PARLIAMOCI CHIARO
di Franco Monaco
Il
Fascismo e gli Ebrei
Interessante
documentazione in un volume di Filippo Giannini
Quando
il Giorno del Giudizio arriverà e i Libri del Tempo verranno prodotti, allora
saremo obbligati a presentarci ai Tribunale con l’innegabile testimonianza che
anche nel più tragico periodo della storia recente il popolo italiano portò
alto, con fermezza e fierezza, il vessillo d’oro dell’umanità. Lo ha scritto l’ebreo
Richard Arway e potrebbe anche bastare per chiudere,
una volta per tutte, la lunga storia della cosiddetta “persecuzione”. Comunque,
Filippo Giannini ha messo in evidenza questa dichiarazione nel suo libro “Gli
ebrei nel Ventennio fascista” pubblicato di recente da “Nuove Idee”. Un libro
che è, in realtà, la terza edizione, aggiornata e notevolmente aumentata di
quello uscito nel 2006 con il titolo “Uno schermo protettore”. La locuzione “schermo protettore” non l’aveva inventata
Giannini, ma era stata usata da un altro ebreo, lo storico Leon Poliakov, per indicare gli Italiani che durante l’ultima
guerra avevano in ogni modo cercato di salvare gli ebrei, sottraendoli ai
rastrellamenti tedeschi. Una passione immensa spinge Filippo Giannini -che era
nato architetto- a ricostruire, pezzo per pezzo,le
vicende del Ventennio secondo la più onesta e incontrovertibile verità storica:
un lavoro portato avanti con una collana di cinque volumi. di
grossa mole, dei quali questo odierno dovrebbe essere (ma non lo crediamo) la
conclusione. Lavoro secondo un preciso metodo che si può definire “metodo
Giannini”: costituito da una ininterrotta sequenza di “citazioni”
con le quali viene edificato un corpus documentale unico, monolitico e,
ovviamente. non demolibile. Da questa razionale
concatenazione di attestati e testimonianze esce con immediatezza l’immagine
vera e convincente di un periodo che è stato e continua ad essere faziosamente
maltrattato in nome di un regime politico che quotidianamente mostra la sua
inconsistenza soprattutto se paragonato a quello che fu l’ordinata vita di una
Nazione che si era avviata ad una concreta “democrazia del lavoro”.
Nella
Premessa del volume di Giannini c’è una lunga e precisa elencazione cronologica
delle persecuzione storiche subite dagli Ebrei, a
partire dall’anno 508 fino al 1880, con ben 35 date che segnano, attraverso i
secoli, la lunga afflizione di un popolo senza pace. Poi 340 densissime pagine
raccolgono gli argomenti relativi al rapporto fascismo-ebrei, con i cosiddetti “provvedimenti
razziali” (che furono un ormai riconosciutissimo
errore, determinato dal malaugurato Asse Roma-Berlino,
causato dalla malevola, e massonica, ostilità anglo-francese), ma anche con
tutti gli interventi che l’Italia effettuò per salvare gli Ebrei in Polonia, in
Francia e nei Balcani. Ben 613 nomi (citati alla fine del volume in ordine
alfabetico) rafforzano la veridicità di quanto avvenne. Non per niente Giannini
ha consultato oltre 180 testi, ha scavato in decine di archivi, ha raccolto
testimonianze anche negli ambienti ebraici, ascoltando familiari di protagonisti
e vittime di quel grandissimo dramma. E anche questa insistita, caparbia,
instancabile ricerca di fonti genuine fa parte del succitato “metodo” che rende
il libro interessante sia dal punto di vista informativo che da quello della
leggibilità.
Uno dei
fili conduttori è la profonda, abissale differenza fra l’ideologia-guida dell’Italia
d’allora e quella della Germania hitleriana che si fondava sulla mistica dell’arianesimo,
a noi del tutto estranea. Interessante al riguardo. la
ricca messe di testimonianze ebraiche non solo nei confronti della questione
che riguarda quel popolo, ma anche in merito al Fascismo stesso. Una per tutte.
quella di Zeev Sternhell, docente di Scienze politiche all’Università di
Gerusalemme: “Il Fascismo fu una dottrina politica, un fenomeno globale, culturale,
che riuscì a trovare soluzioni originali ad alcune grandi questioni che
dominarono i primi anni del secolo. L’attrazione esercitata
dal Fascismo su eminenti uomini della cultura europea è determinata dal fatto
che molti vi trovarono la soluzione dei problemi relativi al destino della civiltà
occidentale”. Tanti Ebrei, del resto, non hanno
dimenticato la singolare profezia fatta da Mussolini durante un colloquio con Nahum Goldman nel 1934: “Hitler non durerà più di qualche
anno. Quando di lui non esisterà più traccia, gli
Ebrei saranno sempre un grande popolo”.
Nel suo
libro Giannini presenta, in una serie di copie fotostatiche. vari
documenti di quel periodo, fra i quali alcune pagine della Gazzetta Ufficiale;
un Decreto firmato dal re Vittorio Emanuele III; un articolo del New York Times; le medaglie che la Consulta ebraica fece
coniare per il Re e per Mussolini; pagine del giornale “Israel” e varie lettere
di ebrei conservate nell’Archivio del Ministero degli Esteri. Infine, poiché
sempre attuale è il problema dei rapporti fra Italia e Croazia, vogliamo
segnalare, fra i documenti contenuti nel libro, la richiesta, fatta il 12
settembre 1942, dalle autorità croate al Comando italiano dello Scacchiere
orientale: “consegnare gli ebrei residenti o rifugiati
nella zona occupata dalle truppe italiane”. Una infame
pretesa alla quale nessuno si curò di rispondere.
Dalla
marcia su Roma all’assalto al latifondo
“Benito Mussolini – l’uomo della pace” è il titolo di
un’interessante collana di studi storici pubblicata da Greco & Greco
Editori, di cui sono autori Guido Mussolini e Filippo
Giannini, dedicata a una delle pagine certo più
travagliate e complesse della nostra Storia, tutt’oggi
al centro di numerosi dibattiti e riflessioni.
La
collana, che nelle intenzioni degli autori sarà articolata in quattro volumi, è
attualmente al centro dell’attenzione con il secondo della serie (il primo è
stato pubblicato due anni fa), il cui titolo: “Dalla Marcia su Roma all’assalto
del latifondo”, illustra chiaramente il proposito di “raccontare”,
principalmente la politica interna svolta durante il Ventennio. Tutto questo
con gran dovizia di particolari, nomi, documenti e testimonianze molto spesso
poco conosciuti: si tratta dunque di un libro di sicuro interesse specialmente
per le giovani generazioni, come affermano, del resto gli stessi Guido Mussolini e Filippo Giannini. Un
testo serio e rigoroso, ma non per questo “cattedratico” e di ardua lettura; al
contrario, nonostante la materia trattata, lo stile risulta piacevolmente
scorrevole, tanto da renderlo accessibile a tutti.
Indubbiamente
il “nucleo” dell’opera, nella sua interezza è rappresentato da un interrogativo
ancora oggi, per tanti versi, senza una precisa risposta, e cioè: chi era,
realmente, Benito Mussolini? Sono varie e
profondamente discordi le opinioni in proposito, molte delle quali puntualmente
riportate dagli autori; ricordiamo, per inciso, i giudizi di Silvio Bertoldi e di Luigi Sturzo.
Ma ecco,
d’altro canto, il parere completamente diverso, nettamente positivo, di un
personaggio come il pontefice Pio XII; per non parlare degli unanimi
apprezzamenti dimostrati, tra l’altro di numerosi storici e giornalisti
stranieri. Quindi non è certamente azzardato affermare che, con buona pace di
quanto è stato scritto (e soprattutto insegnato nelle scuole) finora; siamo di
fronte ad una questione aperta. Comunque, indipendentemente, dalle legittime
opinioni (nonché posizioni ideologiche) di ognuno, bisogna riconoscere che
“Dalla Marcia su Roma all’assalto al latifondo” è esemplare nel presentare un
“ritratto” a tutto tondo dell’Italia durante il Ventennio fascista, “fotografata”
e descritta minuziosamente specialmente dal punto di vista (assai interessante,
a tratti, per il lettore giovanissimo, addirittura sorprendente) delle opere
compiute, delle riforme sociali, delle realizzazioni a più livelli. La politica
interna attuata da Mussolini nel periodo che, con una
certa approssimazione, va dal 1922 al 1939, viene
esaminata in tutti i suoi aspetti, anche quelli meno noti; senza dimenticare un
occhio di riguardo verso gli avvenimenti storico-sociali in campo
internazionale, tentando di dare la precedenza, dove è possibile, a voci e
testimonianze “fuori dal coro”. Ma in primo luogo, più che parlare dell’uomo Mussolini si è preferito mettere l’accento su tutto ciò che
è stato veramente realizzato in Italia durante quell’era
così controversa. E cero non mancano le sorprese, né gli aspetti più curiosi: è
un dato di fatto, riportato dagli stessi autori, che il lavoro che si svolse in
quell’arco di tempo e i successi ottenuti in poco più
di settemila giorni hanno dell’eccezionale.
Realizzazioni
che portano il nostro Paese al centro dell’attenzione e dell’ammirazione di
tanti governi, traumaticamente interrotte e vanificate soltanto dalla guerra.
Qualche esempio, più o meno noto: la costruzione di grandi strade asfaltate
davvero “moderne”, ponti, scuole, strutture ospedaliere, Università, Centri di
studio e di ricerca; per non parlare dei primati sportivi e industriali,
dell’urbanistica, dell’opera di bonifica e recupero di gran parte del
territorio nazionale.
(Paola
Liberotti)
(Il Secolo
d’Italia)
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