TRECENTO
FRANCHI TIRATORI FASCISTI, ARROCCATI SU QUATTRO SUCCESSIVE LINEE
DIFENSIVE, BLOCCANO L’ AVANZATA NEMICA SU FIRENZE E RITARDANO DI DUE
SETTIMANE LA TOTALE OCCUPAZIONE DEL CAPOLUOGO TOSCANO RESTANDO QUASI
TUTTI UCCISI.
(Vero eroismo ! Non li dimenticheremo mai ! Restano nei nostri cuori !)
L’11 agosto 1944 Firenze venne
occupata dall’invasore angloamericano perché era stata sguarnita dai
nostri soldati che si stavano attestando su di una linea di fronte più a
settentrione. Ma vi si resistette con caparbietà, con audacia e con
onore. I franchi tiratori, immortalati anche grazie a La pelle di Curzio
Malaparte, dimostrarono che la città di Pavolini, il capoluogo di quel
Granducato di Toscana, come sarebbe stata definita la RSI per la grande
partecipazione che la regione di Dante diede alla Repubblica, non
sarebbe caduta senza colpo ferire. Centinaia di fiorentini di ambo i
sessi e di tutte le età spararono dalle finestre, dai tetti, dagli
angoli delle strade, inchiodando al suolo il nemico e le bande
partigiane al suo seguito. Non avevano alcuna speranza di sopravvivenza
perché, una volta presi, sarebbero stati fucilati. Gli ultimi soldati ad
abbandonare il capoluogo toscano provarono a convincere i franchi
tiratori più vicini a mettersi in salvo con loro. “La consegna –
risposero – è quella di morire sul posto”. E così fecero.
Apprendiamo con gioia che Casaggi e
CasaPound Firenze hanno reso onore a questi eroi e che oggi stesso
sarannno deposti fiori sulle loro tombe.
I figli e i nipoti della vergogna
sono invece insorti perché non vorrebbero affatto che quel fulgido
esempio venisse ricordato: la grandezza è mal sopportata, e con astio,
dai piccoli e dai mediocri.
Il generale Alexander già a suo
tempo aveva risposto in modo più che esauriente a questi infelici. “La
città italiana che preferisco? Firenze. Perché lì gli italiani ci hanno
accolti sparandoci addosso”.
Giovani che si opposero dai tetti
della città all’avanzata delle truppe americane e che avevano aderito alla
RSI solo per una questione ideale e per salvaguardare l’onore
dell’Italia già gravemente macchiato dall’onta dell’8 settembre 1943.
Una scelta disinteressata, spesso presa nella consapevolezza che avrebbe
significato morte certa, a guerra ormai irrimediabilmente compromessa.
Una scelta coraggiosa che dall’altra parte della Linea Gotica avevano
fatto soltanto quegli antifascisti della prim’ora, che avevano scelto di
opporsi al Regime Fascista nel momento di suo massimo splendore ed ai
quali si aggiunse poi un’ondata di antifascisti dell’ultim’ora a cose
ormai fatte, composta per lo più da persone che, magari, fino al 24
luglio 1943 salutavano festanti ed a braccia tese nel corso delle
adunate fasciste.
I giovani fascisti assassinati
davanti alla Chiesa di Santa Maria Novella ebbero il compito di bloccare
le truppe anglosassoni alle porte della città lasciando il tempo ai
reparti della RSI e dell’esercito tedesco di assestarsi sulle colline a
nord di Firenze. Un compito ingrato perché era chiaro che nessuno di
loro avrebbe avuto via di fuga. Un sacrificio che se non fosse stato per
Curzio Malaparte sarebbe totalmente passato inosservato e che,
comunque, è caduto per decenni nell’oblio che la storia riserva ai
vinti. Al di là delle questioni ideologiche e di parte abbiamo ritenuto
che sia un dovere mantenere la memoria di persone capaci di sacrificare
la propria vita per un ideale che ritenevano giusto e per l’onore della
propria Nazione.
CADAVERI DI ALCUNI FRANCHI TIRATORI FUCILATI
SUL SAGRATO DI SANTA MARIA NOVELLA
I FUCILATI DI FIRENZE (da LA PELLE di Curzio Malaparte)
I
ragazzi seduti sui gradini di S. Maria Novella, la piccola folla di
curiosi raccolta intorno all’obelisco, il capo partigiano a
cavalcioni dello sgabello ai piedi della scalinata della chiesa, coi
gomiti appoggiati sul tavolino di ferro preso a qualche caffè della
piazza,la squadra di partigiani comunisti ,armati di mitra e allineati sul sagrato davanti ai cadaveri
distesi alla rinfusa l’uno sull’altro, parevano dipinti da Masaccio
nell’intonaco dell’aria grigia. Illuminati a picco dalla luce di gesso
sporco che cadeva dal cielo nuvoloso, tutti tacevano, immoti, il viso
rivolto tutti dalla stessa parte. Un filo di sangue colava giù per gli
scalini di marmo.
I
fascisti seduti sulla gradinata della chiesa erano ragazzi di quindici o
sedici anni, dai capelli liberi sulla fronte alta, gli occhi neri e
vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una maglia nera
e di un paio di calzoni corti, che gli lasciavano nude le gambe dagli
stinchi magri, era quasi un bambino.
C’era
anche una ragazza fra loro: giovanissima, nera d’occhi, e dai capelli,
sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che s’incontra spesso in
Toscana fra le donne del popolo, sedeva col viso riverso, mirando le
nuvole d’estate sui tetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo
pesante e gessoso, e qua e là screpolato, simile ai cieli del Masaccio
negli affreschi del Carmine.
Quando
avemmo udito gli spari, eravamo a metà via della Scala, presso gli Orti
Oricellari. Sboccati sulla piazza, eravamo andati a fermarci ai piedi
della gradinata di Santa Maria Novella, alle spalle del
partigiano seduto davanti al tavolino di ferro.
Al
cigolio dei freni delle due jeep, il partigiano non si mosse, non si
voltò. Ma dopo un istante tese il dito verso uno di quei ragazzi, e
disse:
– Tocca a te. Come ti chiami?
– Oggi tocca a me – disse il ragazzo alzandosi – ma un giorno o laltro toccherà a lei.
– Come ti chiami ?
– Mi chiamo come mi pare…
– O che gli rispondi a fare a quel muso di bischero, gli disse un suo compagno seduto accanto a lui.
–
Gli rispondo per insegnargli l’educazione, a quel coso – rispose il
ragazzo, asciugandosi col dorso della mano la fronte madida di sudore.
Era pallido, e gli tremavano le labbra. Ma rideva, con aria spavalda
guardando fisso il capoccia partigiano.
A un tratto i ragazzi presero a parlar fra loro ridendo.
Parlavano con l’accento popolano di San Frediano, di Santa Croce, di Palazzolo.
il capoccia partigiano alzò la testa e disse:
– Fa presto. Non mi far perdere tempo. Tocca a te.
– Se gli è per non farle perdere tempo – disse il ragazzo con voce di scherno – mi sbrigo subito –
E
scavalcati i compagni andò a mettersi davanti ai partigiani armati di
mitra, accanto al mucchio di cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di
sangue che si allargava sul pavimento di marmo del sagrato.
– Bada di non sporcarti le scarpe ! – gli gridò uno dei suoi camerati, e tutti si misero a ridere.
Ma in quell’istante il ragazzo gridò: – Viva Mussolini ! – e cadde crivellato di colpi .
11
Agosto 1944, Gli inglesi ed i
partigiani del C.T.L.N. entrano vittoriosi nel capoluogo toscano dopo un
mese di combattimenti. Combattimenti che Churchill ed i tedeschi
avrebbero volentieri evitato, ma che invece vollero ad ogni costo i
partigiani. Ma durante la “battaglia di Firenze” emerse un nuovo
originale fenomeno, quello dei cosiddetti “franchi tiratori”, per molti
organizzati da Alessandro Pavolini in persona, per altri autentico
“fenomeno” popolare voluto da quei ragazzi che, impossibilitati ad
arruolarsi nelle milizie della RSI per motivi anagrafici (i più avevano
tra 14 e 16 anni), scelsero un modo tutto loro per contribuire a
difendere la loro Firenze e l’idea sotto la quale erano nati e
cresciuti. Che abbiano combattuto dalla parte sbagliata? Può darsi… Ma
questo non può servire a definire questi baby-martiri dei “terroristi”,
come la storia dei vincitori ha fatto fino ad oggi. Ecco perchè, nella
speranza di una sempre più auspicabile pacificazione nazionale, è giusto
ricordare anche questi martiri delle guerra più sanguinosa della
storia.
I
tedeschi avrebbero voluto dichiarare Firenze “città aperta” e questo
andava bene anche al primo ministro britannico Winston Churchill che si
era detto pronto a fare di tutto pur di “distruggere Firenze il meno
possibile”. La bellezza della nostra città infatti non era seconda
neppure alla guerra. Ed anche gli uomini ormai assetati solo di sangue
che si trovavano a scrivere il destino delle ultime drammatiche ore
della guerra più sanguinosa della storia, non potevano restare immuni di
fronte a tanta bellezza.
E
questa decisione del C.T.L.N., che indubbiamente aveva i propri
obiettivi (occupare le sedi istituzionali prima degli inglesi), fece sì
che anche Firenze vivesse una propria battaglia culminata nella giornata
dell’11 agosto quando si stima, caddero quasi 700 fiorentini, tra
civili, partigiani e militari. Una tragedia che forse si sarebbe potuta
ampiamente evitare. Ma la storia non la si racconta con i “se” e con i
“ma” e questo è quanto accadde.
Ma
Firenze in quei giorni si distinse anche per un “fenomeno”
assolutamente anomalo ed originale. Mano a mano che i partigiani e le orde anglamericane avanzavano nella conquista di Firenze ed i tedeschi si
ritiravano verso nord, emerse una nuova forma di “resistenza” tutta
fiorentina con la quale partigiani e nemici dovettero fare i conti.
Molti
ragazzini, di età compresa tra 14 e 18 anni, nati e cresciuti sotto il
regime fascista chiesero, venendo rifiutati logicamente, di poter
aderire ai reparti militari della RSI per difendere Mussolini fino alla
fine. Non ci dimentichiamo che Firenze era la città di Alessandro
Pavolini, giovanissimo Podestà prima e Segretario Nazionale del Partito
Fascista Repubblicano, nonchè capo delle Brigate Nere, poi, autentico
mito per i giovanissimi formatisi nelle scuole fasciste.
E
questi bambini (perchè quello si era a 14 o 15 anni ad inizio secolo)
che non poterono seguire Pavolini e Mussolini a Salò decisero di dare il
proprio contributo alla causa alla loro maniera ed imbracciato un
fucile (spesso recuperato dal cadavere di qualche soldato o di qualche
partigiano trovato nelle campagne attorno a Firenze) si assieparono sui
tetti dei palazzi di Firenze in attesa che partigiani e NEMICI USA entrassero in città per poi sparargli addosso con l’obiettivo, tanto
folle quanto assurdo, di difendere il capoluogo toscano. Furono i
cosiddetti “Franchi Tiratori” ai quali lo storico gruppo musicale degli
Amici del Vento, a suo tempo, aveva dedicato l’omonima ballata.
Su
questi ragazzi, simili per certi versi agli adolescenti che difesero
Berlino nelle drammatiche ore della caduta del Reich, tanto è stato
detto e scritto, ma purtroppo quasi sempre con l’occhio dei vincitori.
Si è parlato di loro come di “terroristi” o come di assassini. Si è
detto che fossero squadracce organizzate da Pavolini in persona ed
addestrate ad uccidere da grande distanza. Si è detto addirittura che
alcuni di loro fossero provenienti da reparti in rotta di Waffen-SS.
Quanto di questo sia vero e quanto frutto di fantasia non si può
stabilire. Una cosa è certa, l’età di questi ragazzi e la loro
provenienza: tutti o quasi fiorentini, figli del popolo, di età compresa
tra 14 e 18 anni, con qualche picco oltre i 20. Quando venivano
catturati nessuno mosse loro un dito a pietà. Nessuno si commosse per la
giovanissima età. catturati venivano consegnati nelle mani del C.T.L.N.
che, etichettandoli appunto come “terroristi” o come “uomini di
Pavolini”, non indugiava a passargli per le armi.
Furono
le giornate del 10 agosto e dell’11 agosto le più sanguinose. Decine e
decine di giovanissimi incolonnati per le vie di Firenze (qualcuno ebbe a
dire che “parevano gite di scolari forestieri venuti a vedere le
bellezze di Firenze…”) venivano condotti dai partigiani nei luoghi dove
sarebbero poi andate in scena le esecuzioni. ASSASSINATI. Quattordici o
trent’anni in quel momento era uguale. L’umana pietà aveva lasciato
ormai posto soltanto all’odio e alla sete di vendetta.
I BOMBARDAMENTI DEI NEMICI AMERICANI NON HANNO NEMMENO PRESO
NELLA PIU’ LONTANA CONSIDERAZIONE
L’ IDEA DI CONSIDERARE FIRENZE UNA PURA E SEMPLICE CITTA’ D’ ARTE.
NELLA FOTO IL CENTRO DI FIRENZE VISTO DA PONTE VECCHIO
4 AGOSTO 1944- PER IMPEDIRE ALLE TRUPPE ALLEATE L’ OCCUPAZIONE
DI FIRENZE VENGONO FATTI SALTARE I PONTI
19 AGOSTO 1944 – PASSERELLA DI FORTUNA SULL’ ARNO
13 AGOSTO 1944 – IL CENTRO DI FIRENZE
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12 AGOSTO 1944 FRANCHI TIRATORI ITALIANI ASSERRAGLIATI UN PO’ DOVUNQUE IN CITTA’ |
14 AGOSTO 1944 –CRIMINALI PARTIGIANI RASTRELLANO I QUARTIERI DOVE SONO
ASSERRAGLIATI I FRANCHI TIRATORI ITALIANI
SETTEMBRE 1944 – LA CACCIA AI FASCISTI :
LA MOGLIE E LA FIGLIA DI UN FASCISTA
VENGONO CONDOTTE IN GIRO PER LA CITTA’
SETTEMBRE 1944 – PARTIGIANI CHE TRASCINANO
UNA DONNA SCALZA ACCUSATA DI APPARTENERE AL FASCIO
VALDARNO (FIRENZE) LUGLIO 1944
UNA DONNA ISCRITTA AL PARTITO FASCISTA VIENE COSTRETTA DAI BANDITI PARTIGIANI A CIRCOLARE NUDA PER LE VIE
http://ifranchitiratoridifirenze.blogspot.it/
Aggiunto da SOCIALE
“Firenze non cede”. Agosto 1944: i franchi tiratori
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