Il Fascismo è l’unica teoria politica capace di sradicare il sistema liberal-plutocratico…checché ne dica il russo Dugin!
Abbiamo più volte e in vari modi stigmatizzato l’usurpazione da “sinistra” del Fascismo. Ad esempio in questa sezione, qui e qui.
In realtà, già dai tempi del fu M.S.I.
del “camerata Niccolai”, risultava evidente che tale mistificazione, non
fosse affatto in contrapposizione a quella effettuata “da destra” dai
cosiddetti “tradizionalisti evoliani”, ma che questa manovra, nella sua
interezza, rientrasse pienamente nell’indebita appropriazione
dell’Identità Fascista avente un’unica regia, diretta sempre dai soliti
mandanti: quella dei nemici dichiarati del Fascismo, i “pluto-massoni”
mondialisti. Tale usurpazione ha costituito esattamente la prosecuzione
della loro guerra, mossa in questo caso dal lato politico-ideologico,
seguita a quella già mossa a suo tempo dal lato militare e terminata nel
1945 con la vittoria bellica degli Alleati, che ovviamente ha avuto e
continua ad aver bisogno di strumenti di questo tipo per perpetuare in
tutti i modi (dal vilipendio alla disinformazione, passando, come in
questo caso per la mistificazione) la “damnatio memoriae” sulla
rivoluzione mussoliniana, da sempre percepita come minaccia perennemente
in agguato per il sistema plutocratico. Una manovra finalizzata
concretamente a legittimare e perpetuare ideologicamente e politicamente
l’occupazione dell’area geopolitica Euro-mediterranea da parte dei
“tutori a stelle e strisce” del sistema politico criminale
demoplutocratico vigente. In un simile contesto, appare ormai persino
inutile ritornare ad indagare “paternità” e sviluppi storici di tale
manovra ( lo avevamo già fatto a suo tempo QUI ed anche QUI),
che nel caso italiano viene ormai consumata da decenni (anzi, si può
dire fin dalla nascita di quella caricatura di “stato” partorita dalle
menti contorte del comando militare anglo-americano e chiamata
indebitamente “repubblica italiana”), poiché i “beneficiati” sono sempre
i nemici di cui sopra! Quel che conta, in questo caso, è notare come
per corroborare o magari rivedere tesi che alla fine, producono sempre e
comunque, il rafforzamento del sistema liberale partitocratico, sono
serviti e tutt’ora servono sempre degli “ideologi” che tirano fuori dal
proprio cilindro le formule più disparate e contorte, magari rivedute e
corrette, di argomenti già sostenuti, ma che tutti, da sempre, si
oppongono in modo evidente alla disarmante chiarezza ed alla semplicità
lineare della dottrina del Fascismo mussoliniano. L’esempio più recente è
quello del teorico russo Alexandr Gel’evič Dugin. Chi
è costui? Alcuni potrebbero averlo sentito nominare in due casi: in
relazione alla “ascesa” di Vladimir Putin, oppure in rapporto ai
cosiddetti “movimenti populisti”. Dugin è un “filosofo ed ideologo”,
intellettuale putiniano, che viene definito da alcuni la “mente
politica” del movimento che sostiene il presidente russo. Per fare una “reductio ad unum“, basta andarsi a guardare cosa teorizza questo “luminare della politica”. Una sintesi del suo pensiero è presente in questa intervista.
Fatalità, il “buon” Dugin cosa va mai a teorizzare? …ovviamente il
“tradizionismo Evoliano”! In quale salsa? ….ovviamente, in quella del
comunitarismo euro-asiatico, tanto in voga tra i gruppi del cosiddetto
“socialismo nazionale”! Il camaleaontismo di queste idee, nate già
vecchie, fa un po’ sorridere. Questo perchè nel “socialismo nazionale”
duginiano, si può ficcare un po’ di tutto. Possiamo partire dalla
critica sociale al liberlismo, per cui necessiterebbe uno Stato
autoritario “Sociale”. Tale critica “socialistica” risulta essere un
“comune denominatore” dei movimenti “socialisti nazionali”, i
cui obiettivi finali, però, si fanno più “sfumati”: vi è, infatti, chi
vorrebbe instaurare “semplicemente” una forma di Social-Democrazia,
magari economicamente incentrata sulla “Socializzazione” delle imprese e
la co-gestione della produzione, mentre vi è, poi, chi si avvicina più
alle teorie di Dugin e vorrebbe instaurare una sorta di Socialismo Tribale (tale è la declinazione del termine “Nazionale”, in questo caso), dunque razziale, anche detto Comunitarista (il “comunitarismo” come nuovo “sviluppo” del razzismo di marca prussiana), che si ri-allaccerebbe ad una visione “tradizionista” (ecco che tornano Evola e Guenon), dunque “federativa” di più “Comunità” (da cui il lemma “Comunitarismo“),
legate ai propri usi radicati e non integrabili tra loro, facenti
riferimento ad una identità “esoterica” e mitologica precisa. Nel Socialismo Comunitarista è possibile ritrovare, dunque, anche, ma non solo, riferimenti agli Dèi pagani, visti come elementi distintivi della “unione interna alla Comunità“; uniti, dal punto di vista Economico e Sociale, ad un “Comunismo localistico“,
tale da “superare” il problema del fallimento del marxismo e dunque
fondando una città-stato che implementi una economia solidaristica e
paternalistica al suo interno. In breve, codesti Socialisti
Comunitaristi hanno sviluppato e portato alle sue logiche conseguenze il
pensiero Nazional-Socialista, così come declinato dalla “Kultur Tedesca” e, per essa, dalla Società Esoterica di Thule.
Ebbene, chi conosce la nostra critica alla cosiddetta “area
neo-fascista”, avrà di già ritrovato tutti gli elementi che la
contraddistinguono, pure presenti nel pensiero di Dugin! Egli
rappresenta il “nuovo ponte” che unisce la vecchia concezione
“Conservatrice” della “destra” politica, nella quale si trovano gli
elementi di un’autorità e di un ordine di tipo tribale, di una ” piccola
patria” come “luogo dei padri fondatori” ristretto e ben circoscritto,
dell’identità radicata nel “sangue e suolo”, della gerarchia come
istituzione armonica preposta al funzionamento di una comunità, che però
è ben lontana dalla concezione romana dello Stato e dell’imperium
ad essa connesso. Volendo il Dugin esprimere a suo modo una Sintesi di
istanze diverse e vaghe, è chiaro come il sole che la sua teoria, sempre
“casualmente”, ben si presti alle varie possibilità di
strumentalizzazione già operate da decenni dai “due poli”, quello dei
“destri” e dei “sinistri”, presenti nella realtà politica
demo-plutocratica del cosiddetto “occidente libero” . Tali “due poli”,
falsamente contrapposti, sono quelli rappresentanti il parlamentarismo
democratico. E così ritorniamo prepotentemente, come sempre in questi
casi, al medesimo punto dal quale partono tutte le critiche! Senza giri
di parole, noi fascisti siamo assolutamente convinti che sia proprio
questo il motivo per cui ciclicamente risultano in voga questi
“pensatori alternativi”! Proprio perché le Nemesi si auto-alimentano e
visti i risultati politici degli ultimi 72 anni, è evidente che la loro
esistenza risulta, di fatto, funzionale al permanere del Sistema ed al
suo fondamento imprescindibile: il materialismo.
Il pensiero di Dugin è orientato alla
creazione di una macro-federazione chiamata “EurAsia”, che abbraccia la
Federazione russa e l’Europa. In realtà si potrebbe dire più
precisamente ed in modo malizioso che sarebbe la Federazione Russa che
si allargherebbe all’Europa, federandola a sè. Dove l’Europa viene vista
come una “Comunità di Comunità”, ri-portata alla “Tradizione degli Avi e
persino degli Dèi”, socialmente uniforme alla teoria del “Comunismo
localistico” di cui sopra. Dugin, ha criticato e, di fatto, attacato il
Fascismo Mussoliniano, esattamente allo stesso modo in cui questo viene
delegittimato da decenni dai cosiddetti “neo-fascisti” nostrani, siano
essi “del secondo” che del “terzo millennio”, tutti sempre in cerca di
evoluzioni impossibili ed aggiornamenti improbabili. La “quarta teoria
politica” di cui Dugin sarebbe latore, infatti, mette sullo stesso piano
una serie di “fallimenti politici”, che secondo il pensatore russo
sarebbero tutti derivati del liberalismo, tra cui annovera il Fascismo
(sorvolando sul fatto che il Fascismo non ha fallito un bel niente,
poiché caduto esclusivamente a causa di una sconfitta militare subita
contro la più grande coalizione planetaria di nazioni che la storia fino
ad oggi abbia mai visto, proprio perché, a differenza di quel che
sostiene Dugin, esso costituisce la sola ALTERNATIVA al
Liberalismo ed al suo contraltare gemello rappresentato dal Comunismo).
Dunque, secondo Dugin, al Liberalismo, materialmente vincente, perchè
ha mezzi e propaganda massmediatica su portata planetaria, forti e
capaci di fare leva sulle debolezze umane, si dovrebbe contrapporre
quello che a noi fascisti sembra chiaramente un debole ed improponibile,
ancorché anacronistico “surrogato” di comunità tribale primitiva. La
cosiddetta “Quarta teoria politica”, possiede in sé tutti gli elementi
che consentono al liberalismo anglo-americano di continuare a dormire
sonni tranquilli, godendo di un evidente rapporto di forza superiore,
poiché il sistema di Dugin risulta intrinsecamente debole, in quanto
oligarchico, dunque lontano dal riuscire a coinvolgere le masse
popolari; frammentario e tendente a creare un “blocco federale”
politicamente, culturalmente ed eticamente disomogeneo. Questa sarebbe
la teoria politica che, secondo il politologo russo, dovrebbe essere
capace di contrapporsi in modo vincente al blocco liberal-plutocratico
esistente, provocando “l’esplosione del sistema liberale”!!
Ecco, dunque, la risposta alla domanda
sul perchè tali autoproclamate “alternative” politiche prosperano, anche
se sarebbe meglio dire, vengono insistentemente proposte e riproposte
da decenni quali presunte credibili novità sistemiche, superiori al
Fascismo! …perché TUTTE contemplano e accettano, sia
pure come presunta “nemesi”, il sitema Liberale. Di fatto, lo
scimmiottano e lo “invidiano”; addirittura, come nel caso di Dugin,
affermano di volerlo utilizzare, quando invece è del tutto evidente,
ormai da decenni, che sono proprio tutti codesti soggetti
finto-alternativi ad essere utilizzati al fine di puntellare e rendere
stabile la partitocrazia liberal-democratica pluto-massonica.
Non stupisce affatto, allora, quanto
Dugin teorizza sui cosiddetti “movimenti populisti”, che
costituirebbero, a sua detta, i presunti “contestatori del sistema”
potenzialmente capaci di provocarne il collasso. Essi, invece, hanno,
dimostrato chiaramente la loro reale portata: i risultati delle
“elezioni” Francesi e quelle “amministrative” nostrane, infatti, non
rappresentano una sorpresa inaspettata, tantomeno la fine del
“populismo”, ma costituiscono il vero obiettivo che il sistema
plutocratico vigente intende da sempre raggiungere utilizzando tali
soggetti politici: essi rappresentano l’utile nemesi del Liberalismo
mondiale di marca anglo-americana, che consente a quest’ultimo di
continuare a prosperare. Tantomeno ci sorprende che Dugin formuli la sue
teorie sul “superamento” del “posizionamento politico” dei cosiddetti
“populismi” e per la “critica” al Liberalismo, usando TUTTI i filosofi e
pensatori che quest’ultimo hanno “tenuto a battesimo”! Quella che
auspica Dugin, in breve, è una “fusione” strumentale della Modernità
Liberale alla visione Tradizionista Evoliana. Rimprovera ai Liberali di
voler “imporre” il Liberalismo, ma non nega la necessità della sua
esistenza, tantomeno la sua utilità. Utilizza una visione “esoterica e
neo-pagana”, neo-politeista funzionale, per colmare il teorico “vuoto”
lasciato dal liberalismo ai popoli europei, che a mezzo dei “populismi”
dovrebbero contraporre la “Comunità federata duginiana” all’altra
“Comunità federata d’oltreoceano”. Significativo come Dugin sostenga a
chiare lettere che la “Modernità” sia uno strumento da usare, non un
dogma da sposare o condannare. Ugualmente interessante che, per
allargare la sua captatio benevolentiae, egli citi la
“Romanità” quale elemento da “riscoprire”. Una “Romanità” che nella
concezione Evoliana, Guenoniana, nulla condivide, ovviamente, con quella
storicamente Reale, Vera, che invece è espressa perfettamente nella
Concezione Dottrinaria del Fascismo Mussoliniano, a sua volta
espressione autentica dello Sviluppo armonico della Civiltà Latina
Cattolico-Romana.
Per uscire, dunque, dalle nebbie
inconcludenti di “teorie politiche di quarta categoria”, provate ora a
fare un breve raffronto con gli obiettivi e le modalità della Teoria
politica del Fascismo che qui riportiamo telegraficamente. Non volendo
arrogarci il diritto di discutere in prima persona di tali questioni,
con il rischio poi di incorrere nell’accusa di aver interpretato in modo
scorretto principi e idee secondo la nostra personale sensibilità, ma
in modo non corrispondente a quella del tempo di Mussolini, lasciamo
allora ben volentieri, come è ormai nostro costume, la parola a chi
scrisse sul Fascismo nel tempo del Fascismo da fascista; le conclusioni
su quale sia la teoria politica più convincente le lasciamo a chi ci
legge: Come fu sempre ribadito nella pubblicistica del Regime, il
Fascismo, rappresenta un nuovo ordine sociale…
“Mussolini
ha sempre affermato che il Fascismo in quanto idea, dottrina,
realizzazione è universale; italiano nei suoi particolari istituti,
esso è universale nello spirito. In tal senso deve prevedersi una
Europa fascista, una Europa che ispiri le sue istituzioni alle dottrine e
alla pratica del Fascismo; una Europa che risolva, in senso fascista,
il problema dello Stato moderno. La sua concezione, contrapposta alle
concezioni etiche degli altri Stati, le risolverà tutte nella sintesi
superiore della giustizia fra i popoli, come fra gli individui, nella
cooperazione illuminata di quelli come di questi. Mussolini “fin dal
1914 afferma la necessità di mutare il costume politico, di dare al
nostro popolo lo stimolo di una fede, di una passione, di una speranza,
di un mito; e negli anni seguenti sino alla marcia su Roma e
all’impresa africana continua infaticabile questa opera di rieducazione
morale, che deve far di ciascun italiano un fascista disinteressato,
leale, responsabile, coraggioso, pronto a combattere
disinteressatamente e quotidianamente contro le forze ostili della
natura e della storia con le armi del lavoro e con quelle della guerra;
lavoratore e soldato. Di qui nasce l’imperativo: Credere, Obbedire, Combattere :
tre termini essenziali di ogni vita degna di essere vissuta : cioè di
una vita animata da una fede, temprata a una disciplina, conscia di
dover conquistare i propri valori in un ininterrotto cimento agonale.”
“In questo formidabile sistema costruttivo Mussolini respinge tra i
tanti infiniti assurdi dottrinali, che hanno avvelenata l’anima delle
moltitudini, il concetto di « felicità economica », che si realizzerebbe
socialisticamente a un dato momento dell’evoluzione economica, con
l’assicurare a tutti il massimo benessere. Così respinge il concetto
materialistico di «felicità» come possibile e lo abbandona agli
economisti della prima metà del 700; nega cioè l’equazione benessere =
felicità, che convertirebbe gli uomini in animali di una cosa solo
pensosi: quella di essere pasciuti e ingrassati, ridotti, quindi, alla
pura e semplice vita vegetativa”, certo che qualsiasi concezione della
felicità spezza il ritmo della vita, fatto ad un tempo di piacere e di
dolore, di sforzo e di calma. L’inesistenza della felicità non è che
l’espiazione della colpa di aver foggiato l’idolo della felicità;
espiazione che consiste nel ricostruire la vita nella sua somma
integrale di gioia e di dolore, di sforzo e di pace, e nel sostituire
all’idolo della felicità la pura adesione alla legge della vita,
considerata come un comando che viene dai valori dello spirito e ci
conduce verso quei valori. Questo è un considerare la terra come un
luogo di passaggio sì, ma anche di premio, e perciò di gioia. E’ appunto
nella lotta della vita che noi dobbiamo sentirne la bellezza; poiché è
nella lotta; nel dolore, nella fatica, che l’uomo acquista, chiara, la
coscienza di ciò che egli vale; piena ed intera la nozione di ciò che
egli è e rappresenta agli altri nella vita; è dalla lotta che egli
ottiene giusta la valutazione del proprio essere e valore del mondo”.
“Ecco il perchè dell’affermazione del Duce « il Fascismo è concezione
religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una
legge superiore, con una volontà obbiettiva che trascende l’individuo
particolare e lo eleva a membro consapevole d’una società spirituale ».
Di qui il Fascismo diviene concezione morale aristocratica, gerarchica
della vita; diviene misura, armonia, ordine, libertà, sintesi”. “Inteso
come rivoluzione il Fascismo si contrappone radicalmente a tutta una
serie di filosofie consacrate nella dottrina e nella prassi:
l’illuminismo, il liberismo, il materialismo storico ecc. Il Fascismo
ha una dottrina, ma non professa nè adotta alcuna filosofia, solo ha
optato subito per una riconsacrazione politica dell’ideale religioso,
cristiano, cattolico, segnando al tempo stesso le frontiere dello Stato
nel mondo spirituale. « Lo Stato, osserva il Duce, non ha una
teologia, ma ha una morale. Nello Stato Fascista la religione viene
considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito;
non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta ». La
religione, in Italia, non è religione di Stato, ma è la Religione dello
Stato. L’indipendenza filosofica del Fascismo è di suprema importanza
per quel tanto di circoscritto e di afoso che in filosofia dà il «
sistema » storicamente inteso da non permettere di compiere integrazioni
più ricche di qualsiasi costruzione concettuale come di preminenza
rifulge la dinamica Mussoliniana. Basta la nuova concezione dello Stato
Fascista che salva l’individuo, l’uomo in tutti i suoi affetti, in tutti
i suoi sogni, in tutte le sue aspirazioni, in tutti i valori che
costituiscono la sua spiritualità a dimostrare che il Fascismo è
soprattutto una nuova concezione della vita, alta e nobile come una
fede religiosa. Basta la nuova concezione del lavoro che non è più
inteso come una umiliazione e asservimento della natura umana, ma
libera esplicazione, di una qualità essenziale dell’uomo, cioè la
società, per imprimere all’etica fascista il sigillo dell’universalità.
L’affermazione poi che il lavoro è il soggetto dell’economia, è
un’affermazione rivoluzionaria incommensurabile”. “L’esperienza
Mussoliniana è costata naturalmente, rinunzia, tortura dello spirito,
disciplina, obbedienza e fede nell’avvenire. Solo attraverso questi
sforzi il popolo italiano si è indirizzato su una nuova dottrina di
vita. Tre sono i punti cardinali di orientamento:
a) In primo luogo il Fascismo ha
ripristinato lo Stato, già compromesso dalle conseguenze della guerra
mondiale e dall’invasione delle idee comuniste e socialiste. A tutte le
tendenze dissolvitrici e distruggitrici il Fascismo ha opposto
l’energica volontà di ridare l’autorità allo Stato, che è un concetto
etico e storico ed al quale debbono essere subordinati gli individui
nell’interesse della collettività. Le forze centrifughe possono essere
domate soltanto dallo Stato: senza di esso non è possibile un
superamento delle crisi nè si possono comporre armonicamente e
vantaggiosamente tutti i contrasti sociali connessi al sistema
capitalistico. Lo Stato è l’ente eterno, la concezione storica che
ricollega il passato ed il presente. Un onesto e giusto sentimento
statale, quest’è il primo postulato fondamentale del Fascismo. Esso si
riallaccia alle tradizioni dell’antichità, alle tradizioni dell’Impero
Romano, che ha trovato nel Fascismo la sua più esatta espressione
moderna. Il Partito, sotto gli ordini del Duce, ci si rivela nelle sue
reali imponenti linee. Espressione e strumento dell’idea fascista, esso
è un collaboratore, un coadiutore, nel più lato senso, dello Stato,
delle sue leggi, dei suoi orientamenti, in tutti i campi e settori;
coadiutore potente e prezioso, che, creando l’unità spirituale della
Nazione, crea nello stesso tempo il clima spirituale, l’atmosfera in cui
lo Stato vive ed opera. Là dove lo Stato non giunge, giunge il Partito,
con quella che fu definita « funzione capillare ». Dove la tecnica
delle leggi e dei regolamenti appare, per la sua stessa natura,
imperfetta per raggiungere gli scopi stabiliti, c’è il Partito a
integrarla. La direttiva di una grande Nazione, le leggi di uno Stato
potente rischiano di non dare tutti i loro frutti, se non trovano una
premessa, una garanzia spirituale. Questa premessa, questa garanzia con
il comando, l’incitazione, l’educazione, la disciplina, il Partito
appunto rappresenta, e tutti vedono con quale efficacia e con che
risultati. « Il Fascismo, osserva il Duce, come dottrina di
potenziazione nazionale, come dottrina di forza, di bellezza, di
disciplina, di senso di responsabilità, di ripugnanza per tutti i luoghi
comuni della democrazia, di schifo per tutte quelle manifestazioni che
costituiscono la vita politica e politicante di gran parte del mondo, è
ormai un faro che splende a Roma, ed al quale guardano tutti i popoli
della terra, specie quelli che soffrono dei mali che noi abbiamo
sofferto e superato ».
b) In secondo luogo il Fascismo
considera come sua missione quella di ricondurre le masse ai principi
morali e alle fonti della propria fede religiosa. Mussolini che, in
tutta la sua vita, ha sempre combattuto e respinto la concezione
meccanica della vita e della storia, ha sentito in un paese cattolico
che la scissione antagonistica del potere civile dal magistero della
Chiesa significava negazione del valore morale e religioso dei più
fondamentali istituti giuridici, ed ha attuato il sogno grandioso della
Nazione. Elevazione quindi morale e religiosa del popolo, e non
soltanto economica come vorrebbero le vecchie dottrine materialistiche.
« Un popolo, osserva il Duce, non può divenire grande e potente,
conscio dei suoi destini, se non si accosta alla religione e non la
considera come elemento essenziale della sua vita privata e pubblica ».
Alla fede religiosa l’etica Mussoliniana amalgama il culto della
famiglia dove si inizia la prima gerarchia che esige l’unità di
comando, dove si forma il primo nucleo sociale, che impone il sacrificio
dei singoli al gruppo. Lo Stato si modella sulla famiglia assumendone
la legge e resta saldo solo mantenendosi ad essa fedele. Qualsiasi
offesa a quella legge nel diritto pubblico o nel costume si ripercuote
sulla famiglia, che si dissolve, allo stesso modo che la decadenza della
famiglia porta fatalmente alla disgregazione dello Stato. Religione,
Famiglia, Patria, Stato, ecco i fattori basilari che perpetuano la
civiltà, che tramandano i valori morali formatisi attraverso il tempo.
Così operando il Fascismo non crea fratture nella storia dello spirito
umano e tutto il passato gli appartiene come sacro retaggio da
trasmettere alle future generazioni: esso non può essere in conflitto
con la vita. Funzione sociale, quella del Fascismo, la quale considera
innanzi tutto l’uomo come entità spirituale che postula una serie di
rapporti sociali: « L’uomo non è quello che è se non in funzione del
processo spirituale a cui concorre nel gruppo familiare e sociale, nella
nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano ». E così la
dottrina fascista, « nascendo da un dato sistema di forze storiche, vi
resta inserita e vi opera dal di dentro ». Differenza fondamentale,
pertanto, dalle multiformi dottrine politiche, sulle quali piovono, dal
di fuori, postulati e corollari di varie scuole e sistemi filosofici, dei quali spesso quelle dottrine e prassi politiche sono tentativi ed esperimenti a doppio fondo.
c) In terzo luogo il Fascismo
ravvisa il suo compito più importante nella lotta contro il marxismo e
nel superamento della lotta di classe mediante lo Stato Corporativo.
L’idea direttiva della riforma fascista nel campo economico e sociale è
quella del superamento della lotta di classe patrocinata dal marxismo, è
quella della collaborazione di tutte le forze fattive e creatrici del
paese per un superiore interesse nazionale. La concezione dello Stato
Corporativo poggia appunto sull’idea della collaborazione pacifica,
della eliminazione delle lotte economiche, rovinose altrettanto per
l’economia privata che per lo Stato. A parte ciò il Fascismo vuol creare
una nuova etica economica. Mussolini mira soprattutto a contribuire al
superamento dei contrasti di classe, sempre nel quadro del vigente
sistema economico e senza esperimenti radicali e rivoluzionari, ed a
pervenire in tal modo gradualmente ad una soluzione del problema
sociale. Ma per fare il corporativismo pieno, completo, integrale,
rivoluzionario, non bastano le leggi; occorrono, secondo la dottrina
mussoliniana, tre condizioni di ambiente: « un partito unico, per cui
accanto alla disciplina economica entri in azione anche la disciplina
politica, e ci sia al disopra dei contrastanti interessi un vincolo che
tutti unisce, la fede comune. « Non basta, occorre dopo il partito
unico, lo Stato totalitario, cioè lo Stato che assorbe in sè, per
trasformarla e potenziarla, tutta l’energia, tutti gli interessi, tutta
la speranza di un popolo. « Non basta ancora. Terza e ultima e più
importante condizione: occorre vivere un periodo di altissima tensione
ideale ». Tale armonia crea l’uomo che, lungi dal ritenere la vita umana
una lotta ad oltranza per l’affermazione dell’esistenza, dichiara nella
vita un ideale più alto al cui raggiungimento tutti debbono cooperare
sulla base di una serena giustizia sociale. Così concepito e attuato il
Fascismo crea una forma politica, economica e sociale, e soprattutto
uno stato spirituale diverso dalla democrazia, della quale è oggi più
che mai difficile definire la sostanza e i meccanismi di azione. Ma non è
nè fu mai una dittatura come nei primi tempi si voleva far credere dai
vanesi della politica, perchè si sostanzia dell’umanità delle masse ed è
perciò la più grande democrazia, non parolaia ma in atto, che conosca
la storia dei regimi politici del mondo. Il concetto di Stato etico che
Mussolini ha praticamente contrapposto allo Stato liberale e l’insieme
delle dottrine con le quali il movimento fascista ha reagito al «
catalogo » ideologico del liberalismo e della democrazia, sono
intimamente connesse a tutta la storia del pensiero italiano ed europeo
delle prime critiche che giuristi e filosofi del Rinascimento mossero
ai concetti fissati dal medio evo. Egli, l’antiveggente, prende sempre
posizioni nette, lapidarie di fronte a quello che sarà per essere ancora
una volta il fatale, inevitabile cozzo dei popoli in un’ora decisiva
della loro storia, e lo si sente esclamare fin dal 1926: « Noi
rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, noi rappresentiamo
l’antitesi netta, categorica, definitiva della democrazia, della
massoneria di tutto il mondo, per dirla in una parola, degli immortali
principi dell”89 ». Creare una società veramente di popolo dove nessun
altro privilegio fosse possibile fuor che di lavorare, di combattere,
di sacrificarsi per il comune avvenire; sostituire alla dichiarazione
dei diritti della Rivoluzione francese, dalla quale era nato il rovinoso
individualismo liberale, una dichiarazione dei doveri; contrapporre la
forza costruttrice della disciplina a quella disgregatrice della
libertà che degenera sempre in licenza, ecco i punti fermi dell’Etica
Mussoliniana. (G. Pannese, “L’etica nel fascismo e la filosofia del
diritto e della storia”, Roma, 1942; ristampa a cura di M.Piraino e
S.Fiorito, 2017, Lulu.com, pp.15 /26)
IlCovo
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