25 APRILE 2015: S.ANGELO IN FORMIS
Il
Battaglione Nuotatori Paracadutisti della Decima Mas aveva addestrato
un suo reparto per missioni nelle retrovie nemiche. Alcuni furono
catturati dagli inglesi. La mattina del
30 aprile 1944 vennero caricati su di un camion e trasportati sul luogo
dell’esecuzione, in una cava di Sant’Angelo in Formis. Il maggiore
inglese addetto alle esecuzioni era molto turbato da dover giustiziare
quei giovani e, tramite una professoressa che traduceva, cercò di
convincerli a ripudiare la bandiera, dicendo che se lo facevano potevano
aver salva la vita. Chiesero di consultarsi da soli. Franco Aschieri,
Italo Palesse, Giorgio Tapoli, Vincenzo Tedesco,parlarono e decisero di
morire piuttosto che rinnegare la Patria. Andarono alla fucilazione cantando.
Straordinariamente emozionante è la
relazione che ne ha fatto Don Giuseppe Ferrieri parroco di San Pietro di
Santa Maria Capua Vetere che ebbe ad assisterli: «Li trovai che
cantavano. Appena mi videro stettero zitti, e quando il cancello di
ferro si aprì, mi si strinsero intorno. Io stavo in mezzo ad essi col
solito sorriso. E sono quattro: un milanese, un romano, un napoletano,
uno di Aquila. Il milanese e il romano erano biondi, quello di Aquila
bruno, robusto, con un’aquila sul petto; il napoletano bassotto con i
calzoni da ufficiale. Mi dissero che si erano già confessati. Feci
recitare l’atto di dolore e dopo poche e semplici parole li comunicai.
Stavano a mani giunte, guardando fissi l’Ostia Santa, che si posò
viatico per l’estremo viaggio. Un breve ringraziamento. Due pose per
fotografia, io in mezzo a loro nella prima, Gesù crocifisso tra loro e
me nella seconda. Un militare della M.P. mi disse che avevo altri due
minuti di tempo. – Siamo già pronti! – fu la risposta. Li
volli accompagnare sul luogo del supplizio. Uscii con due di loro fra
quattro M.P. americani armati. Il pianto dei carcerati ci accolse alla
uscita del corridoio: Figli miei, figli miei! Erano le undici
antimeridiane. Fuori del portone del carcere ci accolse un grido di
dolore. Un po’ di gente venuta ad assistere al macabro spettacolo. I
due, il romano Tapoli Giorgio studente in medicina, e il napoletano
Tedesco Vincenzo, risposero inneggiando all’Italia fascista. salii con
loro sulla Gip, tra il napoletano e un M.P., facemmo un buon tratto
allegramente in quella macchina da ridolini, come disse il romano, il
quale mi descrisse tutte le fasi della sua morte. Alcuni credettero e
dissero che anch’io ero stato condannato. Arrivammo. Due pali in una
partita di grano verde, dietro una cava di pozzolana. Parecchi ufficiali
erano commossi, così pure il colonnello che, dopo la prima esecuzione,
si disse increscioso di dover agire in tale modo. Eccoli vicino al palo,
il romano si toglie la camicia. Mi dice che non vuol farsela bucare.
Gli legano le mani: io lo conforto ricordandogli Gesù morto in croce. E’
sorridente. Gli dico che pregherò per lui e che lui deve pregare per i
miei giovani. Due altre funi, una sul petto, l’altra sul ventre. Passo
al napoletano, sorridente, bruno. Ha sul capo una bustina bianca con
l’aquila hitleriana. Mi raccomandano le lettere che hanno scritto ai
loro cari; io prometto di parlare agli ufficiali, i quali mi dicono che
li accontenteranno. Altri pochi istanti; bacio il napoletano, bacio il
romano, incoraggio ambedue, i quali rifiutano di essere bendati. Due
soldati caricano i dodici moschetti. Quel chiudere ed aprirsi mi fa il
cuore a pezzi. I due eroi hanno ancora delle parole: “Il tenente di
Aversa (un certo Tonini, oriundo italiano che li aveva giudicati) sa che
noi siamo innocenti”. In lontananza una terrazza è affollata di gente
che guarda piangendo. Un comando secco: sei dei dodici poliziotti si
inginocchiano; un altro comando: puntano il fucile; un terzo comando
ancora… una detonazione. Abbasso gli occhi, un colpo solo. Vidi cadere i
cari giovani, mi avvicinai a loro recitando tre Requiem e un De
Profundis per ciascuno. Mi raccomandai alla loro intercessione. Quattro
soldati americani e due cantonieri fanno da becchini. Fotografie a non
finire durante tutta l’esecuzione ed il primo atto tragico termina. Si
vanno a rilevare gli altri due, che arrivano alle 11,45. Appena mi
vedono mi sorridono; hanno trovato una faccia, un viso amico che è lì
per confortarli. Quello di Aquila si toglie anche lui la camicia. Lo
legano, desidera una sigaretta. Un capitano gliela da’, accendendola; lo
stesso fa per l’altro, il milanese, simpatica figura di giovane buono.
Fo’ loro coraggio. Mentre lo legano, il milanese grida tre volte: “Heil
Hitler”, e l’altro risponde: “Heil”. “Noi siamo innocenti. Dio
stramaledica gli inglesi!”. Io lo guardo, mi capisce: avevo detto loro
di non odiare il nemico. Mi guarda e canta: “Vivere sempre vivere, senza
malinconia!” Li bacio sorridente tra i sorridenti, mi scosto pochi
metri; i tre soliti comandi secchi… Vi vidi abbassare pian piano, o
giovani. Ascoltai il vostro rantolo: i colpi non furono precisi come la
prima volta; l’anima vostra stentava ad uscire dal vostro corpo. Che
strazio al mio cuore! Vi assolsi l’ultima volta “Sub conditione” , Tre
requiem e un De profundis per ciascuno. Una macchina di corsa mi
condusse a celebrare la Santa Messa. Il popolo mi aspettava da pochi
minuti impaziente. Là si ignorava tutto. Era una bella giornata
primaverile si pensava a goderla. Celebrai la Santa Messa ancora
commosso e pregai per le Vostre anime benedette, per le Vostre mamme
adorate. Anche Voi dal cielo pregate per me, per i miei giovani, per il
mio apostolato, per l’Italia divisa in tanti partiti che la rovineranno.
L’ ULTIMA LETTERA DI FRANCO ASCHIERI ALLA MAMMA
«Cara mamma, con l’animo pienamente sereno mi preparo a lasciare questa vita che per me è stata così breve e nello stesso tempo così piena e densa di esperienze e sensazioni. In questi ultimi momenti l’unico dolore per me è costituito dal pensiero di coloro che lascio e delle cose che non ho potuto portare a compimento. Ti prego, mamma, fai che il mio distacco da questa vita non sia accompagnato da lagrime, ma sia allietato dalla gioia serena di quegli animi eletti che sono consapevoli del significato di questo trapasso. Ieri, dopo che mi è stata comunicata la notizia, mi sono disteso sul letto ed ho provato una sensazione che avevo già conosciuta da bambino: ho sentito cioè che il mio spirito si riempiva di forza e si estendeva fino a divenire immenso, come se volesse liberarsi dai vincoli della carne per riconquistare la libertà. Non ho alcun risentimento contro coloro che stanno per uccidermi perché so che non sono che degli strumenti scelti da Dio, che ha giudicato sufficiente il ciclo spirituale da me trascorso in questa vita presente. Sappi mamma che non resti sola, perchè io resterò vicino a te per sostenerti ed aiutarti finché non verrai a raggiungermi; perché sono certo che i nostri spiriti continueranno insieme il loro cammino di redenzione, dato che il legame che ci univa su questa terra, più di quello che esiste tra madre e figlio, è stato quello che unisce due spiriti affini e giunti allo stesso grado di evoluzione. Sono certo che accoglierai la notizia con coraggio e voglio che tu sappia che in momenti difficili io ti aiuterò come tu hai aiutato me durante questa vita. In questo momento sono lì da te e ti bacio per l’ultima volta, e con te papà e tutti gli altri cari che lascio. Cara mamma termino la lettera perché il tempo dei condannati a morte è contato fino al secondo. Sono contento della morte che mi è destinata perché è una delle più belle, essendo legata ad un sacro ideale. Io cado ucciso in questa immensa battaglia per la salvezza dello spirito e della civiltà, ma so che altri continueranno la lotta per la vittoria che la Giustizia non può che assegnare a noi. Viva il Fascismo. Viva l’Europa. Franco».
«Cara mamma, con l’animo pienamente sereno mi preparo a lasciare questa vita che per me è stata così breve e nello stesso tempo così piena e densa di esperienze e sensazioni. In questi ultimi momenti l’unico dolore per me è costituito dal pensiero di coloro che lascio e delle cose che non ho potuto portare a compimento. Ti prego, mamma, fai che il mio distacco da questa vita non sia accompagnato da lagrime, ma sia allietato dalla gioia serena di quegli animi eletti che sono consapevoli del significato di questo trapasso. Ieri, dopo che mi è stata comunicata la notizia, mi sono disteso sul letto ed ho provato una sensazione che avevo già conosciuta da bambino: ho sentito cioè che il mio spirito si riempiva di forza e si estendeva fino a divenire immenso, come se volesse liberarsi dai vincoli della carne per riconquistare la libertà. Non ho alcun risentimento contro coloro che stanno per uccidermi perché so che non sono che degli strumenti scelti da Dio, che ha giudicato sufficiente il ciclo spirituale da me trascorso in questa vita presente. Sappi mamma che non resti sola, perchè io resterò vicino a te per sostenerti ed aiutarti finché non verrai a raggiungermi; perché sono certo che i nostri spiriti continueranno insieme il loro cammino di redenzione, dato che il legame che ci univa su questa terra, più di quello che esiste tra madre e figlio, è stato quello che unisce due spiriti affini e giunti allo stesso grado di evoluzione. Sono certo che accoglierai la notizia con coraggio e voglio che tu sappia che in momenti difficili io ti aiuterò come tu hai aiutato me durante questa vita. In questo momento sono lì da te e ti bacio per l’ultima volta, e con te papà e tutti gli altri cari che lascio. Cara mamma termino la lettera perché il tempo dei condannati a morte è contato fino al secondo. Sono contento della morte che mi è destinata perché è una delle più belle, essendo legata ad un sacro ideale. Io cado ucciso in questa immensa battaglia per la salvezza dello spirito e della civiltà, ma so che altri continueranno la lotta per la vittoria che la Giustizia non può che assegnare a noi. Viva il Fascismo. Viva l’Europa. Franco».
R.N.C.R. R.S.I. COORDINAMENTO CAMPANIA.
Nessun commento:
Posta un commento