Brindisi) - L’otto maggio 1945 una piccola folla di facinorosi sobillati da comunisti, prelevò i fratelli Chionna dalla loro abitazione, che venne depredata di ogni bene asportabile e quindi devastata, soltanto perché colpevoli di aver conservato sentimenti fascisti. I due vennero sospinti con feroci sevizie fino alla piazza principale della cittadina, dove era stata allestita una pira a cui fu dato fuoco. Il linciaggio si concluse con il rogo dei due fascisti gettati tra le fiamme ancora vivi.

Nefandezze nel modenese - A Medolla (MO) il grande invalido di guerra Weiner Marchi, costretto in una carrozzella, il 29 aprile, venne seviziato vigliaccamente e poi, ferito e sanguinante, fu gettato, ancora vivo, in pasto alle scrofe affamate in un recinto; ma furono più feroci gli uomini delle bestie che lo straziarono per cibarsene. A Modena il 27 aprile Rosalia Bertacchi Paltrinieri, segretaria del Fascio femminile e la fascista Jolanda Pignati furono violentate di fronte ai rispettivi mariti e figli, quindi, trascinate vicino al cimitero, furono sepolte vive.

Assassinio della levatrice di Trausella (TO) - A Trausella (TO), la levatrice di quel comune fu prelevata, “con audace azione di guerra”, mentre si recava ad assistere una partoriente, trascinata presso il comando di una “valorosa e intrepida” formazione partigiana, fu violentata da un numero imprecisato di eroici “combattenti per la libertà”, che poi la trucidarono, assassinandola tra tormenti atroci avendole tamponato i genitali con ovatta impregnata di benzina, a cui appiccarono il fuoco, rinnovando l’orrenda combustione con altri tamponi infiammati fino al purtroppo stentato sopraggiungere della liberazione con la morte.1
NOTE: [1][1] Mino Caudana e Arturo Assante, Dal Regno del Sud al vento del Nord, Vol. II, C.E.N., Roma, 1963, III ediz., p. 1180.

L’eccidio di Volto di Rosolina (Rovigo) - Nei giorni immediatamente successivi al 25 aprile 1945 le truppe italo-tedesche abbandonarono la zona di Rosolina. In località Volto operava una batteria antiaerea della X Flottiglia Mas.
Il 26 aprile i marò della Decima fanno saltare le munizioni e i cannoni e cercano di mettersi in salvo vestendosi in borghese.
Ma nella notte fra il 26 e il 27 vengono raggiunti dai partigiani e uccisi senza pietà con raffiche di mitra.
L’allora parroco Don Mario Busetto ha lasciato una testimonianza dalla quale si ricava che in data 30 aprile furono scoperti sotto la sabbia 9 cadaveri, cui fu data cristiana sepoltura.
Purtroppo fu identificato soltanto Vincenzo Caruso di anni 21 da San Nicandro Garganico (FG). Secondo il parroco, però, un altro degli uccisi era Leonardi Carmelo di Palermo.
Invano la famiglia di Giuseppe Licata, anni 23, di Sciacca (AG) cercò di identificare il suo congiunto con uno dei caduti.
Il 15 giugno 1946, poi, vennero scoperti e sepolti altri 5 cadaveri.
Insieme ai 14 marò furono uccise anche due giovani sorelle che prestavano servizio alla batteria in qualità di ausiliarie: Adelasia Zampollo di anni 17, nata a Chioggia e residente a Genova e la sorella Amorina di 24 anni, che aveva un figlio piccolo.

Le stragi di Omegna - Nella notte fra il 25 e il 26 gennaio del 1945 una squadra di partigiani penetrò con l’inganno nella casa del Sig. Raffaele Triboli e lo prelevò insieme alla moglie Clorinda Benassai e alla figlia di 21 anni Gianna. La casa fu rapinata di tutto quanto poteva valere qualcosa. Restavano soli in casa nel terrore i figli Francesca di 14 anni, Antonietta di 13 e Raffaele di 9. I tre prelevati furono torturati, le donne violentate e, infine, gettati, pare ancora vivi, nel lago d’Orta, chiusi dentro un telo di paracadute. Né, questo, fu l’unico massacro compiuto dai partigiani nella zona del lago d’Orta.

La strage dei ragazzini di Mario Onesti - Il 25 aprile 1945 un reparto di giovanissimi militi della contraerea della Malpensa, guidato dal sergente Mario Onesti si dirigeva verso Oleggio. Intercettati dai partigiani della brigata di Moscatelli, si difendono come possono. Alla fine il cappellano partigiano, Don Enrico Nobile, invita i militi ad arrendersi. Avranno salva la vita e un salvacondotto per tornarsene a casa. Il sergente interpella i suoi giovanissimi militi, poco più che adolescenti, e decide di accettare. Qualcuno non si fida e riesce a fuggire, ma undici, col loro sergente, si consegnano e, alle 18,30, si redige un verbale dell’accordo. Ma i partigiani non hanno nessuna intenzione di rispettare il patto e il giorno dopo, 26 aprile, i ragazzi vengono trattenuti prigionieri nelle segrete del castello di di Samarate, dove vengono sottoposti a indicibili torture. E il giorno dopo ancora, 27 aprile, alle 8 di mattina vengono caricati su un camion e portati sul luogo del supplizio. Il prete che avrebbe dovuto essere garante dell’accordo è impotente e può solo impartire una frettolosa benedizione. Poi la fucilazione. Tutti offrono il petto ai fucilatori. Si ode qualche grido di “Viva l’Italia”. Non sazi gli aguzzini infieriscono sui corpi degli uccisi, anche ficcando ombrelli negli occhi dei morti.

La strage della famiglia di Carlo Pallotti - Il 9 gennaio 1945 alcuni partigiani penetrarono in una casa colonica nella campagna modenese dove si era rifugiato il veterinario Carlo Pallotti, fascista, insieme alla famiglia e massacrarono l’intera famiglia : il Pallotti, la moglie Maria Bertoncelli e i giovanissimi figli Luciano e Maria Luisa. Responsabili furono ritenuti i partigiani modenesi Michele Reggianini e Giuseppe Costanzini che, però, non subirono alcuna condanna per questo crimine in quanto il massacro fu ritenuto, dalla magistratura della nuova Italia democratica, una legittima azione di guerra.

Le condanne a morte richieste dal P.M. Oscar Luigi Scalfaro - (Pare opportuno inserire anche queste morti fra le stragi di quel periodo)
Il Giornale del 9/3/1995, con un articolo a firma P. Pisanò, informa:
"Sono 8, le condanne a morte di fascisti, chieste e ottenute dal P.M. O.L. Scalfaro, alla Corte assise di Novara, dopo il 25/4/1945. La biografia ufficiale, parla di un solo imputato, per il quale la condanna a morte era inevitabile; ma tale imputato… venne poi graziato... La realtà è un pò diversa.1943: Il futuro presidente della Repubblica entra in magistratura.
1°maggio 1945: O.L. Scalfaro assume volontariamente la carica di vicepresidente del tribunale di Novara.
13 giugno 1945: Sostituiti i tribunali del popolo con le CAS (Corte Assise straordinarie), O.L. Scalfaro sostiene la pubblica accusa contro Enrico Vezzalini, soldato valoroso pluridecorato.
15 e 28/6/1945: L'Ufficio del PM ottiene la condanna a morte di Enrico Vezzalini, Arturo Missiato, Domenico Ricci, Salvatore Santoro, Giovanni Zeno e Raffaele Infante. Condanne eseguite all'alba del 23 sett.1945 (ndr: al poligono di tiro di Novara).
16 luglio 1945: Il PM chiede ed ottiene la condanna a morte di Giovanni Pompa, 42 anni, della GNR. Sentenza eseguita il 21/10/1945.
12 dic. 1945: il PM chiede ed ottiene la condanna a morte di Salvatore Zurlo.
Da "Il Corriere di Novara" del 19 dic.1945: "Il PM Scalfaro parla con vigoria ed efficacia che lo fanno ascoltare senza impazienza dal pubblico... Il Pm, dopo la chiarissima requisitoria conclude domandando la pena di morte per lo Zurlo...
"Lo Zurlo, nel 1946, in processo d'appello, ebbe la sentenza annullata.
 Otto condanne a morte ottenute, sette eseguite. O.L. Scalfaro, brillante inquisitore da tribunale del popolo, si è ormai messo in luce per tentare le vie della politica, candidandosi all'Assemblea Costituente e, pur senza abbandonare la magistratura e relative prebende, avviarsi verso la gloria di Roma". Questo articolo è rimasto, all'epoca, senza reazioni di sorta dell'interessato: tutto vero, dunque.
Ma giornalisti de “L'Ultima Crociata… " dove sono ora??


ols


IL COMPAGNO SCALFARO

                                                                                                                                         

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