venerdì 25 settembre 2020

UNIVERSALITA' DEL FASCISMO

UNIVERSALITA' DEL FASCISMO - (Autore: Eugenio Coleschi)

Universalità del Fascismo                                                
Autore: Eugenio Coleschi

Una delle più importanti e significative manifestazioni che hanno accompagnato il decennale della Rivoluzione Fascista è da ricercarsi nell’interessamento rivolto da tutto il mondo civile,  non soltanto alle opere compiute del Regime, ma all’essenza del suo pensiero filosofico, politico, sociale. Il mondo si è rivolto a Roma, con un sentimento che è assai di più della semplice curiosità, e che anche sorpassa l’ammirazione dei visitatori della nuova Italia per gli edifici, le ferrovie, le strade, gl’Istituti creati dall’impeto rigeneratore del Fascismo.
Vi è nel riconoscimento del mondo qualche cosa di più. È la coscienza dell’eternità spirituale di Roma, che ritorna ai popoli travagliati di una vita più alta, e di un ordine più sereno, ansiosi di ritrovare le basi più forti per una società migliore e per una elevazione e una rigenerazione degli uomini che non può venire se non dalla fonte della civiltà, se non dalla origine più pura della luce intellettuale.
La Rivoluzione Fascista, la personalità del Duce, hanno diffuso in tutto il mondo un riflesso grandissimo. E fino dall’inizio, il movimento delle Camicie Nere è stato seguito dall’opinione pubblica dei Paesi più diversi e più lontani, con attenzione appassionata.
Migliaia di volumi sul Fascismo e sul Duce sono apparsi in tutte le lingue e con le più disparate finalità; e la stampa di tutte le Nazioni e di tutti i Paesi, si è largamente occupata dalla marcia su Roma e delle sue conseguenze, sia sotto il profilo interno della politica italiana, sia per quanto riguarda la politica internazionale.
Fare di una mèsse così vasta di giudizi, di opinioni, di studii, d’impressioni, una sintesi armonica, e raccoglierne le espressioni più significative, nel corso di tutto il primo decennio del Regime mi apparve cosa interessante, e sotto un duplice punto di vista anche sommamente utile; ma le difficoltà mi sembravano ardue.
Ho pensato peraltro che convenisse affrontare queste difficoltà. Mancava anzitutto in Italia, e anche all’Estero, una raccolta ove fosse possibile cogliere facilmente, non soltanto le caratteristiche ripercussioni del movimento fascista secondo l’indole, le tradizioni, le mentalità, le particolari circostanze politiche e le attitudini spirituali dei vari Paesi, ma anche secondo la coscienza e il pensiero delle più svariate personalità politiche, letterarie e filosofiche del mondo. Ed appariva altresì di somma utilità il poter seguire, in una raccolta ordinata, non solo per Paesi, ma per anni, l’evoluzione progressiva delle ripercussioni del Fascismo sull’opinione pubblica mondiale.
Organizzare una siffatta raccolta in modo completo era impresa non facilmente superabile, o per lo meno l’opera sarebbe stata così voluminosa da non renderne agevole la consultazione.
Comunque l’aver messo insieme circa un migliaio di giudizi dalle più disparate plaghe del mondo rappresenta una fatica tutt’altro che lieve. E debbo perciò rivolgere una meritata lode (che, meglio di me, confermerà la prevedibile diffusione del libro) al camerata Mario Sani, compilatore attento e sagace, che ha curato la raccolta, seguendo brillantemente le direttive che gli affidai, e dimostrando di saper lavorare con ordine, con acutezza, con diligenza, e soprattutto con sincera e fedele passione fascista.
È assai interessante considerare in questo libro come, col procedere degli anni, si sviluppa il concetto degli stranieri sul Regime Fascista. Si vede, anche da un primo esame complessivo, che i giudizi divengono sempre più frequenti, per culminare in una mèsse davvero imponente (e questo libro non ha potuto riportare che una piccola parte) col Decennale.
Prova questa, del sempre più vasto interesse suscitato dal Fascismo, quanto più si è venuta affermando, colla meravigliosa eloquenza delle realizzazioni compiute, la saldezza, la potenza, l’espansione dello Stato fascista, sempre più profondamente radicato nella fede, nella coscienza, nella volontà del popolo italiano. Ma anche il contenuto dei giudizi e delle impressioni del mondo si va modificando, in modo evidente, col procedere degli anni.
Le prime constatazioni, i primi consensi, sono per il Condottiero intrepido e forte che ha saputo restituire l’ordine, la disciplina, la concordia al suo Paese, ma che ha anche, nel contempo, stroncato il sovversivismo anarchico e bolscevico, il quale, se avesse attanagliato l’Italia, avrebbe costituito un pericolo gravissimo per l’Europa intera. Il Fascismo appare all’Estero, in questo primo periodo (dalla marcia su Roma fino all’affermazione totalitaria del Regime), come un movimento di difesa, come la reazione legittima e salutare contro un Governo debole per sostituivi un Governo forte e ordinato. Il consenso intorno al Fascismo è, nei primissimi anni, circoscritto alla solidarietà degli elementi moderati di ogni Paese contro le forze sovversive.
In questo senso, vi è stato chi ha riconosciuto la possibilità di una internazionale fascista. La parola non ci ha soddisfatto per l’ambiguo significato; ma soprattutto non ci piace che il carattere mondiale, universale del Fascismo debba rilevarsi in un lato secondario, transeunte, e diremo anzi nella fase della dottrina e dell’azione fascista puramente demolitrice. Il preteso internazionalismo fascista mette sullo stesso piano movimenti diversi, troppo contrastanti fra loro, e solo in apparenza simili a certe esteriorità primitive del Fascismo.
Vi può essere un internazionalismo sovversivo e un internazionalismo antisovversivo; cioè la somma delle forze disgregatrici della società e la somma delle forze che a tale disgregazione, caotica e materialista, senza ordine e senza legge, vogliono opporsi.
Ma anche a questo proposito, bisogna distinguere: vi sono delle correnti nell’Europa e nel mondo nettamente conservatrici, nemiche dichiarate di ogni innovazione e di ogni progresso, attaccate a vecchie formule e vecchi privilegi, schiave del mercantilismo plutocratico e della tirannia bancaria. Queste sono forze reazionarie e conservatrici; e poco importa che il loro nome, la loro etichetta le ponga sotto la luce di una falsa democrazia.
Con esse il Fascismo non ha avuto e non avrà mai assolutamente nulla in comune.
I reazionari e i conservatori ad oltranza, anche se camuffati da democratici, non possono aver compreso, del Fascismo, che un lato puramente episodico e passeggero, ma non hanno certo potuto cogliere subito l’intima essenza che non è demolitrice, ma creatrice; ed è soprattutto squisitamente rivoluzionaria; intendendosi, come noi la intendiamo, la rivoluzione, nel senso di rinnovamento completo, di elevazione, di progresso purificatore, di resurrezione e trasformazione profonda, non solo degl’Istituti, ma delle coscienze, delle anime, delle idealità.
La grandezza e  l’Universalità del Fascismo è appunto nella formazione di uno Stato nuovo, che, superando il liberalismo, la democrazia e il socialismo, si afferma come una nuova norma generale di vita, per un assetto migliore della Società umana, per la composizione dell’equilibrio sociale, per la formazione di una nuova coscienza europea, in un sentimento unitario, nella solidarietà di una più alta missione.
E questo concetto dell’unità e della universalità del Fascismo è appunto quello che si fa strada, sempre di più, nella coscienza del mondo, finché, col Decennale, diviene il convincimento più sentito della parte sana, studiosa e pensosa di tutti i popoli civili, costituendo così la base naturale per la nuova missione della civiltà romana. Civiltà che fu e sarà sempre imperialista; cioè mondiale, nel senso più alto e più puro della parola.
Imperialista coi Cesari, imperialista col Cattolicesimo e col Papato, imperialista con Mussolini: cioè propagatrice di una legge superiore e generale nel mondo. L’Italia di Mussolini ha posto col suo ordinamento corporativo, le basi di questa trasformazione della Società, ha eretto colla rafforzata coscienza dello Stato, dei pilastri alla evoluzione della economia mondiale.
Uscendo da una guerra vittoriosa, la nostra Patria non si è chiusa nel godimento di un egoistico vantaggio o nel beneficio della recuperata tranquillità. Ha continuato invece la sua inesauribile offerta d’amore.
Essa entrò in guerra per uno slancio spontaneo, per una offerta disinteressata, per un atto di sublime altruismo. L’unione di tutti i produttori, in un vincolo di superiore solidarietà di fronte allo Stato, che perpetua, nel tempo e nello spazio, la vita dei cittadini, costituisce una forza e un esempio soprattutto morale, e perciò, universale. Così nella rinunzia dell’immediato e più ristretto vantaggio, l’Italia si appresta a dare al mondo il tesoro unitario della sua concezione e della sua esperienza politica e civile, e la bellezza della sua idealità sociale, ove i principii umani della romanità eterna si fondono con le idealità divine della rivelazione cristiana.
Il privilegio di uscire dal dolore, dal sangue e dal sacrificio, moralmente più grande e idealmente più giovane, la ventura di aver compreso come dai popoli che si sono combattuti in guerra deve balzare una sola fiamma, per l’avvenire migliore di tutti; ecco il segno della forza vera e della più nobile superiorità. Non mai come nei tempi che attraversiamo, particolarmente gravi, delicati e complessi, l’Italia è risalita, di fronte al mondo, alla purezza del suo carattere essenziale, alla sua tradizione più genuina e alla sua funzione più alta.
La politica internazionale deve oggi trovare il modo di congiungere insieme, la necessità di una organizzazione pratica e di rimedi precisi, positivi e solidi, per fronteggiare la crisi economica, e un pensiero di sano idealismo, che è nemico tanto del conservatorismo egoista, quanto di quelle ideologie convulse e sfrenate che non sono temperate dalla consapevolezza realistica e dalla prudente esperienza del vero. Di queste necessità urgenti e universali, si è fatta interprete, sola ed eloquente, la nuova Italia. Essa ha detto le parole che tutto il mondo attendeva, e la sua politica si è delineata in un accordo insuperabile fra la realtà e l’ideale.
Il mondo ha dei palpiti primitivi, rudimentali, comprensibili a tutti, che sono l’espressione stessa della natura. Questi palpiti sorgono dal comune istinto, dalla comune aspirazione dei popoli in certi periodi particolarmente travagliati ed oscuri. L’Italia ha manifestato per tutti, questo sentimento primordiale, essenziale e profondo. Ha ormai riassunto in pieno la sua missione di Forza – direttrice, di Nazione – guida dei popoli.
L’orizzonte europeo è sempre oscuro. Ma prima o poi dovrà pur venire la desideratissima aurora. E il primo raggio che annunzierà questo giorno nuovo (il giorno che invocano tutti gli uomini di buona volontà sulla terra), uscirà, ancora una volta, dalla rinnovata forza d’Italia.
Indipendentemente dagl’incontri, dai convegni, dalle conferenze formali, vi è una finalità superiore a qualunque intrigo e a qualunque particolarismo, una finalità che si fa strada nel cuore di ogni popolo, come una grande corrente istintiva: quella di addivenire a un nuovo ordinamento nei rapporti fra le Nazioni che istauri una solida e duratura base per una più tranquilla vita europea.
La vecchia Europa non è ancora riuscita a mettersi risolutamente sulla via di stretta solidarietà d’interessi, che può costituire il substrato necessario per una solidarietà spirituale veramente profonda; di quella solidarietà che potrà sanare le piaghe ancora cocenti che vi hanno lasciato le angosce della guerra e le ingiustizie della pace.
Molti difensori si sono presentati innanzi alle platee delle angustiate folle d’Europa. Ma erano istrioni volgari, colla maschera del pacifismo bene accomodata sul volto e con le ali d’angelo della pace fatte di cartapesta dorata. Non saranno certo questi ciurmatori che porteranno i rimedi salutari. Noi abbiamo fede che questo declino apparente dell’Europa prometta una sfolgorante ripresa di civiltà. Ma sarà fatale e necessario che una Nazione europea sia destinata a elaborare ed attuare gli elementi etici e politici e civili del nuovo sistema europeo, del nuovo sistema mondiale.
E allora l’antagonismo fra Oriente e Occidente si trasformerà, come per un prodigio, nella fiamma di una nuova civiltà umana. Dall’Oriente all’Occidente, riconciliati e risollevati nell’impeto di una forza morale religiosa e politica mirante alla unità indistruttibile degli spiriti, sorgerà la giusta pace del mondo. Ecco la vera potenza creatrice dell’azione e della dottrina Fascista.
Il sistema politico e sociale, istaurato dalla Rivoluzione Fascista, è una grande cosa, ma vi è ancora qualche cosa di più grande. È la forza ideale, conduttrice, animatrice e unitaria di Roma, che si proietta naturalmente a coordinare tutta l’Europa. È la luce della verità, è la potenza dell’armonia che può disperdere le disgregate e convulse agitazioni e le incertezze e gli squilibri che minacciano di far crollare il vecchio mondo, nell’oscurità di una irrimediabile rovina. Rovina morale ed economica.
La crisi che l’Europa attraversa è da ricercarsi essenzialmente nella mancanza di un principio unitario. Bisogna che alla molteplicità, allo spezzettamento, al dissolvimento, alla frantumazione, si sostituisca una supremazia spirituale, una ispirazione unica e superiore, la quale sia la norma, la guida, la verità suprema.
Quello che il Duce affermò innanzi al Parlamento, con serena e severa fermezza, nella solenne seduta celebrativa del Decennale è ormai convincimento della più profonda coscienza europea. La salvezza non può che venire da Roma perché (come ha ben detto il delegato polacco al recente convegno Volta, S.E. Waclaw Grzybowski) Roma è l’unica città del mondo che ha l’aspetto e l’anima di Capitale.
Non basta l’ampiezza di una città a stabilire la vera funzione di Capitale, non bastano le sue ricchezze, non bastano i suoi monumenti. Non si domina in perpetuo, se non in virtù di un’idea immortale, se non con la forza di una civiltà inestinguibile. Ora questa eternità di una missione civilizzatrice e animatrice, forma una sola compagine con le pietre, con le vie, con le piazze di Roma.
Nel tratto della Via dell’Impero e nelle sue immediate adiacenze, ecco il Colosseo, il Campidoglio, la Chiesa d’Aracoeli, il Palazzo Venezia, l’Altare della Patria. Quanta storia! Quante epoche diverse! E quale meravigliosa continuità di grandezze eroiche, spirituali, morali, politiche! Non sono pietre queste, sono luci; non sono monumenti questi, sono Are. Il destino di Roma e il segreto arcano di Roma è in questa meravigliosa spiritualità, dominatrice e sovrana, che signoreggia la materia, che fa della materia una fiamma, e delle cose transitorie, una espressione di vita, di poesia, d’idealità che oltrepassa gli uomini e i secoli, e ha per confini la gloria di tutti i tempi.
Fra i più acuti giudizi sul Fascismo credo debbano essere annoverate le dichiarazioni di Sir Charles Petric. Parlando al Congresso Volta della civiltà, e dopo aver giustamente riconosciuto nell’Europa la sorgente di ogni vivere civile, questo Baronetto inglese, membro della Reale Società di Storia, affermò che la civiltà dell’Europa è quella di Roma ossia alla purezza delle origini, se si vuole aver ragione delle presenti difficoltà.
«Ancora una volta è a Roma – Egli disse – che il mondo civile guarda per ispirarsi. Il Fascismo è stato mirabilmente definito e riassunto come il senso comune applicato alla politica e alla economia; ma esso è qualche cosa di più, cioè è la restaurazione, in moderna terminologia, degli ideali che fecero dell’antica Roma la massima impresa della storia umana. In altre parole esso è la reincarnazione di quella civiltà romana sulla quale è basata la civiltà europea».
Ci sembra che si Charles Petric abbia meglio di ogni altro sentito ciò che vale e rappresenta oggi l’Italia mussoliniana. Il pensiero, ormai generale, la sintesi della concezione europea e mondiale sul Fascismo è appunto questa (e ciò si rileva agevolmente dalle pagine di questo libro): ciò che occorre oggi alla futura trasformazione del mondo, verso una più alta idealità, verso una potenza spirituale più duratura e più profonda, verso una organizzazione della Società europea più salda e completa, verso una più feconda concordia creatrice di fortuna e di gloria.
Nel periodo storico che attraversiamo, contro le forze disgregatrici, non può opporsi altro che l’unità. Il principio unitario è oggi espresso dal pensiero della nuova Italia. Il popolo italiano, erede e continuatore, come lo definì l’Alighieri, dei diritti imprescrittibili del popolo di Roma, ritenta eroicamente, da solo, la grande prova di ricondurre il mondo alla sua unità morale.
Non mai come in questo periodo di crisi angosciose, di difficoltà supreme, di contrasti acuti e profondi, nel convulso tormento di tanti interessi materiali, si ha la confusa sensazione che tutto il mondo ha bisogno di un respiro nuovo, d’uno slancio nuovo; si sente quasi, nelle profondità incerte dell’istinto, l’annunzio di un Regno dello Spirito che dovrà venire, che verrà.
E’ necessario il ritorno fatale di un ciclo unitario che riaffermi come assimilazione e comprensione delle diverse energie dei popoli europei nella unica sostanza della vera e duratura civiltà europea. Questa unità e questa sostanza non può che avere un nome, perché solo questo nome vive e si perpetua nei secoli, perché solo questo nome ha potuto resistere ai secoli.

È il nome del Passato e del Presente.
È il nome del Futuro e dell’Eterno.
È il nome della Chiesa e dell’Impero.

È ROMA.                                                                  

Autore: Eugenio Coleschi

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