LA
STAMPA NELLA R.S.I.
Massimo Zannoni nel suo La stampa nella Repubblica
Sociale Italiana Edizioni Campo di Marte Parma 2012, ci illumina in maniera
esauriente su quella che è stata la situazione della stampa durante il periodo
settembre 1943 – aprile 1945, con un primo breve capitolo introduttivo che ci
da notizie anche sul periodo badogliano (25 luglio 1943-8 settembre 1943). Da
tale importantissima opera, presentata alla Fondazione Istituto Storico della
R.S.I. il giorno 10 marzo 2013, traiamo le seguenti sintetiche notizie:
INDICE DEL LIBRO:
PRIMA PARTE
Cap. I – Dal
venticinque luglio all’otto settembre
Cap. II – La nascita
della RSI e l’attività del ministero della Cultura Popolare
Cap. III – Il panorama della stampa quotidiana all’inizio
del 1944
Cap. IV – Dal processo di Verona al ripristino della censura
preventiva
Cap. V - La normalizzazione della stampa e l’eccezione
Pettinato
Cap. VI - Il
crepuscolo della RSI e il caso Cione.
PARTE SECONDA
Cap.VII - La stampa
del PFR e delle Forze Armate
Cap.VIII- L’ampio
panorama della stampa periodica
Cap. IX - I riflessi
sulla stampa dei rapporti tra Chiesa cattolica e RSI
APPENDICE
Elenco dei periodici della R.S.I.
Bibliografia
----------------
Pur nella necessaria e opportuna sinteticità di questa
pagina web, riteniamo utile anzitutto elencare i nomi dei quotidiani
che sono sempre usciti pressochè regolarmente malgrado la gravissima carenza di
carta - che costringeva spesso a uscire con due sole pagine - e le condizioni
proibitive cui erano costrette a sottostare le città italiane tormentate dai
bombardamenti terroristici degli anglo-americani.
Situazione fino al giugno 1944
LOMBARDIA
1)
Corriere della sera diretto da Ermanno Amicucci
2)
L’Ambrosiano (soppresso e sostituito, il 23 gennaiko
1944, da La Repubblica Fascista
3)
L’Italia (da inizio 1945 Settimana dell’Italia)
4)
La Repubblica Fascista (poi Repubblica Fascista) diretta
da Carlo Borsani, poi da Enzo Pezzato
5)
Il Regime Fascista diretto da Roberto Farinacci
6)
Il Pomeriggio
7)
Il Secolo-La Sera diretto da Ugo Manunta
8)
Il Sole (fino al 7.11.1943)
9)
Il Lavoro
10)
L’Italia del Popolo
11)
La Cronaca prealpina
12)
La Provincia di Como
13)
Brescia Repubblicana già Il Popolo di Brescia diretto da Corrado
Rocchi (che, dall’aprile 1945 dirigerà anche La Gazzetta di Parma
14)
Bergamo Repubblicana già La voce di Bergamo
15)
L’Eco di Bergamo
16)
Il Notiziario (solo dal 18 al 26 settembre 1943 per
8 numeri. Il 28 riprende le pubblicazioni
Il Regime Fascista)
17)
La Voce di Mantova
18)
La Gazzetta Ufficiale d’Italia (dal novembre 1943)
PIEMONTE
1)
La Stampa diretto da Angelo Appiatti poi Concetto Pettinato poi Francesco Scardaoni
2)
La Gazzetta del Popolo diretta da Ezio Maria Gray
3)
LIGURIA
1)
Il Corriere Mercantile diretto da Alberto Parodi
2)
Il Secolo XIX diretto da Aldo Chiarini poi da Mario Rivoire
3)
Il Lavoro diretto da Rosario Massimino, poi Ernesto
Daquanno, poi Gian Gino Pellegrini
4)
L’informazione diretto da Bruno De Battè (fucilato il
28 aprile 1945)
5)
Il Quotidiano de L’Eco della Riviera
EMILIA ROMAGNA
1)
Il Resto del Carlino diretto da Giorgio Pini
2)
La Scure (Piacenza) diretto da Pino Bellinetti, poi
Franco Scaravelli, poi, dal 29.12.43 alla fine, da Armando Scalise
3)
La Gazzetta di Parma diretta da Pino Romualdi, poi,
nell’aprile 1945, Corrado Rocchi che dirige anche Brescia Repubblicana
4)
Il Solco fascista (Reggio) diretto da Renato Rossi
poi Marco Colonna (morto nel bombardamento), poi ancora Renato Rossi, poi
Franco Scaravelli, poi Augusto Rossi
5)
La Gazzetta dell’Emilia (Modena) diretto da Ennio
Cacciari, poi da Vittore Querel
6)
Il Corriere Padano (Ferrara) diretto da Michele
Campana
7)
L’Avvenire d’Italia
TOSCANA
1) La
Nazione diretto da Mirko Giobbe, poi Ridolfo Mazzucconi
2) Il
Nuovo Giornale
3) Il
Telegrafo diretto da Ezio Camuncoli
4) Il
Corriere del Tirreno
MARCHE
1)
Il Corriere Adriatico che, provato dai
bombardamenti, cessa le pubblicazioni il 22.4.1944
LAZIO
1)
Il giornale d’Italia (Ediz. Domenicale la Voce
d’Italia diretto da Umberto Guglielmotti
2)
La Tribuna diretta da Vittorio Curti
3)
Il Messaggero diretto da Alfonso Novara poi Bruno
Spampanato
4)
L’Italia diretto da Carlo Scaparro (solo fino al
dicembre 1943)
5)
Il Piccolo diretto da Enrico Santamaria
6)
Il Lavoro Fascista diretto da Renato Aletto Linares
(solo fino al 17.11.1943)
7)
Il Popolo di Roma diretto da Francesco Scardaoni
8)
Il Corriere dello Sport (poi Il Littoriale)
diretto da Eugenio Danese
9)
Il Giornale di Sicilia
(trasferitosi da Palermo) diretto da Giacomo Etna
VENETO
1)
Il Gazzettino diretto da Guido Baroni
2)
Il Veneto (Padova) diretto in successine da 5 direttori
fra cui Pino Bellinetti e, dal 6.3.44
alla fine Cesco Giulio Baghino
3)
Il Popolo Vicentino (Vicenza) diretto da Angelo
Berenzi)
4)
L’Arena (Verona) diretto da Carlo Manzini poi Giuseppe
Castelletti poi Giuseppe Bertoni poi Vincenzo Musco (pseud. Giacomo Etna)
TRENTINO (dichiarato zona di operazione e affidato al Gauleiter Franz Hofer)
1)
Trentino diretto da Mario G. Paoli (nettamente
filotedesco)
VENEZIA GIULIA E DALMAZIA (dichiarate zona di operazione e affidate al Gauleiter Reiner)
1)
Il Piccolo (Trieste)
2)
La Vedetta d’Italia (Fiume)
3)
Il Corriere istriano (Pola)
4)
Il Popolo del Friuli (Udine)
5) Deutsche Adria-Zeitung (Trieste)
6)
Slovenec ( Lubiana)
7)
Slovenski Narod poi fuso con Jutro ( Lubiana)
8)
Giornale di Dalmazia (Zara)
ISOLE
ITALIANE DELL’EGEO
1)
Il Messaggero di Rodi
2)
Deutsche
Soldatenzeitung fur den Dodekanes
FORZE ARMATE GERMANICHE IN
ITALIA
1)
Nachrichtenblatt
fur die deutschen Soldaten in Italien diretto da Franz Pesendorfer
2)
Die
Sudfront
3)
Adler
im Suden
Situazione dopo il giugno 1944
Dopo la caduta di Roma e la successiva perdita dei territori
a sud della Linea Gotica ci furono, ovviamente, dei significativi cambiamenti.
Anzitutto la perdita delle testate di quotidiani e periodici che operavano
nelle zone che furono occupate dal nemico. Ma altre cose significative
accaddero, che puntualmente nel libro vengono registrate. Molto interessanti
sono le vicende relative al controllo della stampa da parte del Ministero della
Cultura Popolare, che aveva sede a Salò nella Villa Omodeo, retto dal Dott.
Fernando Mezzasoma. Come è noto il Fascismo non aveva mai istituito una censura
preventiva sulla stampa. Cosa che, invece, aveva fatto Badoglio nei quaranta giorni
del suo governo. Ma il Governo Repubblicano, con un provvedimento del 22
dicembre 1943 aveva abolito di nuovo la censura preventiva sulla stampa. Non per questo era venuto meno il controllo
vigile che il Ministro esercitava sulla stampa stessa. Precise e severe
direttive venivano emanate e il controllo era costante. Malgrado ciò un
insopprimibile desiderio di indipendenza faceva sì che molti direttori fra i
più quotati pubblicassero articoli non perfettamente in linea con le direttive
del Ministero.
Certo è che gli
articoli di critica, anche fortemente polemici continuarono a essere pubblicati
con notevole frequenza tanto da provocare frequenti sostituzioni di direttori e
frequenti soppressioni di testate. Le principali pubblicazioni, quotidiane e
periodiche erano state, in una Panoramica della stampa repubblicana al 1° giugno 1944, divise in tre
categorie: rivoluzionari, reazionari e neutri.
Fra i rivoluzionari
erano stati compresi: Il Popolo di Alessandria, Asti Repubblicana, Il Resto
del Carlino (Bologna), Leonessa (Brescia), Ferrara Repubblicana, Italia e
Civiltà (Firenze), Repubblica (Firenze), Il Popolo di Romagna (Forlì), Che l’inse! (Genova), La voce di Romagna
(Imola), L’Eco della Riviera (Imperia), Ardimento (La Spezia), La Repubblica
Fascista (Milano), La voce repubblicana (Milano), Il Popolo Repubblicano
(Pavia), Il Ferruccio (Pistoia), Il Messaggero (Roma), “M” Rossa (Rovigo),
Tempo Nuovo (Teramo), La Stampa (Torino), La Riscossa (Torino), Audacia
(Treviso), Italia Nuova (Venezia), L’Arena (Verona), Il Rengo (Padova), Marina
Repubblicana (Vicenza).
Fra i “reazionari”
(in linea con gli indirizzi ministeriali) erano compresi: L’Assalto
(Bologna), Il Regime Fascista (Cremona), Rivolta Ideale (Faenza), Corriere
Padano (Ferrara), La Nazione (Firenze), Corriere della sera (Milano),
Rinnovamento (Milano), Libro e moschetto (Milano), Il Veneto (Padova), La
Gazzetta di Parma, Santa Milizia (Ravenna), La Gazzetta del Popolo (Torino), Il
popolo vicentino (Vicenza), Folgore (Vicenza).
Fra i “neutri”,
infine, erano stati compresi: Il Corriere Adriatico (Ancona), Giovinezza
Repubblicana (Arezzo), Il Popolo Piceno (Ascoli Piceno), Bergamo Repubblicana, Il Lavoro Biellese, Brescia
Repubblicana, La Provincia di Como, Il Popolo di Crema, Il Nuovo Giornale
(Firenze), La Vedetta d’Italia (Fiume), Il lavoro (Genova), Il Secolo XIX
(Genova), Il Corriere mercantile (Genova), Il Telegrafo (Livorno), Il Corriere
del Tirreno (Livorno), L’Artiglio (Lucca), La Voce di Mantova, Il Secolo-La
Sera (Milano), Il Popolo Novarese, La Scure (Piacenza), Il Corriere Istriano
(Pola), Il Solco Fascista (Reggio Emilia), La Tribuna (Roma), Il Gi0ornale di
Sicilia (Roma), Il Popolo di Roma, Il Piccolo (Roma), Rinascita (Rovigo), La
Gazzetta di Savona, La Repubblica Fascista (Siena), Prima Linea (Terni), Il
Piccolo (Trieste), Il Popolo del Friuli (Udine), La Cronaca Prealpina (Varese),
Il Gazzettino (Venezia), La Provincia Lavoratrice (Vercelli), Risorgere per
vivere (Viterbo).
Come si può vedere
soltanto 14 pubblicazioni fra le 76 citate sono indicate come perfettamente in
linea con le direttive ministeriali. E occorre aggiungere che, frequentemente,
sorgevano polemiche molto accese fra i giornali di diversa tendenza.
Fra le più clamorose è da annoverare quella che nacque da un articolo,
diventato famoso, che Concetto Pettinato, direttore de La Stampa,
pubblicò col titolo “Se ci sei batti un colpo” il 21 giugno 1944. In
tale articolo si richiedeva, in sostanza, che le divisioni italiane in
addestramento in Germania fossero fatte rientrare e avviate al fronte contro il
nemico che stava invadendo le nostre terre, affinchè alla difesa delle stesse
terre partecipassero in maniera significativa i soldati della RSI. Tale
articolo fu interpretato come una critica all’atteggiamento giudicato troppo
passivo di Mussolini, tanto che Mezzasoma replicò con una dura lettera di
sostanziale condanna. Tuttavia Pettinato rimase al suo posto, anche se i suoi
articoli furono temporaneamente sospesi e gli fu messo a fianco il giovane
Alfonso V. Gardini, ufficialmente “per imparare i segreti del giornalismo” ma,
probabilmente, per controllarlo discretamente. E’ importante sottolineare che
tutto questo accadeva dopo che il 28 marzo era stata ripristinata la censura
preventiva per le notizie di natura militare e il 31 maggio era stata
ripristinata tale censura su tutta la stampa. E ciò era accaduto proprio a
seguito delle polemiche che sorgevano frequentemente fra giornali di diversa
tendenza. La decisione, presa direttamente da Mussolini, fu determinata
dall’ennesima polemica fra Carlo Borsani direttore di Repubblica Fascista e
Farinacci, direttore di Il Regime Fascista. E malgrado la censura, le
polemiche fra i due non cessarono, tanto che, dopo l’articolo di Borsani del 10
luglio 1944 dal titolo “Per incontrarci” nel quale sosteneva la
necessità di adottare comportamenti meno repressivi e più comprensivi nei
confronti del ribellismo, lo stesso Borsani fu destituito e a dirigere il
giornale fu chiamato Enzo Pezzato.
Intanto, subito dopo
la pubblicazione dell’articolo di Pettinato (Se ci sei batti un colpo) , il 24
giugno, cioè tre giorni dopo, usciva sul Corriere della Sera la prima
puntata di Storia di un anno che, anche se il direttore Amicucci
faceva rispondere alle tante richieste che si trattava di scritti anonimi,
apparvero subito come scritti da Mussolini. Come è noto è il racconto degli
avvenimenti dall’ottobre 1942 al settembre 1943 e riporta particolari finora
non conosciuti, per cui l’interesse suscitato fu enorme e il giornale ebbe
tirature eccezionali. L’ultima puntata, la dicianmnovesima, uscì il 18 luglio e
in essa si precisava che l’autore era Mussolini e che lo stesso aveva
autorizzato la pubblicazione in volume col titolo Il tempo del bastone e
della carota. La pubblicazione fu curata dallo stesso Corriere della
Sera in edizione economica e, in meno di un mese, ne furono vendute 300.000
copie.
Altro avvenimento di
grande importanza, che la stampa della RSI amplificò in sommo grado
organizzando, di fatto, in quell’occasione, l’ultima grande battaglia
propagandistica, fu la visita di Mussolini a Milano e il discorso del “Lirico”
del 16 dicembre 1944. Grandi titoli, articoli entusiastici, corale ripresa
della fiducia e della speranza.
Ma la guerra
continuava e le polemiche sulla stampa pure. Siamo ormai nell’ultimo anno di
guerra, il 1945 e nel gennaio scoppia una polemica piuttosto grossa legata
all’uscita del settimanale della Decima Mas L’Orizzonte che avrebbe
sostituito Cambusa e San
Marco che avevano offerto la chiusura per consentire l’uscita del nuovo
giornale. L’autorizzazione fu concessa e il primo numero uscì il 29 gennaio
1945. Ma, ignorando le direttive ministeriali che, a causa della carenza di
carta, imponeva una drastica limitazione delle pagine, L’Orizzonte esce
con ben dieci pagine anziché con le quattro più due di inserto fotografico che
erano state autorizzate. La contrarietà di Mezzasoma (motivata anche dai
contenuti e dalle firme dei collaboratori) si manifesta subito con
l’intimazione al ridimensionamento delle pagine. Ma anche il secondo numero,
tirato in 50000 copie, esce con dieci pagine e viene diffuso con successo in
tutta la Repubblica. Mezzasoma vuole eliminare la rivista e minaccia il
sequestro del terzo numero. Ma gli uomini della Decima ritirano direttamente in
tipografia 7000 copie che vengono vendute a Milano da edicole vigilate dai
marò. Mezzasoma esasperato il 13 febbraio scrive al Duce e, alla fine, il
settimanale viene soppresso. Borghese tenta di resistere scrivendo a Graziani
che, però, risponde piuttosto duramente. Allora Borghese tenta perfino di
ricorrere al Procuratore Generale dello Stato ma senza successo. E il giornale
sparisce.
Ma per Mezzasoma non
c’è pace. Ecco che il 20 febbraio esce un altro articolo di Pettinato su La
Stampa dall’eloquente titolo “L’assente” nel quale è l’Italia
che viene definita “assente” per il suo ruolo sempre più modesto nelle vicende
del mondo. Nello stesso articolo, poi, si
invitano gli italiani a “tendersi le braccia al di sopra delle baionette
straniere” rifiutando ogni estremismo e privilegiando l’interesse della Nazione
su quello della fazione.
Questa volta le
conseguenze sono gravi. Pettinato viene deferito alla Commissione centrale di
disciplina del PFR e sostituito alla direzione de La Stampa da Francesco
Scardaoni.
L’ultima polemica
che si sviluppa con notevole ampiezza sulla stampa RSI è legata alla singolare
vicenda del filosofo Edmondo Cione. Il Cione, che era stato un discepolo di
Benedetto Croce, aveva un passato da antifascista che gli aveva procurato anche
brevi periodi di confino. Ma dopo l’8 settembre 1943 aveva stigmatizzato
l’infausto armistizio e aveva ritenuto che, nell’ambito di una Repubblica sociale
, avrebbe potuto trovare spazio anche un movimento politico socialista.
Costituisce, così, col consenso di Mussolini, il suo Raggruppamento
Nazionale Repubblicano Socialista.
Si tratta, in
realtà, di un audace esperimento fatto da Mussolini per realizzare una sorta di
pluripartitismo all’interno della RSI. E, in effetti, il nuovo Raggruppamento è
un partito non fascista cui è perfino consentita la pubblicazione di un
quotidiano: L’Italia del Popolo, sottratto al controllo e alla censura
del Ministero della Cultura Popolare. La vita del giornale non sarà facile,
perché osteggiato nella fornitura della carta soprattutto dall’ala
intransigente del PFR e dallo stesso Mezzasoma. Né manca la diffidenza e la
preoccupazione dei tedeschi. Tuttavia, alla fine, il giornale riesce ad uscire
il 28 marzo 1945 con una tiratura di 50000 copie (Cione ne aveva chiesto
300000) che non sono poche. Ed ha subito un notevole successo. L’intento
dichiarato è quello di sviluppare una critica costruttiva dell’operato del
governo, di cui si apprezzano la fede repubblicana e la socializzazione. Ma i
giornali fascisti, soprattutto Farinacci con Repubblica Fascista lo
attaccano pesantemente. E lui commette l’errore di lasciarsi trascinare nella
polemica e, il 7 aprile pubblica l’articolo “Ed egli avera del cul fatto
trombetta” in cui replica violentemente a una lettera di Carlo Borsani.
La cosa era grave e al giornale fu imposto di sospendere le pubblicazioni.
Cione tentò disperatamente, anche rivolgendosi direttamente al Duce, di poterle
riprendere e, in effetti, il Duce lo autorizzò a riprenderle il 24 aprile. Il
giornale uscì il 24 e il 25 aprile ma il 26 non potrà uscire per uno sciopero
delle maestranze. Né potrà più uscire in seguito perché la sua richiesta a
Riccardo Lombardi di poterlo fare non verrà accolta.
Siamo alla fine. La
stampa della RSI chiude la sua storia con l’avanzata del nemico. Il 19/20
aprile cessa Il Resto del Carlino, il 25/4 Il Corriere della sera,
il 25/4 La Repubblica Fascista, il 26/4 Il Regime Fascista, il
26/4 La Stampa, il 27/4 Il Gazzettino, il 29/4 Il Piccolo……
Molti dei protagonisti
del mondo giornalistico della RSI finiranno trucidati durante le “radiose
giornate”: Carlo Borsani de La Repubblica Fascista, Tullio Calcagno de La
Crociata Italica, Guido Calderini de Il Secolo-La Sera, Sebastiano
Caprino di Radio Tevere, Giuseppe Castelletti de L’Arena, Mario
Caporilli de La Gazzetta di Savona, Goffredo Coppola di Civiltà
Fascista, Gianni Carbognani de La Fiamma Repubblicana, Spartaco
Annovazzi de Il Piemonte Repubblicano, Ernesto Daquanno de Il Lavoro
di Genova, Idreno Utimpergher de L’Artiglio, Roberto De Battè di Informazione,
Roberto Farinacci de Il Regime Fascista, Giovanni Fontana de Il
Popolo di Val Polcevera, Enzo Pezzato de La Repubblica Fascista e
altri, fra cui Sandro Giuliani che fu redattore del Popolo d’Italia.
La stampa di partito e delle Forze Armate
Nella seconda parte del libro l’autore esamina, anzitutto,
la stampa del PFR e delle Forze Armate illustrandone le caratteristiche.
La stampa di partito
si differenzia dai quotidiani e dalle riviste non di partito per il fatto che,
mentre la stampa non di partito cercava di rivolgersi a tutta la cittadinanza
e, quindi, manteneva un tono non spiccatamente ideologico, quella di partito si
rivolgeva in modo particolare ai fascisti, cioè ad un pubblico già politicizzato
e orientato per cui tendeva soprattutto ad illustrare accuratamente quelle che
erano le idee e le azioni del Partito onde rendere i fascisti ben informati
anche nei particolari onde rendere la loro fede sempre più consapevole.
Spesso i giornali di
partito polemizzavano con l’altra stampa definendola “attendista” e restia ad
impegnarsi troppo a fondo. Praticamente ogni federazione aveva un proprio
giornale o più di uno, nati spesso come organi della federazione e, poi,
diventati organi delle locali Brigate Nere.
Per ciò che riguarda
la stampa delle Forze Armate l’autore mette in rilievo la differenza fra i
giornali delle formazioni volontarie, in cui lo spirito è molto vicino a quello
dei giornali di partito e quelli delle formazioni parzialmente volontarie come
le Quattro Divisioni addestrate in Germania. Si nota in questi una certa
tendenza a mettere l’accento soprattutto sul patriottismo e sul dovere di
difendere l’Italia dallo straniero invasore.
Il nome di tutti i
periodici si può vedere qui appresso nell’elenco che compare come appendice nel
libro dello Zannoni e che noi abbiamo fotocopiato e pubblicato su questo sito
La stampa periodica
Nel capitolo VIII
l’autore fa un’ampia disamina della stampa periodica distinguento i diversi
tipi:
Periodici di informazione
Vengono ricordati i settimanali illustrati che avevano un
langhissimo successo come La Domenica del Corriere (Milano),
L’Illustrazione del Popolo (Torino),
Il mattino illustrato (Napoli), Tribuna illustrata (Roma). Quelle
maggiormente diffuse nel territorio repubblicano furono le prime due, essendo
il Mattino illustrato rimasto in territorio occupato, così come Tribuna
illustrata che cessa le pubblicazioni con n. 22 del 28 maggio 1944.
Queste riviste
dovevano il loro successo anche al fatto che si presentavano con grandi disegni
a colori che illustravano le vicende più significative della settimana. Tali
disegni, molto graditi dai ceti popolari, continuarono a lungo anche nel
dopoguerra, mentre altri giornali specialmente esteri avevano sostituito il
disegno con le foto. Direttore de La Domenica del Corriere fu Pietro
Caporilli e i mitici disegnatori furono Walter Beltrame (morto il 19 febbraio
1945) e Walter Molino che prima lo affianca e poi lo sostituisce. Il carattere
del giornale fu non spiccatamente fascista (veniva infatti accusata di essere
poco fascista) e tale scelta fu deliberata per mantenere una larga diffusione
fra i ceti popolari anche non fascisti. Un milione e novecentomila copie
venivano capillarmente distribuite ogni settimana.
Anche L’Illustrazione
del Popolo ebbe larga diffusione. Essa, diretta da Ather Capelli e, dopo la
sua uccisione, da Cipriano Giachetti si presenta più o meno come La Domenica
del Corriere, ma è più innovativa e più politicizzata. Essa stampa su carta
qualitativamente migliore e questo consente di pubblicare immagini fotografiche
molto migliori.
L’autore esamina
anche diversi altri periodici che qui non citiamo ma i cui nomi sono visibili,
come sopra detto, nel lungo elenco pubblicato qui sotto.
Periodici
politici, culturali e scientifici
Fra i più noti
periodici politici, molto vicini e, in parte, simili alla stampa di partito
nell’impostazione, anche se la tematica è più vasta con più vasti
approfondimenti culturali, sono Civiltà Fascista che esce prima a
Bologna poi a Brescia ed è diretto da Alfredo Coppola, cui fornisce
documentazione lo stesso Mussolini, Repubblica Sociale (rassegna mensile di
problemi politici, sociali, economici, giuridici) diretto da Manlio
Sargenti, capo gabinetto del Ministero dell’Economia Corporativa, Nuova
Antologia diretta da Giovanni Gentile fino alla sua morte e, poi, da
Ridolfo Mazzucconi, Italia e Civiltà diretta da Barna (Carlo Luigi)
Occhini, Dottrina Fascista (rassegna mensile della scuola di mistica
fascista “Sandro Italico Mussolini” diretta da un Comitato di Redazione di cui fa parte anche Giorgio
Almirante. Di essa esce un solo numero il 23 marzo 1945. Di particolare
interesse è il mensile Corrispondenza Repubblicana che raccoglieva le famose
note scritte direttamente da Mussolini e che, tramite l’Agenzia Stefani,
venivano frequentemente inviate ai giornali che le pubblicavano. Molte altre
erano le riviste periodiche di questo tipo i cui titoli, come già detto,
potranno essere visti negli elenchi che seguiranno.
Periodici
giovanili
Quello che va citato
per primo è indubbiamente Libro e Moschetto (settimanale fascista della
gioventù d’Italia combattente e lavoratrice) diretto da Cesco Giulio
Baghino poi da Gian Luigi Gatti. Altri titoli: La Patria, Il Bo’, Tempo
Nostro, Fiamme Bianche……
Quanto alla stampa per ragazzi ricreativa
rimane il Corriere dei Piccoli che avrà un’impostazione quasi del tutto
spoliticizzata col direttore Franco Bianchi, più in armonia con i tempi con
Cesare Ferri e, di nuovo, più tranquilla con Emilio Radius. Altri titoli: Grandi
Avventure, Il Pupazzetto, Albi dell’Audacia… Scompaiono, invece, Intrepido,
Albogiornale, Il Vittorioso, Albo d’Oro Audace e l’americano Topolino.
Periodici del mondo dell’economia e del lavoro
Oltre ai periodici delle Camere di Commercio e dei
Sindacati, presenti praticamente in tutte le province, molte riviste specifiche
come La vanga, L’Ingegnere, La scuola italiana moderna, La Mondina, Il
giornale dell’agricoltura… E all’inizio 1944 fa la sua comparsa anche Il
Dopolavoro (settimanale dell’Opera Nazionale Dopolavoro).
Periodici
femminili
Le riviste femminili
anche dopo anni di guerra, continuano a uscire con tirature rilevanti: Novella
497000 copie, Annabella 272000, Grazia 100000…
Durante la RSI,
però, a causa della carenza di carta, sparisce Grazia. Sopravvivono Eva,
Gioia, Piccola fata, Annabella, Novella fino al giugno 1944 dopo di che
spariscono tutte. Il 20 dicembre 1944 però esce un numero di Eva (numero di
Natale) in versione patriottica. Ancora nel gennaio-febbraio 1945, però,
continua ad uscire La donna, la casa e il bambino.
Periodici di
spettacolo e sport
Il cinema, anche
durante la RSI, continua a funzionare sia come produzione che come frequenza di
spettatori nelle sale. Ma le riviste specialistiche che rimangono sono soltanto
due: Primi piani e Film. Per il teatro: Il Dramma.
Giornali sportivi: La Gazzetta
dello Sport, Il Littoriale poi Corriere dello Sport, Il calcio illustrato,
Tempo sportivo.
Periodici umoristici e d’intrattenimento
Fino all’arrivo degli anglo-americani escono a Roma il
famosissimo Il Travaso delle Idee e Pasquino. A Milano escono Il
Barbagianni e L’uomo di pietra. Continua ad uscire anche La
Settimana enigmistica nella sua veste consueta.
Periodici in
lingua straniera
Durante la RSI
circolano nel suo territorio – e in parte vi vengono anche stampati – giornali
in lingue diverse. Ci sono i tedeschi Sudfront illustrierte, Italien Spiegel
, Berlin-Rom-Tokio (fino alla metà del 1944). Ma anche Kazac’jia Zemlja
(Terra cosacca) in cosacco, Front a Vlast (Fronte e Patria) in
slovacco, Goriski strazar (La sentinella di Gorizia), Straza ob Jadranu (La
sentinella dell’Adriatico), Migremo naprej (Andiamo avanti), Tolminski Glas (La
voce di Tolmino) e Goriski list (Il Giornale di Gorizia), tutti in sloveno.
E, curiosamente, c’è una rivista anche in lingua francese, stampata a Verona: Le
Jen (hebdomadaire des jeunes de l’Europe nuovelle) che si propopne di
essere un organo di collegamento fra “camarades” francesi, italiani e tedeschi.
Periodici vari
Fra i periodici vari
l’autore cita Giornalismo (rassegna panoramica della stampa italiana) , l’analogo
Echi del mondo (settimanale della stampa estera), Camicia Rossa diretta
da Ezio Garibaldi, L’Azione coloniale (organo degli Italiani in Africa),
Corriere Filatelico e Rivista filatelica d’Italia.
Rapporti Chiesa-RSI sulla stampa
Il Punto n. 6 del
Manifesto di Verona dichiarava che “La religione della Repubblica è la
cattolica apostolica romana” e alla
Chiesa veniva assicurato rispetto assoluto. Si chiedeva, però, di non assumere
posizioni politiche in contrasto con quelle dello Stato e la si impegnava a
contrastare la tendenza comunista e bolscevica. Naturalmente Mussolini si
attendeva anche il riconoscimento del nuovo stato, ma la diplomazia vaticana si
defila abilmente e non concede il riconoscimento. Malgrado ciò Mussolini non
ricorrerà a ritorsioni (molti ambienti fascisti proponevano la denuncia del
Concordato) di sorta e rispetterà fino all’ultimo le norme concordatarie,
compreso il pagamento della congrua a tutti i preti, compresi quelli
schierati coi partigiani. I giornali della RSI, però, non mancheranno di
criticare anche aspramente certi atteggiamenti del Vaticano e delle autorità cattoliche.
Una interessante
polemica si sviluppò nel febbraio 1944 allorchè la polizia repubblicana penetrò
nel collegio di San Paolo, che gode dei diritti di extraterritorialità, per
arrestare dei renitenti. L’Osservatore Romano e Civiltà Cattolica protestarono
energicamente chiedendo il rispetto delle norme concordatarie. Il direttore del
Messaggero Bruno Spampanato, allora, intelligentemente e logicamente,
sostenne che se il Vaticano chiedeva alla RSI il rispetto del concordato era
evidente che considerava la RSI la continuazione di quello stato fascista che
quel concordato aveva sottoscritto. Quindi ne riconosceva la legittimità e,
automaticamente, disconosceva la legittimità dello stato del sud. Tuttavia
Mussolini e il suo governo cercarono sempre di smorzare le polemiche e di
mantenere, almeno formalmente, rapporti normali.
Un fatto che creò
molta tensione fra Fascismo e Chiesa fu il formarsi a Cremona, intorno al
giornale di Farinacci Regime Fascista, di una piccola schiera di
sacerdoti di chiara fede fascista che prese a pubblicare il settimanale Crociata
Italica (cui, dal 18 settembre 1944, si affiancherà anche un’associazione
nazionale con lo stesso nome). Il protagonista di questa avventura fu
indubbiamente Don Tullio Calcagno. Acceso patriota, combatte nella prima guerra
mondiale con i “ragazzi del ‘99” (era nato, appunto, il 20 aprile 1899 a
Terni). Nel 1924 viene ordinato sacerdote, poi si laurea in diritto canonico e
diventa parroco della Cattedrale di Terni e professore di religione al Liceo. Dopo
il Concordato del 1929 diventa fascista e, nel 1940, vorrebbe arruolarsi per
combattere. Non viene accontentato e lui si sfoga con un libro dal titolo
illuminante “Guerra giusta”. Ma viene diffidato dal Sant’Uffizio e lui
ubbidisce. Con la nascita della RSI,
però, riprende a scrivere e le diffide
non lo fermano più. Comunque il 16 dicembre 1943 viene sospeso “a divinis” e
lascia Terni e la Cattedrale. E il 10 gennaio 1944 esce il primo numero di Crociata
Italica (settimanale politico cattolico). Un lungo editoriale dal titolo “
Dio e Patria” , nel quale si esortano i cattolici ad ubbidire alla RSI e a
Mussolini cui l’Italia e il cattolicesimo debbono tanto, è firmato da Don
Tullio Calcagno. Ma le sue posizioni critiche nei confronti del Vaticano, giunte
fino a ipotizzare una chiesa nazionale con un proprio patriarca, tanto che si
paventa addirittura uno scisma, porteranno il Sant’Uffizio ad impartire a Don
Calcagno, la scomunica il 21 marzo 1945.
Frattanto anche
Mussolini, che all’inizio aveva guardato con simpatia Crociata Italica,
manifesta ora una certa freddezza. Ed anche il rapporto con Farinacci si fa più
difficile. Ma sarà la scomunica che sconvolgerà Don Calcagno tanto da indurlo a
lasciare la direzione del giornale e Cremona.
Il giornale, però,
continuerà ad uscire fino al 23 aprile sotto la nuova direzione di Giovanni
Fumo. Don Calcagno, come è noto, verrà ucciso a Milano il 27 aprile 1945 e
portato al cimitero su un carretto della nettezza urbana.
Un altro periodico
cattolico favorevole alla RSI fu L’Italia cattolica, stampato a Venezia.
Esso era ispirato direttamente dal Ministero della Cultura popolare, ma
probabilmente nessuno lo sapeva, come dimostrano le centinaia di lettere di
adesione anche di cittadini comuni ed il raccogliersi, intorno ad esso di fitte
schiere di religiosi. Diversamente da Crociata Italica non fece mai
polemiche con le autorità religiose e mantenne sempre un linguaggio rispettoso
dell’ortodossia cattolica. Insistè molto, invece, sui temi della lotta al
bolscevismo, dell’ubbidienza all’autorità costituita, della condanna dei
bombardamenti indiscriminati , della denuncia della massoneria e
dell’esaltazione dei combattenti repubblicani.
Intanto a Roma
continua ad essere pubblicata Civiltà cattolica rivista dei gesuiti, che
nel numero del 4 marzo 1944 pubblica un lungo articolo non ostile del sociologo
Padre Angelo Brucculieri nel quale si parla anche della socializzazione delle
imprese.
Ma la stampa
cattolica ha una impressionante quantità di altri titoli che continuano ad
uscire: La Famiglia Cristiana, La Madre di Dio, La Domenica, Rivista del
Clero italiano, Palestra del Clero, più l’interminabile elenco dei giornali
diocesani.
Tutti erano tenuti
sotto discreto controllo. Ciò avveniva particolarmente per i quotidiani L’Avvenire
d’Italia di Bologna e L’Italia di Milano che, però, mantennero un
atteggiamento prudente e non crearono problemi. Tuttavia L’Italia a fine
1944 chiude per protesta a seguito del divieto di pubblicare il radiomessaggio
natalizio di Pio XII. Dal gennaio 1945, però, inizia le pubblicazioni La
settimana de L’Italia che, sottotitolata giornale cattolico, sfugge al controllo ministeriale in base
alle norme concordatarie in quanto “settimanale diocesano a carattere
religioso”. E uscirà fino alla fine della guerra.
Nessun commento:
Posta un commento