lunedì 2 marzo 2015

LA RESPONSABILITA' DEL P.C.I. NELLE DEPORTAZIONI STALINIANE...

La responsabilità del P.C.I. nelle deportazioni staliniane dei comunisti italiani esuli in Russia

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L’apertura dei segretissimi archivi sovietici ha svelato agli storici e agli studiosi molti degli aspetti, altrimenti inimmaginabili, del sistema basato sul terrore instaurato da Lenin e da Stalin in nome del marxismo e del comunismo.
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In una lotta per il potere senza esclusione di colpi i due massimi rappresentanti del potere sovietico hanno concorso in bestiale ferocia nell’annichilire chiunque si ponesse sul loro cammino, fino a palesare una sindrome maniacale e nichilista che imponeva la distruzione totale dei bersagli predestinati.
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Fu così che le “pulizie etniche”decimarono intere popolazioni,  mentre le stragi di interi gruppi  sociali, o religiosi, resero l’intera società russa vittima di un organismo crudele e persecutorio, il cui unico intento era quello di uccidere, deportare, torturare, secondo uno schema parossistico e criminale.
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La mano assassina del comunismo russo non si è limitata ad estendere la sua opera nefasta solo ai cittadini sovietici, ma si è anzi accanita contro coloro che, esuli dalla madre patria, avevano cercato in terra di Russia un “paradiso comunista” a loro presentato e pubblicizzato come tale.
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A questo proposito voglio segnalare lo studio condotto da una insigne studiosa e storica della repressione in Unione Sovietica, la D.ssa Elena Dundovich, che insieme a Francesca Gori, anch’essa studiosa del dissenso nei paesi dell’Est, ha pubblicato il libro : 
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Italiani nei lager di Stalin”.
La crudeltà e il tentativo di annichilire le coscienze, insieme alla ferocia degli inquirenti, torturatori e cinici esecutori ammantati di sadismo, costituiscono il filo conduttore che lega gli uni agli altri tutti i componenti del sistema repressivo ed inquisitorio dell’apparato comunista sovietico,  dalla Rivoluzione di Ottobre in avanti.
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I comunisti che non si allinearono “in toto” alla corrente bolscevica furono da subito considerati da Lenin e da Stalin come nemici della rivoluzione, nonostante il fatto che ne fossero stati artefici.
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La minoranza bolscevica prese il potere con la forza, delineando immediatamente quale sarebbe stato il proprio “modus operandi” e come avrebbero obbedito ai dogmi del marxismo che auspicava il ricorso all’uso della violenza.
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Le purghe che colpirono i fautori stessi della rivoluzione, operate da Stalin, e le cicliche cacce alle streghe, sfociate nella deportazione degli stessi collaboratori e degli appartenenti allo stesso sistema repressivo di cui divennero vittime, costituirono una caratteristica costante del Terrore staliniano.
Il comunismo del dittatore sovietico si pasceva costantemente e in modo paranoico del sangue di quelle vittime che ai suoi occhi costituivano un pericolo per il suo stesso potere.
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I comunisti italiani che migrarono in Russia per contribuire alla realizzazione del socialismo ideale, furono in realtà le vittime designate proprio da Stalin, che ciclicamente ne decretava l’arresto, la condanna e la deportazione.
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In questo sistema persecutorio fu decisiva l’impronta del Partito Comunista Italiano, che per bocca dei suoi massimi esponenti siglava i commenti, richiesti dai servizi segreti sovietici,  per ogni italiano finito sotto osservazione dagli inquirenti comunisti russi.
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Mentre in Italia ancora oggi molti definiscono Palmiro Togliatti come “il Migliore”, altri invece ignorano che questo personaggio ambiguo e criminale fu direttamente responsabile della deportazione di migliaia di connazionali, comunisti emigrati nel “paradiso sovietico”.

La “triade” comunista italiana che si produceva in valutazioni su coloro che in terra di Russia erano finiti sotto l’occhio malevolo dell' NKVD e del Politbjuro, magari per il sospetto di essere filo-trotskysti o bordighisti, era composta da :
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Palmiro Togliatti, Antonio Roasio, e Domenico Ciufoli.
Le considerazioni espresse da questi criminali comunisti italiani al soldo del potere sovietico, come emerso dalla lettura dei documenti conservati negli archivi sovietici, diventavano, se negativi, delle vere e proprie condanne a morte.
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Il giudizio espresso dai dirigenti del PCI per moltissimi comunisti italiani in Russia, divenne l’alibi compiacente attraverso cui l’apparato repressivo e poliziesco staliniano poteva disporre del destino degli sventurati sottoposti ad indagine.
Anche in occasione di richiesta di espatrio dei comunisti italiani, dall’Urss verso l’Italia, o verso la Spagna in occasione della guerra di Spagna, l’apporto del PCI fu determinante per stabilire chi dovesse meritoriamente essere autorizzato o chi invece avesse caratteristiche sospette.
Era sufficiente aver simpatizzato per Trotsky per essere accusati di “propaganda controrivoluzionaria” ed essere avviati a seguire l’iter già collaudato dall’NKVD :
arresto, deportazione, fucilazione.
Alcuni nomi delle vittime (comunisti italiani) che hanno seguito questo triste percorso :
Luigi Calligaris (nato a Fogliano (GO) il 15/06/1894), fucilato nel lager Severo-Vostocnyi nel 1937.
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Mario Menotti (nato a Bologna nel 1900), fucilato al Poligono di Butovo il 3 giugno 1938.
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Lino Manservigi (nato a Pontelagoscuro (FE) il 15/09/1897), fucilato il 14/03/1938 alla Kommunarka.
La persecuzione staliniana prendeva di mira anche i familiari dei deportati, condannando alla deportazione anche mogli e mariti, e appropriandosi dei figli, che venivano cresciuti dalle strutture statali che ne avrebbero curato la formazione politica.
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Quando l’Italia entrò in guerra, divenendo di fatto nemica dell’Unione Sovietica, tutti gli esuli comunisti italiani residenti in Russia furono trattati alla stregua dei nemici, nonostante la loro comprovata fede politica  e la loro fattiva partecipazione alla società comunista.
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La scure di Stalin si abbattè su di loro, usando l’etnia e lo Stato di origine come metodo di classificazione determinante per la loro deportazione nei lager comunisti.
Vittime della carestia indotta da Stalin

Gli italiani quindi andarono ad allungare le file di chi, prima di loro, si erano scontrati con il colosso repressivo sovietico, e cioè i kulaki e i lisency.
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I primi costituivano le schiere di contadini considerati ricchi, anche se magari possedevano solo una mucca e un mezzo agricolo, e per questo nemici del popolo e della rivoluzione, mentre i secondi erano coloro considerati “elementi socialmente alieni” cioè ostili al Partito e allo Stato sovietico.
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Nel 1929  si contavano in Russia ben 3.716.855 lisency, tutti accuratamente schedati dal regime comunista.
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Pochissimi si salvarono dalla deportazione, a causa delle condizioni di vita proibitive, delle vessazioni delle guardie, delle torture, della fame perenne, delle malattie, delle prevaricazioni dei detenuti comuni, e del clima gelido che arrivava fino a 60 gradi sotto zero.
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Bartolomeo Evangelista, sopravvissuto alla deportazione in Kazachstan racconta :
Le abitazioni erano baracche decrepite, con tavolacci a due piani in ogni cella, in cui vivevano 5 persone.
Il letto era costituito dalla propria giubba imbottita oppure dal cappotto.
Il vitto consisteva in una zuppa di foglie verdi di cavolo con patate marce.
Ogni giorno i soldati portavano via sulle slitte tra i 10 e i 12 cadaveri, e in meno di un anno erano morte la metà delle persone.”
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Il libro di Elena Dundovich e di Francesca Gori ci svela i nomi, estratti dagli archivi, di molti degli italiani esuli in Russia, tutti comunisti, che trovarono la morte per mano dello spietato e crudele “compagno comunista russo”.
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Artisti di teatro, di circo, artigiani, musicisti, operai, economisti, enologi, interpreti, preti, e ogni altra categoria dell’intero universo sociale russo fu esente da purghe, e ciclicamente la repressione, sotto forma di arresti, deportazioni e fucilazioni, si ripresentava drammaticamente alla popolazione.
L’Associazione Memorial ha stilato un lungo elenco, ordinato per ordine alfabetico, reperibile in Internet all’indirizzo :  http://www.memorialitalia.it/ricerca-vittime-italiane-nei-gulag/   in cui figurano tutte le vittime del comunismo in Unione Sovietica, compreso coloro che sono riusciti miracolosamente a sopravvivere e a coloro che sono tornati in Italia.
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Vorrei ricordare  a tutti coloro che inneggiano al comunismo come questo si sia reso responsabile di delitti efferati contro l’umanità, costringendo le vittime a sopravvivere in ambienti ostili, a 50 gradi sotto lo zero, nei gulag stalinani, in baracche piene di cimici e di pidocchi, sottoponendole a torture fino alle estreme conseguenze, causando loro la morte.
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Le donne, nei paradisi comunisti del gulag, erano sottoposte ad ogni genere di sevizie, stupri e violenze di ogni tipo, al punto che rimanevano in stato di gravidanza dopo poco tempo dal loro ingresso nel sistema carcerario.
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I comunisti Italiani sono CORREI delle efferatezze compiute dallo stalinismo, in quanto hanno sempre voluto nascondere o mistificare la realtà dei fatti, nonostante fosse palese la crudeltà e la ferocia dimostrata dal comunismo russo.

I massimi esponenti del PCI, a partire da Togliatti, sono da considerare alla stregua di delinquenti sadici e pericolosi e nemici dell’umanità, poiché hanno consapevolmente contribuito alla morte di migliaia di persone innocenti.
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Personaggi come Togliatti, Moranino, o Cossutta, che hanno occupato gli scranni parlamentari con la carica di “onorevole”, nelle file del PCI, non hanno in realtà veramente nulla di onorevole, ma anzi sono dei venduti al soldo di Mosca, che ha continuato ad inviare soldi per decenni ai comunisti italiani, come dimostrano i documenti visionati all’apertura degli archivi russi.
La malafede e l’arroganza, la protervia e la violenza, sono gli elementi costitutivi dell’universo comunista, così come la Storia, nella sua devastante realtà ci insegna.
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Le vittime del comunismo sono state il risultato dell’applicazione del principio marxista che ha sempre auspicato il ricorso all’uso della violenza per affermarsi.
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Ancora oggi in quelle parti del globo in cui il comunismo è presente, appare evidente e palese la sua simbiosi con la violenza, l’annichilimento delle coscienze, la deportazione, la privazione della libertà e dei diritti umani.
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Lo provano le violenze subìte dal popolo cinese, o da quello tibetano, da quello della Corea comunista o di Cuba, e in qualsiasi altro posto dove il comunismo è imposto alla popolazione.
Monaco tibetano immolatosi per la libertà

Non esiste infatti, e non è mai esistito, alcun luogo in cui il comunismo sia andato al potere con libere elezioni e per volontà popolare.
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I comunisti presenti nelle varie realtà locali nel globo, sono sempre stati rappresentanti di una minoranza della popolazione, ma hanno sempre prevaricato la volontà democratica, imponendosi dittatorialmente, con l’uso della violenza.
E’ vergognoso assistere a manifestazioni di piazza nella civile europa, in cui si associa la bandiera rossa a rivendicazioni di tipo civile e sociale, mentre sappiamo che di civile e di democratico, in riferimento alla “falce e martello” non esiste proprio nulla.
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La manipolazione delle coscienze e della verità è infatti un altro elemento distintivo dei comunisti, che mistificano ad arte, interpretando il ruolo di “depositari di una verità” che in realtà altro non è che menzogna.
Ce lo insegna la Storia
Ce lo insegnano i milioni di morti che il comunismo ha finora prodotto.
 
                 DISSENSO 
 
 

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