mercoledì 20 aprile 2022

L'eccidio di PORZUS --- I ROSSI CRIMINI

L'eccidio di PORZUS

 


Le parole eccidio, strage, e massacro, hanno lo stesso significato ed evocano scenari terribili, sebbene la loro definizione contenga alcune sfumature che ne caratterizzano l’identificazione.

Fra questi tre sinonimi, il termine eccidio si differenza non solo per il numero delle vittime, ma anche per  la violenza dei metodi usati, e trova la sua corrispondenza etimologica nel termine latino excidium, derivato di exscindere, e cioè squarciare, distruggere, annientare…

La definizione di eccidio calza perfettamente se riferita a molte delle atrocità commesse dai partigiani comunisti che imperversarono durante e dopo la seconda guerra mondiale in Italia.

Mi riferisco in particolare all’eccidio di Porzus, in cui l’odio comunista, guidato e veicolato con subdola maestria dai criminali comunisti Luigi Longo e Palmiro Togliatti, capi del PCI e legati indissolubilmente a Mosca e a Stalin, si scatenò contro diciassette partigiani della Brigata Osoppo, colpevoli di non essere comunisti.

Gonfalone del
Friuli Venezia Giulia

Le vittime, tra cui una donna, erano di orientamento cattolico e laico-socialista ed erano quindi considerate un ostacolo al piano eversivo e criminale attraverso cui i partigiani comunisti intendevano prendere il potere a guerra finita.

I partigiani legati al Partito Comunista Italiano formarono dei piccoli gruppi denominati con l’acronimo GAP, a indicare i Gruppi di Azione Patriottica (che di patriottico non avevano proprio nulla), appartenenti alle famigerate e tristemente famose Brigate Garibaldi.

Questi raggruppamenti erano caratterizzati dalla presenza di personaggi dalla forte caratura delinquenziale e si resero responsabili di crimini efferati contro l’umanità.

La località di Porzius è ubicata nei territori del Friuli, in provincia di Udine, in un territorio di confine nord orientale della Penisola che negli anni ’40 era denominato Slavia Friulana, e a quei tempi fu teatro di confronto fra i partigiani comunisti jugoslavi che ne rivendicavano il possesso, e le formazioni partigiane italiane in lotta contro il nazismo e il fascismo.

Nel contesto partigiano italiano presente in Friuli, si potevano differenziare due differenti tipologie di formazioni : una che si riconosceva nell’indirizzo politico comunista espresso dalle Brigate Garibaldi, in particolare quelle inserite nella Divisione Garibaldi Natisone, esclusivamente comunista, e l’altra che faceva riferimento alle Brigate Osoppo Friuli.

Queste ultime nacquero il 24 dicembre 1943 presso la sede del Seminario Arcivescovile di Udine, in cui si riunirono numerosi volontari di ispirazione cattolica, liberale, socialista e laica, allo scopo di contribuire, alla fine del conflitto, a salvare ciò che dell’Italia poteva ancora essere salvato.

Va detto anche che l’intento di queste formazioni di patrioti era quello di combattere i tedeschi con metodi diversi da quelli comunisti, privilegiando e rispettando democraticamente le esigenze della popolazione locale.

Premesso ciò, va anche detto che i contrasti fra le formazioni partigiane comuniste e quelle che invece non si riconoscevano nei dictat imposti dall’ortodossia staliniana a cui Togliatti e Longo facevano riferimento, erano molto aspri e fomentati dalla direzione del PCI, nella convinzione che al termine del conflitto mondiale i comunisti italiani avrebbero potuto prendere il potere con le armi e diventare così un satellite russo.

La Storia ci dice che si registrarono uccisioni di partigiani non comunisti, da parte dei Garibaldini del PCI, in ogni regione in cui tali Brigate erano presenti, oltre ad un imprecisato numero di crimini di ogni tipo.

Fin dal 1933 le delegazioni dei partiti comunisti italiano, jugoslavo, austriaco, riuniti a Mosca per decidere una strategia unitaria sul problema dei territori sloveni contesi, decisero di schierarsi con le minoranze di etnia slava sollecitandole a costituire un fronte popolare e a distaccarsi dallo Stato italiano.

Si evince quindi la precisa volontà dei comunisti italiani di tradire lo Stato e la popolazione stessa, prostituendosi alla Jugoslava ed esibendo in contrapposizione il comodo alibi  costituiva dal ruolo autoreferenziale nella  lotta antifascista.

Lo stesso Togliatti, il peggior criminale che la Storia d’Italia ricordi, nominò Vincenzo Bianco  come delegato del Partito presso il fronte di Liberazione Sloveno, il quale si fece portavoce delle criminali intenzioni del PCI :

Fare un repulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti all’interno delle formazioni partigiane italiane

Nel mirino di Togliatti c’erano anche le formazioni partigiane della Brigata Osoppo, considerate per opportunità politica come nemici, poichè composte da badogliani (Regno del sud, non collegati al Comitato di Liberazione Nazionale) e da seguaci del Partito d’Azione (democratici, repubblicani, radicali).

Lo squallore intellettuale dei comunisti italiani, prostituiti al moloch jugoslavo, si palesò con farneticanti prese di posizione con cui dichiararono di voler sacrificare l’intera Venezia Giulia e di considerare una fortuna l’ingresso dell’esercito di Tito, coadiuvato da quello sovietico, in quei territori.

In questa ottica possiamo oggi affermare senza incertezze che la strage di Porzius non costituì un “incidente di percorso” della cosiddetta “resistenza” comunista italiana, ma un preciso elemento della strategia con cui Togliatti e Longo intendevano annettere alla ex Jugoslavia la Venezia Giulia e una parte del Friuli.

La Divisione Garibaldi “Natisone”, passò quindi per ordine di Togliatti, sotto il comando del IX° Korpus titino e inquadrata in tre Brigate : 156a Bruno Buozzi, 157a Guido Picelli, e 158a Antonio Gramsci.

Vincenzo Bianco comunicò loro che sarebbero stati integrati completamente e a tutti gli effetti nell’esercito di Tito e trasferiti prima in Slovenia e poi a Lubiana.

In quella occasione i comandi delle Brigate Osoppo presero le distanze dall’iniziativa, rifiutandosi di aderire e affermando di fare riferimento al CLN.

Il contrasto fra i partigiani comunisti comandati da Longo e da Togliatti e le formazioni della Osoppo si acuì ulteriormente, sfociando in interferenze e tentativi di prevaricazione, come nel caso del rastrellamento di Pielungo, nel 1944.

In tale occasione, ci furono destituzioni (imposte dalle Brigate Garibaldi) di comandanti delle Brigate Osoppo, sostituiti con altri militari appartenenti all’organigramma comunista, seguite da altrettante destituzioni con cui i vertici della Osoppo rimisero al proprio posto di comando i precedenti comandanti.

Le brigate Osoppo erano nettamente contrarie all’avanzata del cosiddetto slavo-comunismo, e tentarono anche una qualche forma di accordo con la Xa Mas di Junio Valerio Borghese, nel tentativo di “umanizzare” una guerra che costringeva le popolazioni a subirne gli effetti.


Informativa della prefettura di Udine che attesta
l'opposizione  delle Brigate Osoppo al comunismo 

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Le trattative non portarono però a nessun accordo, ma questo approccio, insieme al diniego di lasciarsi fagocitare dall’esercito titino, fu sufficiente ai partigiani comunisti per definire come tradimento il modus operandi della Osoppo.

I comunisti sloveni, forti della complicità dei partigiani garibaldini di Longo, orchestrarono una insistente campagna anti-italiana allo scopo di costringere le Brigate Osoppo a sgomberare la zona e facilitando così l’annessione di quei territori alla Jugoslavia.

In questa atmosfera, segnata da intrecci politici e alimentata da un odio comunista sempre presente e simbiotico con la propria essenza ideologica, prese corpo il crimine di guerra ideato dai vertici gappisti delle formazioni comuniste partigiane Garibaldi.

Seguendo un piano freddamente predeterminato a tavolino, un centinaio di gappisti (i cosiddetti Gruppi di Azione Patriottica) comunisti raggiunsero, il 7 febbraio 1945, le pendici dei monti Toplj Uorch, e le malghe di montagna denominate Porzus, nel comune di Faedis, in Provincia di Udine, sede del comando locale delle Brigate Osoppo.

In questa località era tenuta prigioniera Elda Turchetti, una ragazza accusata da “Radio Londra” di essere una spia collaborazionista dei nazisti (accusa rivelatasi infondata nel processo in cui alcuni giorni prima fu giudicata e ritenuta innocente).

La presenza della donna costituì in seguito uno squallido alibi esibito a difesa dell’intervento comunista contro i partigiani della Osoppo.

Il comandante dei partigiani comunisti era Mario Toffanin alias “Giacca”, a quel tempo 32enne, ex operaio iscritto al Partito Comunista Italiano dal 1933 e in stretti rapporti con i comunisti jugoslavi, coadiuvato dal suo vice, tale Fortunato Pagnutti, alias “Dinamite”.

I partigiani comunisti si presentarono a gruppi, ambiguamente, affermando di essere combattenti sbandati o appartenenti ad altre unità della stessa Osoppo, creando così i presupposti perché Toffanin prendesse il controllo delle malghe, richiedendo allo stesso tempo la presenza del Comandante di Francesco De Gregori, nome di battaglia “Bolla”, Comandante della Osoppo locale.

Quando De Gregori (zio dell’omonimo cantautore e deciso anticomunista) arrivò a Porzus fu immediatamente ucciso a tradimento e tutti i partigiani della Osoppo vennero arrestati.

Insieme al Comandante furono uccisi anche Elda Turchetti, il Commissario politico del Partito d'Azione Gastone Valente ("Enea"), e il ventenne Giovanni Comin ("Gruaro"), mentre un altro Comandante delle Osoppo, Aldo Bricco (alias "Centina"), sebbene fosse stato colpito e ferito da colpi di mitra riuscì a fuggire, insieme ad altri tre.

Nei giorni seguenti tutti i prigionieri vennero sottoposti ad una sorta di processo sommario che si concluse con le loro condanne a morte, eseguite tra il 10 e il 18 febbraio.

I prigionieri vennero condotti a gruppi separati nelle seguenti località del territorio e fucilati :

Bosco Romagno:

Guido Pasolini (Ermes), Antonio Previti (Guidone), Antonio Cammarata (Toni), Pasquale Mazzeo (Cariddi).

Rocca Bernarda:

Franco Celledoni (Atteone), Primo Targato (Rapido), Angelo Augelli (Massimo).

Restocina di Dolegna:

Salvatore Saba (Cagliari), Giuseppe Urso (Aragona), Enzo D'Orlandi (Roberto), Gualtiero Michelon (Porthos), Erasmo Sparacino (Flavio).

Novacuzzo di Bosco Romagno:

Giuseppe Sfregola (Barletta).

Salma non ritrovata:

Egidio Vazzaz (Aldo).

L’odio comunista uccise così ben diciotto persone, tra cui Guido Pasolini (alias “Ermes”), fratello minore dello scrittore e regista Pierpaolo.

L’omicidio del fratello, a cui Pierpaolo Pasolini era molto legato, è stato spesso ricordato, anche con allusioni, in molte opere scritte successivamente dallo scrittore, in particolare nelle poesie che in quegli anni vennero concepite ed editate in dialetto friulano e in italiano.

Nel dopoguerra, a Guido De Gregori fu riconosciuta la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

I criminali partigiani delle formazioni garibaldine si arrogarono il diritto di decidere della vita o della morte di altri partigiani non comunisti, sbandierando accuse faziose e meschine, frutto della mente malata dei capi comunisti che guidavano il movimento comunista partigiano assassino.

L’accusa principale che secondo il loro metro di giudizio giustificava l’eccidio di esseri umani innocenti era quella di essere contrari all’alleanza con il comunismo jugoslavo e le sue truppe partigiane, e di aver trattato con i fascisti della Xa Mas di Borghese per impedire l’annessione dei territori italiani alla Slovenia.

Dopo la guerra vennero fatti diversi processi per chiarire l’accaduto e per stabilire le responsabilità dell’eccidio di Porzus, sempre ricordato e celebrato dai veterani della Osoppo.

Purtroppo però anche nel dopoguerra l’odio comunista si è manifestato in tutto il suo squallore, tentando di condurre verso l’oblio questa tragica vicenda e opponendosi costantemente agli anticomunisti.

Mario Toffanin (alias “Giacca”) venne comunque riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo nel 1954, ma nella consapevolezza dei crimini commessi cercò e trovò un immediato aiuto nel PCI il quale lo fece espatriare nell’immediato dopoguerra, permettendogli così di sfuggire alla galera.

Il PCI di Togliatti e Longo gli preparò infatti un rifugio sicuro prima in Cecoslovacchia e poi in Slovenia, in totale disprezzo sia delle leggi italiane che delle vittime della Brigata Osoppo, considerate ancora, nonostante tutto e pervicacemente, come dei traditori che avevano collaborato con i soldati della Repubblica di Salò.

Trentasei componenti della brigata criminale comunista che parteciparono al massacro furono condannati dal Tribunale nel 1952, ma vennero successivamente tutti liberati in seguito a varie amnistie.

Ecco le condanne inflitte ad alcuni degli assassini comunisti :


Mario Toffanin  (alias Giacca)

ERGASTOLOPena alla quale si aggiungono trent'anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato.


Vittorio Iuri (alias Marco)

ERGASTOLO - Visse il resto della propria vita a Capodistria, maturando la pensione italiana e gestendo un bar.


Alfio Tambosso (alias Ultra )

ERGASTOLO  -  Si stabilì a Lubiana e rientrò in Italia dopo l'amnistia del 1959.


Ostelio Modesti (alias Franco)

Condannato a 30 anni di carcere – Venne scarcerato nel 1954, e assunto come funzionario della federazione del PCI di Belluno. 
 

Giovanni Padoan (alias Vanni)

Condannato a 30 anni di carcere – Riparò all'estero e nel 1954 fu eletto Segretario Regionale dell'ANPI del Veneto. Fuggì nuovamente dopo la condanna di Firenze e rientrò in Italia dopo l'amnistia, gestendo un negozio di mercerie a Cormons.


Aldo Plaino (alias Valerio)

Condannato a 30 anni di carcere -  A seguito dell'amnistia rientrò in Italia dalla sua residenza nel Territorio Libero di Trieste. Autista, una volta pensionato si trasferì a Buttrio.

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Lorenzo Deotto (alias  Lilli)>

Condannato a 22 anni e 8 mesi di carcere - Riparò a Zagabria dove lavorò come vetraio.

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Leonida Mazzaroli  (alias Silvestro)

Condannato a 22 anni e 8 mesi di carcere - Riparò in Francia dove visse e morì. 
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Urbino Sfiligoi  (alias Bino)

Condannato a 22 anni e 8 mesi di carcere – Rientrò in Italia dopo l'amnistia, e lavorò come minatore.

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Tullio Di Gaspero  (alias Osso>)

Condannato a 20 anni e 8 mesi di carcere, fu detenuto dal 49 al 59, poi da liberò si trasferì in Friuli  per svolgere l’attività di artigiano nel comparto delle sedie.

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Adriano Cernotto  (alias Ciclone)

Condannato a 18 anni di carcere - Riparò ad Umago (Croazia), dove fece l'albergatore.

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Giorgio Julita (alias Jolli)

Condannato a 18 anni di carcere – Fu arrestato nel 49 e visse fra l'Italia e la Jugoslavia.

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Venuto Mauri (alias Piero)

Condannato a 18 anni di carcere - Non rientrò in Italia dopo l'amnistia. 
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Mario-Giovanni Ottaviano (alias Bibo)

Condannato a 18 anni di carcere - Dopo l'amnistia aprì un negozio di mercerie a Trivignano Udinese.

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Fortunato Pagnutti  (alias Dinamite)

Condannato a 18 anni di carcere - Visse in Italia lavorando come operaio edile.


Giorgio Sfiligoi  (alias Terzo)

Condannato a 18 anni di carcere - Visse in Slovenia ai confini del Collio friulano.

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Gustavo Bet (alias Gastone)

Fu assolto e divenne albergatore a Lignano Sabbiadoro.

Nel 1978 l’arroganza delle sinistre si palesò nuovamente, relativamente a questa vicenda, per mano dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini che, in osservanza alla rigida ortodossia che lega i seguaci di Marx, concesse la grazia a Toffanin, oltraggiando ulteriormente la Giustizia, le vittime, e le loro famiglie.

Il Boia di Porzus, lampante esempio della vigliaccheria insita nelle bande comuniste partigiane assassine che imperversavano impunemente in Friuli (ma non solo) non tornò in Italia dopo la Grazia, ma rimase in Slovenia.

Il macellaio comunista, nonostante i crimini contro l’umanità commessi, percepì dallo Stato italiano anche una pensione di 672.000 Lire mensili fino al gennaio 1999, anno in cui morì all’età di 86 anni.

Va detto, per completezza di informazione, che il Presidente Pertini nel 1980 alla morte del dittatore Josip Broz Tito, massacratore delle popolazioni di etnia italiana, si precipitò a rendergli omaggio, baciando addirittura il feretro e la bandiera nella quale il carnefice comunista era avvolto.

La strage di Porzus si inserisce in un contesto nel quale emerge inconfutabilmente la diretta e precisa responsabilità dei quadri direttivi comunisti italiani nel disegno eversivo attraverso cui essi intendevano sacrificare la sovranità nazionale, territoriale, e costituzionale, al moloch comunista.

Le finalità criminali dell’apparato comunista, a lungo nascoste dall’universo pseudo intellettuale delle sinistre, appartengono oggi alla storia conclamata e oggettiva che tutti dovrebbero conoscere, ma il muro di omertà eretto dagli eredi di Togliatti, pur metamorfizzati, continua a ostacolare la diffusione della verità.

Una verità che è trapelata anche dalle dichiarazioni di alcuni degli stessi responsabili delle operazioni criminali commesse dai partigiani comunisti, come ad esempio le affermazioni di Giovanni Padovan, alias “Vanni”, Commissario politico della Divisione Garibaldi “Natisone” a quei tempi.

Questa è la sua testimonianza :

"L'eccidio di Porzus e del Bosco Romagno, dove furono trucidati 20 partigiani osovani, è stato un crimine di guerra che esclude ogni giustificazione.

E la Corte d'Assise di Lucca ha fatto giustizia condannando gli autori di tale misfatto.

Benché il mandante di tale eccidio sia stato il Comando sloveno del IX Korpus, gli esecutori, però, erano gappisti dipendenti anche militarmente dalla Federazione del PCI di Udine, i cui dirigenti si resero complici del barbaro misfatto e siccome i Gap erano formazioni garibaldine, quale dirigente comunista d'allora e ultimo membro vivente del Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli", assumo la responsabilità oggettiva a nome mio personale e di tutti coloro che concordano con questa posizione.

E chiedo formalmente scusa e perdono agli eredi delle vittime del barbaro eccidio.

Come affermò a suo tempo lo storico Marco Cesselli, questa dichiarazione l'avrebbe dovuta fare il Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli" quando era in corso il processo di Lucca.

Purtroppo, la situazione politica da guerra fredda non lo rese possibile".


Oggi gli eredi di Togliatti e Longo sono confluiti, attraverso una metamorfosi  che ha modificato l’aspetto ma non la sostanza della loro essenza ideologica criminale, nel cosiddetto Partito Democratico, il quale si è appropriato del termine “democratico”, appunto, in maniera del tutto arbitraria, falsandone il significato e creando un evidente quanto disgustoso ossimoro.

Parallelamente all’immagine che il PD vuole dare sé, emerge tutta l’ambiguità che ne costituisce l’essenza, palesata nel continuo disprezzo delle vittime del comunismo e nell’incessante martellamento sociale, psicologico, mediatico, politico, intellettuale, didattico, con cui i seguaci di Togliatti glorificano i partigiani comunisti assassini da un lato, mentre dall’altro oscura e mistifica la realtà dei fatti, occultandola e ricorrendo all’omertà congenita che da sempre accompagna la sua sphaera vitae.

Non è un caso che mentre i politici delle sinistre intonano la trita e ritrita canzonetta “Bella ciao!” vengano allo stesso tempo profanati i luoghi del ricordo delle vittime del comunismo, come nel caso in cui le lapidi commemorative  poste accanto ad alcune foibe sono state imbrattate con simboli comunisti disegnati con vernice rossa.

I massacri delle foibe rappresentano una tragica realtà delle zone carsiche, del Friuli Venezia Giulia e delle zone istriane e dalmate, a testimonianza del fatto che all’orrore comunista non c’è mai fine.

Dissenso


 

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