“Nessuno di voi è morto finchè noi non moriremo tutti. E fino a quando sarà in piedi uno del ‘Barbarigo’ lo sarete anche voi”.
C.C. M.O.V.M. Umberto Bardelli, 1944.

Nel novembre del 1943, veniva costituito il battaglione “Barbarigo” in ricordo del sommergibile del comandante Enzo Grossi, medaglia d’argento al valor militare. Fu il primo reparto di Fanteria di Marina della divisione “Decima” ad essere costituito ed il primo reparto della Repubblica Sociale Italiana ad essere impiegato al fronte, contro le truppe alleate.
Nato nella caserma San Bartolomeo di La Spezia, inizialmente come Battaglione “Maestrale, venne posto agli ordini del capitano di corvetta Umberto Bardelli. Nel gennaio 1944, nel ricordo del sommergibile del comandante Enzo Grossi, gli fu attribuito il nome di “Barbarigo”.
Successivamente inviato a Cuneo per perfezionare l’addestramento, rientrò a La Spezia nel gennaio 1944. Il 19 febbraio ricevette dal comandante della divisione il principe Junio Valerio Borghese, la bandiera di combattimento, che riportava il leone di San Marco su sfondo rosso e il motto “Siamo quelli che siamo”, e il 20 febbraio lasciò La Spezia  con destinazione Roma, dove sostò per alcuni giorni presso la caserma “Graziosi Lante”.
Il 4 marzo si schierò sul fronte di Nettuno il 4 marzo a fianco del 235° Reggimento tedesco della 715a divisione tedesca di fanteria, era il primo reparto della R.S.I. a raggiungere il tanto agognato fronte. Agli ordini del C.C. Bardelli, il Barbarigo forte di 1.180 militari ma con pochi mezzi, scarsa preparazione e scarso armamento, risultava così strutturato:
Comando e Compagnia Comando, Plotone arditi esploratori,
1a Compagnia “Decima” poi “Bardelli”,
2a Compagnia “Scirè”,
3a Compagnia “Iride”,
4a Compagnia “Tarigo” poi “San Giorgio”,
5a Compagnia cannoni,
Compagnia Volontari “L’ultima”,
Cpt. di formazione Mauro Berti, creata con 109 volontari, per intervenire sulla Tuscolana, Cinecittà.
Marzo 1944.  il Barbarigo viene ispezionato dal generale tedesco Kurt Mälzer, comandante della piazza militare di Roma
Marzo 1944.  il Barbarigo viene ispezionato dal generale tedesco Kurt Mälzer, comandante della piazza militare di Roma
In quel momento era in corso la seconda controffensiva, e di fronte il reparto aveva militari super addestrati Rangers americani e canadesi. Dopo una breve sosta a Sermoneta dalle cui colline si vedevano le linee nemiche, il reparto venne schierato sul terreno piatto e paludoso, percorso da un groviglio di canali, fossi di bonifica e di irrigazione, sul tratto alto del Canale Mussolini (oggi Canale Italia).
La 3a tra il fosso del Gorgolicino e la Strada Lunga, la 4a di qui fino al margine delle paludi: la 2a fu rimandata a Sezze per un corso di addestramento all’uso del panzerfaust e della mitragliatrice MG 42. La prima ad essere attaccata fu la 3a compagnia. Gli americani impegnarono i marò con un attacco frontale, seguiti dai più aggressivi canadesi. La 2a compagnia diede il cambio alla 3a.
Alla fine di marzo, il battaglione”Degli Oddi” della SS italiane rilevò lungo il Canale Mussolini la 1ª compagnia, spostata a Terracina per addestramento e sorveglianza costiera. La 3ª compagnia tornò in linea davanti al Cerreto Alto, tra la strada Nascosa e la litoranea.
Nel frattempo il “Barbarigo” provvedeva a dotarsi di una sua artiglieria, formando la 5a compagnia Cannoni, armata con pezzi da accompagnamento 65/17, prelevati dal Museo dei Granatieri e negli stessi giorni presso il comando della Decima a La Spezia si stava costituendo il Gruppo Artiglieria “San Giorgio” dotato di pezzi someggiati da 75/13.
Il comando della Decima inviò al fronte di Nettuno il tenente di vascello Carnevali, comandante del Gruppo “San Giorgio”, per organizzare un gruppo di artiglieria da campagna. Formarono il gruppo una batteria da 105/28, una da 105/32 e una da 75/27.
Il 15 aprile ci fu un attacco di mezzi corazzati canadesi nel settore del fronte tenuto dalla 2a compagnia che perse i capisaldi “Erna” e “Dora”. Lo stesso giorno, al comando del tenente Giulio Cencetti, i marò riconquistarono i capisaldi persi nel precedente attacco. Il 19 aprile ci fu un altro attacco sul fronte della 2a compagnia.
Ai primi di maggio nuovi cambi in linea: la 4ª compagnia sostituiva la 2ª, la 1ª dava il cambio alla 3ª che si trasferiva a Terracina per sorvegliare la costa. Il 26 aprile il comandante Bardelli venne richiamato a La Spezia per assumere un incarico superiore.
Il tenente di vascello Vallauri sostituì Bardelli al comando del battaglione, e la 4ª compagnia veniva attaccata dagli americani al fosso del Gorgolicino.
I marò resistettero agli assalti e contrattaccarono il nemico. Il 24 maggio il battaglione “Barbarigo” e il Gruppo d’artiglieria “San Giorgio” ricevettero l’ordine di ritirarsi. Il fronte stava per crollare  i tedeschi avevano ormai abbandonato l’idea di difendere Roma, le tre compagnie in linea si sganciarono in direzione di Sermoneta e Bassiano. Nel frattempo la 2a fu attaccata da mezzi corazzati nei pressi di Cisterna, la 4a resistette agli attacchi nemici nell’abitato di Norma. Gli artiglieri del “San Giorgio”, dopo aver esaurito tutte le munizioni a loro disposizione, fecero saltare le bocche da fuoco. La 3a compagnia ripiegava da Terracina ricongiungendosi al resto del battaglione.
Truppe della Decima MAs con la bandiera di guerra della Repubblica Sociale Italiana
Truppe della Decima MAs con la bandiera di guerra della Repubblica Sociale Italiana
Durante questi combattimenti si distinse il guardiamarina Alessandro Tognoloni della 2 ª compagnia. La postazione del plotone ai suoi comandi venne accerchiata da carri M4 Sherman americani. Al grido di “Decima! Barbarigo!”, i marò andarono all’assalto dei carri. Tognoloni lanciò una bomba a mano e cadde colpito squarciato nel torace.  Prima di perdere i sensi scaricò i colpi della sua pistola d’ordinanza e, vuoto il caricatore, la lanciò contro il carro avanzante.
Creduto morto per onorarne il coraggio il governo repubblicano decretò la concessione della Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione:
«Ufficiale Comandante di Plotone Fucilieri inviato in rinforzo a reparto duramente provato, riusciva con i propri uomini a contenere per molte ore la straripante pressione avversaria. Invitato dai superiori a ritirare il Plotone ormai duramente provato, insisteva nel condurlo ancora una volta al contrattacco. Ferito,a chi tentava di porgergli di aiuto, ordinava di non pensare a lui. Trascinatosi nelle linee italiane e vista la situazione ormai insostenibile, dopo avere con grande freddezza dato ai pochi superstiti le disposizioni per il ripiegamento ed essersi assicurato che il movimento si effettuava con il salvataggio di tutte le armi, si scagliava contro il nemico irrompente con la pistola in pugno e lanciando le ultime bombe a mano, fin quando veniva travolto dalle forze corazzate nemiche avanzanti. Meraviglioso esempio di cosciente, eroico sacrificio per l’onore e la grandezza della Patria. Fronte di Cisterna, 23 maggio 1944.»
Recuperato dalle truppe americane fu subito soccorso e sottoposto a numerosi interventi chirurgici, ed una volta ristabilitosi fu trasportato negli Stati Uniti d’America e rinchiuso nel campo di prigionia di Hereford, in Texas, il campo riservato ai militari italiani che si rifiutavano di collaborare con l’esercito americano. Liberato al termine della guerra rientrò in Italia dove riprese gli studi laureandosi architetto ad aprendo uno studio a Roma. Suo è il progetto del Campo della Memoria riservato ai caduti della Repubblica Sociale Italiana sito a Nettuno. Morì nel luglio del 2007.
Dopo una doverosa parentesi dedicata al valoroso guardiamarina, torniamo all’argomento del nostro post odierno. Il 31 maggio il “Barbarigo” giunse a Roma e si radunò nella caserma di Maridist, in Piazza Randaccio. La sera del 4 giugno le avanguardie della 5a Armata americana entrarono in città, primo fra tutti il 1° Distaccamento della Special Service Force a cui il “Barbarigo” si era opposto strenuamente per tre mesi.
La mattina del 5 giugno i resti del “Barbarigo” si inquadrarono e, divisi in piccoli gruppi, marciarono in direzione di La Spezia. In quei giorni la “Decima” stava concentrando i suoi reparti nell’alto Piemonte, zona pericolosa in quanto nido di antifascisti in città e di ribelli in montagna. Nella zona venne inviato anche il “Barbarigo”.
All’inizio i rapporti tra soldati e civili furono buoni, i marò svolgevano servizi di guardia e di ronda ed il morale era alto. Intervenne a quel punto un fatto che cambio radicalmente la situazione. L’8 luglio il comandante  Bardelli venne informato che il guardiamarina Oneto aveva disertato con 10 marò armati, rubando la paga del battaglione.
Venne così organizzata una squadra di marò con a capo Bardelli per il recupero, si rastrella la zona dove dovrebbe trovarsi il fuggitivo e si occupa la piazza di Ozegna. Oneto è alla stazione (a circa 200 mt.) che sta vendendo armi e altri oggetti per disfarsene e per racimolare denaro per tornarsene a casa.
Qualche partigiano interviene per trattenere i “venditori” in quanto ha già avvisato un distaccamento di matteottini. La volante di Piero Piero (con il rinforzo di 2 squadre della 6a GL), vuole dare l’attacco al Barbarigo a Agliè.  Ma a Ozegna la volante si blocca perchè avvertita della volontà di Bardelli di recuperare i disertori. I partigiani bloccano gli accessi alla piazza e circondano sul piazzale i disertori che si arrendono. Piero Piero si fa avanti per parlamentare.
Non si sa quello che lui e Bardelli si dicano.  Bardelli essendo circondato da l’ordine in segno di pacificazione di disarmare le armi e butta la sua a terra. Ma i partigiani stringono il cerchio intorno ai marò e agli ufficiali e puntano chiaramente a raccogliere le armi. Bardelli capisce di essere caduto in un’imboscata ma è ormai troppo tardi. I partigiani intimano la resa e Bardelli risponde
“Il Barbarigo non si arrende”. 
Il comandante Bardelli
Il comandante Bardelli
Nei primi giorni dell’ottobre 1944, il “Barbarigo” mosse all’attacco dei partigiani attestati nella zona di Rimordono (Torino).  I marò sbaragliarono le formazioni avversarie, costringendo le bande a riparare in territorio francese.
All’episodio della morte del comandante Bardelli e alla sua biografia abbiamo dedicato un apposito post.
A dicembre la Decima arrivò a Gorizia, dove i tedeschi erano sotto pressione dalla truppe titine del “IX Corpus” appoggiati da bande comuniste italiane. Appena giunti i reparti ricevettero dal comando tedesco i piani dell’operazione “Aquila”.
La complessa manovra strutturata su diverse colonne impiegate contemporaneamente puntava a circondare e distruggere il IX Korpus slavo. Per l’operazioni la Decima schierava il “Sagittario”, il “Barbarigo”, il “Fulmine” e l’N.P., i nuotatori paracadutsiti oltre ad una parte del genio “Freccia” e dell'”Alberto da Giussano” (artigleria).
Le azioni iniziarono il 19 dicembre e fu proprio il “Barbarigo” il primo reparto ad essere impiegato, esso risalì la Biasima occupando l’abitato malgrado la strenua resistenza opposta dai partigiani.
Vennero poi riconquistate Cal di Canale, Localizza e Chiappavano e ai primi di febbraio 1945 la divisione “Decima” veniva riorganizzata e divisa in 2 gruppi di combattimento. Il Barbarigo fu inserito nel primo, comandato dal capitano di corvetta Antonio Di Giacomo e lasciò Gorizia, ma il battaglione “Barbarigo” restò ancora qualche settimana nella zona a difesa dei confini orientali della Repubblica e sui monti San Marco e Spino respinse gli attacchi dei partigiani sloveni.  Con un contrattacco, che impegnò tutte le compagnie del battaglione, ancora una volta i marò sconfissero il nemico.
A metà marzo giunse al battaglione l’ordine di trasferimento sul fronte sud, per quella che sarà la sua ultima destinazione. Il reparto partì da Vittorio Veneto il giorno 20 diretto a Rovigo. Il giorno 26 passò da Ferrara, Argenta e Imola. Il giorno successivo entrò in linea alle dipendenze del comando “I° Gruppo di combattimento Decima”, comprendente oltre al “Barbarigo” il battaglione “Lupo”, il battaglione NP (Nuotatori Paracadutisti), il battaglione “Freccia” (Genio e Trasmissioni) e il Gruppo d’artiglieria “Colmino”.
Marò della Decima armato di Panzerfaust
Marò della Decima armato di Panzerfaust
Nella zona di Imola, dal 28 marzo al 4 aprile, il battaglione fu impegnato in un’intensa attività di pattuglia catturando numerosi prigionieri, appartenenti al gruppo “Friuli” dell’Esercito Regio. Il 20 aprile, per l’arretramento del fronte, il battaglione iniziò il ripiegamento verso nord attraversando il fiume Po in località Oro. Col crollo dell’apparato difensivo tedesco, cominciò il ripiegamento verso il Veneto.
A Santa Maria Fornace, i marò sostennero un violento scontro con reparti della brigata “Cremona” del Regio Esercito del sud. Il 27 aprile il “Barbarigo” toccò Mondonovo giungendo in serata a Conserve. Il giorno dopo il reparto proseguì verso Allignassero in direzione di Padova, affrontando presso il ponte del Basassero una postazione partigiana che fu sgominata dai marò della 2a compagnia.
Nella notte del 29 aprile, quattro giorni dopo l’insurrezione generale del 25 il “Barbarigo”, si schierò per ascoltare le parole del comandante del “I° Gruppo di combattimento Decima”, capitano di corvetta Di Giacomo.Gli uomini del “Barbarigo”, dopo una notte praticamente insonne, inquadrati dai loro ufficiali, la mattina seguente entrarono a Padova armati, passando fra i reparti di carristi inglesi e neozelandesi che resero loro l’onore delle armi.
Il 30 aprile il battaglione si concentrò nella caserma “Pra della Valle” e venne considerato disciolto. I marò furono avviati al 209 POW Camp di Afragola presso Napoli, dove rimasero circa un mese; da qui il 5 giugno furono trasferiti a Taranto e imbarcati sulla “Duchessa of Richmond” diretta in Algeria, destinazione il 211 POW Camp di Cap Matifou ad una trentina di chilometri da Algeri, in prigionia.
Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo. A seguire per chi volesse leggerlo riportiamo il testo completo dell’Inno del battaglione Barbarigo:
------------------------------------------------------------------------------------------------------
INNO DEL BATTAGLIONE
Sul mare per la Patria combattemmo 
la buona guerra contro l’oppressore; 
sul mare i nostri morti deponemmo 
con ciglio asciutto, fieri nel dolore. 
Ma Giuda cambia in oro il miglior sangue, 
cadono i lauri al vento che li schioma! 
Un Uomo s’erge ancora, insonne, esangue, 
con l’occhio fisso sull’eterna Roma. 
Barbarigo, Barbarigo, 
battaglione dell’onore! 
Brucia ed arde la tua fede, 
la vendetta rugge in cuore. 
Se la morte ci dà un bacio 
caldo e rosso come un fiore, 
sorridiam tra le sue braccia 
alla Patria che non muore. 
Vendute da un re vil le nostre navi, 
da fanti a terra combatteremo noi! 
Latraron nelle fogne i servi ignavi, 
dal ciel ci benedissero gli Eroi. 
Siamo quelli che siamo, e da nessuno 
vogliamo onori o mendichiam l’alloro. 
Di noi parlano i morti di Nettuno, 
Al mare ed alle stelle, e tra di loro. 
Barbarigo, Barbarigo, 
battaglione dell’onore! 
Brucia ed arde la tua fede, 
la vendetta rugge in cuore. 
Se la morte ci dà un bacio 
caldo e rosso come un fiore, 
sorridiam tra le sue braccia 
alla Patria che non muore. 
Il nome di Bardelli è un’ostia pura 
che d’oro splende con la sua medaglia; 
egli non dorme nella sepoltura, 
ma marcia in testa a noi nella battaglia. 
E dell’aspro Gianicolo le zolle 
repubblicano han sangue che risplende; 
e il nostro amore incendierà quel colle 
dove ci chiama Garibaldi e attende. 
Barbarigo, Barbarigo, 
battaglione dell’onore! 
Brucia ed arde la tua fede, 
la vendetta rugge in cuore. 
Se la morte ci dà un bacio 
caldo e rosso come un fiore, 
sorridiam tra le sue braccia 
alla Patria che non muore