24 Agosto 1943: in memoria di ETTORE MUTI
Estate 1943, nell’Italia passata da Mussolini a Badoglio accadono cose strane. Ettore Muti, eroe di guerra pluridecorato, ex segretario del Partito Fascista, dà fastidio anche perché non vuol collaborare col governo nato dal golpe del 25 luglio che aveva rovesciato il Duce. Badoglio teme anzi che intorno alla figura di Muti possano riorganizzarsi i fascisti. E così, la notte tra il 23 e il 24 agosto per Muti scatta la condanna. Un’operazione sporca di cui, col tempo si è saputo ogni particolare.
ETTORE MUTI EROE D’ ITALIA
In una nazione in crisi di ideali, anche il ricordo di un eroe puo’ aiutare a crescere.
Ettore Muti, ravennate, classe 1902, prima di essere fermato da un colpo
vigliacco alla nuca nell’estate ’43, è stato il vero ultimo eroe della
storia militare e rivoluzionaria Italiana, alla faccia di chi la storia
non la vuole insegnare, propinandoci solo miti esotici alla Cheguevara.
Ettore Muti è stato un giovane che si era ribellato, come altri suoi
coetanei, alla standardizzazione del sistema e che, come pochi anni fa
cantava Lucio Battisti, si è sentito libero di rifiutare le “ideologie
alla moda” che nell’inizio secolo erano dettate dai grandi stati
conservatori centrali: per Muti ed i suoi compagni solo l’uomo contava e
non il blasone che lo rappresentava. Muti è stato un simbolo in
quell’Italia di prima metà del secolo, che in pochi anni ha saputo
ricostruire un paese arretrato e privato della sua personalità dai
troppi colonizzatori, un’Italia che in quegli anni ha saputo esprimere
il meglio della propria cultura di antiche tradizioni.
Certo molti Italiani già possedevano quei valori nel loro patrimonio, ma Muti è stato il sublime
esemplare di eroe senza macchia e senza paura, pronto sia a difendere la libertà del popolo, che
a sviluppare il moderno pensiero social-futurista nato tra gli arditi
del D’Annunzio e sviluppato da sindacalisti come Corridoni o politici
come Mussolini. Muti era affascinato dalla rivoluzione, fosse essa da
rivendicare in Spagna come in Somalia, in Italia come in Anatolia.
Ettore Muti SIGNORI, a sedici anni già si trovava a difendere l’Italia
combattendo nei reparti d’assalto della prima guerra mondiale, mentre a
quasi venti lottava da veterano a fianco del D’Annunzio per il diritto
di Fiume ad essere una libera città.
Muti fu glorioso negli innumerevoli duelli vinti nei celi di mezzo
mondo. Resta infatti famosa la battaglia di Alcazar, combattuta solo
contro 18 caccia nemici, mandati tutti in fuga dopo averne abbattuto più
d’uno.
Muti, anche dopo la sua morte, è stato il simbolo di quei giovani da
poco diciottenni che, dopo il 1943 hanno preferito una morte onorevole,
difendendo, con la divisa della Repubblica Sociale Italiana o con quella
della Xa MAS i confini della patria dal tradimento dei savoia, fuggiti a
Napoli dopo aver lasciato l’Italia nel caos, tra i tedeschi che
sentendosi traditi e braccati schiacciavano la popolazione da una parte e
con la forza sovrastante dell’esercito Slavo e Sovietico che premevano
per annettersi la Venezia Giulia dall’altra parte. Anche a loro memoria,
senza voler dare giudizi politici alle loro gesta, è dedicata la storia
narrata in questa paginaMuti, nel suo essere soldato, cavaliere e
rivoluzionario, non ha avuto mai paura di immolarsi per i suoi fratelli
italiani; egli era e spero resterà per chi avrà la fortuna di conoscerne
la storia, il simbolo di un’Italia che, in un breve arco di tempo, come
una folgore nella sua millenaria storia, ha segnato indelebilmente la
coscienza ed i cuori di un popolo forte e geniale; un popolo che, alle
soglie del duemila, ha ancora bisogno di riconoscersi, per potersi
criticare liberamente, sia nelle sue pagine più gloriose, come in quelle
più tristi…. un popolo che non può non ricercare in quegli ideali
l’energia per ribellarsi a quella morte lenta, chiamata
“normalizzazione”.
Dal
tronco del Fascismo, folgorato dal tradimento regio del 25 luglio, il
18 settembre, dopo l’infausta parentesi badogliana, rifioriva la nuova
robustissima pianta dello squadrismo .
E come nel 1919 il fascismo fu prima di tutto squadrismo, cioè
azione,così il fascismo repubblicano, risorgeva sotto il segno dello
squadrismo.
Il
giorno dell’appello-radio del Duce, restituitoci per divino disegno, da
un pungo di eroi tedeschi, alcuni uomini delle vecchie squadre
d’azione, ringiovaniti nello spirito, dal disperato ma contenuto dolore e
dalla ferrea volontà di rinascita, si ritrovarono e si riconobbero,
nella stessa parola d’ordine del Capo:combattere.Combattere per
vincere.Vincere per ridare vita onorata all’Italia.
La passione di quei pochi, 18 in tutto, ben presto dilagava dall’angusta
piazza di San Sepolcro, riaccendendo la sopita passione, rimovendo la
perplessità accorata di molti, ancora attardati dal dubbio.Ma più ancora
i “18” si ripresentavano alla vita vile degli italiani, supinamente
disposti a subire l’onta della disfatta senza combattere, signori di
coraggio e di audacia.
I ranghi della prima squadra “Ettore Muti”, ben presto si ingrossarono;
nuove squadre dai cari indimenticabili nomi degli eroi della vigilia, si
riformavano per incanto.
La rinnovata primavera del sangue, irrompeva travolgente nel buio
inverno spirituale e morale della Patria, accorata ma non doma,
dall’avverso destino.
La speranza ritornava in molte coscienze.Il rigagnolo ben presto diventava travolgente fiume.
Chi rimaneva contro di noi? Il numero poco conta.”Molti nemici, molto onore!”.
La lotta serrata e senza quartiere ben presto aveva ragione della
piazza.Le case del fascio, chiuse dal governo del tradimento, venivano
riaperte.Il fascismo riconquistava col sangue, il diritto a dirigere il
Paese, sulla via dell’onore e del combattimento.
L’ambiente era presto tonificato e tutto intorno era promessa di
rinascita.Il popolo assente prima, titubante poi, cominciava a
riavvicinarsi al fascismo, sicura premessa di ripresa della coscienza
dei doveri dell’ora.Le squadre di azione avevano così assolto al loro
compito e per ordine del Duce, venivano sciolte.
Non volendo disperdere ma conservare e possibilmente potenziare lo
spirito squadrista, per concorde decisione dei Comandanti delle squadre,
veniva formata la Legione “Ettore Muti”.La quale, conservando intatte
le forze spirituali del volontarismo squadrista, le potenzia in una
quadrata ed organica formazione che, costituisce oggi una poderosa
salvaguardia, contro le forze del disordine e del disfattismo.
“Il
19 marzo è la data di costituzione della Legione.Il 23 dello stesso
mese, nella storica ricorrenza della fondazione dei Fasci di
Combattimento, per ordine del Duce, una formazione mobile composta di
500 Arditi, in completo assetto di guerra, veniva avviata in zona di
impiego.Il battesimo del fuoco, nella lotta antipartigiana, era quanto
mai doloroso.Cadevano a diecine i nostri migliori.Ma dal loro sacrificio
fiorivano le premesse di un più solido organismo.Nuove reclute
affluivano.Tra queste parecchi renitenti, riconquistati al dovere;molti
militari affascinati dalle gesta della Legione.La “Ettore Muti” col
sangue dei suoi eroi, e l’ardimento degli Arditi, si era conquistata il
suo “Mito”.
Da allora ad oggi, il numero degli Arditi volontari, è andato
gradatamente aumentando, tanto da rendere necessario lo sdoppiamento
della Legione in due formazioni.L’una mobile, dislocata in zona
d’operazione, l’altra territoriale per i servizi di polizia
ausiliaria.Troppo lungo sarebbe qui riepilogare le azioni compiute.Basta
a riepilogarle l’ambito onore dell’ologio del Duce:” La Legione “Ettore
Muti” è la mia “pupilla” e gli Arditi sono veramente tali, degni di
portare il nome dell’Eroe”. Così il Duce.
Nel nome purissimo dell’Eroe ravennate e serrata nel cuore l’alta
consegna, concludiamo con il giuramento di sempre: Con Mussolini e per
Mussolini, ovunque e dovunque, fino alla morte.Questo è lo spirito;
questa la ferrea volontà di tutti i “Mutini”.Oggi più di ieri, domani
più di oggi; crescendo di amore e di dedizione”.
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