La mia "acquaticità" si manifestò
già all'età di otto anni, quando partecipavo alle Colonie
Marine della G.I.L.; più o meno nello stesso periodo nutrivo la
passione per il mare con una gran quantità delle letture allora
più in voga - Salgari, Verne... Le avventure marinare mi attraevano
straordinariamente, e finii coi diventare persino giocatore di pallanuoto.
Il 10 giugno 1940 avevo appena compiuto sedici anni (sono nato il 3 giugno
del '24, a Prato). Mi presentai volontario per la leva di mare, mentendo
sull'età; dopo tre giorni fui giudicato idoneo e mandato a La Spezia,
dove cominciai il corso di torpediniere.
Il mio primo imbarco fu sulla Regia Torpediniera
Orsa, che all'epoca svolgeva mansioni di scorta convogli lungo le rotte
dei Mediterraneo meridionale. Le mie frequentazioni coi pericolo cominciarono
presto: una delle prime missioni fu il trasporto di 20.000 taniche di benzina.
Il rischio era enorme: basti dire che la trasgressione al divieto assoluto
di fumare a azionare gli interruttori di bordo comportava la pena di morte.
Fu un incubo. Finalmente giungemmo a Derna, dove non entrammo in porto
ma sbarcammo in mare le 20.000 taniche, assicurate l'una all’altra da una
cima e poi trascinate a riva; poi la torpediniera venne lavata da cima
a fondo prima di riprendere il mare. Ma il mio primo incontro con la morte
è avvenuto in occasione dell'attacco aereo inglese nel porto di
Trapani, nel dicembre del '41, quando, unico superstite dell'equipaggio,
riuscii ad allontanarmi con la bettolina carica di 600 torpedini che costituiva
l'obiettivo dell'incursione nemica. In seguito fui riconosciuto colpevole
di disobbedienza e imprigionato nell'isoletta di Colombaia; ma l'Ammiraglio
Comandante, saputo il fatto, mi mandò a prelevare per consegnarmi,
a nome di Sua Maestà il Re, un encomio solenne.
Cosi, quando arrivò l'8 settembre, io
avevo già una certa esperienza in fatto di guerra e di esplosivi.
L'armistizio mi colse a casa, a Firenze, dove mi trovavo in convalescenza
in seguito alle ferite riportate in un attacco di Spitfire nel mese di
aprile: l'Orsa mi aveva sbarcato a Marsiglia il 24 di quel mese. Naturalmente
mi precipitai a La Spezia per imbarcarmi di nuovo sull'Orsa, ma m'imbattei
nel comandante Borghese, già medaglia d'oro della Regia Marina,
che stava organizzando la Xa MAS. Il comandante dell'Orsa mi riconobbe
subito, chiamandomi col soprannome che mi ero guadagnato - “Pallino”. Borghese
mi accettò subito nel corso di pilota dei Mezzi d'Assalto di Superficie
(appunto, i MAS). A volte siamo stati paragonati ai kamikaze giapponesi:
è vero che anche per noi, consci che in quel momento si poteva davvero
dire tutto è perduto fuorché l'onore, la morte rappresentava
l'unica alternativa. Ma non è la stessa cosa. Devo sottolineare
anche un'altra cosa: e cioè che le missioni dei “barchini” esplosivi,
a differenza per esempio dei famosi "maiali", offrivano al pilota
pochissime possibilità di salvezza. Infatti si agiva in superficie,
allo scoperto: si era quindi esposti al fuoco incrociato delle navi nemiche
e poteva capitare (caso in verità non raro) di morire prima di aver
raggiunto l'obiettivo. Inoltre l'agire individuale, senza il supporto tecnico
e morale di un compagno, faceva sì che la missione fosse affidata
unicamente alla saldezza d'animo e alla determinazione dei pilota.
Ma il brutto è stato dopo. Tornare a vivere
in un mondo in cui non ritrovavamo più nulla della nostra cultura
e della nostra tradizione. Abbiamo subito tutte le angherie della cosiddetta
prima repubblica - che io continuo a chiamare seconda, perché ho
la convinzione che la prima vera repubblica sia stata la Repubblica Sociale
Italiana.
(testo raccolto da Francesco
Pozzi)
|
Nessun commento:
Posta un commento