La Turchia non è Europa
“Mamma, li turchi…” gridavano gli abitanti delle zone rivierasche
della Sicilia e dell’Italia meridionale quando – nel ’400 e’500 dello
scorso millennio – le nostre coste erano sovente visitate dai pirati
“barbareschi”. Era un grido di terrore, perché gli scorridori erano
soliti abbandonarsi ad ogni bassezza: distruggevano, incendiavano,
uccidevano, torturavano, violentavano e, alla fine, si portavano dietro i
sopravvissuti, per venderli poi ai mercati degli schiavi di Algeri, di
Tunisi, di Tripoli.
Naturalmente, i pirati non appartenevano ai ranghi ufficiali dell’Impero
Ottomano. Erano – se così posso dire – dei “privati” provenienti dalle
colonie turche del Nordafrica, che sbarcavano il lunario come meglio
potevano. Fatto sta – comunque – che il fenomeno delle scorrerie
“moresche” incominciò a scemare dal 1571, quando a Lepanto le navi della
Lega Santa (formata dagli Stati preunitari italiani) infersero un colpo
durissimo alla flotta da guerra ottomana. In forma attenuata, comunque,
la cosa andò avanti ancòra per un bel pezzo, fino ai primi decenni
dell’800, quando ebbe inizio il lento ritiro turco dall’Europa
Orientale. E qui mi fermo, prima di essere trascinato nel gorgo delle
rievocazioni storiche: dalle spedizioni anti-pirati del comandante
trapanese Francesco Tedesco (1794), fino alla rivolta popolare di
Palermo contro la missione di propaganda della flotta turca (1799).
Perché questa lunga premessa di carattere storico? Semplicemente per
ricordare – nel momento in cui si celebra l’accordo “storico” per i
migranti fra la Turchia e l’UE – che la Turchia non appartiene
all’Europa, e che – anzi – è storicamente nemica dell’Europa. Con una
sola parentesi: quella del governo illuminato del dittatore laico Kemal
Atatürk, che voleva europeizzare la Turchia liberandola dal retaggio
dell’islamismo. Morto Atatürk (1938), la Turchia ha iniziato a scivolare
lentamente verso una restaurazione islamica, passo dopo passo, fino a
raggiungere l’apice in questi ultimi anni con il governo del
fondamentalista musulmano (ancorché “moderato”) Recep Erdoğan.
In ogni caso – ricordo a chi ha dimenticato la storia – basterebbe una
ripassatina di geografia: uno sguardo ad una qualunque carta geografica
mostrerà agli immemori che la Turchia fa parte dell’Asia e non
dell’Europa. Vero è che occupa ancòra un lembo di territorio europeo
(Costantinopoli e un pezzettino di Tracia orientale) ma, con ogni
evidenza, ciò è soltanto il rimasuglio di un Risorgimento balcanico non
portato alle sue ultime e logiche conclusioni.
Veniamo, dunque, all’accordo “storico”. Cosa prevede? Innanzitutto, una
barca di quattrini: 3 miliardi di euro sùbito, più altri 3 in arrivo,
che l’Unione verserà al governo di Ankara nel presupposto che le somme
vengano utilizzate per assistere i profughi. Ma allora – mi permetto di
obiettare – invece di riempire di soldi il dispotico governo di Erdoğan,
perché non versare la somma all’organizzazione dell’ONU che assiste
profughi e rifugiati (l’UNHCR) in tutto il mondo?
Andiamo avanti. La Turchia si riprenderà un numero X di immigrati
irregolari sbarcati in Grecia. Ma – attenzione – per ogni immigrato
irregolare espulso dal territorio europeo, l’UE sarà obbligata ad
accogliere un immigrato che, agli occhi del governo turco, sarà
considerato regolare. Quindi, l’accordo “storico” non toglierebbe un
solo immigrato dal territorio europeo. Solamente un avvicendamento, alla
pari.
Ma questo sarebbe già un risultato eccezionale, perché il medesimo
accordo – sempre più “storico” – prevede l’abolizione dei visti per i
cittadini turchi che vogliano “viaggiare” nell’Unione Europea. Tradotto
dall’ipocrisia del linguaggio diplomatico, ciò significa il completo
spalancamento delle frontiere europee ai migranti turchi, che dal
prossimo 30 giugno potranno invadere legalmente l’Europa, da perfetti
“regolari”. Quanti abitanti ha la Turchia? Circa 80 milioni. Senza
contare i “turcofoni”, cioè coloro che parlano una lingua di ceppo turco
pur abitando in uno Stato diverso, e che possono richiedere un
passaporto turco: lo ha deciso Erdoğan, per motivi che sarebbe difficile
sintetizzare in poche righe. Quindi, per “permutare” poche migliaia di
profughi accampati fra un confine e l’altro dei Balcani, apriremo le
porte a 80 milioni di turchi, più gli eventuali turcofoni. Bell’affare
davvero.
Ma non è finita qui, perché lo storicissimo accordo prevede anche (punto
8° del trattato) che venga rilanciato il “processo di adesione” della
Turchia all’Unione Europea. Siamo alla follìa. Perché, allora, non
portare in Europa anche il Califfato? Si farebbe prima, e si
eviterebbero anche tante piccole ipocrisie.
Non c’è che dire. Si tratta di un evento storico: mezzo millennio dopo
la Battaglia di Lepanto, la Turchia ha sconfitto l’Europa intera. E
senza sparare un solo colpo di cannone.
Autore: Michele Rallo
Nessun commento:
Posta un commento