GLI UOMINI PASSANO, LE IDEE RESTANO
Nel 1929, il crollo della borsa di
Wall Street mise in ginocchio tutte le economie occidentali, America,
Inghilterra e Germania in testa. Le conseguenze furono drammatiche sia
sotto il profilo economico sia sotto l’aspetto sociale: fallimenti a
catena di società industriali e commerciali, chiusura di negozi,
inflazione alle stelle, disoccupazione di massa, famiglie sul lastrico,
fame e povertà diffuse.
L’Italia fu colpita anch’essa
dalla crisi ma, a differenza delle nazioni capitaliste, seppe resistere
meglio. Vi furono certamente una riduzione dei consumi e una contrazione
dei salari (in parte compensati dalla riduzione del costo della vita),
ma l’impatto che ebbero sulla vita degli italiani fu tutto sommato
marginale e non produsse quei drammi umani che si registrarono negli
altri paesi. Questo perché il Regime Fascista aveva da tempo allentato
il legame con la finanza attraverso il controllo del sistema bancario,
elaborato un vastissimo piano di opere pubbliche e, cosa non secondaria,
avviato la costruzione di un inedito Stato Sociale.
Mentre le altre nazioni
annaspavano, l’Italia fu trasformata in un immenso cantiere. Si
costruivano strade (la prima autostrada al mondo, quella dei laghi, fu
realizzata in quegli anni), nuove città e borghi agricoli, edifici
pubblici, tribunali, scuole, biblioteche, palestre e asili. L’acqua
potabile e l’elettricità furono portate fin nel più sperduto paese
(l’acquedotto pugliese è ancora oggi il più esteso d’Europa).
Le opere pubbliche diedero vigore
all’economia, agevolando la nascita di nuove imprese e il consolidamento
di quelle esistenti a beneficio dell’occupazione che fu mantenuta
stabile. Fu un vero boom economico che, a differenza di quello drogato
degli anni ’60, basato sull’enorme speculazione edilizia, sull’evasione
fiscale e ottenuti con fondi esteri, avvenne con capitali italiani,
privati e statali.
L’inflazione fu tenuta sotto controllo attraverso una ferrea politica dei prezzi applicata ai beni di prima necessità.
La campagna del Regime per il
grano permise all’Italia di risanare terre incolte, dare lavoro ai
contadini e a ridurre la nostra dipendenza dall’estero.
L’autosufficienza energetica con
fonti ecologiche e rinnovabili fu perseguita attraverso la costruzione
di centrali idroelettriche nell’ambito di un ampio piano di risanamento
ambientale che vide la costituzione di grandi parchi e aree verdi (solo a
Roma furono piantati migliaia di pini, lamenta la sindaca Raggi).
Purtroppo le sciagurate leggi
razziali e la perdita di una guerra più subita che voluta, hanno
compromesso l’immagine del Fascismo e fornito un valido pretesto agli
economisti liberali e ai sostenitore del potere finanziario per
stroncare sul nascere qualunque forma di dibattito che possa portare,
sulla base di quanto l’Italia ha saputo realizzare in quegli anni, a un
nuovo modello di sviluppo economico e a un nuovo assetto istituzionale
basati sui principi di giustizia sociale e democrazia diretta.
Se il Fascismo fosse studiato e
non criminalizzato, nella sua storia troveremmo le risposte alla crisi
di oggi e le prospettive per il domani.
Il Fascismo è morto con il suo fondatore, ma non le sue idee che sono di una attualità sorprendente.
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