La “favola” dell’occupazione “indolore”
di Palermo e dell’intera Sicilia occidentale nell’estate del 1943 da
parte della Settima Armata americana, ancor’oggi è dura a morire.
Persiste il “mito” fasullo dei soldati “a stelle e strisce” che,
occupata Agrigento la sera del 16 luglio dopo una settimana di duri
combattimenti – Patton, in proposito, nel suo diario alla data del 18
luglio scriveva testualmente che “le truppe italiane hanno combattuto con encomiabile accanimento” – (1),
avrebbero, invece, fatto successivamente una “piacevole passeggiata”
(così la definì il generale Keyes della 3a divisione di fanteria
americana)(2) di qualche giorno per conquistare allegramente la parte
ovest dell’isola. In realtà, si tratta di una storiella evidentemente
costruita dalla propaganda bellica Alleata del tempo di guerra, che poi è
assurta al rango di verità incontrovertibile da parte di
pubblicisti-storiografi supponenti, poco interessati ad una seria
contestualizzazione dei fatti storici e più propensi a rifilare al
pubblico la versione di comodo dei cosiddetti “vincitori”. Ancor oggi,
rispetto a quegli avvenimenti tragici, la realtà rimane seppellita dalla
visione farsesca della spensierata passeggiata oleografica illustrata
da foto e cine-giornali americani, che volevano le loro truppe sempre
circondate da plaudenti “paisà” smaniosi di cioccolata e sigarette, con i
militari italiani nel ruolo di comparse sfuggenti, presenti sempre e
solamente con le mani alzate in segno di resa; eppure, partendo dalle
stesse fonti militari ufficiali statunitensi, si scopre che solamente
alla data del 24 luglio 1943 le truppe di Patton poterono dire di
controllare effettivamente “the entire western half of the island”(3),
dunque, a più di due settimane dall’inizio delle operazioni di sbarco,
avendo lasciato sul campo, solamente durante i sei giorni della
“tranquilla scampagnata” verso Palermo e la Sicilia occidentale
cominciata il 18 luglio, “appena” 272 uomini tra morti, dispersi e
feriti, cifra che si traduce in una media di circa 45 perdite al giorno,
contro 2900 militari italiani morti o feriti. A dimostrazione del fatto
che “qualche italiano” che li combatté e sparò loro addosso i
cosiddetti “liberatori” lungo la loro “passeggiata” dovettero
incontrarlo (4). Tutto ciò premesso, va tenuto ugualmente in
considerazione che in quella fascia di territorio le agguerrite truppe
statunitensi non dovettero misurarsi direttamente con le divisioni
italiane, Aosta ed Assietta, né tantomeno con la divisione tedesca Sizilien,
che invece, con una difficile manovra tesa ad evitare l’accerchiamento,
stavano ripiegando verso la zona orientale dell’isola, sulle linee di
difesa predisposte dal comandante della 6a Armata italiana, Generale
Alfredo Guzzoni (montagne Madonie prima, Nebrodi poi) (5). Esse, invece,
si scontrarono, per lo più, contro piccoli presidi isolati del Regio
Esercito, composti nella maggioranza dei casi da addetti ai servizi e
non già da unità combattenti, che rappresentarono la massima parte dei
loro 53.000 prigionieri di guerra catturati in zona, di cui si vantò il
generale Patton. Una “tranquilla passeggiata” dove i cosiddetti
autoproclamatisi “liberatori”, va doverosamente ricordato, dopo aver
fatto precedere il loro “Sbarco” dalla famigerata pratica dei
bombardamenti di saturazione (6), che si tradusse a partire dal 9 maggio
1943 in quasi due mesi d’ininterrotti bombardamenti a tappeto
indiscriminati, diurni e notturni, non solo su obiettivi militari ma
anche e soprattutto su obiettivi civili, che avevano letteralmente lo
scopo di “terrorizzare” la popolazione – dal 2 giugno 1943,
significativamente il nome in codice della Sicilia nei messaggi del
Quartier Generale degli Alleati fu “horrified”(7) – seguiti dalla
costante guerra psicologica dei messaggi che invitavano civili e
militari alla resa immediata in cambio della sospirata pace! (8); dopo
aver già consumato nei primi giorni dello sbarco numerose stragi a
sangue freddo, massacrando centinaia di militari italiani e tedeschi
colpevoli di essersi arresi solo dopo aver strenuamente combattuto, o
aver fucilato uomini e ragazzi solo perché indossavano una camicia nera
(9), si avvalsero certamente, oltre che dell’incomparabile superiorità
quantitativa e qualitativa del loro apparato bellico, anche di mezzi
tanto squallidi, come l’appoggio dei mafiosi locali prontamente liberati
al fine di indurre la popolazione a collaborare pacificamente con gli
invasori (10), quanto vigliacchi, quali l’utilizzo di prigionieri
italiani come scudi umani per costringere alla resa le truppe locali che
essi fronteggiavano di volta in volta (11). E’ in questa cornice,
tutt’altro che edificante per gli “invasori democratici”, che va
collocata l’occupazione di Palermo avvenuta tra il 22 ed il 23 luglio
1943. Al riguardo la versione ufficiale è categorica… la città cadde
senza combattere! Persino a detta del maggiore dell’esercito britannico
Hugh Pond, che pure fu uno dei pochi autori anglosassoni che scrisse un
resoconto dettagliato sulla campagna militare di Sicilia sforzandosi (ma
senza esagerare!) di essere obiettivo, “Palermo non fu difesa”(12).
Addirittura, nella versione dei reporter di guerra Alleati, fatta
propria incondizionatamente, in modo acritico e senza alcuna riserva
dagli storici “nostrani” e anglosassoni, si scrive di “folla in delirio”
all’ingresso degli americani in citta (13); senza che nessuno ricordi
minimamente come il capoluogo siciliano in realtà fosse quasi deserto
poiché la maggior parte della popolazione era ormai sfollata a causa dei
bombardamenti (14), dimenticando poi che le foto ritraenti i cosiddetti
“bagni di folla”, sapientemente sceneggiati dalla propaganda Alleata,
non ritraggono affatto Palermo, bensì alcuni piccoli centri periferici
della provincia come Campofelice, Giacalone, Monreale etc. In realtà, a
dispetto della propaganda di guerra anglo-americana, a dispetto persino
di quel che pensarono in quei giorni caotici e drammatici in piena
campagna militare in corso tanto lo Stato Maggiore del Regio Esercito
quanto lo stesso generale Guzzoni, comandante delle forze dell’Asse in
Sicilia (15), la città non cadde senza che per ore si fosse combattuto.
Infatti, la manovra di attacco predisposta dagli americani, che nella
prima mattina del 22 luglio avanzarono verso Palermo su due colonne
principali, prevedeva che il capoluogo isolano venisse attaccato su tre
differenti direttrici: la 3a divisione di fanteria proveniente da
Lercara Friddi avrebbe attaccato scontrandosi col presidio di Portella
di Mare, la 2a divisione corazzata, proveniente da Alcamo, divisasi a
sua volta in due differenti colonne, avrebbe attaccato sia attraverso la
strada montana che passava per il presidio di Portella della Paglia,
che da Nord-Ovest, superando il presidio di Portella della Torretta
(16); l’appuntamento per il ricongiungimento delle due divisioni era
fissato per le ore 12:00 del 22 luglio in città! Come riporta il
generale Emilio Faldella, “La difesa di Palermo, (affidata al generale
Molinero, Ndc.) era costituita da : 4 battaglioni costieri, 1 gruppo
appiedato di cavalleria, 2 compagnie mitraglieri, 1 compagnia mortai da
81, 4 batterie costiere, 17 batterie controaeree, delle quali 3 a doppio
compito contro‑aeree e antinave, il I° gruppo da 100/27 del 25°
artiglieria « Assietta ». Il fronte a terra era stato organizzato col
criterio di sbarrare le rotabili convergenti sulla città; ogni Portella
era presidiata da una compagnia di fanteria con pezzi sciolti
d’artiglieria in funzione controcarro. Non appena era giunta notizia
dello sbarco nemico autorità e personalità avevano chiesto al generale
Molinero, comandante della Difesa Porto « N » (Palermo) i lasciapassare
per abbandonare la città. Nella notte sul 20 luglio il prefetto ed il
segretario federale partirono da Palermo di nascosto e nella giornata
del 20 metà del personale delle batterie controaeree abbandonò il
proprio posto. Poiché nella giornata del 21 truppe americane avevano
catturato il comando della 208a div. costiera ad Alcamo, il gen.
Molinero rinforzò la difesa di Portella della Torretta (Fig.3), sulla
strada per Alcamo, con una compagnia di fanteria ed una batteria del
1°/25° art. e fece brillare le interruzioni stradali a Portella della
Torretta e Passo Renda. Alle 4,30 del 22 luglio il colonnello tedesco
Mayer, comandante di batterie tedesche controaeree che avevano messo in
posizione i loro pezzi da 88 in funzione controcarro, si presentò al
Comando Difesa Porto ed assicurò che avrebbe condiviso le sorti del
presidio italiano; viceversa, dopo poco, inutilizzati i pezzi, si
allontanò dalla città con i suoi dipendenti. Il personale della
Capitaneria di Porto si imbarcò per Napoli ed il comandante
dell’aeroporto, ad insaputa del generale Molinero, fece incendiare
depositi di benzina e bombe. Questi avvenimenti imprevedibili
allarmarono la popolazione e depressero lo spirito delle truppe.”(17) La
mattina del 22 luglio, la 3a divisione di fanteria americana attaccò
per prima, ma solo dopo alcune ore di combattimento riuscì ad
impadronirsi alle 13:00 di Portella del Mare, entrando alla periferia di
Palermo alle 17:00; il gen. Molinero, a quel punto impiegò la propria
riserva, composta dalla compagnia motomitraglieri e dal gruppo
squadroni appiedato che, al comando del maggiore Mistretta, oppose
successive resistenze, riuscendo a ritardare l’avanzata americana fino
alle 18:00 (18). Lo stesso maggiore Pond dell’esercito britannico,
confermò che il maggiore Mistretta coi suoi uomini si oppose agli
americani “con una violenta azione di retroguardia” (19). Mentre nella
mattinata si sviluppava l’attacco su Portella di Mare, quasi
contemporaneamente alle 9:30 del mattino, la prima colonna della 2a
divisione corazzata americana si presentò a Portella della Paglia dopo
aver attraversato il paese di San Giuseppe Jato, venendo a sua volta
attaccata coraggiosamente dalla compagnia comandata dal sottotenente
Barbadoro, che col suo pezzo da 100/17 per nove ore inchiodava sulla
strada il nemico, cadendo eroicamente sul proprio cannone solamente alle
ore 18:30 circa (Fig.2), sgombrando così a quel punto il passo montano
alla colonna corazzata nemica e la via perso Palermo (20). Da quel
momento in poi verso la città cominciarono ad affluire forze americane
da due direttrici diverse. Alle 19:30 il Comando della Difesa Porto fu
catturato ed ogni resistenza cessò. Stranamente, non esistono notizie
ufficiali su quel che avvenne a Portella della Torretta, che pure
risultava essere il caposaldo maggiormente rafforzato dei tre dai quali
si accedeva alla città. Attualmente, solamente un vago indizio parrebbe
fornirci una notizia. Nelle cartine sull’avanzata militare delle truppe
Alleate in Sicilia dal 12 luglio al 17 agosto dell’U.S. Army Center of Military History,
e visibile la data del 23 luglio come data dell’occupazione da parte
americana di un’area che corrisponde quasi certamente a quella della
Portella summenzionata (Fig.1). Di sicuro resta il fatto che Palermo
cadde in mano agli americani la sera del 22 luglio 1943…COMBATTENDO!
IlCovo
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