domenica 27 luglio 2025

SOVRANITA' E IDENTITA' CONTRO IL TIRANNO GLOBALE

SOVRANITA' E IDENTITA' CONTRO IL TIRANNO GLOBALE


...Ma se il pensiero corrompe il linguaggio,
anche il linguaggio può corrompere il pensiero.

George Orwell


Finché non diverranno coscienti della loro forza non si ribelleranno.
E, finché non si ribelleranno, non diverranno coscienti della loro forza.

George Orwell

Centosettant'anni dopo la celebre definizione di Metternich, l'Italia sembra tornata ad essere nulla più di “un'espressione geografica”. So che non si tratta di una valutazione accettata ma quel che io vedo, e che chiedo di confutare a chi vi riuscisse, è un Paese spogliato d'ogni sovranità e in crisi d'identità, con in tasca una moneta straniera, Berlino per capitale effettiva, un inglese impostore eletto a nuova madrelingua ed il relativismo culturale a sovrintender le menti in vece di religione di Stato.

Mi perdonerete se salto a pie' pari il primo punto, ma dell'euro ho già scritto così tanto da rischiare la pedanteria. Basti ricordare che anche Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze di Romano Prodi, ha ora dovuto ammettere, in palese contrasto alla narrazione tuttora egemone a sinistra, che la moneta unica è “un marco tedesco sottovalutato”.

Per quanto iperbolica, dubito poi che la pur fastidiosa immagine di Berlino capitale richieda spiegazioni particolarmente approfondite. Come noto, infatti, la lunga stagione italiana dei governi tecnici, cominciata nell'estate del 2011 e temo ancora lontana dall'auspicabile fine, fu conseguenza di una violenta impennata dello spread, innescata, guarda caso, da una maxi-vendita dei Btp fin lì gelosamente conservati nelle casseforti di Germania. Fu la Cancelliera Merkel in persona poi, una volta vinta la campagna d'estate dello spread, a dichiarare ufficiosamente il “protettorato tedesco”, dettando punto per punto l'agenda politica di Roma con la famigerata formula – evoluzione delle antiche condizioni di pace - dei “compiti a casa”. Da allora Berlino dispone, magari per mezzo dei suoi ventriloqui di Bruxelles, e Roma esegue, vergando con le lacrime e il sangue degli italiani quaderni su quaderni di “compiti a casa”...

Desidero tuttavia far notare che alla docile accettazione del giogo tedesco è andato aggiungendosi, da qualche tempo, uno spettacolo altrettanto mortificante, ma ancor meno comprensibile: l'oblio organizzato della lingua italiana, ovvero dell'ultimo retaggio ancora intatto della nostra identità nazionale.

Con una decisione giudicata oltraggiosa persino dall'Accademia della Crusca, il Ministero dell'Università e della Ricerca guidato da Valeria Fedeli ha infatti stabilito che i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale (Prin) che ambiscano al finanziamento pubblico dovranno essere scritti in inglese, tollerando tuttavia che i candidati che lo desiderino alleghino alla domanda una copia sussidiaria in italiano. E' dunque vero, come ha subito protestato il ministero, che “è scorretto dire che la lingua italiana sia stata bandita”. In effetti è stata solo degradata, in Italia, al rango di una lingua complementare e facoltativa.

Sbaglia di grosso, peraltro, chi tenta di ricondurre la portata della questione ad un livello settoriale, ricordando che le pubblicazioni scientifiche internazionali vengono di norma compilate in inglese. Il bando, infatti, ammette anche Prin di natura umanistica; dunque persino chi volesse presentare un progetto orientato alla conservazione della poesia vernacolare sarà costretto a spiegarlo ...in inglese. Se non siamo all'assurdo, poco ci manca.

Temo tuttavia che sia alquanto ingenuo ridurre l'assurdità di una simile decisione alla scarsa inclinazione personale della signora Fedeli per l'italiano. L'adozione dell'inglese, che non è solo la lingua della scienza ma è e resta soprattutto la lingua dei mercati, obbedisce infatti ad un imperativo categorico della globalizzazione che, attraverso la distruzione programmata degli idiomi nazionali, mira a costruire un prototipo seriale di homo novus, perfettamente identico ai propri simili a prescindere dal luogo di nascita e dalla cultura di provenienza. Da qui la necessità di procedere per costante sottrazione delle differenze, cominciando naturalmente dalla lingua, dal momento che lingue diverse esprimono diversi pensieri. Uniformare il linguaggio serve perciò a uniformare i pensieri mentre uniformare i pensieri è la condizione essenziale per uniformare i comportamenti.

La sostituzione strisciante dell'italiano con l'inglese non riguarda solo l'istruzione universitaria. Da quest'anno, infatti, gli studenti di tutte le scuole secondarie dovranno assistere, oltre alle consuete (e, intendiamoci, sacrosante) lezioni “di” inglese, anche a lezioni “in” inglese delle principali materie scientifiche. Materie scientifiche, forse non lo sapete, come la storia. Ma non c'è un cortocircuito logico nel pretendere che la storia d'Italia venga insegnata in inglese? In quella storia, quantomeno, sembrerebbe mancare qualcosa. Qualcosa di enorme.

Si dice che il frutto non cada mai troppo distante dall'albero. Ed è vero. A spacciare tutte queste innovazioni legislative per progresso, in effetti, è una classe politica rampante che ormai da anni, sfoggiando il classico cosmopolitismo del provinciale, ha preso a giustificare ogni porcheria dell'agenda mondialista in un inglesorum subdolo che tanto ricorda il viscido latinorum usato da Don Abbondio per far fessi i villani. Chiamandolo esoticamente Jobs Act, Matteo Renzi è riuscito a conferire un'accecante veste di modernità alla cancellazione delle tutele dei lavoratori, evitando così che la base popolare del Pd, operaista e post-comunista, interpretasse immediatamente quella legge per ciò che era: una contro-riforma reazionaria e padronale. D'altro canto oggi è facile per il popolo cadere nel tranello dei dotti. Politici e giornalisti non fanno che ripeterci che bisogna fare la spending-review perché altrimenti sale lo spread e rischiamo il default, esponendo anche i nostri risparmi al rischio di un bail in. E chi sostiene il contrario, ovviamente, sta solo raccontando fake-news...

Dovendo pagare il mio tributo alla cultura anglosassone, consentitemi di parafrasare un micidiale fustigatore dei “modernisti” d'ogni tempo quale fu, e continua ad essere, George Bernard Shaw. Anche io, come lui, non credo sia necessario essere stupidi per parlare inglese tra italiani, ma certamente aiuta.

Per il gusto dell'ironia, che anche nel delirio del mondo globale resta la spada più adatta ad infilzar le idiozie, dimenticavo di dirvi che persino la Rai, malgrado i noti problemi di bilancio, ha voluto contribuire all'internazionalizzazione linguistica del Paese lanciando un nuovo canale della Radio-televisione Italiana totalmente in inglese.

Cambiare la lingua, come detto, serve a riprogrammare le menti. Ma le menti, per conservare l'illusione di funzionare in autonomia, necessitano di un “software” filosofico capace di restituire un senso anche al non-senso. Questa filosofia-guida, a mio avviso, è chiaramente rintracciabile nel Relativismo Culturale, una piattaforma di pensiero ispirata alla negazione d'ogni pensiero che predica l'iper-tolleranza per meglio praticare la tirannia. Esagero? Giudicate voi. Con la surreale giustificazione del rispetto delle diversità (ma a nulla di effettivamente diverso, in realtà, è più concesso di esistere), questa corrente di non-pensiero chiama padri e madri “genitore 1” e “genitore 2”, mette al bando i sostantivi maschili, corregge la trama delle opere liriche, infila mutandoni di legno alle statue ed offre riparo culturale a chi trasforma Gesù in Perù, arrivando persino ad invocare, ora, l'abbattimento sistematico di quei monumenti che darebbero equivoca testimonianza delle “epoche buie” del nostro passato.

Il buio di ieri contro la luce del domani che stiamo costruendo oggi... Non so voi ma io, se mi fermo a considerare il presente, fatico ad immaginare qualcosa di più buio di questo Oscurantismo Illuminista e di questa mefistofelica promessa di consegnarci Tutto, ma solo se, prima, avremo accettato di prostrarci al Nulla.

A. Montanari

sabato 19 luglio 2025

Winston CHURCHILL, CRIMINALE !

La storia d’Italia fu fermata nel 1943 per essere sostituita da quella delle turlupinature più abiette, da quella delle menzogne più efferate, delle falsità più luride, secondo un piano ben preciso che prevedeva la sepoltura della nostra grande Nazione, nelle loro cloache do viziosamente definite “liberatrici”.


 

Winston CHURCHILL,

 EROE O CRIMINALE ?

   Churchill

   Lo  scorso agosto ero a Londra ed un giorno alcuni amici italiani mi hanno portato in una campagna ad una cinquantina di chilometri dalla capitale, a Liss Forest, dove vive, in compagnia di uno erculeo skinh e di un cagnaccio nero,  una donna straordinaria di 84 anni che guida l'auto a 180 all'ora, veste una mezza divisa kaki e fa il saluto romano. Si chiama Rosine de Bounevialle e da 36 anni stampa a sue spese Candour, rivista dei cattolici "duri e puri" inglesi. In Italia di lei non si sa nulla, ma in Gran Bretagna tutti la ricordano perchè il 4 maggio del 1957 assaltò, da sola, il tavolo ove era seduto Winston Churchill, urlandogli di essere un assassino e un traditore. Fu il primo oltraggio storico allo statista, la cui statua domina Westminster.

   E' vero che quando morì, nel gennaio 1965, in trecentomila scesero in strada a Londra e 350 milioni di telespettatori seguirono in mondovisione le illustre esequie. Poca cosa, però, rispetto ai due miliardi e mezzo di teledipendenti incollati sul video per i funerali di Lady Diana. Fu comunque troppa grazia, troppo onore, per uno dei criminali della storia, quale fu il preteso Leone di Chartwell. Intendiamoci: non è solo il giudizio di un vecchio reazionario come il sottoscritto, ma il parere di numerosi storici del Regno Unito, quali William Manchester, David Irving e John Charmley.

   Nel 1954, nell'antica Misses Thomson School britannica di Hove, veniva inaugurata con adeguata cerimonia una piccola lapide dedicata "al ragazzo più arrogante del mondo" che era stato, a suo tempo, ospite dell'Istituto. Quel ragazzo era proprio lui, Winston Churchill, che così, sin dalla più tenera età, aveva presentato al mondo il suo primo biglietto da visita.

   La sua arroganza non si fermava nemmeno dinnanzi al gentil sesso. Bellicista e razzista, era pure infarcito di veteromaschilismo, al punto da odiare a morte Lady Astor, poichè era il primo deputato donna nel Parlamento britannico. Un giorno le disse "Se fossi vostro marito mi suiciderei". La Astor si limitò a rispondergli che era solo un ubriacone.

   La sua fama di violento guerrafondaio ebbe modo di dimostrarla platealmente già nel 1898, quando in Sudan comandò uno squadrone del 21.mo Lancieri di Sua Maestà contro i dervisci del Mahdi. Nelle sue memorie giovanili scrive, esaltandosi: "non si potrà vedere più nulla di simile". Commenta, a proposito di quella impresa imperialista, Gaetano Nanetti sul cattolico Avvenire: "E' un Churchill affascinato dalla guerra, più propenso a fare a fucilate che ad esercitare il suo mestiere di giornalista inviato dai giornali inglesi sul teatro delle guerre imperialistiche dell'Inghilterra". Un profilo, questo, evidenziato nello sceneggiato trasmesso a suo tempo da Retedue. Del resto, a proposito di quella guerra di conquista, è lo stesso futuro statista a definirla un fatto "teatrale", con la "vivacità e l'imponenza che dà fascino alla guerra". Questo "fascino" interessava al tenente Churchill, mica i diecimila morti della battaglia. Forse perchè quei morti erano in massima parte dervisci, cioè arabi, nemici, e per di più "selvaggi".

   Anche quella, che aveva visto undici anni prima Gordon, quale eroe tradito di una tragedia che avrebbe in seguito fornito lo spunto ad una serie di romanzi e di films fumettistici, fu una guerra imperialista, di cui Churchill andava orgoglioso. L'Egitto, che a quell'epoca dominava il Sudan con un regime brutale, fatto di corruzione e di crudeltà, minacciato dai volontari indipendentisti del Mahdi, si rivolse all'Inghilterra, la quale intervenne per tutelare i propri interessi economici nella regione. Secondo la mentalità positivistica dell'epoca, i "bianchi" incarnavano l'uomo della civiltà alle prese con orde di selvaggi fanatici e crudeli. Nessuno era sfiorato dal sospetto che quei 'selvaggi' fossero scesi in lotta per la libertà del proprio Paese.

   Qualche anno dopo, l'ufficiale Winston si distingueva in un'altra guerra imperialista, combattuta con una ferocia illimitata dai suoi soldati: quella contro i Boeri, i valorosi contadini olandesi del Transvaal. I britannici di Sir Winston li facevano volare a pezzi dopo averli legati alle bocche di cannone.

   Eppure Churchill, l'imperialista, si fece passare come lo strenuo difensore della libertà della schiavista Etiopia contro la colonizzazione italiana del '36, faceva finta di dimenticare che la Gran Bretagna era il maggior Stato razzista e colonialista del mondo. Lui stesso era un razzista di prim'ordine. Manchester, nella monumentale biografia sullo statista inglese, ha dimostrato come "l'Etiopia secondo il punto di vista di Churchill, non rappresentava un problema morale. Come per tanti della sua generazione, i neri costituivano per lui una razza inferiore... Non riuscì mai a liberarsi di questo pregiudizio". A Cuba, appena uscito da Sandhurst, egli aveva scritto che bisognava diffidare "dell'elemento negro tra gli insorti". Persino in Parlamento gli sfuggì di dire che "nessuno può sostenere la pretesa che l'Abissinia sia un membri adeguato, degno e paritario di una società di nazioni civili". E quando, anni dopo, gli chiesero cosa ne pensasse del film Carmen Jones, rispose che era uscito dal cinema perchè non sopportava "le negraggini".

   La sua malattia era, in realtà, la stessa di un Eden e di un Eisenhower: l'odio mortale antitedesco, anch'esso velato di uno strisciante razzismo. Le sanzioni, parziali e ambigue, contro l'Italia furono tali perchè, sino alla fine, Churchill volle, attraverso una sua politica personale di esasperato cinismo, spaccare l'alleanza italo-tedesca per isolare e schiacciare la Germania.

   John Charmley, docente all'Università di East Agle, ha messo a soqquadro il mondo accademico britannico con un libro dal titolo Churchill, the End of Glory. L'opera definisce testualmente Churchill come un "guerrafondaio", per aver voluto e provocato la guerra contro Hitler a tutti i costi. Per colpa dell' "ossessione antinazista" di Churchill -sostiene Charmley- l'Inghilterra avrebbe perso tutto il suo impero, per ridursi a vassallo degli U.S.A. Ciò provocò la stessa vittoria dei laburisti nel 1945. Il nazismo era un totalitarismo come tanti altri e non c'era poi il bisogno di accanirsi contro di esso, visto che il comunismo lo si è tollerato per settant'anni e senza tante storie. Hitler aveva soprattutto delle mire ad Est e aveva in tutti i modi cercato di evitare il conflitto con l'Inghilterra (che considerava "sorella" ariana) e si sarebbe volentieri disimpegnato in Europa per rivolgersi contro il bolscevismo. Ne fanno fede i discorsi a Norimberga nel 1942 e ne fa fede la missione segreta di Rudolf Hess, che avrebbe potuto chiudere il conflitto con i consanguinei "ariani" inglesi. Fu Churchill che dette ordine di arrestare Hess, rifiutandosi di incontrarlo e ascoltarlo. Non solo, ma dette ordine che il dossier sulla faccenda sparisse per sempre, com'è avvenuto. Hess, come si sa, è poi stato suicidato nel carcere di Spandau.

 La tesi di Charmley ha trovato consenzienti uomini Alan Clark, ex-ministro conservatore, che l'ha appoggiata autorevolmente sul Times. John Charmley, inoltre, riabilita completamente Neville Chamberlain, il primo ministro inglese "pacifista", odiatissimo da Churchill ed Eden. Chamberlain viene invece descritto dallo storico come "un formidabile premier"  che cercava di preservare la sua nazione dal macello della guerra, voluta a tutti i costi dai "duri" alla Winston Chuchill. La preoccupazione di Chamberlain, condivisa da Lord Halifax, Rab Butler e Sir Neville Henderson, era quella di contrastare la potenza del comunismo sovietico. Per Charmley il governo di Chamberlain fece dunque bene ad organizzare con Hitler gli accordi di Monaco, aggiungendo che anche per Danzica c'era la possibilità di trovare un'intesa coi tedeschi, in modo da mettere i sovietici completamente fuori gioco. Furono i bellicisti con Churchill, Eden (che odiava, ricambiato, lo stesso Mussolini) e Harwey, a volere il conflitto a tutti i costi. Al proposito, Peregrine Worsthorme, uno dei più famosi columnist londinesi, ha scritto: "Se la Germania  avesse vinto contro l'URSS e noi fossimo rimasti fuori dalla guerra domineremmo ancora il mondo".

   Ma il duo Churchill-Eden era talmente forte e stretto da risultare imbattibile, tant'è che Churchill dette in moglie ad Eden, nel 1952, sua figlia Clarissa.

   A guerra mondiale in atto, Churchill ebbe modo di dimostrare al mondo la sua natura cinicamente sanguinaria. Quando gli Alleati entrarono a Dachau, il 29 aprile 1945, trovarono di guardia ai prigionieri 560 soldati tedeschi giunti lì, dal fronte, solo quattro giorni prima. L'ordine, impartito dai capi anglo-americani, fu immediato: "Fucilateli tutti". E così fu fatto. Della strage, documentata da Irving, c'è anche un filmato.  A quell'ordine Churchill acconsentì. Del resto, non aveva già autorizzato le ecatombi aeree sui civili di Amburgo, Dresda e Pforzheim? Non aveva fatto bombardare, nel porto di Lubecca, i feriti civili sulla nave-ospedale Cap Arcona, che aveva la Croce rossa dipinta sul ponte, massacrando 7.300 uomini inermi? Non aveva strizzato l'occhio ad Eisenhower, quando questi aveva programmato lo sterminio per fame di un milione di tedeschi nei lager anglo-americani?

   Ma ci sono altri particolari su questo pachidermico gentleman. Già il 9 ottobre del 1944, ben sette mesi prima della resa tedesca, Winston si incontrava con Stalin, per decidere che fare di Hitler, Mussolini e dei loro gerarchi. Lì si verificò la prima lite tra l'inglese e il russo. Perchè, strano a dirsi, Stalin pretendeva che si dovesse salvare la faccia processando i capi italo-tedeschi, mentre Churchill aveva un progetto semplicissimo: ammazzare subito tutti coloro che venivano catturati, senza processo e condanne formali. Arrabbiato del diniego sovietico, Winston scrisse a Roosevelt una lettera di suo pugno, protestando perchè "lo zio Giuseppe ha assunto una posizione ultragarantista" che vieta l'immediata uccisione dei nemici.

   Questa posizione stragista di Winston, del resto, era di vecchia data. Già alla fine del '42 aveva programmato i "linciaggi" scientifici di tutti i capi militari tedeschi catturati o arresi, che sarebbero stati trasportati nottetempo nei luoghi di occupazione e "affidati" alla "popolazione" per lo sbranamento collettivo. Di tutto ciò, sono conservati i verbali a Washington, alla Biblioteca del Congresso. Nel 1943, invece, preparò una lista di un centinaio di "criminali" italo-nippo-tedeschi da dichiarare "fuorilegge mondiali" e, come tali, passibili di morte immediata per mano di un qualsiasi ufficiale alleato.

   Irving documenta come Eden e Churchill, il 16 ottobre del 1944, promisero a Stalin il rimpatrio forzato di undicimila prigionieri di guerra russi e cosacchi, tutti anticomunisti, con le loro famiglie, per essere poi eliminati dai sovietici appena arrivati in territorio russo. Il giorno dopo Winston si incontrò con Stalin e, all'improvviso, gli disse: "A proposito di cibo, la Gran Bretagna è riuscita a organizzare l'invio di 45.000 tonnellate di manzo in scatola all'Unione Sovietica". Poi, ridacchiando, strizzò l'occhietto: "Vi manderemo pure 11.000 ex-prigionieri di guerra per mangiarlo, quel manzo".

   Qualche giorno prima, aveva detto a zio Giuseppe: "Bisogna uccidere  quanti più tedeschi è possibile", proponendo il trasferimento coatto delle popolazioni della Prussia orientale e della Slesia: "tanto il posto c'è: la guerra ha già fatto fuori sette milioni di tedeschi". Si sfregò le mani, masticando tra i denti giallastri il celebre sigarone, e rise sommessamente.

Pino Tosca

domenica 13 luglio 2025

10 LUGLIO 1943 SICILIA

mercoledì 9 luglio 2025

10 luglio 1943 : Onore ai militari tedeschi Caduti, assieme ai commilitoni italiani, nella difesa della Sicilia dalla invasione NEMICA angloamericana.💐 (Cimitero di Motta S. Anastasia-CT)

 Oggi,10 luglio 2025, chi senta ancora di essere erede spirituale di quanti si opposero combattendo alla tanto celebrata Operazione Husky non può che rivolgere un doveroso (virtuale) omaggio ai protagonisti di quella strenua e coraggiosa impresa. 


Evento storico che io collego, per personale tributo, ad un "Eroe dimenticato" :       
  • Lembo Filippo, di Angelo,classe 1910, distretto di Messina, sottotenente fanteria di complemento, 134^ reggimento costiero (medaglia d'argento v.m. alla memoria).
Incaricato di recapitare notizie urgenti al comando di reggimento, assalito durante il percorso da soverchianti forze, si asserragliava in una rimessa con un gruppo di fanti e organizzava la resistenza. Caduti e feriti gran parte dei dipendenti, alla intimazione di resa rispondeva col fuoco delle sue armi e protraeva la resistenza fino a quando, colpito a morte, immolava la sua vita al dovere. 
- Gela (Sicilia), 9-10 luglio 1943 -

Questa, ripresa dalla fonte ufficiale del Nastro Azzurro, la motivazione della concessione della altissima onorificenza ad uno delle decine di migliaia di Caduti per la difesa della Sicilia dalla invasione alleata del luglio-agosto 1943.

Nel caso specifico del Ten. Lembo diverse altre fonti completano le informazioni con un non trascurabile dettaglio : i Ranger americani, non avendo per niente gradito la resistenza di quel manipolo di soldati, una volta capito che l'ufficiale aveva la pistola scarica ed era gravemente ferito, lo finirono a colpi di baionetta e ne sfregiarono il volto coi pugnali.

"Incidenti" che capitarono a tantissimi italiani e tedeschi, rei di non essere scappati o arresi alla sola visione dello imponente sbarco alleato.

I siciliani, cadendo l'anniversario in piena canicola, saranno in gran parte al mare proprio nei luoghi storici interessati, quelli del primo giorno, il 10 luglio del 1943.
Magari avranno vicini i bunker ancora in piedi da cui si tentò una prima resistenza...altri sono disseminati all'interno dell'Isola, dalla piana di Gela a quella di Catania fino agli anfratti dell'Etna od ai monti attorno a Messina.
Fortificazioni che, specie nella Sicilia Orientale, diedero del filo da torcere alle truppe di Montgomery permettendo alle truppe italo-tedesche di attraversare ordinatamente lo Stretto il 17 agosto del '43.

So benissimo che il coraggioso Ten. Lembo ed i suoi tanti eroici compagni decorati alla memoria sono stati per circa 60 anni quasi "dimenticati" dalle istituzioni, che pure avevano dovuto omaggiarli sottobanco per il valore dimostrato.
Ma, grazie alla falsa storiografia alleata, alla vergogna italica per i tradimenti (specie della Marina) e l'appoggio della mafia all'impresa, era politicamente scorretto celebrare una Invasione...meglio leccare i nuovi padroni americani (Sigonella e Muos insegnano) parlando di uno "Sbarco liberatorio".

Per non tediare chi mi onorasse nel leggere queste righe, ricordo solo che l'8 settembre era ancora lontano in quei tragici giorni siciliani. 
Le truppe italo-germaniche erano poste a difesa del territorio nazionale ma, pure in situazioni difficilissime e di inferiorità di armamento, fecero in buona parte piú del loro dovere di soldati. Piaccia o meno a molti, questa è la verità storica riportata a galla nell'ultimo ventennio da storici ed appassionati di buona volontà e non legati ai centri del potere del regime partitocratico.
Lo ho fatto pure io, che storico non sono, almeno dagli anni '70 e sempre avendo a cuore la rivalutazione dell'onore combattivo dei nostri soldati (sui tedeschi i dubbi erano stati molto meno infamanti).
Negli anni ho trovato riscontro ed ospitalità nelle testate indipendenti siciliane e non, mai sui media generalisti.
Riprendendo sopra parti di precedenti interventi, pubblicati negli anni passati su Accademia della Libertà, non posso che sperare in una cosa : che non venga perduta la Memoria dei Caduti in Difesa dello Onore.





Grazie per l'attenzione
Vincenzo Mannello

domenica 6 luglio 2025

OLTRE GLI SCHEMI

OLTRE GLI SCHEMI

 

Ci hanno divisi in partiti per poterci dominare meglio. Ci hanno suddivisi in classi per poterci distogliere dai nostri comuni problemi. Ci hanno schierati a destra, a sinistra, al centro, inventando teorie a compartimenti stagni, assicurando l'assurda inconciliabilità del nazionale e del sociale, del personale e del comunitario. Ci hanno spinti l'uno contro l'altro in nome di falsi miti, infettandoci con le ideologie. Hanno fatto in modo che il sangue della migliore gioventù bagnasse il selciato e loro, i mandanti, hanno portato a braccia le bare.
E mentre tutto questo accadeva, l'oligarchia mercantile che detiene il potere in accordo con l' imperialismo straniero ingrassava distruggendo la nostra economia, le nostre libertà, la nostra dignità nazionale.
Ma il meccanismo si è inceppato. Il referendum, le elezioni amministrative, l'azione svolta da forze autonome in campo sindacale, l'azione intrapresa in quartieri, scuole, campagne, dalle avanguardie rivoluzionarie, dimostrano oggi inequivocabilmente la volontà di rigetto da parte del popolo di coloro che pretenderebbero di rappresentarlo.
I grandi mezzi di informazione, ciechi o in mala fede, hanno minimizzato e minimizzano i fatti, non collegano l'emergere di tante situazioni, di tante realtà.
Ma il popolo deve conquistare l'autonomia, la libertà, l'indipendenza. Dobbiamo rifiutare gli schemi. Tutti gli schemi che il potere ci impone.
Fuggire le classificazioni artificiali, le divisioni inesistenti.
Non più di destra, non più di centro. Non più di sinistra. Fuori dalle sedi dei partiti.
Disertando le loro iniziative. Non più borghesi, non più proletari. Ma uomini. Uomini liberi che, organizzandosi e battendosi nelle fabbriche, negli uffici, sui mercati, nelle città, scoprono un senso nuovo, da tempo smarrito. Il senso di unità, il senso di creatività che farà e che già sta facendo di questi uomini liberi un popolo.
E questo popolo, isolati e travolti i rappresentanti dell'odierno potere, porrà se stesso alla guida dei propri destini.
Realizzerà una diversa qualità della vita.
Darà corpo ad una cultura propria, schietta, genuina.
Renderà la nostra una nazione libera e ben governata alla quale saremo lieti di appartenere.
Una nazione che sarà di esempio per i popoli mediterranei ed europei in lotta, anch'essi, per riscattare un vergognoso presente.