TOLEDO, 1936 : « Sin novedad en el Alcazar»
DOPO 70 GIORNI, TERMINAVA L’ESTENUANTE ASSEDIO DELLA FORTEZZA DELL’ALCAZAR, CHE, DURANTE LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA,
APPOGGIO’ LA RIVOLUZIONE DI FRANCO
La tragica ed affascinante epopea dell’Alcazar di Toledo ebbe inizio
alle sette del mattino di Martedì 21 Luglio 1936 quando, nel cortile
interno della fortezza, il capitano Vela lesse il comunicato che
dichiarava lo stato di guerra tra la provincia di Toledo ed il governo
rosso di Madrid.
Le fabbriche d’armi della città, che
riposa sulle rive del Tago, facevano molta gola ai comandanti
repubblicani che intendevano armare gli operai per contrastare la
ribellione delle Destre: l’insurrezione della piazza toledana era quindi
una vera e propria spina nel fianco per gli strateghi del Fronte
Popolare.
1760 persone fra militari, cadetti, falangisti, Guardie Civili, Asaltos, donne,
bambini e civili di varia estrazione, sotto il comando del colonnello Josè Moscardò Ituarte lanciarono la loro sfida alla Repubblica.
bambini e civili di varia estrazione, sotto il comando del colonnello Josè Moscardò Ituarte lanciarono la loro sfida alla Repubblica.
I 70 giorni di assedio che seguirono videro pagine e pagine di
eroismo scriversi sulle pietre dell’antica fortezza dilaniate dalle
artiglierie nemiche. Non possiamo non citare il sacrificio che Moscardò
accettò per amore dei suoi ideali e della Sua Spagna: la milizia
comunista riuscì a catturare il suo giovane figlio ed in una toccante
telefonata al colonnello ne minacciava la fucilazione in caso di mancata
resa entro dieci minuti dell’Alcazar.
Dopo alcune commoventi frasi scambiate con il giovane figlio
condannato, all’odioso ricatto l’ufficiale rispose: « Potete
risparmiarvi i dieci minuti che mi avete offerto. L’Alcazar non si
arrenderà mai!» . Luis Moscardò venne fucilato all’età di 24 anni presso
il Paseo do Transito, a Toledo, qualche giorno dopo l’orribile
telefonata.
Da questo momento nessuno dei difensori
considerò più l’ipotesi della resa, sebbene i sacrifici che si
prospettavano fossero indicibili.
Quegli storici 70 giorni videro il susseguirsi di assalti di fanteria
appoggiata con mezzi corazzati, bombardamenti aerei, cannoneggiamento
d’artiglieria, attacchi con gas lacrimogeni ed un incessante tiro di
fucileria dalle case circostanti la fortezza. Nell’Alcazar si
sopravviveva di stenti mangiando poca carne di mulo e ancor meno di
cavallo insieme ad un tozzo di pane raffermo; l’acqua era quella putrida
e grigiastra della piscina e della cisterna medioevale.
Mentre gli uomini si battevano tra le rovine della « fortaleza» , le loro donne, i bambini e gli inabili al combattimento affollavano i sotterranei della fortezza cercando riparo dalla furia delle granate: ma anche lì non si era al sicuro. I minatori rossi delle Asturie scavarono infatti nella fase terminale dell’assedio tre gallerie nelle viscere del baluardo, tre mine, la cui detonazione avrebbe,secondo i loro piani, posto fine alla ribellione dell’Alcazar. La buona stella degli « alcazareños» non li tradì: le prime due esplosioni danneggiarono abbastanza seriamente il perimetro della fortezza causando però perdite umane irrisorie,mentre la terza fu addirittura fuori del perimetro delle mura.
Mentre gli uomini si battevano tra le rovine della « fortaleza» , le loro donne, i bambini e gli inabili al combattimento affollavano i sotterranei della fortezza cercando riparo dalla furia delle granate: ma anche lì non si era al sicuro. I minatori rossi delle Asturie scavarono infatti nella fase terminale dell’assedio tre gallerie nelle viscere del baluardo, tre mine, la cui detonazione avrebbe,secondo i loro piani, posto fine alla ribellione dell’Alcazar. La buona stella degli « alcazareños» non li tradì: le prime due esplosioni danneggiarono abbastanza seriamente il perimetro della fortezza causando però perdite umane irrisorie,mentre la terza fu addirittura fuori del perimetro delle mura.
Le grida di gioia per lo scampato pericolo che echeggiavano nella
fortezza per lunghi attimi sovrastarono quelle di battaglia provenienti
dalle formazioni rosse che si lanciavano invano nell’ennesimo assalto
all’odiato baluardo nazionalista.
La bandiera gialla e rossa della Spagna ribelle che sventolava sulle
torri dilaniate della fortezza, in barba ai tanto numerosi quanto
menzogneri comunicati repubblicani, indicava al mondo ed alle colonne
nazionaliste di soccorso che l’Alcazar resisteva.
Il 28 Settembre le avanguardie della Legione comandate dal generale
Varela, entravano in Toledo, liberando l’Alcazar e i suoi difensori.
Il colonnello Moscardò accolse il giorno seguente, lacero nella
divisa ma raggiante nell’animo, il Generalissimo Franco con queste
commoventi e storiche parole: « Mio generale, niente di nuovo
all’Alcazar (Sin novedad en el Alcazar). Trovate l’Alcazar distrutto, ma
il suo onore è intatto».
Purtroppo non è questa la sede adatta per descrivere più
dettagliatamente questo straordinario episodio, esiste una discreta
bibliografia a riguardo ed i siti Internet, specie spagnoli, sono
prodighi di informazioni ed aneddoti.
In un ultimo tentativo di riassumere quelle vicende e quei drammatici
momenti accludo un estratto del diario del colonnello Moscardò, attento
e scrupoloso cronista di quello che egli stesso definiva « il miracolo
dell’Alcazar»
Giorni d’assedio : 70 dal 21 luglio – al 28 settembre
LUIS MOSCARDO
L' ALCAZAR DALLA PARTE DEL FIUME TAGO
NELL' ESTATE 1936,
NELL' ESTATE 1936,
ALLA VIGILIA DELLA "SOLLEVAZIONE NAZIONALE"
Granate sparate contro l’Alcazar ( vari calibri ) 9.800
Granate da mortaio 2.000
Bombe a mano 1.500
Petardi 2.000
Attacchi aerei 30
Bombe sganciate sull’Alcazar 500
Assalti nemici 8
Mine 3
Incendi 10
Totale dei combattenti 1100
Morti 92
Suicidi 3
Feriti 504
Disertori 35
Nati 2
UN ESEMPLARE DEL FALSO PROPAGANDISTICO CON, ADDIRITTURA, LA FOTO DEI
MILIZIANI ROSSI CHE ENTRANO ALL' ALCAZAR ATTRAVERSO LE MACERIE FUMANTI
IL GENERALE FRANCO DECORA UN SOLDATO ITALIANO
PER I CADUTI DI TUTTE LE NAZIONI
GRUPPO DI LEGIONARI DEL "BERGAMO" IN SPAGNA
COPERTINA DELLA "DOMENICA DEL CORRIERE" SULLA GUERRA DI SPAGNA
L’Alcazar di Toledo – fortezza al tempo dell’imperatore Carlo V – nel secolo scorso ospitava una scuola militare di fanteria.
Allo scoppio della guerra
civile di Spagna (1936-39) la città era sotto il controllo dei
repubblicani. I nazionalisti di Toledo non si arresero e si
asserragliarono nell’Alcazar, decisi a tenere la posizione fino
all’arrivo delle truppe guidate dal generale Franco che si era ribellato
al governo di Madrid. Erano cadetti di fanteria e militanti falangisti,
in tutto un migliaio di combattenti, cui si aggiunsero alcune centinaia
di civili, con donne e bambini. L’armata nazionalista era lontana e gli
assediati scarseggiavano di viveri e munizioni. I rossi pensarono di
aver partita facile e si prepararono a trasformare una vittoria che
credevano certa in un palcoscenico internazionale. Non mancarono
signorine della buona società britannica che dall’Inghilterra si
recavano a Toledo per sparare un colpo di pistola simbolico contro
l’Alcazar.
L’artiglieria cominciò il
bombardamento mentre gli attacchi dei miliziani comunisti e anarchici –
il braccio armato del governo centrale – si susseguivano, ma senza
risultati. Continuamente respinti, per costringere alla resa il
colonnello Moscardò comandante del presidio, i repubblicani presero in
ostaggio suo figlio minacciando di ucciderlo se l’Alcazar non si fosse
arreso. Questa condizione fu comunicata dal figlio stesso, attraverso
una telefonata al padre. Il colonnello non cedette, esortò il figlio a
morire da uomo e il ragazzo fu assassinato.
Infine gli assedianti scavarono un tunnel sotto le mura,
fecero esplodere una potente carica di esplosivo e nella breccia aperta
lanciarono l’ultimo assalto. Tutto fu inutile: furono sconfitti ancora
una volta. Il palazzo era ridotto a un cumulo di rovine, ma i rossi non
erano passati.
L’eroica resistenza degli uomini e delle donne
dell’Alcazar non fu inutile. Il 26 settembre 1936, 73° giorno d’assedio,
le truppe nazionaliste riconquistarono Toledo.
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