COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA (1)
Capo I
La Nazione – Lo Stato
Art. 1 – La Nazione Italiana è un organismo
politico ed economico nel quale compiutamente si realizza la stirpe con i suoi
caratteri civili, religiosi, linguistici, giuridici, etici e culturali. Ha
vita, volontà, e fini superiori per potenza e durata a quelli degli individui,
isolati o raggruppati, che in ogni momento ne fanno parte.
Art. 2 – Lo Stato italiano è una Repubblica
sociale. Esso costituisce l’organizzazione giuridica integrale della Nazione.
Art. 3 – La Repubblica Sociale Italiana ha
come scopi supremi: 1) la conquista e la conservazione della libertà
dell’Italia nel mondo, perché questa possa esplicare e sviluppare tutte le sue
energie e assolvere, nel consorzio internazionale fondato sulla giustizia, la
missione civile affidatale da Dio, segnata dai ventisette secoli della sua
storia, voluta dai suoi profeti, dai suoi martiri, dai suoi eroi, dai suoi geni
[le parole “voluta dai suoi profeti, dai suoi martiri, dai suoi eroi, dai suoi
geni” sono state cancellate da Mussolini e sostituite con la congiunzione “e”],
vivente nella coscienza nazionale; 2) il benessere del popolo lavoratore,
mediante la sua elevazione morale e intellettuale, l’incremento della ricchezza
del paese e un’equa distribuzione di questa, in ragione del rendimento di
ognuno nell’utilità [le parole “nell’utilità” sono state cancellate da
Mussolini e sostituite con le parole “nella comunità”] nazionale.
Art. 4 – La capitale della Repubblica Sociale
Italiana è Roma.
Art. 5 – La bandiera nazionale è quella
tricolore: verde, bianca, rossa, col fascio repubblicano sulla punta dell’asta.
Art. 6 – La religione cattolica apostolica e
romana è la sola religione della Repubblica Sociale Italiana.
Art. 7 – La Repubblica Sociale Italiana
riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale, come
attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione e alle
esigenze della sua missione nel mondo. La Repubblica Sociale Italiana riconosce
alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusività ed assoluta potestà e
giurisdizione sovrana sulla Città del Vaticano.
Art. 8 – I rapporti tra la Santa Sede e la
Repubblica Sociale Italiana si svolgono nel sistema concordatario, in
conformità dei Trattati e del Concordato vigenti.
Art. 9 – Gli altri culti sono ammessi, purché
non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al
buon costume. L’esercizio anche pubblico di tali culti è libero, con le sole
limitazioni e responsabilità stabilite dalla legge.
Capo II
Struttura dello Stato
Art. 10 – La sovranità promana [da] tutta la
Nazione.
Art. 11 – Sono organi supremi della Nazione:
il Popolo e il Duce della Repubblica.
§ I
Il popolo – La rappresentanza
Art. 12 – Il popolo partecipa integralmente,
in modo organico e permanente, alla vita dello Stato e concorre alla
determinazione delle direttive, degli istituti e degli atti idonei al
raggiungimento dei fini della Nazione, col suo lavoro, con la sua attività
politica e sociale, mediante gli organismi che si formano nel suo seno per
esprimere gli interessi morali, politici ed economici delle categorie di cui si
compone, e attraverso l’Assemblea costituente e la Camera dei rappresentanti
del lavoro.
Art. 13 – Nell’esplicazione delle sue
funzioni sociali lo Stato, secondo i principi del decentramento, si avvale,
oltre che dei propri organi diretti, di tutte le forze della Nazione,
organizzandole giuridicamente in enti ausiliari territoriali e istituzionali,
ai quali concede una sfera di autonomia ai fini dello svolgimento dei compiti
loro assegnati nel modo più efficace e più utile per la Nazione.
Sezione I
L’Assemblea Costituente
Art. 14 – L’Assemblea Costituente è composta
da un numero di membri pari a 1 ogni 50.000 cittadini. Deve essere
l’espressione di tutte le forze vive della Nazione e pertanto debbono farne
parte:
1) per ragione delle loro funzioni: coloro
che, al momento della riunione della Costituente, fanno parte del Governo della
Repubblica e ricoprono determinate cariche nell’amministrazione centrale e
periferica dello Stato, nella magistratura, nell’ordine scolastico, in enti
locali territoriali e istituzionali, in organismi politici e culturali ai quali
lo Stato abbia riconosciuti o assegnati compiti di alto interesse nazionale.
La legge stabilisce le cariche che importano
in chi le ricopre appartenenza alla Costituente.
I membri di diritto non possono superare un
terzo dei componenti della Costituente;
2) per elezione popolare, coloro che siano
designati a far parte della Costituente dagli appartenenti alle organizzazioni
riconosciute dallo Stato quali rappresentanti:
– dei lavoratori (imprenditori, operai,
impiegati, tecnici, dirigenti) dell’industria, dell’agricoltura, del commercio,
del credito e dell’assicurazione, delle professioni e arti, dell’artigianato e
della cooperazione;
– dei dipendenti dallo Stato e dagli enti
pubblici;
– degli ex-combattenti per la causa
nazionale, e, in particolare, dei decorati e dei volontari;
– delle famiglie dei caduti per la causa
nazionale;
– delle famiglie numerose;
– degli italiani all’estero;
– delle altre categorie che in dati momenti
della vita nazionale siano riconosciute, per legge, espressione di importanti
interessi pubblici.
La legge stabilisce i requisiti e le forme
per il riconoscimento di tali organizzazioni, nonché, per ciascuna di esse, il
numero e i modi dell’elezione dei rappresentanti nella Costituente.
Art. 15 – La Costituente elegge il Duce della
Repubblica Sociale Italiana.
Delibera:
1) sulla riforma della Carta costituzionale o
sulle deroghe eccezionali alle norme della stessa;
2) sugli argomenti di supremo interesse
nazionale che il Duce intenda sottoporle, o sui quali la decisione della
Costituente sia richiesta dalla Camera dei rappresentanti del lavoro, con una
maggioranza di almeno due terzi dei suoi membri di [sic, al posto di “in”]
carica.
Art. 16 – La Costituente è convocata dal Duce
che ne fissa l’ordine del giorno.
Nel caso di richiesta della Camera dei
rappresentanti del lavoro, ai sensi dell’articolo precedente, la convocazione
deve aver luogo entro un mese dal voto e nell’ordine del giorno debbono essere
inseriti gli argomenti indicati dalla Camera.
In caso di impedimento del Duce, la
Costituente è convocata dal Capo del Governo.
In caso di morte del Duce la Costituente deve
esser convocata per la nomina del successore, entro un mese dalla morte.
Sezione II
La Camera dei Rappresentanti
del Lavoro
Art. 17 – La Camera dei rappresentanti del
lavoro è composta di un numero di membri pari a 1 ogni 100.000 abitanti, eletti
col sistema del suffragio universale diretto da tutti i cittadini lavoratori
maggiori degli anni 18.
Di essa inoltre fanno parte di diritto il
Capo del Governo, nonché i Ministri e Sottosegretari di Stato.
Art. 18 – Sono considerati lavoratori coloro
che sono rappresentati da un’Associazione professionale riconosciuta e i
dipendenti da enti eventualmente esenti dall’inquadramento.
Sono, agli effetti dell’elettorato attivo,
equiparati ai lavoratori:
1) coloro che hanno cessato di lavorare per
ragioni di invalidità o vecchiaia;
2) coloro che seguono regolarmente un corso
di studi, in istituti scolastici statali o pareggiati;
3) coloro che siano disoccupati involontari,
o svolgano attività, da determinarsi per legge, fuori del campo della
disciplina professionale.
Art. 19 – Possono essere eletti
rappresentanti del lavoro coloro che siano in possesso di tutti i seguenti
requisiti:
1) Siano maggiori degli anni 25, oppure siano
decorati al valor militare o civile, volontari di guerra, mutilati o feriti di
guerra o comunque per la causa nazionale, maggiori degli anni 21;
2) siano elettori;
3) non abbiano subito condanne per delitti o
atti incompatibili colla dignità e il prestigio di rappresentanti del lavoro.
La legge determina tali delitti o atti, escludendo quelli compiuti per ragioni
di convinzioni politiche.
Art. 20 – I membri della Camera rappresentano
tutto il popolo lavoratore, e non gli appartenenti alle circoscrizioni
territoriali o alle categorie professionali che li hanno eletti.
Art. 21 – I rappresentanti del lavoro non
possono essere ammessi all’esercizio delle loro funzioni se non dopo aver
prestato il giuramento dinanzi a Dio e ai Caduti della patria di servire con
fedeltà la Repubblica Sociale Italiana, di osservare lealmente la Costituzione
e le leggi, nel solo intento del bene della Nazione.
Art. 22 – I rappresentanti del lavoro hanno
il dovere di esprimere le loro opinioni e di dare i loro voti secondo coscienza
e per i fini della loro funzione.
Sono liberi e insindacabili nell’esercizio delle
loro funzioni.
Art. 23 – I rappresentanti del lavoro non
possono essere arrestati, salvo il caso di flagranza di delitto, né processati,
senza l’autorizzazione preventiva della Camera.
Art. 24 – I rappresentanti del lavoro restano
in carica per tutta la durata della legislatura (art. 25). E sono rieleggibili.
Decadono però dalla loro funzione:
1) se tradiscono il giuramento prestato;
2) se perdono alcuno dei requisiti per la
loro eleggibilità;
3) se trascurano i doveri della funzione
rimanendo assenti per dieci sedute consecutive della Camera, senza
autorizzazione da accordarsi dal Presidente (art. 34); qualora concorrano
giustificati motivi.
Art. 25 – I lavori della Camera sono divisi
in legislature.
Ogni legislatura dura cinque anni, ma può
essere sciolta anche prima, nel caso stabilito dal presente Statuto.
La fine di ciascuna legislatura è stabilita
con decreto del Duce, su proposta del Capo del Governo (art. 50).
Il decreto fissa anche la data di
convocazione dell’Assemblea per ascoltare il discorso del Duce, col quale si
inizia la legislatura successiva.
Art. 26 – La Camera dei rappresentanti del
lavoro collabora col Duce e col Governo per la formazione delle leggi.
Per l’esercizio dell’ordinaria funzione
legislativa la Camera è periodicamente convocata dal Capo del Governo.
Art. 27 – Il potere di proposizione delle
leggi spetta al Duce (art. 41) e ai rappresentanti del lavoro (art. 49).
Art. 28 – La Camera esercita le sue funzioni
per mezzo dell’Assemblea plenaria, della Commissione generale del bilancio e
delle Commissioni legislative.
Art. 29 – È di competenza esclusiva della
Assemblea plenaria la discussione e l’approvazione:
1) dei disegni di legge concernenti: le
attribuzioni e le prerogative del Capo del Governo; la facoltà del Governo di
emanare norme giuridiche; l’ordinamento professionale; i rapporti fra lo Stato
e la Santa Sede; i trattati internazionali che importino variazioni al
territorio dello Stato e delle Colonie; l’ordinamento giudiziario, sia
ordinario che amministrativo; le deleghe legislative di carattere generale;
2) dei progetti di bilancio e di rendiconto
consuntivo dello Stato, delle aziende autonome statali e degli enti pubblici
economici di importanza nazionale la cui gestione sia rilevante per il bilancio
dello Stato;
3) dei disegni di legge per i quali tale
forma di discussione sia richiesta dal Governo o dall’Assemblea, oppure
proposta dalle Commissioni e autorizzata dal Capo del Governo;
4) delle proposte di sottoporre alla
Costituente la decisione di argomenti di supremo interesse nazionale.
Art. 30 – Le sedute dell’Assemblea plenaria
sono pubbliche.
Però la riunione può esser tenuta in segreto,
quando lo richiedano il Capo del Governo o almeno venti [cancellato da
Mussolini e corretto con “cinquanta”] dei rappresentanti del lavoro.
Le votazioni hanno sempre luogo in modo
palese.
Art. 31 – Le commissioni legislative sono
costituite, in relazione a determinate attività nazionali, dal Presidente della
Camera.
Esse eleggono nel proprio seno il Presidente;
a questo spetta convocarle.
Art. 32 – Sono [sic, al posto di “È”]
di competenza delle Commissioni la emanazione delle norme giuridiche, aventi
oggetto diverso da quello indicato nell’art. 28 e che importano creazione,
modifica o perdita dei diritti soggettivi dei cittadini, salvo che la legge ne
attribuisca la competenza anche ad altri enti e organi.
La legge determina i modi, le forme e i
termini per la discussione e l’approvazione dei disegni di legge sottoposti
alle Commissioni legislative.
Art. 33 – Le deliberazioni dell’Assemblea
plenaria e delle Commissioni sono prese a maggioranza assoluta, salvo il caso
dell’art. 15.
Nessuna deliberazione è valida se non [è]
presa con la presenza di almeno due terzi e col voto di almeno la metà dei
rappresentanti del lavoro in carica.
Art. 34 – La Camera:
– provvede alla approvazione e modifica del
suo regolamento;
– elegge, al principio di ogni legislatura,
il proprio Presidente e i Vice-Presidenti.
Il Presidente nomina alle altre cariche
stabilite dal regolamento della Camera.
§ II
Il Duce della Repubblica
Sociale Italiana
Art. 35 – Il Duce della Repubblica Sociale
Italiana è il Capo dello Stato.
Quale supremo interprete della volontà
nazionale, che è la volontà dello Stato, realizza in sé l’unità dello Stato.
Art. 36 – È eletto dall’Assemblea
Costituente. Dura in carica cinque [cancellato da Mussolini e corretto con
“sette”] anni. È rieleggibile [Mussolini ha aggiunto le parole “una volta
sola”].
Art. 37 – All’atto dell’assunzione delle sue
funzioni, deve prestare giuramento dinanzi a Dio e ai Caduti per la Patria, di
servire la Repubblica Sociale Italiana con tutte le sue forze e di ispirarsi in
ogni atto del suo ufficio all’interesse supremo della Nazione e alla giustizia
sociale.
Art. 38 – Il Duce non è responsabile verso
alcun altro organo dello Stato per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue
funzioni.
Art. 39 – Il Duce comanda tutte le forze
armate, in tempo di pace a mezzo del Ministro per la Difesa Nazionale, in tempo
di guerra a mezzo del Capo di Stato Maggiore Generale; dichiara la guerra; fa i
trattati internazionali, dandone comunicazione alla Costituente o alla Camera
dei rappresentanti del lavoro appena che ritenga ciò consentito dai supremi
interessi dello Stato.
I trattati che importino variazioni nel
territorio dello Stato, limitazioni o accrescimenti della sua sovranità o oneri
per le finanze, non diventano esecutivi se non dopo avere ottenuto
l’approvazione della Costituente o della Camera dei rappresentanti del lavoro,
ai sensi di questa Costituzione.
Art. 40 – Il Duce esercita il potere
legislativo in collaborazione con il Governo e con la Camera dei rappresentanti
del lavoro.
Art. 41 – Il Duce convoca ogni anno la
Camera. Può prorogarne le sessioni.
Art. 42 – Qualora ravvisi il dissenso
politico tra il popolo dei lavoratori e la Camera, il Duce può scioglierla,
convocandone un’altra nel termine di tre mesi.
Art. 43 – Il Duce presenta alla Camera i
disegni di legge per mezzo del Governo.
Art. 44 – Il Duce sanziona le leggi.
Art. 45 – Al Duce appartiene il potere esecutivo.
Esso lo esercita direttamente e a mezzo del Governo.
Il Duce promulga le leggi.
Il Duce nomina a tutte le cariche dello
Stato.
Con decreto del Duce, sentito il Consiglio
dei Ministri, sono emanate le norme giuridiche per disciplinare:
1) l’esecuzione delle leggi;
2) l’uso delle facoltà spettanti al potere
esecutivo;
3) l’organizzazione e il funzionamento delle
amministrazioni dello Stato, e di altri enti pubblici indicati dalla legge.
Con decreto del Duce, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, possono emanarsi norme aventi forza di legge:
1) quando il Governo sia a ciò delegato da
una legge;
2) nei casi di urgente e assoluta necessità
sulla materia di competenza dell’Assemblea generale e delle Commissioni
legislative della Camera, nonché per la messa in vigore dei disegni di legge su
cui le Commissioni legislative non abbiano deliberato nei termini fissati dalla
legge. In questi casi il Decreto del Duce deve essere a pena di decadenza
presentato alla Camera, per la conversione in legge, entro sei mesi dalla sua
pubblicazione. Se la Camera non l’approvi e decorrano due anni dalla
pubblicazione, senza che sia intervenuta la conversione, il decreto cessa di
aver vigore.
Art. 46 – Il Duce ha il diritto di amnistia,
di grazia e di indulto.
Art. 47 – Al Duce spetta di istituire ordini
cavallereschi e stabilirne gli statuti.
Art. 48 – I titoli di nobiltà sono mantenuti
a coloro che vi hanno diritto. Al Duce spetta di conferirne di nuovi.
§ III
Il Governo
Art. 49 – Il Governo della Repubblica è costituito
dal Capo del Governo e dai Ministri.
Art. 50 – Il Capo del Governo è nominato e
revocato dal Duce.
È responsabile verso il Duce dell’indirizzo
generale politico del Governo.
Art. 51 – Il capo del Governo dirige e
coordina l’opera dei Ministri, convoca il consiglio dei Ministri, ne fissa
l’ordine del giorno e lo presiede.
Art. 52 – Nessuno oggetto può esser posto
all’ordine del giorno della Camera, senza il previo assenso del Capo del
Governo.
Art. 53 – L’assenso del Capo del Governo è
necessario per presentazione alla Camera delle proposte di legge di iniziativa
dei rappresentanti del lavoro.
Art. 54 – I Ministri sono nominati e revocati
dal Duce su proposta del Capo del Governo.
Sono responsabili verso il Duce e verso il
Capo del Governo di tutti gli atti e provvedimenti dei loro Ministeri.
Art. 55 – I sottosegretari di Stato sono
nominati e revocati dal Duce, su proposta del Capo del Governo, sentito il
Ministro competente.
Art. 56 – A giudicare dei reati commessi da
un Ministro con abuso delle sue funzioni, è competente la Camera costituita in
Corte giurisdizionale. L’azione è esercita da Commissari nominati all’inizio di
ogni legislatura e sostituiti in caso di vacanza, dal Presidente della Camera.
Contro le sentenze pronunziate dalla Camera
come Corte giurisdizionale non è dato alcun ricorso.
§ IV
Le forze armate
Art. 57 – Le forze armate hanno lo scopo di
combattere per la difesa dell’onore, della libertà e del benessere della
Nazione.
Esse comprendono l’Esercito, la Marina da
guerra, l’Aeronautica.
Art. 58 – La bandiera di combattimento per le
forze armate è il tricolore, con fregio e una frangia marginale di alloro, e ai
quattro lati il fascio repubblicano, una granata, un’àncora e un’aquila.
Art. 59 – La coscrizione militare è un
servizio d’onore per il popolo italiano, ed un privilegio per la parte più
eletta di esso.
Tutti i cittadini hanno il diritto e il
dovere di servire in armi la Nazione, quando ne abbiano la idoneità fisica e
non si trovino nelle condizioni di indegnità morale, stabilite dalla legge.
Art. 60 – Al Duce soltanto spettano nei
riguardi delle forze armate i poteri di coordinamento; di nomina e di
promozione, di ispezione, di dislocazione delle truppe, di mobilitazione.
§ V
La giurisdizione
Art. 61 – La giurisdizione garantisce
l’attuazione del diritto positivo nello svolgimento dei fatti e dei rapporti
giuridici.
Art. 62 – Le sentenze sono emanate nel nome
della Legge, della quale esse realizzano la volontà.
Art. 63 – La funzione giurisdizionale è
esercitata dai giudici, collegiali o unici, nominati dal Duce.
La loro organizzazione, la loro competenza
per materia e per territorio, la procedura che debbono seguire nello
svolgimento delle loro funzioni, sono regolate dalla legge.
Art. 64 – Una sola Suprema Corte di
cassazione è costituita per tutta la Repubblica. Essa ha sede in Roma.
Ad essa spetta di assicurare un’uniforme
interpretazione e applicazione del diritto da parte dei giudici di merito, e di
risolvere i conflitti di attribuzione tra l’autorità giudiziaria e quella amministrativa.
Art. 65 – Nell’esercizio delle sue funzioni è
garantita piena indipendenza alla magistratura: questa è vincolata dalla legge
e soltanto dalla legge.
Art. 66 – Nessuno può esser punito per un
fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge, né con pene che non
siano da essa stabilite, né senza un giudizio svolto con le regole da essa
fissate.
Art. 67 – Nei casi che debbono essere
determinati con legge approvata dall’Assemblea della Camera, possono essere
istituiti tribunali straordinari per un tempo limitato, e per determinati
delitti.
La giurisdizione dei tribunali militari non
può essere estesa a cittadini non in servizio militare se non in tempo di
guerra e per i reati espressamente preveduti dalla legge.
Art. 68 – Quando lo Stato e gli altri enti
pubblici agiscono nel campo del diritto privato sono pienamente soggetti al
codice civile e alle altre leggi.
Art. 69 – Gli organi amministrativi dello
Stato e degli altri enti pubblici debbono ispirarsi nell’esercizio delle loro
funzioni alla realizzazione del principio della giustizia nell’amministrazione.
Art. 70 – Colui che sia stato leso da un atto
amministrativo in suo interesse legittimo, dopo l’esperimento dei ricorsi
gerarchici, in quanto ammessi, può proporre contro l’atto stesso ricorso per
violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza dinanzi agli organi della
giustizia amministrativa. Questi, oltre alla generale competenza di
legittimità, hanno competenza di merito nei casi stabiliti dalla legge.
§ VI
La difesa della stirpe
Art. 71 – La Repubblica considera
l’incremento demografico come condizione per l’ascesa della Nazione e per lo
sviluppo della sua potenza militare, economica, civile.
Art. 72 – La politica demografica della
Repubblica si svolge con tre finalità essenziali: numero, sanità morale e
fisica, purità della stirpe.
Art. 73 – Presupposto della politica
demografica è la difesa della famiglia, nucleo essenziale della struttura
sociale dello Stato.
La Repubblica la attua proteggendo e
consolidando tutti i valori religiosi e morali che cementano la famiglia, e in
particolare:
– col favore accordato al matrimonio,
considerato anche quale dovere nazionale e fonte di diritti, perché esso possa
raggiungere tutte le sue alte finalità, prima: la procreazione di prole sana e numerosa;
– col riconoscimento degli effetti civili al
sacramento del matrimonio, disciplinato nel diritto canonico;
– col divieto di matrimonio di cittadini
italiani con sudditi di razza ebraica, e con la speciale disciplina del
matrimonio di cittadini italiani con sudditi di altre razze o con stranieri;
– con la tutela della maternità;
– con la prestazione di aiuti e assistenza
per il sostenimento degli oneri familiari. Speciali agevolazioni spettano alle
famiglie numerose.
Art. 74 – La protezione dell’infanzia e della
giovinezza è un’elevata funzione pubblica, che la Repubblica svolge, anche a
mezzo appositi istituti, con l’ingerenza nell’attività educativa familiare
(art. 76), con la protezione della filiazione illegittima e con l’assistenza
tutelare dei minori abbandonati.
§ VII
L’educazione e l‘istruzione del
popolo
Sezione I
Dell’Educazione
Art. 75 – La Repubblica pone tra i suoi
principali compiti istituzionali l’educazione morale, sociale e politica del
popolo.
Art. 76 – L’educazione dei figli, conforme ai
principi della morale e del sentimento nazionale, è il supremo obbligo dei
genitori.
Lo Stato, col rispetto dei diritti e dei
doveri della patria potestà, invigila perché l’educazione familiare raggiunga i
suoi fini di formare l’onesto cittadino, lavoratore e soldato, e si avvale
degli ordinamenti scolastici per integrare e indirizzare l’opera della
famiglia. Ove quest’opera manchi, provvede a sostituirla, affidandone lo
svolgimento a istituti di pubblica assistenza o a privati.
Art. 77 – Organo fondamentale dell’educazione
politica del popolo è il Partito fascista repubblicano.
Esso è riconosciuto come organo ausiliario
dello Stato, e ha quali compiti essenziali:
– difendere e potenziare la rivoluzione,
secondo i principi della dottrina di cui esso è assertore e depositario;
– suscitare e rafforzare nel popolo la
coscienza, la passione, la [corretto da Mussolini in “la passione della”]
solidarietà nazionale, e il dovere di subordinare tutti gli interessi
individuali e collettivi, all’interesse supremo della libertà della Nazione nel
mondo;
– diffondere nel popolo la conoscenza dei
problemi internazionali e interni che interessano l’Italia.
Art. 78 – L’iscrizione al P.F.R. non importa
alcun privilegio o speciale diritto. Essa importa il dovere di votarsi fino al
limite estremo delle proprie forze, con assoluto disinteresse e purità
d’intenti, alla causa nazionale.
Fuor del campo delle attività aventi
carattere preminentemente politico, l’iscrizione al P.F.R. non è condizione né
costituisce titolo di preferenza per l’assunzione o la conservazione di
impieghi e cariche né per il trattamento morale ed economico dei lavoratori.
Sezione II
Dell’Istruzione
Art. 79 – La scuola si propone la formazione
di una cultura del popolo, inspirata agli eterni valori della razza italiana e
della sua civiltà.
Art. 80 – I programmi scolastici sono fissati
in vista della funzione della scuola per l’educazione delle nuove generazioni.
Art. 81 – L’accesso agli studi e la loro
prosecuzione sono regolati esclusivamente col criterio delle capacità e delle
attitudini dimostrate. Collegi di Stato garantiscono la continuazione degli
studi ai giovani capaci non abbienti.
Art. 82 – L’istruzione elementare, da
impartirsi in scuole chiare e salubri, è obbligatoria e gratuita per tutti i
cittadini della Repubblica.
Art. 83 – La Repubblica Sociale Italiana
considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento
della Dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica:
perciò l’insegnamento religioso è obbligatorio nelle scuole pubbliche
elementari e medie. La legge può stabilire particolari casi di esenzione.
Art. 84 – La fondazione e l’esercizio di
istituti privati di istruzione sono ammessi soltanto previa autorizzazione
dello Stato e sotto controllo di questo sull’organizzazione, i programmi e la
capacità morale e formazione scientifica degli insegnanti.
§ VIII
L’amministrazione locale
Art. 85 – I Comuni e le Provincie sono enti
ausiliari dello Stato.
La loro istituzione e le loro circoscrizioni
sono regolate dalla legge.
Art. 86 – I Comuni e le Provincie hanno come
fine esclusivo la tutela degli interessi amministrativi dei cittadini che loro
appartengono.
A tal fine sono muniti dallo Stato di poteri,
che debbono esercitare coordinandoli e subordinandoli agli interessi superiori
della Nazione.
Nello svolgimento delle loro funzioni i
Comuni e le Province agiscono in modo autonomo, secondo i principi del
decentramento amministrativo, ma sono sottoposti al controllo di legittimità e,
nei casi stabiliti dalla legge, al controllo di merito degli organi diretti
dallo Stato.
Art. 87 – Gli organi dell’amministrazione
autonoma locale sono stabiliti dalla legge.
I Consigli comunali e provinciali sono eletti
col sistema del suffragio universale diretto dai cittadini lavoratori residenti
domiciliati nel territorio del Comune o della Provincia.
Art. 88 – I Consigli eleggono nel loro seno
il Podestà del Comune e il Preside della Provincia.
La legge stabilisce le cause di incapacità,
ineleggibilità, incompatibilità per le nomine a Podestà o a Preside.
Tali nomine sono soggette all’approvazione
dello Stato, da darsi con decreto del Duce.
Capo III
Diritti e doveri del cittadino
Art. 89 – La cittadinanza italiana si
acquista e si perde alle condizioni e nei modi stabiliti dalla legge, sulla
base del principio che essa è titolo d’onore da riconoscersi e concedersi
soltanto agli appartenenti alla stirpe ariana italiana.
In particolare la cittadinanza non può essere
acquistata da appartenenti alla razza ebraica e a razze di colore.
Art. 90 – I sudditi di razza non italiana non
godono del diritto di servire l’Italia in armi, né, in genere, dei diritti
politici: godono dei diritti civili entro i limiti segnati dalla legge, secondo
il criterio della loro esclusione da ogni attività, culturale ed economica, che
presenti un interesse pubblico, anche se svolgentesi nel campo del diritto
privato.
In quanto non particolarmente disposto vale
per essi, in quanto applicabile, il trattamento riservato agli stranieri.
Art. 91 – Fondamentale dovere del cittadino è
quello di collaborare con tutte le sue forze, e in ogni campo della sua
attività, al raggiungimento dei fini supremi della Repubblica Sociale Italiana,
accettando volenterosamente e disciplinatamente, gli oneri, le restrizioni ed i
sacrifici che rispondono alle esigenze nazionali, per il principio che non può
essere veramente libero se non il cittadino della Nazione libera.
Art. 92 – Tutti i cittadini sono uguali
dinanzi alla legge.
Art. 93 – I diritti civili e politici sono attribuiti
a tutti i cittadini.
Ogni diritto soggettivo, pubblico e privato,
importa il dovere dell’esercizio in conformità del fine nazionale per cui è
concesso.
A questo titolo lo Stato ne garantisce e
tutela l’esercizio.
Art. 94 – La libertà personale è garantita.
Nessuno può essere arrestato se non nei casi
previsti e nelle forme prescritte dalla legge.
Nessun cittadino, arrestato in flagrante o
fermato per misure preventive, può esser trattenuto oltre tre giorni senza un
ordine dell’autorità giudiziaria nei casi previsti e nelle forme prescritte
dalla legge.
Art. 95 – Il domicilio è inviolabile.
Tranne i casi di flagranza, nessuna visita o
perquisizione domiciliare è consentita senza ordine dell’autorità giudiziaria
nei casi previsti e nelle forme prescritte dalla legge.
Art. 96 – A ogni cittadino deve esser
assicurata la facoltà di controllo, diretto o a traverso i suoi rappresentanti,
e di responsabile critica sugli atti politici e su quelli della pubblica
amministrazione, nonché sulle persone che li compiono o vi sono preposte.
Art. 97 – La libertà di parola, di stampa,
d’associazione, di culto è riconosciuta dalla Repubblica come attributo
essenziale della personalità umana e come strumento utile per gli interessi e
per lo sviluppo della Nazione.
Deve esser garantita fino al limite in cui è
compatibile con le preminenti esigenze dello Stato e con la libertà degli altri
individui.
Art. 98 – L’organizzazione politica è libera.
I partiti possono esplicare la loro attività
di propaganda delle loro idee e dei loro programmi, purché non in contrasto con
i fini supremi della Repubblica.
Art. 99 – L’organizzazione professionale è
libera. Ma soltanto la Confederazione unitaria del lavoro della tecnica e delle
arti, o le associazioni ad essa aderenti e riconosciute dallo Stato,
rappresentano legalmente gli interessi di tutte le categorie produttive e sono
munite di pubblici poteri per lo svolgimento delle loro funzioni.
Art. 100 – È vietata, salva la preventiva
autorizzazione dello Stato nel territorio della Repubblica la costituzione di
associazioni aderenti a organizzazioni sindacali o politiche straniere o
internazionali, o che ne costituiscano sezioni o comunque conservino con esse
collegamenti.
Art. 101 – È vietata nel territorio della
Repubblica la costituzione di società segrete.
Capo IV
Struttura dell’economia
nazionale
§ I
La produzione e il lavoro
Sezione I
La Produzione
Art. 102 – Il complesso della produzione è
unitario dal punto di vista nazionale. Suoi obiettivi sono il benessere dei
singoli e lo sviluppo della potenza della Nazione.
Art. 103 – Nel campo della produzione la
Repubblica si propone di conseguire l’indipendenza economica della Nazione,
condizione e garanzia della sua libertà politica nel mondo.
A tale scopo la Repubblica, oltre a promuovere
in tutti i modi l’aumento, il perfezionamento della produzione e la riduzione
dei costi, fissa, a mezzo dei suoi organi e degli enti idonei, le direttive e i
piani generali della produzione nazionale o di settori di questa.
All’osservanza di tali direttive e al
successo di tali piani sono impegnati tutti i lavoratori, sia nella
determinazione degli indirizzi, che nello svolgimento dell’attività produttiva.
Art. 104 – Nei rapporti tra le categorie dei
vari rami della produzione nazionale, come nel seno di ogni singola impresa, si
attua la collaborazione dei diversi fattori della produzione tra loro, il
contemperamento dei loro interessi, la loro subordinazione agli interessi
superiori della Nazione.
Art. 105 – La Repubblica considera la
proprietà privata frutto del lavoro e del risparmio individuale, come
completamento e mezzo di esplicazione della personalità umana, e ne riconosce
la funzione sociale e nazionale, quale un mezzo efficace per sviluppare e
moltiplicare la ricchezza e per porla a servizio della Nazione.
A questi titoli la Repubblica rispetta e
tutela il diritto di proprietà privata e ne garantisce l’esercizio e i
trasferimenti sia per atto fra i vivi che per successione legittima o
testamentaria, secondo le regole stabilite dal codice civile e dalle altre
leggi.
Art. 106 – La Repubblica protegge con
particolare cura la proprietà rurale, di interesse vitale per l’economia
nazionale e per la sanità morale e fisica della stirpe. Perciò favorisce con
ogni mezzo il ritorno ai campi, con la costruzione di case coloniche, con le
agevolazioni all’acquisto della piccola proprietà rurale da parte del più gran
numero di lavoratori, coltivatori diretti.
Nei trasferimenti di terreni coltivabili o
coltivati non può farsi luogo a frazionamenti che non rispettino l’unità
colturale necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola o per
una conveniente coltivazione.
Art. 107 – Si può procedere
all’espropriazione della proprietà privata per pubblico interesse, nei casi
legalmente accertati di pubblica utilità e quando il proprietario abbandoni o
trascuri l’esercizio del diritto in modo dannoso per l’economia nazionale.
Si può altresì disporre il trasferimento
coattivo della proprietà, quando sia di pubblico interesse assegnarne
l’esercizio a persone o enti più adatti, ma solo nelle ipotesi espressamente
stabilite dalla legge.
Sia in caso di espropriazione che di
trasferimenti coattivi nel pubblico interesse è dovuta al proprietario una
congrua indennità conformemente alle leggi.
Art. 108 – La Repubblica considera
l’iniziativa privata nel campo della produzione come lo strumento più utile
nell’interesse della Nazione, e pertanto la favorisce e la controlla.
Art. 109 – L’organizzazione privata della
produzione essendo una funzione di interesse nazionale, l’organizzatore
dell’impresa è responsabile dell’indirizzo della produzione di fronte alla
Repubblica.
Art. 110 – L’intervento dello Stato nella
gestione di imprese economiche ha luogo nei casi in cui siano in giuoco
interessi politici dello Stato, nonché per controllare l’iniziativa privata e
per incoraggiarla, integrarla e, quando sia necessario, sostituirla se essa si
dimostri insufficiente o manchi.
Art. 111 – La Repubblica assume direttamente
la gestione delle imprese che controllino settori essenziali per la
indipendenza economica e politica del Paese, nonché di imprese fornitrici di
prodotti e servizi indispensabili a regolare lo svolgimento della vita
economica del Paese. La determinazione delle imprese che si trovino in tale
situazione è fatta per legge.
Art. 112 – In caso di assunzione della
gestione di imprese private, per insufficienza della loro iniziativa, lo Stato
la affida ad altro gestore privato, oppure, ma soltanto per il periodo in cui
ciò non sia possibile o conveniente, a speciali enti pubblici.
Sezione II
Il Lavoro
Art. 113 – I1 lavoro è il soggetto e il
fondamento dell’economia produttiva.
Art. 114 – Il lavoro, sotto tutte le sue
forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali è un dovere
nazionale.
Soltanto il cittadino che adempie il dovere
del lavoro ha la pienezza della capacità giuridica, politica e civile.
Art. 115 – Come l’adempimento del dovere di
svolgere l’attività lavorativa secondo le capacità e attitudini di ognuno è
pari titolo di onore e di dignità, così la Repubblica assicura la piena
uguaglianza giuridica di tutti i lavoratori.
Art. 116 – La Repubblica garantisce a ogni
cittadino il diritto al lavoro, mediante l’organizzazione e l’incremento della
produzione e mediante il controllo e la disciplina della domanda e dell’offerta
di lavoro.
Il collocamento dei lavoratori è funzione
pubblica, svolta gratuitamente da idonei uffici dall’organizzazione
professionale riconosciuta.
Art. 117 – Poiché la attuazione, rigorosa e
inderogabile, delle condizioni fondamentali costituenti garanzia del lavoro è
di preminente interesse pubblico, la disciplina del rapporto di lavoro è
affidata alla legge o alle norme da emanarsi dall’organizzazione professionale
riconosciuta.
Tali norme si inseriscono automaticamente nei
contratti individuali, i quali possono contenere norme diverse ma soltanto più
favorevoli al lavoratore.
Art. 118 – La retribuzione del prestatore di
lavoro deve corrispondere alle esigenze normali di vita, alle possibilità della
produzione e al rendimento del lavoro.
Oltre alla retribuzione normale saranno
corrisposti al lavoratore anche nello spirito di solidarietà tra i vari
elementi della produzione, assegni in relazione agli oneri familiari.
Art. 119 – L’orario ordinario di lavoro non
può superare le 44 ore settimanali e le 8 ore giornaliere, salvo esigenze di
ordine pubblico per periodi determinati e per settori produttivi da stabilirsi
per legge.
La legge o le norme emanate dalle
associazioni professionali riconosciute stabiliscono i casi e i limiti di ammissibilità
del lavoro straordinario e notturno e la misura della maggiorazione di
retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario.
Art. 120 – Il lavoratore ha diritto a un
giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica e a
un periodo annuale di ferie retribuito.
Art. 121 – Ogni lavoratore ha diritto a
sciogliere il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Se il licenziamento avviene senza sua colpa,
il lavoratore ha diritto, oltre a un congruo preavviso, a un’indennità
proporzionata agli anni di servizio.
Art. 122 – In caso di morte del lavoratore,
quanto a questo spetterebbe se fosse licenziato senza sua colpa, spetta ai
figli, al coniuge, ai parenti conviventi a carico o agli eredi, nei modi
stabiliti dalla legge.
Art. 123 – La previdenza è un’alta
manifestazione del principio di collaborazione tra tutti gli elementi della
produzione, che debbono concorrere agli oneri di essa.
La Repubblica coordina e integra tale azione
di previdenza, a mezzo dell’organizzazione professionale, e con la costituzione
di speciali Istituti per l’incremento e la maggiore estensione delle
assicurazioni sociali.
L’opera convergente dello Stato e delle
categorie interessate deve garantire a tutti i lavoratori piena assistenza per
la vecchiaia, l’invalidità, gli infortuni sul lavoro, le malattie, la
gravidanza e puerperio, la disoccupazione involontaria, il richiamo alle armi.
Art. 124 – Allo scopo di dare e accrescere la
capacità tecnica e produttiva e il valore morale dei lavoratori e di agevolare
l’azione selettiva tra questi, la Repubblica anche a mezzo dell’associazione
professionale riconosciuta, promuove e sviluppa l’istruzione professionale.
§ II
La gestione socializzata
dell’impresa
Art. 125 – La gestione dell’impresa, sia essa
pubblica che privata, è socializzata.
Ad essa prendono parte diretta coloro che
nell’impresa svolgono, in qualunque forma, una effettiva attività produttiva.
Art. 126 – Ogni impresa ha un capo,
responsabile di fronte allo Stato, politicamente e giuridicamente,
dell’andamento della produzione e della disciplina del lavoro nell’impresa.
Art. 127 – Il capo dell’impresa pubblica è
nominato dal Governo.
Art. 128 – Il capo dell’impresa privata è
l’imprenditore.
Imprenditore è colui che ha organizzato
l’impresa, determinandone l’oggetto e lo scopo economico, o colui che ne ha
preso posto.
Nelle imprese individuali o ad amministratore
unico, il capo dell’impresa è il titolare o l’amministratore unico.
Nelle imprese con organo amministrativo
collegiale il capo dell’impresa è stabilito, dallo statuto o dall’atto
costitutivo, nella persona del Presidente del Consiglio di amministrazione o
dell’Amministratore delegato o di un tecnico, che può essere estraneo al
Consiglio, e a cui si conferiscono le funzioni di Direttore generale.
Art. 129 – Le aziende pubbliche sono
amministrate da un Consiglio di gestione eletto dai lavoratori dell’impresa,
operai, impiegati tecnici.
Il Consiglio di gestione decide su tutte le
questioni inerenti all’indirizzo e allo svolgimento della produzione
dell’impresa nel quadro del piano unitario nazionale determinato dalla
Repubblica a mezzo dei suoi competenti organi; forma il bilancio dell’impresa e
delibera la ripartizione degli utili determinando la parte spettante ai
lavoratori; decide sulle questioni inerenti alla disciplina e alla tutela del
lavoro.
Art. 130 – Nelle imprese private, degli
organi collegiali di amministrazione, formati secondo la legge, gli atti
costitutivi e gli statuti fanno parte i rappresentanti degli operai, impiegati
e tecnici dell’impresa in numero non inferiore a quello dei rappresentati
eletti dall’assemblea dei portatori del capitale sociale, e uno o più
rappresentanti dello Stato qualora esso partecipi alla formazione del capitale.
Art. 131 – Nelle imprese individuali e in
quelle per le quali l’atto costitutivo e gli statuti prevedano un
amministratore unico, qualora esse impieghino complessivamente almeno cinquanta
lavoratori, verrà costituito un consiglio di operai, impiegati e tecnici
dell’impresa di almeno tre membri.
Il Consiglio collabora col titolare
dell’impresa e con l’amministratore unico alla gestione dell’impresa. Deve
esser sentito per la formazione del bilancio e per le decisioni che importino
trasformazione della struttura, della forma giuridica e dell’oggetto
dell’impresa.
Art. 132 – In ogni impresa, che occupi più di
dieci lavoratori, si costituisce il consiglio di fabbrica, eletto da tutti gli
operai, impiegati e tecnici, il quale partecipa alla formazione dei regolamenti
interni e alla risoluzione delle questioni che possano sorgere nella loro
applicazione.
Nelle imprese in cui non vi sia un organo
collegiale, di amministrazione né il consiglio dei lavoratori, il capo
dell’impresa deve sentire il parere del consiglio di fabbrica nelle questioni
riguardanti la disciplina del lavoro, e può sentirlo nelle altre questioni che
egli intenda di sottoporgli.
Art. 133 – La legge, in relazione alla
situazione economica, stabilisce i limiti massimi e i modi con cui può esser
determinato il compenso al capitale impiegato nell’impresa, in generale o per i
vari tipi di esse.
Entro questi limiti e nei modi consentiti la
determinazione del compenso è stabilita convenzionalmente.
Art. 134 – Gli utili dell’impresa, dopo la
deduzione del compenso dovuto al capitale, sono distribuiti tra il capo, gli
amministratori e gli operai, impiegati e tecnici dell’impresa, nelle
proporzioni fissate per legge, per norma collettiva o, in mancanza degli atti
costitutivi, dagli statuti e dalle deliberazioni degli organi di gestione.
La parte degli utili non distribuita, è
assegnata alla riserva nei limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge, e se
vi sia ancora un’eccedenza, questa è devoluta allo Stato che l’amministra o la
impiega per scopi di carattere sociale.
§ III
L’organizzazione professionale
Art. 135 – Tutte le categorie di prestatori
d’opera e di lavoratori, operai, impiegati, dirigenti, di artigiani, di
imprenditori, di professionisti e gli artisti sono organizzati in
un’organizzazione professionale nazionale.
Nel seno dell’organizzazione unica possono
formarsi sezioni per le varie branche della produzione e per le varie categorie
professionali.
Art. 136 – L’associazione professionale unica
si ispira ai principi della Repubblica Sociale Italiana e ne cura l’attuazione
nel campo dell’economia nazionale: essa costituisce l’organizzazione giuridica
a traverso la quale si opera la trasformazione di tutte le forze della
produzione in forze nazionali, e si realizza la loro partecipazione stabile
alla costituzione e alla vita dello Stato.
Art. 137 – L’organizzazione professionale
unica ha l’esclusiva integrale rappresentanza degli interessi delle categorie
in essa organizzate. In virtù di questa integrale rappresentanza, essendo gli
interessi delle categorie produttive, considerate nella loro funzione
nazionale, di supremo interesse statale, essa è giuridicamente riconosciuta
come ente ausiliario dello Stato.
Art. 138 – L’associazione professionale unica
ha come precipui compiti istituzionali, che essa può assolvere anche a traverso
le associazioni che si formino nel suo seno: tutelare gli interessi delle
categorie rappresentate, contemperandoli tra loro e subordinandoli ai fini
superiori della Nazione; promuovere in tutti i modi l’incremento qualitativo e
quantitativo della produzione, e la riduzione dei costi e dei prezzi di beni e
servizi, nell’interesse dei produttori e dei consumatori; curare che gli
appartenenti alle categorie produttive si uniformino, nell’esercizio della loro
attività, ai principi dell’ordinamento sociale nazionale e agli obblighi che vi
derivano; assicurare l’uguaglianza giuridica tra i vari elementi della
produzione, suscitarne e rafforzarne la solidarietà tra loro e verso la
Nazione; promuovere ed attuare provvedimenti e istituti di previdenza sociale
fra i produttori; coltivare l’istruzione, specialmente professionale, e
l’educazione morale, politica e religiosa degli appartenenti alle categorie;
prestare assistenza ai produttori rappresentati; in genere svolgere tutte le
altre funzioni utili al mantenimento della disciplina della produzione e del
lavoro.
Art. 139 – All’associazione professionale
unica, per l’assolvimento dei suoi compiti lo Stato affida l’esercizio di
poteri:
a) normativo, per cui, nelle forme e nei modi
stabiliti dalla legge, essa detta norme giuridiche obbligatorie per la
disciplina dei rapporti collettivi di lavoro e può dettare, ove se ne verifichi
la necessità, norme giuridiche obbligatorie per la disciplina dei rapporti
collettivi economici ai fini del coordinamento della produzione;
b) fiscale, per cui, onde sostenere le spese
obbligatorie facoltative connesse alle sue funzioni, può imporre contributi a
tutti i lavoratori rappresentati nella misura massima stabilita dalla legge
procedendo all’esazione colle procedure e i privilegi per la riscossione delle
imposte;
c) conciliativo, per cui deve esperire il
tentativo di conciliazione nelle controversie individuali e collettive relative
ai rapporti di lavoro e all’applicazione delle norme collettive economiche da
esso emanate: tale tentativo di conciliazione costituisce un presupposto
necessario per la proposizione delle relative controversie giudiziarie;
d) disciplinare, per cui può infliggere ai
rappresentati sanzioni disciplinari determinate nello Statuto
dell’associazione, per inosservanza ai doveri nascenti dall’ordinamento sociale
nazionale; al fine di accertare tali eventuali inosservanze essa può disporre
gli opportuni controlli, a mezzo di propri organi e dei fiduciari di fabbrica,
ove siano istituiti;
e) consultivo, per cui il suo parere deve
esser sentito dalle amministrazioni dello Stato, nelle materie interessanti la
disciplina della produzione e del lavoro.
Art. 140 – Nello svolgimento delle sue
funzioni la Confederazione unica gode di piena autonomia.
I suoi atti sono solamente sottoposti al
controllo di legittimità, e le persone al controllo politico dello Stato, a
mezzo degli organi designati dalla legge.
Art. 141 – Per la risoluzione delle
controversie collettive relative alla formazione, alla revisione o alla
interpretazione delle norme collettive di lavoro o alla interpretazione delle
norme collettive economiche, emanate dall’organizzazione professionale
riconosciuta è istituita la Magistratura del Lavoro, organo della Magistratura
ordinaria.
La Magistratura del Lavoro è costituita da
tre giudici dell’ordine giudiziario e da due giudici esperti, da scegliere in
appositi albi da tenersi nei modi stabiliti dalla legge.
Alla proposizione delle azioni per la
risoluzione delle controversie collettive è legittimata soltanto l’Associazione
professionale riconosciuta o, previa autorizzazione, le associazioni ad essa
aderenti. In mancanza, l’azione può essere proposta dal Pubblico Ministero, il
cui ricorso deve esser notificato alla Associazione professionale riconosciuta,
che può intervenire nel giudizio.
Nelle controversie collettive promosse dalla
Associazione professionale, l’intervento del Pubblico Ministero è obbligatorio
a pena di nullità.
Le decisioni della Magistratura del Lavoro in
sede di controversie collettive hanno la stessa efficacia delle norme
collettive emanate dalla organizzazione professionale riconosciuta.
Tali decisioni non possono essere impugnate
se non per errori di procedura dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
Art. 142 – Poiché l’ordinamento giuridico
della Repubblica fornisce tutti i mezzi per la composizione equa e pacifica di
ogni controversia collettiva nel campo del lavoro e della produzione, lo
sciopero, la serrata, l’inosservanza delle norme collettive ed economiche e
delle sentenze della Magistratura del Lavoro, e in genere tutti gli altri atti
di lotta sociale, sono puniti quali delitti contro l’economia nazionale.
(1) Tra parentesi sono riportate le modifiche
apportate da Mussolini di suo pugno.
FONTE:
G. Negri e S. Simoni, Le Costituzioni inattuate,
Editore Colombo, Roma 1990.
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