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Il paese
dell'incontrario
di Marco
Cedolin
Ascoltando
la cacofonia schizofrenica dell'universo massmediatico in queste ultime
settimane, continua a ronzarmi nella testa il gingle di uno sciocco
carosello degli anni 70 "Il paese dell'incontrario, dove sia non si sa, io
lo so ma non lo dico", dal momento che proprio in un "paese
dell'incontrario", assai meno idilliaco di quello della pubblicità di 40
anni fa, ho la sensazione di ritrovarmi a vivere in questo mio presente
ricco di tinte fosche e scampoli di realtà dai toni drammatici.
Gli Usa e
la Ue, nel bel mezzo di una crisi economica che sta scarnificando la dignità
delle famiglie e violentando il futuro delle nuove generazioni, fingono che
non sia successo nulla e si dedicano ad altri problemi, secondo loro più
impellenti. Dopo avere distrutto e gettato nella barbarie l'Afghanistan,
l'Iraq e la Libia, violentato la Siria e ridotto in miseria buona parte
dell'Africa, gli stessi "distruttori di mondi" si scoprono improvvisamente
"amici" degli africani, degli afgani, degli iracheni, dei siriani, ma
soltanto qualora gli stessi abbandonino il proprio paese, per correre in
occidente sotto forma di migranti che anelano ad un futuro migliore.
Il tutto
senza considerare minimamente il fatto che costoro un futuro migliore lo
avevano già in patria, prima che le "volenterose" bombe della Nato lo
mandassero in frantumi. Nè il fatto che nella maggior parte dei paesi
occidentali il futuro sta diventando un incubo per le stesse popolazioni
locali, anche grazie al dumping sociale che la politica dell'immigrazione
indiscriminata senza dubbio favorisce.
Nel delirio
dell'elitè mondialista e dei suoi figli che si tolgono per un paio d'ore le
Tods per marciare a piedi scalzi contro Orban e tutti coloro che si
oppongono all'immigrazione (o deportazione che sarebbe più corretto) in
Europa di milioni di persone, il nemico principe è quello che ancora resta
degli stati sovrani. Le identità, le tradizioni, le peculiarità dei singoli
popoli, sono mostri che vanno espiantati, all'insegna di un mondo nuovo,
senza frontiere, ma anche senza diritti. Il mondo McDonald's, una distesa
appiattita di "sopravviventi" apolidi, deprivati di qualsiasi identità e
costretti a lavorare e consumare come ossessi per riuscire a tirare avanti
la propria esistenza.
A
Monaco ed a Vienna migliaia di profughi entrano trionfalmente in città fra
gli applausi della popolazione, reggendo in mano la foto della Merkel, senza
che a nessuno dei giornalisti impegnati ad immortalare l'evento venga in
mente di domandarsi chi ha creato quei profughi e per quale ragione lo abbia
fatto. Al largo delle coste siciliane, spesso più vicino a quelle africane
che all'Italia, quasi quotidianamente naufragano barconi carichi di
migranti, i più fortunati dei quali vengono tratti in salvo dalla marina
nostrana, evitando di annegare come invece accade a molti altri. La "buona
stampa" altrettanto quotidianamente documenta le tragedie con dovizia di
particolari, senza però mai chiedersi chi stia inducendo, per ingrassare il
proprio tornaconto, masse sempre più cospicue di disperati a salire sui quei
barconi, alla ricerca di un Eldorado che non esiste, nè esisterà mai.
Come se
tutto questo teatrino dell'assurdo non fosse già abbastanza disperato e
disperante di suo, i professionisti della comunicazione, mai come oggi
specializzati nell'orientamento del pensiero, non lesinano di condire il
tutto con lo sciacallaggio sulle foto di bambini morti e sui migranti
deceduti nelle circostanze più raccapriccianti, additando chiunque osi
mostrare scetticismo verso la globalizzazione mondialista come il
depositario di una colpa universale.
Gli
economisti che attraverso la propria professionalità ci hanno condotti nel
baratro di una crisi irreversibile, ci informano che nei prossimi 40 anni
l'Europa dovrà accogliere 250 milioni di migranti che alla luce di un
curioso ragionamento cervellotico dovrebbero servire (così come serve una
merce) a pagare le pensioni degli europei. Ma nessun giornalista in carriera
ha pensato bene di domandare a costoro quali prospettive di lavoro avranno
gli europei nei decenni a venire, nè cosa ne sarà dei paesi di provenienza
dell'immigrazione di massa.
Il
bestiario politico non si mostra certo migliore del reparto orientamento del
pensiero. Matteo Renzi afferma di ritenere una bestia chiunque non condivida
il pensiero del PD e alla luce dei risultati elettorali del suo partito
trasforma l'Italia in un paese di animali. La Merkel si trasforma da
satanasso in fatina buona. Il premio Nobel Obama dimentica le proprie
responsabilità nella distruzione di almeno una mezza dozzina di stati
sovrani, continua a coccolare l'Isis e si scaglia contro il presidente Assad,
uno dei pochissimi leader che sta davvero combattendo il terrorismo.
Il paese
dell'incontrario, dove i carnefici si trasformano nei "buoni" da ammirare,
le bestie da macello vengono additate come lupi assassini ed i radical chic
marciano scalzi in segno di protesta, mentre chi scalzo lo è per davvero si
suicida compostamente, senza che il circo mediatico ed i radical chic lo
ritengano meritevole della propria attenzione.
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