Benito Mussolini
Nasce a Dovia di Predappio
il 29 Luglio 1883 e muore a Giulino di Mezzegra il 28 Aprile 1945
Nel 1909 si accompagnò con Rachele Guidi che gia abitava a Villa Carpena, nel 1910 dalla loro unione
nacque la prima figlia Edda, nel 1916 Vittorio, nel 1918 Bruno, nel 1927 Romano e nel 1929 Anna Maria.
Nel 1915 Benito e Rachele si unirono in matrimonio
civile, mentre nel 1925 celebrarono il rito religioso.
Breve storia politica
Il suo nome è strettamente legato alle vicende storiche italiane del periodo intercorrente dagli anni appena precedenti la prima guerra mondiale fino a quelli della fine della seconda guerra mondiale. Nato da un fabbro, Alessandro, e da una insegnante elementare Rosa Maltoni, il 29 Luglio 1883 a Dovia di Predappio, assorbì dall'ambiente della terra romagnola quei fermenti progressisti e rivoluzionari derivanti dalle teorie socialiste di emancipazione proletaria che si andavano allora diffondendo, e se ne fece fin dall'adolescenza, ardente propugnatore. Divenuto a sua volta maestro elementare, fu costretto dopo breve tempo ad emigrare in Svizzera (1902), perché ritenuto in patria elemento indesiderabile, e a dedicarsi all'umile mestiere del muratore, aiutato da quelle cooperative operaie. Espulso dalla Svizzera per le sue accese manifestazioni agitatorie, passò nel Trentino, allora austriaco, dove diede inizio all'attività di giornalista (1909) e di attivista politico al servizio del Partito Socialista. Rientrato in Italia nel 1910, fu nominato nel 1912 direttore del quotidiano Avanti!, quale esponente della frazione più estremista di quel partito. Conformemente alle sue idee, allo scoppio della prima guerra mondiale,Mussolini si mostrò neutralista: per questo destò generale stupore il suo repentino mutamento di indirizzo quando, il 20ottobre 1914, lasciò la direzione dell'Avanti! per fondare un mese dopo l'interventista e ultranazionalista Il Popolo d'Italia. In una memorabile seduta della Sezione socialista di Milano, chiamato a giustificarsi di questa sua conversione e, soprattutto, dell'accusa di aver ceduto tutto il proprio corredo ideologico in cambio della possibilità di una fama gloriosa in quel mondo borghese da lui tanto disprezzato, non seppe opporre che frasi evasive, alle quali la sua innegabile efficacia oratoria, che gli aveva arriso in tante e varie circostanze, non seppe, in quella occasione, attribuire alcuna garanzia di credibilità e, di conseguenza, venne radiato dal partito (23 novembre 1914).
Il suo nome è strettamente legato alle vicende storiche italiane del periodo intercorrente dagli anni appena precedenti la prima guerra mondiale fino a quelli della fine della seconda guerra mondiale. Nato da un fabbro, Alessandro, e da una insegnante elementare Rosa Maltoni, il 29 Luglio 1883 a Dovia di Predappio, assorbì dall'ambiente della terra romagnola quei fermenti progressisti e rivoluzionari derivanti dalle teorie socialiste di emancipazione proletaria che si andavano allora diffondendo, e se ne fece fin dall'adolescenza, ardente propugnatore. Divenuto a sua volta maestro elementare, fu costretto dopo breve tempo ad emigrare in Svizzera (1902), perché ritenuto in patria elemento indesiderabile, e a dedicarsi all'umile mestiere del muratore, aiutato da quelle cooperative operaie. Espulso dalla Svizzera per le sue accese manifestazioni agitatorie, passò nel Trentino, allora austriaco, dove diede inizio all'attività di giornalista (1909) e di attivista politico al servizio del Partito Socialista. Rientrato in Italia nel 1910, fu nominato nel 1912 direttore del quotidiano Avanti!, quale esponente della frazione più estremista di quel partito. Conformemente alle sue idee, allo scoppio della prima guerra mondiale,Mussolini si mostrò neutralista: per questo destò generale stupore il suo repentino mutamento di indirizzo quando, il 20ottobre 1914, lasciò la direzione dell'Avanti! per fondare un mese dopo l'interventista e ultranazionalista Il Popolo d'Italia. In una memorabile seduta della Sezione socialista di Milano, chiamato a giustificarsi di questa sua conversione e, soprattutto, dell'accusa di aver ceduto tutto il proprio corredo ideologico in cambio della possibilità di una fama gloriosa in quel mondo borghese da lui tanto disprezzato, non seppe opporre che frasi evasive, alle quali la sua innegabile efficacia oratoria, che gli aveva arriso in tante e varie circostanze, non seppe, in quella occasione, attribuire alcuna garanzia di credibilità e, di conseguenza, venne radiato dal partito (23 novembre 1914).
E'
questo un punto
tuttora oscuro della vita di Mussolini, che neppure gli apologisti
del regime
tentarono troppo di approfondire. Se si considera la conversione
mussoliniana
alla luce di quella che fu poi la sua susseguente esistenza, si
potrebbe
comunque avanzare l'ipotesi che l'uomo, privo di sicure
convinzioni politiche ed
etiche, si fosse anche allora rivolto al mezzo più immediato e
sicuro al fine di
potersi aprire una via verso quel potere da lui tanto ardentemente
agognato e
perseguito subordinando a quella ogni decisione circa i propri
programmi futuri.
Certo è che, a questo scopo, tale atteggiamento di salvatore della
patria avanti
lettera - assecondato dal compiacimento della classe dirigente
industriale e
capitalista, la quale, a parte la sacrosanta causa della prima
guerra mondiale,
mirabilmente sintetizzata dal motto turatiano "l'Italia è sul
Grappa!", vedeva
nel conflitto un Ottimo affare - ebbe a giovargli enormemente per
l'avvenire,
quando l'ardente interventista, il caporale dei bersaglieri,
salutato dal re in
persona al suo letto d'ospedale, dove era stato ricoverato per
le ferite riportate durante una esercitazione in zona di operazioni,
iniziò la
creazione di quel mito di indispensabilità della sua figura
politica che tanta
parte doveva avere in seguito nella storia italiana dal 1919, data
della
fondazione dei "fasci di combattimento", fino al 1945.
Ritratto di Benito Mussolini (interno
Villa Carpena)
Divenuto deputato
al Parlamento con le elezioni del 1921, Mussolini si avvicinò maggiormente alla
monarchia (mentre il suo programma originario era di fedeltà agli ideali
repubblicani) con il discorso di Udine (20 settembre 1922), attuando un mese
dopo la pacifica marcia su Roma, che doveva portarlo alla carica di presidente
del Consiglio (31 ottobre 1922). Da quel momento egli mirò a consolidare una
particolare forma di dittatura personale che valse al "duce del fascismo",
innegabilmente, anche autorevoli simpatie straniere. Il suo spirito di
adattamento, la sua tempestività nell'approfittare delle occasioni favorevoli,
la sua indubbia capacità organizzativa ebbero presto buon gioco sulla marea di
mediocrità di un Parlamento sconnesso e indeciso, tanto da consentirgli di
superare momenti piuttosto gravi, come quello dell'uccisione di Matteotti, la
responsabilità morale della quale gli venne attribuita. Egli stesso, riprendendo
quota dopo quel fatto, che costituì certamente il punto più critico della
nascente potenza mussoliniana, nel famoso discorso parlamentare del 3 gennaio
1925, ebbe a dichiarare apertamente di volersi assumere lui solo "la
responsabilità politica, morale, storica di quanto era accaduto". Mentre
procedeva sempre più rapidamente al mutamento delle caratteristiche
costituzionali della nazione, l'ambizione di identificarsi totalitariamente con
la patria stessa, lo induceva a raggiungere un numero di cariche quale forse mai
al mondo alcun altro uomo politico aveva avuto: presidente del Gran consiglio
del fascismo, presidente del Consiglio nazionale delle Corporazioni, comandante
generale della Milizia, collare dell'Annunziata (e pertanto "cugino del re"),
capo del governo con prerogative speciali e titolare al tempo stesso di
ministeri, che arrivarono fino al numero di otto (Interno, Esteri, Colonie,
Guerra, Marina, Aeronautica, Lavori Pubblici, Corporazioni), il tutto adornato
da un tripudio di alamari e divise appariscenti, che trasformavano ogni
cerimonia in altrettante parate di fasto spagnolesco.
In politica estera,
piuttosto prudente agli inizi, si abbandonò poi a qualche intemperanza nei
riguardi di altri grandi stati, in nome di un nazionalismo in parte anche
giustificato dall'ingiusto trattamento riservato all'Italia dagli Alleati dopo
la prima guerra mondiale. Intanto, dalla polemica con la Società delle nazioni,
culminata con il nostro ritiro dalla stessa, Mussolini, per quanto pacifista nei
propositi pubblici, sembrò essere a poco a poco posseduto dall'idea che soltanto
da una guerra vittoriosa, magari combattuta a buon mercato, potesse occorrergli
quel margine di gloria che ancora gli mancava per attingere quelle mete
imperiali capaci di far risorgere i fastigi di una superficiale e impossibile
romanità. Egli stesso dirà in un discorso di considerare "la pace perpetua come
una catastrofe per la civiltà umana". Dal rafforzarsi in lui di questa volontà
di riscatto nazionale mediante una politica di dominio - incoraggiata ad un
tempo dal servilismo ingenuo dei suoi gregari e dal delittuoso osanna di quanti
lo spingevano su quella strada con la certezza di perderlo per liberarsene - si
può dire in Sostanza sia cominciata la parabola discendente mussoliniana. La
sfida all'Inghilterra ed alla Società delle nazioni nel 1935, la sua apoteosi di
"fondatore dell'Impero" e di primo maresciallo (30 marzo 1938), il triste
avvicinamento alla Germania hitleriana, e, infine, il comando supremo delle
truppe operanti su tutti i fronti (11 giugno 1940) assunto all'inizio della
seconda guerra mondiale, non sono infatti che apparenti successi di un uomo
ormai privo di misura e abbandonato da quell'intuito che spesso lo aveva
soccorso al tempo dei suoi primordi burrascosi.
E cominciarono così
le tappe dolorose: le gravi vicende della guerra, in Grecia (1941) e poi in
Egitto (1942), i discorsi tanto più deludenti quanto più disperatamente
ottimisti, come quello del "in primavera verrà il bello e verrà in ognuno dei
quattro punti cardinali" (23 febbraio 1941) e del proposito di stendere sul
"bagnasciuga" i nemici che avessero osato porre il piede sul suolo d'Italia (24
giugno 1943); il voto contrario del Gran consiglio (25 luglio 1943); il suo
arresto ordinato dal re Vittorio Emanuele III; la breve prigionia a Roma, a
Ponza, alla Maddalena, al Gran Sasso; la sua liberazione audacemente conclusa da
Hitler il 12 settembre 1943, che lo volle libero per usarlo ai suoi finì, quale
effimero reggitore della Repubblica Sociale Italiana (29 settembre 1943 - 25
aprile 1945), che tanta nefasta influenza esercitò fra gli Italiani divisi in
dolorosa guerra civile; la Cattura a Dongo da parte degli insorti e la
fucilazione di Giulino di Mezzegra (28 Aprile 1945) insieme a Clara Petacci - una
figura femminile grata fino alla morte del favore del dittatore - costituirono
il suo calvario.
I suoi
scritti giornalistici e i suoi discorsi sono raccolti in diversi volumi, che
restano di vivo interesse storico...
:.:.:.:
Ripassiamo la
Storia per
NON
DIMENTICARE MAI
L'avevamo già
fatto su "La Vedetta" di un paio d'anni fa, ma visto che ancora oggi qualche
sprovveduto si meraviglia delle nostre posizioni in difesa dello Stato Sociale,
rifacciamo l'elenco delle
PRINCIPALI
LEGGI SOCIALI E DELLE PRINCIPALI
OPERE DEL
FASCISMO:
1923
Assicurazione invalidità e vecchiaia -
1923
Assicurazione contro la disoccupazione
1923Assistenza ospedaliera ai poveri
1923 Tutela
del lavoro di donne e fanciulli
1923 Riforma
della Scuola (Riforma "Gentile")
1925 Opera
Nazionale Maternità e Infanzia (OMNI)
1927
Assistenza illegittimi e abbandonati o esposti.
1928
Assicurazione obbligatoria contro la TBC
1928
Esenzione tributaria per le famiglie numerose
1928
Assicurazione obbligatoria malattie professionali.
1929 Opera
Nazionale Orfani di guerra
1933 Istituto
Nazionale Infortuni sul lavoro (INAIL)
1935 Istituto
Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS)
1937
Settimana lavorativa di 40 ore (prima di 48 e oltre)
1937 Ente
Comunale di Assistenza (ECA)
1937 Assegni
familiari
1937 Casse
rurali ed Artigiane
1943 Istituto
Naz. Ass. malattia ai lavoratori (INAM)
1944
Socializzazione delle Imprese.
Dal 1933 al
1939 grandi bonifiche aree paludose Pontine, Emilia, Sardegna, Bassa Padana,
Coltano, Maremma Toscana, Sele, appoderamento del latifondo siciliano e
fondazione delle città di Littoria (oggi Latina), Sabaudia, Aprilia, Pomezia,
Guidonia, Carbonia, Fertilia, Segezia, Alberese, Mussolina (oggi Alborea),
Tirrenia, Tor Viscosa, Arsia e Pozzo Littorio e di 64 borghi rurali.
Acquedotti
Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nìsseno e dei Velletrano.
Parchi
nazionali del Gran Paradiso, dello Stelvio, dell'Abruzzo e dei Circeo.
Istituto
Nazionale Case popolari.
Istituto
Nazionale Case impiegati Statali (INCIS). Opera Nazionale Dopolavoro.
Colonie
marine e montane per i fanciulli.
Centrali
idroelettriche ed elettrificazione linee Ferroviarie.
Tutto quanto
sopra fu realizzato dal Fascismo per gli italiani, grazie alla ferma volontà di
Benito Mussolini, in meno di vent'anni di potere, dei quali sei di guerra e due
(1929 e 1930) della più spaventosa crisi economica mondiale,'senza gli aiuti di
nessuna Nazione ed anzi contro il sabotaggio e le sanzioni della nemica
Inghilterra a capo della cordata delle democrazie plutocratiche dei capitalismo
mondiale.
(da "Italia
Volontaria")
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apertura tutti i giorni dalle 9,00 alle
12,00 - 14,00 - 18-00 incluso festivi - ingresso € 10,00 a persona,
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