giovedì 27 ottobre 2022

RIVOLUZIONE IDEALE!

RIVOLUZIONE IDEALE!

La rivoluzione è soprattutto una sostituzione di uomini. Poiché l’idea è l’uomo, le idee non si sostituiscono senza sostituire gli uomini. La rivoluzione opera esclusivamente sull’uomo; tutte le rivoluzioni sono state provocate dal bisogno di tornare all’uomo, alla responsabilità dell’uomo, anche se lungo la strada, si sono talvolta risolte in un rafforzamento della inumanità e irresponsabilità degli istituti. Gli istituti vitali, entro cui l’uomo è libero sono la conseguenza dell’uomo, dei diversi uomini e non viceversa. Quando gli istituti raggiungono una forza tale che l’uomo ne è imprigionato, si ha la conservazione cioè la sistemazione delle maggioranze sulle minoranze, il soffocamento di queste come determinanti della storia. La rivoluzione che non crea gli uomini nuovi, nuovi come incarnazione dell’idea nuova, non è rivoluzione. Inutilmente essa rimuoverà gli istituti. Ma d’altra parte rinnovare gli uomini pretendendo di calarli nei vecchi istituti è imprigionare il nuovo spirito nelle vecchie fortezze.
La rivoluzione è un’idea che esplode attraverso una fede. In principio gli uomini non conoscono la nuova idea ma hanno fede nel loro istinto rivoluzionario: più tardi appare la necessità imperiosa che gli uomini nuovi sappiano il nome della loro fede. La prima spinta è data dalla fede, ma la vera rivoluzione è fatta dall’idea che rovescia l’idea precedente. L’idea nuova non è però tale se non incarnata da uomini nuovi. La rinnovazione ideale operata dagli stessi uomini del passato è un assurdo: l’idea è l’uomo. L’idea senza un carattere che la affermi è pensiero puro, esercitazione inerme e inane. La rivoluzione è anzitutto una rivolta contro la civiltà esistente e pertanto non può accettare lo stato di cose contro il quale è nata. È sempre almeno un tentativo di sostituire civiltà a civiltà, di agire sull’universale. Una rivoluzione che non aspiri all’impero della sua idea, una rivoluzione circoscritta dai confini nazionali entro cui è nata, non è ideale, ma solo assestamento di forze meramente materiali nell’ambito della vecchia idea. Non è rivoluzione quella che si ferma alla potenza nazionale, in quanto la potenza nazionale è conseguibile sotto tutti i regimi e non sposta, per sè stessa, una riga della civiltà nella quale è conseguita. Vi può essere infatti, una rivoluzione senza potenza nazionale, agente sull’universale prima che sul nazionale. La rivoluzione che non porta alla nuova civiltà è un colpo di stato più o meno accordato con la situazione esistente, specie di forza materiale insopprimibile che baratta la sua forza contro il riconoscimento e la legalizzazione del passato che essa concorre a perpetuare nel presente : riconoscimento e legalizzazione antistorici perchè la rivoluzione si legalizza da sè. La rivoluzione è creduta l’eccezione della storia, la insopprimibile illegale rivolta che si legalizza col tempo. Al contrario essa è la necessità della storia e soprattutto la sua anima, che impedisce l’ingiustizia di una legalità perpetuata oltre le cause che l’hanno determinata. Essa è l’antitesi della codificazione e della sistemazione di uno stato di cose che per la legge di gravità politica, tende man mano verso il basso, verso l’identità con la materia: pur essendo idea cioè spirito, trova la forza bruta necessaria allo scoppio materiale, nel disagio in cui soffre un popolo, una classe, una categoria. La rivoluzione senza sangue è un assurdo. Sostituire uomo a uomo significa versare il sangue della civiltà che tramonta e di quella che nasce. Se certe presunte rivoluzioni non avessero usato lo spargimento di sangue per difendere la conservazione di cui sono costituite, si potrebbe affermare che le rivoluzioni si misurano col sangue. Non esiste una rivoluzione che nasca per limitare la libertà : la rivoluzione è sempre volontà di fare un passo avanti sulla via della libertà dell’uomo. Ogni tanto l’uomo si scrolla di dosso le catene di una libertà diventata oppressione, e cerca di marciare più spedito. Il grido di rivolta può degenerare nel sibilo di frusta dell’aguzzino, ma il motivo unico è la liberazione. 

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La Rivoluzione Fascista è originale, cioè apre una nuova civiltà. Pertanto non continua nessuna rivoluzione precedente nè la Rivoluzione francese in particolare che è l’ultima grande rivoluzione, la cui civiltà sia degna d’essere combattuta. Tagliando la testa a un privilegio non più in grado di guidare la storia, ma responsabile di una irresponsabilità di fronte al popolo, la Rivoluzione dell’89 sopprime il principio ereditario del sangue, privo di forza, incapace di trasmettere una forza che appare conquistata se non conosciuta dal popolo. Ma il numero non governa: qualcosa deve sostituire la scaduta aristocrazia e la formula costituzionale, voluta dal popolo, inventata dalla borghesia per garantirsi da un’eventuale accusa di responsabilità, sale i gradini di un comando inanimato, il comando della legge. La borghesia immagina una società economica addossando alla politica, caratteristica delle aristocrazie, il dolore e la sofferenza delle plebi : una società economica basata su un « contratto » vicendevole degli individui con amministratori delegati a turno. Naturalmente chi ha maggior cumulo di interessi in tale società avrà il diritto di amministrare. La grande parola della Rivoluzione francese è infatti: sostituire al governo degli uomini l’amministrazione delle cose. L’uomo essendosi emancipato dall’autorità nell’uguaglianza non ha bisogno di governo ma di amministrazione per le sue materie. È il grande levarsi della materia organizzata che pugnala, con la costruzione dell’economia, la sua eterna nemica: la politica, la nemica terribile di ogni divisione, di ogni autonomia contro lo spirito. Mancata l’aristocrazia, poiché la società ha necessità di un tetto sotto cui riparare la paura di bivaccare all’aperto con sopra un cielo diventato sconosciuto e ostile; la borghesia raccoglie l’eredità materiale, meno quella ideale, meno la responsabilità. Si appropria individualmente dei mezzi materiali aristocratici, mezzi per il governo, facendone il fine individuale e personale, la materia di un nuovo principio ereditario che investe la proprietà affermandola come assoluto politico e storico. Il popolo, per legge fisica tradotta in aspirazione ideale, si precipita nel vuoto lasciato dalla borghesia. La Rivoluzione fascista è invece il governo degli uomini che si sostituisce all’amministrazione delle cose. È l’affermazione della politica come suprema totale responsabile della storia, la quale ha una nuova originale preminenza sulla vita. La società non più economica ma politica, non è basata sul « contratto », il quale non essendo veramente sociale provoca il problema sociale; ma sulla gerarchia degli uomini, al sommo della quale sono i detentori, per incarnazione, dell’autorità, del comando. Del comando responsabile dell’uomo che si sostituisce all’irresponsabilità della legge particolare, presunta enciclopedia della vita, dei suoi diritti meno i suoi doveri. Infatti il comando opera, la legge difende.
La Rivoluzione fascista è l’affermazione dell’intervento politico nello stesso periodo storico in cui il fallimento della democrazia col suo Stato astratto ed assente, ha chiamato imperiosamente un caotico ed affrettato intervento statale d’una ampiezza tale in quantità, da dimostrarsi irrimediabilmente assurdo. Perchè l’intervento fascista non è quello che cancella l’individuo nello statalismo facendo della nazione una impresa economica, ma eccita e dirige l’individualità e l’iniziativa dell’uomo, proclamando la nazione una impresa politica. La Rivoluzione fascista, malgrado quella assicurazione della vita borghese che è la costituzione, reputa la borghesia responsabile delle attuali sofferenze dei popoli e pertanto ricaccia la borghesia nei ranghi del popolo, dal quale e solo dal quale può nascere la nuova aristocrazia, eterna forza di vero comando. La gerarchia è fra gli uomini, non fra le diverse quantità delle cose degli uomini, quale volle la maggioranza irresponsabile per garantire l’autorità del numero e la legge della materia, col loro facile destino. La Rivoluzione fascista è l’uomo che riprende, dopo secoli di remo coatto, il timone della storia. 

(Edgardo Sulis, “Rivoluzione Ideale”, Firenze, 1939, pp. 33 / 39)

                                                                                                                                          

                                                                                                                                             

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