sabato 17 giugno 2017

FIAMME BIANCHE

  Fiamme bianche, l’ultima leva

Il libro Fiamme Bianche – Adolescenti in Camicia Nera nella RSI  a cura di Sergio Cappelletti e Corrado Liberati – Editrice L’Ultima Crociata 2003 , apre uno spiraglio sulla storia degli oltre 4000 adolescenti che parteciparono nel 1944 come Avanguardisti Moschettieri al XXII Campo DUX di Velo d’Astico (Vicenza). Essi, nella loro qualità di partecipanti al Campo DUX non erano da considerarsi forza combattente ma, in realtà, già durante la permanenza al campo furono coinvolti in un combattimento e, dopo la chiusura del campo, quelli giudicati idonei confluirono, come si vedrà,
in vari reparti combattenti della RSI.
Il libro è costituito dalle memorie di un bel numero di reduci che si sono ritrovati e hanno formato
l’ “Associazione Nazionale Fiamme Bianche”. Essi, pescando nei loro ricordi, ricostruiscono le loro vicende personali e, tutti insieme, hanno tentato di ricostruire la storia di questi giovanissimi volontari in camicia nera, passati alla storia come “Fiamme Bianche”, per le candide mostrine che portavano sulla loro bella divisa. Ma, soprattutto, fanno riemergere tutto l’entusiasmo, che non verrà mai meno, e tutto il vivissimo desiderio di contribuire alla difesa della Patria a fianco dei fratelli più grandi, che allora questi giovanissimi portavano nel cuore.
 La storia degli Avanguardisti Moschettieri dell’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), poi Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.) comincia nel 1926, con la nascita dell’ O.N.B. di cui Renato Ricci era stato il primo Presidente .
  Particolare attenzione fu sempre dedicata da Ricci agli Avanguardisti Moschettieri, giovani dai 16 ai 18 Anni.
 Già agli inizi del 1936, durante la guerra contro l’Abissinia per la conquista dell’impero che si chiamerà Africa Orientale Italiana, Renato Ricci, dispose che  in ogni comitato provinciale dell’Opera Balilla venisse costituito un manipolo di “Avanguardisti Moschettieri” volontari. Dopo una rigorosa selezione che valutò le doti fisiche e morali, i prescelti ebbero una divisa militare grigioverde, furono armati di pugnale e di moschetto ed ebbero una seria istruzione militare.
 Probabilmente, ricorrendo quell’anno il decennale della fondazione dell’O.B., si pensava di costituire un vero e proprio reparto combattente da inviare in Africa. Cosa che non avvenne perché il 9 maggio la guerra finì con la conquista di Addis Abeba.
 E non appena la costituzione del governo della R.S.I. fu compiuta con la nomina del Generale Rodolfo Graziani quale Ministro della Difesa il 23 settembre 1943, subito il 24 fu affidato al gerarca di Carrara Renato Ricci il compito di riorganizzare l’Opera Nazionale Balilla.
  Era egli , sicuramente, la persona con l’esperienza necessaria per la sua rapida ricostituzione.
 Messosi alacremente all’opera, già nel gennaio 1944 poteva vantare la costituzione di 66 comitati provinciali e di ben 2904 comitati comunali.
  Lo scopo di questa istituzione era quello di educare fisicamente e moralmente la gioventù italiana.
  Per i più grandi, poi, veniva curata anche una preparazione premilitare, oltrechè ginnico-sportiva, che doveva portare, una volta raggiunta la maggiore età, all’iscrizione al partito.
  Ed ecco che, agli inizi del 1944, esattamente con le direttive emanate da Ricci il 15 gennaio, ai giovani delle classi 1926, 1927 e 1928 ( gli Avanguardisti Moschettieri, appunto) fu consentito di arruolarsi volontariamente in un vero e proprio corpo militare (anche se non destinato al combattimento) che verrà poi, come già detto,  denominato “Fiamme Bianche” per le bianche mostrine che esibivano sul bavero della giacca.
  In ogni provincia, così, si aprirono gli arruolamenti e si costituirono – uno in ciascuna provincia – “battaglioni” (cosiddetti) di “Fiamme Bianche”. Le domande di arruolamento furono ovunque numerosissime, tanto che cominciarono a difettare le divise e i moschetti. I giovani volontari vennero sistemati in apposite caserme e iniziarono la loro vera e propria vita militare.
 Fino, all’incirca,  alla metà di maggio, intenso continuò nelle varie sedi provinciali, l’addestramento ginnico-sportivo per irrobustire il fisico, mentre l’addestramento pre-militare diventava sempre più un vero addestramento militare. Eravamo in guerra e i giovani nati nel 1926 sarebbero stati presto chiamati a far parte di reparti combattenti.
 La divisa, grigioverde, era costituita da giacca e pantaloni alla paracadutista (giacca tipo sahariana stretta alla vita da una cintura e pantaloni lunghi serrati alla caviglia subito sopra gli scarponi e sborsanti all’estremità). Il berretto era un basco nero con un fregio argenteo rappresentante una Emme maiuscola con, in mezzo, un fascio repubblicano.
 Ed ecco che, intorno al 20 di maggio, venne l’ordine di concentrare tutti i reparti provinciali in un Campo Dux ( il XXII) dove l’addestramento militare sarebbe stato completato.
 Il morale dei giovani era altissimo e l’entusiasmo alle stelle.
 Molti dettagli il libro ci fornisce sulla storia delle “Fiamme Bianche” Toscane. La partenza per Velo d’Astico da Firenze (dove, nei giorni precedenti o la mattina stessa si erano concentrate le “Fiamme Bianche” Toscane e, in gran parte, anche quelle umbre e laziali (vedi pag 81 Alberto Franci) avvenne il giorno 22 maggio, lunedì, nel pomeriggio (presumibilmente nel tardo pomeriggio) in treno, lungo la vecchia e lunga Porrettana, con arrivo a Bologna il mattino del 23. Dopo una breve sosta, verso le ore 11 il treno ripartì in direzione di Ferrara e del Po. Raggiunta Ferrara e attraversato il Po, ora il treno di trova nei pressi della stazioncina di Canaro, 12 chilometri dopo Ferrara. Sono le prime ore del pomeriggio. Ed ecco che tre aerei nemici (erano “Lighting” che i tedeschi chiamavano “Diavoli a due code” ) 1) attaccano il treno mitragliandolo ripetutamente. Viene distrutta la locomotiva, ucciso il macchinista e particolarmente colpiti i primi vagoni. Le giovani “Fiamme Bianche” si gettano fuori e cercano di ripararsi alla meglio, ma il bilancio è doloroso: Sei “Fiamme Bianche” uccise e quattro ufficiali feriti (Magg. Lancellotti, Cap. Piccolomini da Siena, Capitano Scardino - il più grave, gli fu amputata una gamba - e il Ten. Copercini).  Il Ten. Sgarzini telefona al Comitato di Rovigo. In breve arrivano l’autoambulanza e un gruppo di ufficiali germanici e italiani. I caduti vengono trasportati sull’aia di un vicino cascinale in località Sabbioni. I contadini si prodigano nel portare aiuto. Subito vengono avvertite le famiglie dei caduti che, presumibilmente, si recheranno  subito o nei giorni immediatamente successivi a recuperare i corpi sul luogo stesso dell’evento. Infatti soltanto due dei sei caduti risultano sepolti a Rovigo dove, evidentemente, erano stati portati. Anche di questi, successivamente, le famiglie recupereranno i corpi.  I nomi di quattro dei sei caduti sono i seguenti: Secchi Antonio n. a Parigi, età 16 anni, Terzo Vincenzo nato a Tunisi, di anni 16 , Tuci Alfredo nato a S.Marcello Pistoiese di anni 15, Biagini Francesco nato il 3.1.1929, di Lucca. Sono in corso ricerche per trovare i nomi degli altri due caduti.
 Ed ecco l’elenco dei feriti come risulta dal Registro Generale del 1944 dell’Ospedale Civile di Rovigo:
1)      Magg. Francesco Lancellotti fu Giuseppe da Firenze;
2)      Cap. Pier Piccolomimi di Giovanni da Perugia
3)      Cap. Antonio Scardino di Giovanni da Firenze
4)      Cap. Copercini Giuseppe di Giovanni da Firenze
5)      F.B. Antonio Rinaldi di Vincenzo da Siena
6)      F.B. Umberto Lanzanò di Alfdredo da Siena
7)      F.B. Giovanni Orlandini di Umberto da Pietraqsanta
8)      F.B. Mario Biasini di Vittorio da Lucca
9)      F.B. Italo Tamburini di Aristide da Montelupo Fiorentino
10)  F.B. Mario Grasesca di Domenico da Lucca
11)  F.B. Ivano Baroni di Eugenio da Bologna
12)  F.B. Domenico Angotti di Nicola da Siena
13)  F.B. Alfredo Cantini di Lanciotto da Lucca
14)  F.B. Antonio Cosentini di Francesco da Siena
15)  F.B. Silvio Celestra di Giuseppe da Roma
 Terminato l’attacco i giovani,  che si erano dispersi per i campi di canapa, si riuniscono. Sono provati da quella prima, inaspettata prova del fuoco ma, incoraggiati dagli ufficiali, si ricompongono e si schierano per l’ultimo saluto ai caduti.
 Intanto è giunta una nuova locomotiva e bisogna riprendere il viaggio. Il treno riparte per Polesella. Qui si cambia treno e si prosegue fino a Thiene, dove si pernotta.
 Il mattino dopo, 24 maggio, si riparte per giungere a destinazione. Le “Fiamme Bianche” toscane e le altre vengono presentate al Gen. Salvetti che le saluta e ne elogia il comportamento. I caduti vengono commemorati.
 Sistemati in tende a sei posti, i giovani avanguardisti iniziarono con entusiasmo il duro addestramento fatto di marce, esercitazioni notturne ma anche di esercitazioni con le armi e addestramento al combattimento. Gli ufficiali che li comandavano appartenevano alla Guardia Giovanile Legionaria, dipendenti direttamente dal Comando Generale della G.N.R.
 I circa 4000 avanguardisti furono organizzati in 4 battaglioni articolati su 3 compagnie e proseguirono il programmato addestramento fino all’agosto del 1944, allorchè fu ordinata la chiusura del XXII Campo DUX. (10 agosto 1944) 2)
 Nel luglio, in previsione della prossima chiusura del Campo, le giovani “Fiamme Bianche” comincivano a pensare alla loro destinazione futura. Quelli giudicati idonei, infatti, sarebbero stati assegnati come complementi a quei reparti che ne avessero fatta richiesta. Alcuni  sarebbero  stati arruolati nella Decima Flottiglia Mas, altri nei paracadutisti, altri nei bersaglieri, altri in vari battaglioni GNR (che, infine, andranno a costituire i battaglioni mobili della Divisione ETNA). Qualcuno finirà anche in qualche Brigata Nera dove già militavano un padre o un fratello.
 Fu allora che il comandante del Campo, Maggiore Giorgio Carlevaro, reduce dalla Russia, propose la costituzione di un Battaglione d’Assalto autonomo che avrebbe conservato le fiamme bianche sulle quali, in luogo dei fascetti dell’O.B. sarebbero state appuntate le doppie “M” della GNR.  Molti accettarono con entusiasmo e il Battaglione si costituì su tre compagnie di circa cento uomini ciascuna . 3)   E l’addestramento proseguì ancora più impegnativo: marce faticose, turni di guardia massacranti…
  Intorno alla metà del mese la seconda compagnia era stata spostata a Tonezza a presidiare la ex colonia montana dove, fino ai primi di luglio, aveva funzionato una scuola Allievi Ufficiali poi spostata a Vicenza. E il 19 anche la prima compagnia si avviò, di primissima mattina, per raggiungere Tonezza, mentre la terza sarebbe rimasta a Velo d’Astico. La compagnia, dopo una marcia di diverse ore, attraverso Arsiero e il monte Cimone, giunse in vista della ex Colonia di Tonezza verso mezzogiorno. Appena arrivati, stanchi e affamati, fu dato l’ordine: “in attesa del rancio fate il fascio d’armi”. Ma dopo pochi minuti un gruppo di partigiani sferrò l’attacco con bombe e armi automatiche. Ai primi spari, che subito si infittirono, i giovani corsero a recuperare i fucili ed entrarono nell’edificio per rispondere al fuoco dalle finestre. Ed ecco un grande fragore: una mina, forse precedentemente collocata, fece crollare una parte dell’edificio. Dopo il primo comprensibile smarrimento, le Fiamme Bianche con i loro ufficiali cominciarono a produrre un nutrito fuoco con i fucili e le pistole. Il reparto aveva in dotazione anche una mitragliatrice (una Breda 37) ma si inceppò. 4)  Il Ten. Pettinato tentò una coraggiosa sortita ma il mitra gli si inceppò e cadde sotto i colpi dei partigiani. Ma ecco che il Ten Chirico, che stava arrivando con una carretta di vettovaglie, giunto al paese udì gli spari e subito telefonò al comando generale della GNR. Dopo poco un reparto di Granatieri che erano di guarnigione nella Valle d’Astico stavano arrivando a sostegno dei giovani e i partigiani subito si dileguarono lasciando sul terreno un caduto. Purtroppo anche le  Fiamme Bianche ebbero delle dolorose perdite. Caddero il Cap. Pirina, istruttore al citato Corso Allievi Ufficiali, che non aveva ancora lasciato Tonezza, il già ricordato Ten. Pettinato, le Fiamme Ciccarelli, Nasuti e Trevisan. Quest’ultimo, ferito, era stato fatto prigioniero insieme al camerata Foppiano durante la sfortunata sortita con il Ten. Pettinato e i partigiani lo avevano ucciso. Foppiano, invece, riuscì a fuggire saltando da una roccia e rientrò a Velo d’Astico. Le sue indicazioni consentirono di recuperare subito il corpo del Trevisan.
 Secondo Fracassini (pag. 20) il 1° Battaglione aveva già avuto uno scontro con i partigiani alle pendici del Monte Pria Forà, ma dovette trattarsi di una cosa modesta e senza conseguenze.
 Quando i granatieri giunsero alla caserma il maggiore Carlevaro aveva già schierato nel cortile le giovani Fiamme Bianche reduci dal combattimento che ricevettero i granatieri sull’attenti, come aveva ordinato il maggiore Carlevaro con un colpo di fischietto. 5)  Subito dopo le due compagnie tornarono a Valo d’Astico, e il maggiore Carlevaro elogiò il comportamento dei giovanissimi combattenti che furono tutti proposti per una Croce di Guerra.
 Ma la gioia maggiore fu quando, il 29 luglio 1944, a bordo di alcuni autobus, tutto il Battaglione venne portato a Gargnano dove il Duce lo passò in rassegna fermandosi poi a parlare con i giovani che chiedevano insistentemente di poter essere inviati al fronte. 6)
 Dopo pochi giorni il Campo DUX veniva chiuso e 4000 giovani dei 4600 presenti a Velo d’Astico furono giudicati idonei e affluirono ai reparti cui erano stati destinati e dei quali seguirono la sorte fino al termine del conflitto.
 Ma le 4600 Fiamme Bianche presenti al campo DUX non furono le uniche. 7) Molte non parteciparono al Campo DUX ma rimasero presso i rispettivi Comitati Provinciali e furono utilizzate in vario modo: servizi di guardia, recupero dei morti per bombardamenti e assistenza ai feriti, ma anche azioni di controguerriglia. Vedi, a questo proposito,  le memorie di  Luciano Galiberti di Genova, quelle di Giorgio Carbonati di Torino, quelle di Mario Meneghini, quelle di Eros Perugini di Milano, quelle di Giorgio Pirrone di Sondrio, quelle di Michele Giusto e di Luciano Galiberti di Genova, quelle di Stelvio Dal Piaz di Arezzo.
 Questo significa che il numero dei giovanissimi che corsero ad arruolarsi nelle “Fiamme Bianche” è significativamente superiore a quei 4600 che parteciparono al XXII Campo DUX. Ed anche fra questi non andati a Velo d’Astico ci furono molti che riuscirono ad arruolarsi in reparti combattenti e vissero l’avventura della R.S.I. fino alla fine, pagando - spesso duramente - questa loro coraggiosa scelta.

 Nel libro di cui stiamo parlando non si fa menzione delle Fiamme Bianche di Lucca. Forse perché non si è rintracciato nessum reduce di questa provincia.
In realtà anche a Lucca verso il mese di febbraio cominciarono gli arruolamenti degli Avanguardisti Moschettieri, le nuove Fiamme Bianche. Fu adibita a caserma la cosiddetta Real Casa, situata vicina alle mura urbane nei pressi della chiesa di San Frediano. Il comandante di quello che veniva chiamato Battaglione di Lucca in formazione era il Capitano Galeffi, presidente del comitato O.N.B. di Lucca, i due ufficiali erano i S.Ten Poleschi di Nicciano e Vivaldo Pagni di Pescia.
 Le esercitazioni ginniche si svolgevano nell’ampio cortile della caserma situato proprio a ridosso delle mura urbane. Le esercitazioni paramilitari si svolgevano in un piccolo podere di proprietà dell’O.N.B. sito sulle rive del Serchio. Al ritorno dalle esercitazioni le FF.BB. perfettamente inquadrate attraversavano Lucca lungo la centale Via Fillungo cantando canzoni patriottiche.
 Per un certo periodo il “battaglione” si spostò a Tereglio, un paese montano che fu raggiunto a piedi dalla stazione ferroviaria di Bagni di Lucca.
 I giovani erano accorsi numerosissimi ma mancavano le divise e i moschetti. Malgrado i tre viaggi che il Prof. Pagni fece a Udine ove era un centro per i rifornimenti, divise e moschetti continuarono a mancare. Cosicchè allorchè il “Battaglione” partì per Velo d’Astico era costituito soltanto da due plotoni  di una  trentina di uomini l’uno, quindi una sessantina di uomini in totale. Erano tutti quelli che avevano potuto essere dotati di una divisa e di un moschetto. Li accompagnava il S.Ten Poleschi. Pagni e Galeffi erano rimasti a Lucca. Successivamente, però, (dovevano essere i primi di giugno perché era già caduta Roma) altre 7 o 8 Fiamme Bianche che erano rimaste a Lucca come “Ufficio stralcio”,  con un furgoncino furono portati a Ferrara (e da qui, presumibilmente, avviati a Velo d’Astico.)
 La partenza  dei primi due plotoni avvenne il lunedì 22 maggio. A Prato i vagoni su cui stavano i lucchesi furono agganciati alla tradotta proveniente da Firenze  con le Fiamme Bianche di Firenze, Pistoia, Siena, umbre e laziali. Dopo di che ci fu la partenza lungo la “porrettana” con arrivo a Bologna il mattino del 23. Dopo una sosta, verso le 11 ci fu la partenza verso Ferrara e il Po. Nel primo pomeriggio, dopo l’attraversamento del Po, nei pressi della stazionicina di Canaro (RO), come abbiamo visto, ci fu un mitragliamento aereo che mise fuori uso la locomotiva , uccise 6 Fiamme Bianche e ferì 4 ufficiali (ad uno dei quali fu amputata una gamba) . Uno dei caduti era, appunto, di Lucca e il suo cadavere fu recuperato e portato a Lucca dal Ten. Pagni con un’auto Fiat 1100. Pagni ricorda ancora il difficile viaggio, con la bara posta a fianco dell’autista (il che fu possibile togliendo il seggiolino del passeggero) e col Ten. Pagni seduto pure a fianco della bara sul sedile posteriore. Dovevano essere passati alcuni giorni dalla morte perché dalla bara emanava un forte odore. Il Ten Pagni, purtroppo, non ricordava il nome del caduto. Una fortunata ricerca, però, ha consentito di ritrovare quel nome che, come sopra detto, era quello di Francesco Biagini, nato a Lucca il 3.1.1929. Fu sepolto a Lucca, nel cimitero monumentale, in una tomba allestita a cura dell’O.N.B.,  il 3 giugno 1944, undici giorni dopo la sua morte. Era il più giovane di otto figli. Una sua nipote, figlia di una sua sorella più grande, custodisce amorevolmente la tomba dello zio Francesco.  In fondo alla pagina la sua foto e la foto della sua tomba. 8)
 Dopo di che anche le Fiamme Bianche di Lucca proseguirono il viaggio fino a Velo d’Astico e seguirono il destino di tutti gli altri.



 


            Le Fiamme Bianche del Battaglione di Carlevaro ricevute dal DUCE a Gargnano il 29 luglio 1944.
            Il primo a sinistra è ALBERTO GONNELLA
            Il terzo da sinistra è ALBIERI (profugo da Tobruck)
            Il quinto da sinistra è Giorgio Giannotti.   Tutti e tre erano di Barga (Lucca) e appartenevano al “Battaglione” F.B. di Lucca


Nell’ultima parte del libro c’è anche un capitolo dedicato alle “Balilline”, cioè alle coetanee degli Avanguardisti che nutrivano gli stessi sentimenti e gli stessi entusiasmi, che negli stessi periodi si arruolarono nelle “Ausiliarie” e, come tali, affiancarono i soldati della RSI ovunque ci fosse bisogno di loro e, quindi, anche al fronte, come crocerossine o con altri ruoli. Dopo la sconfitta l’odio bestiale dei rossi si accanì con particolare ferocia contro di loro, che pagarono un grande tributo di sangue e di sofferenze.

NOTE
1)      Arnaldo Fracassini a pag.37
2)      Fracassini pag. 21
3)      Antonio Fede pag. 53
4)      Antonio Fede pag. 54
5)      Antonio Fede, pag 54
6)      Antonio Fede, pag 57
7)      Alberto Franci pag. 84

   Il bel viso fiero del   giovanissimo caduto Qui riposa con la sua mamma    






 

 

 
   Il bel viso fiero del   giovanissimo caduto Qui riposa con la sua mamma    
























              


                                                                                                                                                                                      

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