lunedì 21 luglio 2014

INTERVISTA A GIACINTO AURITI





INTERVISTA A GIACINTO AURITI


Di Giacinto Auriti
Pubblichiamo un estratto del pensiero del prof. Auriti in materia di dittatura finanziaria mondiale. Si tratta di una selezione di risposte del professor Giacinto Auriti ad alcuni radioascoltatori [ “G.A.” corrisponde a “Giacinto Auriti”, mentre “R.” corrisponde a “radioascoltatore”] di diversi  anni fa, ma sempre attuali.
G.A.: Certamente con una Banca Centrale Europea si ha un potenziamento della sovranità monetaria, perché quella mostrerebbe i medesimi difetti e le medesime caratteristiche delle banche centrali d’oggigiorno, ma con un aggravio di cose dovuto alla concentrazione del potere. Quanto mi auspico è che s’attesti il principio per cui ciascun popolo divenga proprietario d’una sua propria moneta; principio, questo, ch’io stesso sostenni durante la conferenza tenutasi a Palazzo Reale sulla necessità di riformare il Trattato di Maastricht. A quella conferenza ho partecipato come relatore, proponendo d’integrare, per l’appunto, il Trattato con un modello di sovranità popolare in ambito monetario, secondo cui, d’altronde, quando unica e comune sia la moneta, il popolo debba essere riconosciuto comunque proprietario della sua parte di valore indotto sul valore monetario globale. Quando vi siano tali premesse, il fatto che la Banca Centrale risulti prevalentemente tedesca, francese o italiana sarebbe di secondaria importanza, perché interessa piuttosto sapere di chi è la proprietà della moneta quando emessa: qui sta il punto fondante. Ne discende che, quantunque io sia favorevole all’Unione Europea, ribadisco nondimeno il bisogno di completare, sulla base del principio succitato, il Trattato di Maastricht. Vi sono domande?

R.: Buonasera. Professore, intanto le dico di ammirarla molto, e vorrei porgerle i miei complimenti.

G.A.: Non ve n’è motivo. Chiacchieriamo come a tavola, in famiglia.

R.: Io mi ricollego, allora, ad una trasmissione andata in onda su Rai Tre. Si discuteva sulla possibilità che il sistema politico intervenisse per modificare l’attuale sistema bancario; altre vie, infatti, non si trovano. Il problema è che se vi sono difficoltà per l’ottenimento di ciò già nel presente, ora che Fazio parrebbe per l’Italia quasi una sorta di re, quali gli ostacoli che si frapporranno nel 2002, allorché noi non conosceremo neppure il nome del “re” di turno? Se la Banca Centrale Europea prevede nel proprio statuto l’impossibilità d’intromissione del potere politico, quali gli scenari che si prospettano a quattro anni da ora?

G.A.: Guardi, le forze che noi vogliamo contrastare sono le maggiori del mondo, quindi non possiamo illuderci che la battaglia sia per noi semplice, tutt’altro! Ciononostante, noi siamo supportati dalla potenza dell’idea, nonché dalla verità. Quest’ultima ricorda l’attrazione gravitazionale, nel senso che, prima o poi, si afferma inesorabilmente, come quando sostenendo un peso con le mani si deve di necessità mollarlo ad un certo momento, per l’eccessiva fatica cui le braccia sono sottoposte. Cosa, infatti, avviene nel corso della storia? Vale anche per essa il vecchio proverbio che dice “galantuomo” il tempo. Inoltre noi siamo attualmente in grado di aiutare il tempo a manifestarsi come tale, grazie ai mezzi di comunicazione di massa. Una volta un concetto  veniva diffuso con lentezza, ma oggi si può raggiungere immediatamente la coscienza di qualsiasi famiglia, dei padri, dei giovani, di tutti quanti. La verità e l’idea che noi propaliamo derivano precisamente dalla volontà di raddrizzare la piramide quale ormai si presenta. Mentre la moneta d’oro veniva abolita, il valore monetario è stato tolto ai cittadini e consegnato alle banche, che emettevano carta moneta per imprestarla. 

Quando il portatore della moneta d’oro aveva in tasca una certa quantità di simboli monetari , egli era senz’altro il proprietario degli stessi; oggi, al contrario, il cittadino appare il debitore dei soldi recati nelle tasche, i quali sono dunque una proprietà del tutto aleatoria. Ormai il lavoratore non può perciò nemmeno sognare un guadagno che l’arricchisca. D’altronde, cosa sono i vertici bancari nei confronti del cittadino? Per capirlo serva l’esempio del segugio che insegue la lepre, credendo che si ciberà della preda, quand’è, invece, il cacciatore colui che solo mangerà l’animale ucciso. Chi lavora, dunque, subisce il trattamento del segugio da parte del governatore della Banca Centrale: il lavoratore, infatti, viene dapprima incentivato ad affaticarsi per la restituzione di un prestito monetario; dopodiché, restituito il prestito, deve tuttavia rendere gli interessi su quello determinati dalla banca centrale, talché gli resta una somma insufficiente, avendo dovuto dare anche il prodotto derivante dal prestito, insieme al frutto delle proprie fatiche.




R.: Professore, posso farle ancora una domanda? Durante la trasmissione un tale banchiere ha detto che sarebbe opportuno conferire il possesso della Banca d’Italia allo Stato, affinché quella si trasformi in organo statale vero. Quale il significato che un simile passaggio avrebbe?

G.A.: Risponderò così come rispose nel merito Raffaele Mattioli. Costui, un abruzzese di Vasto ch’è stato presidente della Banca Commerciale, asserì qualcosa d’importante: allorché gli fu chiesto quale differenza vi fosse tra banca pubblica e banca privata, recisamente negò che n’esistessero di determinanti. Invero a noi frega poco che la Banca d’Italia sia in mano a pubblici, a privati o allo Stato: a noialtri interessa piuttosto la proprietà sulla moneta all’atto dell’emissione. Quando la banca limita i suoi cómpiti alla custodia del denaro ed alla stampa dei simboli, mentre nostra rimane la proprietà, allora non discendono problemi. Che la funzione di custodia sia volta da privati, quindi, non importa: ecco perché Raffaele Mattioli era nel giusto. Le differenze non sussistono, poiché ad oggi sia la banca pubblica che la banca privata sembrano delle mangiatoie, ovvero delle organizzazioni strumentali che assecondano gl’intenti di entità strumentalizzanti. Queste ultime sono costituite da gruppi che controllano il pacchetto di maggioranza entro la società per azioni, atteso che tutte le banche sono delle società anonime, dove coloro che abbiano il controllo di quel pacchetto hanno parimenti la proprietà sul denaro.

 Di tal fatta risulta essere la Banca d’Italia: lo sappiamo noi e lo riconosce pure Nerio Nesi, stando a quanto questi ha dichiarato nella trasmissione di cui lei riferiva. Essendogli notoria la questione, egli ha detto di sperare in una banca che appartenga allo Stato, rivelando forse l’intenzione di raggirarci: l’essere afferente al pubblico piuttosto che al privato, infatti, non è condizione per cui cessi il latrocinio. Ripeto che aveva ragione Raffaele Mattioli, siccome in ambo i casi la banca continua a sembrare una mangiatoia. Noi dobbiamo avere la proprietà sulla moneta; noi siamo quelli che devono nutrirsi. Un’organizzazione bancaria come è l’attuale prevede che la funzione svolta dal popolo sia quella di rimanere affamato, mentre i vertici delle banche centrali svolgono quella di mangiare in sua vece. Di ciò consta la grande usura, la quale ci espropria dei soldi nostri e con essi c’indebita pure … Vedete, noialtri in Università per primi abbiamo chiaramente distinto fra due qualità di moneta, mentre ancora si discorreva intorno alla stessa come d’un’unica specie; noi abbiamo, invero, affermato l’esistenza d’una moneta-proprietà e d’una moneta-debito.

R.: Professore, io vorrei porle un’altra domanda. Quando il papa diceva che il capitalismo è contro l’uomo, cosa voleva dire ed a cosa faceva riferimento?

G.A.: La “Centesimus annus” sostiene che la parola “capitalismo” abbia una duplice valenza: se per capitalismo s’intende l’economia di mercato con la libertà d’iniziativa, la parola risulta allora esprimente un concetto rispettabile; se diversamente il concetto che s’implica nel termine riguarda la violazione della razionalità giuridica, per capitalismo s’intende, allora, qualcosa di pericoloso. In un sano mondo capitalistico l’organo [-corsivo mio-] rappresenta una od anche l’intera collettività, senza prescindere dai valori giuridici ed economici.


In merito a quanto finora detto, preciso meglio. Quando io ragiono di una proprietà dello Stato, reputo lo Stato un “fantasma giuridico”, ossia un ente privo di contenuto umano. Che cos’è, perciò, tale “fantasma”? Esso è il paravento d’una mangiatoia, poiché, data l’assenza di una proprietà in assenza d’un preciso proprietario, “proprietà di Stato” significa coincidenza del potere politico col potere economico. Si badi che il cittadino viene così rappresentato nell’amministrazione della proprietà, ma non nella qualità di proprietario. In effetti, alla proprietà deve sottendere sempre il godimento di ben due beni: da una parte, vi è il bene in quanto oggetto del diritto; dall’altra, vi è lo stesso diritto, che soddisfa un bisogno spirituale. Altro che godere d’un certo bene a titolo di elemosina! Avere il diritto particolare di pretendere il godimento di un bene vuol dire godere di un ulteriore bene, cioè di quello strumento del diritto in toto che soddisfa il bisogno spirituale di dignità. Tutto ciò venne capito dalla giurisprudenza romana, e Roma fu grande perché il suo popolo per primo concepì il diritto; ma lo stesso venne pure avvertito dalla civiltà greca, come s’evince leggendo la descrizione dei ciclopi fornita da Omero. Costui definì molto adeguatamente la barbarie di quei mostri, quando li descrisse ignari delle leggi e muniti d’un occhio solo: insomma, nonché privi di legislazione alcuna, i ciclopi vengono immaginati con un occhio soltanto poiché sono l’allegoria di quanti selvaggiamente guardano al momento economico come a quello in cui soddisfare un’impellenza soltanto fisiologica. 



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