Decima Flottiglia MAS: rispettata dai nemici, sfregiata in Patria?
Meglio cercare di dimenticare chi ha combattuto la guerra, preferendo di gran lunga la morte al diventare prigioniero dei britannici. Dei britannici? Sì perché quello che forse non ricorda l’ex sindaco di La Spezia e che la Xa Flottiglia MAS, prima di dividersi in due tronconi tra chi rimase fedele alla Germania e chi al Re, fu un’unità di élite della Regia Marina. I pochi, esclusi ovviamente i sommergibili e in alcune occasioni la flotta di superficie, che effettivamente combatterono la guerra, in maniera non convenzionale andando ad operare direttamente all’interno dei porti nemici.
Non vale la pena forse di ricordare con maggior enfasi quegli italiani che hanno combattuto per una causa, giusta o sbagliata che sia, dando in cambio anche la vita per cercare di cambiare gli equilibri nel Mediterraneo? In un paese normale sarebbe così, ma in Italia si preferisce ricordare altro. È difficile ammettere che la Decima ha lasciato un’eredità tangibile in tutte le forze speciali del mondo, visto che anche i Navy Seals hanno preso molto del loro addestramento e delle loro modalità operative proprio da quei cento uomini che si scontrarono contro due flotte (la Mediterranean Fleet di Alessandria e la Force H di Gibilterra ndr), citando il titolo del libro dell’ammiraglio Virgilio Spigai. Proprio qui è il problema, la furbizia, neanche troppo in realtà, nel provare a chiudere quei simboli tutti nella Decima del comandante Borghese (foto), quella che ha combattuto nella RSI senza compiere grandi operazioni in mare trasformandosi quasi in una forza terrestre. Ma la vera Decima, che ha aveva lo stesso simbolo e le stesse divise, era quella di stanza a La Spezia dal 1938 al 15 marzo 1940 sotto il nome di Ia Flottiglia MAS e che finì la guerra l’8 settembre del 1943 con l’entrata in vigore dell’Armistizio.
I caduti in guerra non meritano di essere ricordati così come i caduti della Resistenza? Non merita forse di essere ricordato un uomo della caratura morale e militare come Licio Visintini (un nome per tutti, ndr)? Oppure il genio del Borghese comandante prima dello Scirè poi del Reparto subacqueo della Decima e, infine, del reparto stesso? Probabilmente no, meritano di essere puniti ad eterna memoria di aver combattuto una guerra, intendendo quella dal 1940 al 1943, dando tutto il possibile per l’Italia. Difficile ricordare lo scetticismo che c’era attorno ai mezzi di assalto nel periodo interbellico, quando i M.A.S. e le mignatte finirono nel dimenticatoio dopo il loro impiego bellico durante la Grande guerra. Fino alla guerra in Etiopia e alla seguente frattura nei rapporti italo-britannici fu questo il loro destino, ma nel 1935 grazie all’inventiva dei tenenti del Genio navale Tesei e Toschi nacque un’arma nuova: il siluro a lenta corsa o maiale che dir si voglia. Se precedentemente non si era sentita la necessità di sviluppare dei mezzi insidiosi capaci di colpire all’interno dei porti, la paura di un conflitto diretto con la Royal Navy, superiore in tutto rispetto alla Regia Marina, fece sì che questi venissero studiati ed implementati. Non solo il SLC, ma anche altre modalità di azione e attrezzature necessarie vennero sviluppate, tra queste il famoso orologio Radiomir della Panerai (che forse a questo punto sarebbe meglio che non venisse più prodotto, in modo tale da non urtare la sensibilità di chi vede nella Decima un manipolo di fascisti).
Infatti proprio la successiva missione, del 20 settembre, svolta contro il porto di Gibilterra diede i primi frutti della lotta contro il porto dove era ormeggiata la Force H di Somerville, quella che con le sue portaerei creava le maggiori difficoltà alla flotta italiana. Gibilterra, però, era un bersaglio “classico” della Decima tant’è che prima di giungere ad un risultato soddisfacente, si dovette attendere la quarta operazione contro la città britannica in territorio spagnolo. Le prime tre non avevano dato risultati soddisfacenti, per quanto riguardava affondamenti, ma avevano dimostrato, specialmente la seconda, che era possibile entrare nel porto di Gibilterra. Infatti Birindelli e Paccagnini arrivarono a pochi metri dalla corazzata Barham, non riuscendo però a minarla e finendo per essere scoperti e fatti prigionieri dagli inglesi. Ma nella quarta operazione finalmente tre piroscafi mercantili vennero messi fuori uso, colpendo gli inglesi nel porto più lontano dall’Italia, trasportando, anche in questa occasione, i siluri a lenta corsa con il sommergibile Scirè comandato da Borghese, lo stesso che porterà gli operatori fuori il porto di Alessandria nella missione sopra accennata.
Il mondo comprese di che stoffa fossero gli italiani, specialmente i britannici perché, questi, nel momento in cui riemersero i corpi di Visintini e Magro, decisero di dar loro sepoltura in mare. Non è tutto, perché Lionel Crabb, comandante del Servizio di sicurezza subacquea di Gibilterra, e Bill Bailey acquistarono una corona di fiori e due bandiere del Regno d’Italia da gettare in mare insieme ai corpi.
Un gesto che fa capire quale fosse la stima degli inglesi nei confronti di tutti gli uomini della Xa Flottiglia MAS, stima che anche oggi è molto forte, anche vedendo il numero di pubblicazioni sull’argomento. In Italia, invece, nonostante ci sia una rivalutazione di questi uomini, specialmente con gli ultimi studi effettuati, questa rimane legata solo agli storici navali o agli appassionati di questa parte di storia. La speranza è che si riesca prima o poi a costruire una memoria collettiva sulla seconda guerra mondiale in generale, uscendo dagli schemi dettati dalla più becera distinzione politica. Questo permetterebbe di fare grandi passi avanti nella ricerca storica e darebbe un ricordo più rispettoso dei quanti si batterono per mantenere fede al giuramento fatto all’ITALIA.
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