Il fascismo italiano
di ·
Prima di passare dall’esame di alcuni interpreti a quello delle principali interpretazioni, sarà il caso di dare un rapido sguardo ai movimenti fascisti, in modo che la materia – per così dire – non ci sfugga dalle mani.
I movimenti fascisti che dan forma al complesso fenomeno del «Fascismo» sono i seguenti:
1) il Fascismo italiano. Il 23
Marzo 1919 Mussolini fonda a Milano i «Fasci di combattimento» con un
programma ad un tempo nazionale e sociale. I primi «Fasci» – espressione
di ex-combattenti, ex-socialisti e sindacalisti rivoluzionari – si
evolvono lentamente verso posizioni di destra fino alla fine del 1920.
Da questo momento, stanche di due anni di violenze socialiste culminate
nell’occupazione delle fabbriche, masse crescenti della borghesia
piccola e media incominciano ad affluire nel «Fascismo». Dilaga nella
valle del Po il fenomeno dello «squadrismo» – reazione di ex combattenti
e proprietari soprattutto della nuova borghesia agraria contro il
terrorismo delle leghe rosse. Le squadre – finanziate dagli agrari e
tollerate dal governo – dilagano in tutta l’Italia settentrionale e
centrale. Portato dall’onda dello squadrismo padano, Mussolini si sposta
su posizioni di estrema destra e fonda il Partito Nazionale Fascista
(Novembre 1921).
Confluiscono nel Fascismo:
a) gli ex-combattenti, oltraggiati dai
socialisti per il loro passato militare e delusi dalla debolezza del
governo al tavolo della pace;
b) gli studenti, attratti dagli ideali nazionalisti e dalla speranza di una «Italia più grande»;
c) la media e piccola borghesia, spaventata dagli scioperi e dalle violenze dei socialisti;
d) gli agrari, i piccoli proprietari e fittavoli minacciati dai rossi di confische e collettivizzazioni.
L’ascesa del Fascismo si compie sullo sfondo della crisi delle altre forze politiche:
1) i liberali, incapaci di adeguarsi alla nuova era dei partiti di massa;
2) i socialisti, tentati dalla violenza ma incapaci di fare la rivoluzione;
3) i cattolici, incapaci di accordarsi sia coi liberali che coi socialisti.
Il 28 Ottobre 1922 – di fronte
all’imponente concentrazione di squadre fasciste su Roma -, il Re
incarica Mussolini di formare un governo di coalizione. In sostanza, il
Partito Nazionale Fascista conquista il potere per:
a) l’ntraprendenza, la giovinezza e il coraggio degli squadristi lanciati contro le organizzazioni di sinistra;
b) la complicità della polizia e dell’esercito che ne condivide gli ideali patriottici;
c) l’appoggio finanziario di buona parte
delle forze economiche che vogliono il ritorno all’ordine e la
cessazione degli scioperi;
d) la neutralità di gran parte della
vecchia classe liberale ostile ai socialisti e ai cattolici e sensibile
agli appelli all’ordine e al patriottismo di Mussolini.
Così, un po’ con la violenza, un po’ col
consenso, il Fascismo va al potere in un contesto che in un primo
momento resta quello della monarchia parlamentare.
Resistono più a lungo
contro il Fascismo:
1) gli operai di talune zone industriali rigorosamente inquadrati dal Partito Comunista.
2) vaste masse cattoliche legate al Partito Popolare.
3) personaggi e istituzioni della vecchia classe dirigente (Il Corriere della Sera, La Stampa) e ambienti industriali che temono lo spirito rivoluzionario del Fascismo.
La
crisi seguita all’uccisione di Matteotti e l’abbandono del Parlamento
da parte dei deputati dell’opposizione permettono a Mussolini di
incominciare la trasformazione della democrazia parlamentare nello stato
fascista. Una serie di trasformazioni – le ultime delle quali
perfezionate nel 1938 – portano:
a) allo scioglimento dei partiti
politici e alla loro sostituzione con il Partito Fascista concepito come
il partito di tutto il popolo italiano;
b) alla graduale esautorazione del
Parlamento e alla sua definitiva sostituzione (1938) con una Camera dei
Fasci e delle Corporazioni quale rappresentanza del Partito e delle
categorie produttrici;
c) alla costituzione delle squadre
d’azione in Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nel 1923, come
forza armata accanto all’Esercito;
d) alla introduzione di una legislazione
speciale contro i nemici dello Stato Fascista con pene che vanno dal
confino alla pena di morte;
e) allo scioglimento dei sindacati e
all’abolizione del diritto di sciopero con la promulgazione della Carta
del Lavoro che prevede l’istituzione di corporazioni e la mediazione
dello stato nelle controversie tra padroni e lavoratori;
f) alla creazione di enti pubblici per
l’intervento nell’economia che, insieme a numerose forme assistenziali –
esprimono una concezione dello Stato non più neutrale ma desideroso di
tutelare il cittadino e le iniziative economiche di interesse comune;
g) alla mobilitazione dei giovani nelle
organizzazioni ginniche e paramilitari, con la relativa costruzione di
campi sportivi, piscine, etc.
Dall’alleanza del movimento fascista con
le forze conservatrici (la monarchia, l’esercito, a cui – dopo la
Conciliazione – si aggiunge anche la Chiesa) prende forma il Regime
Fascista, strettamente legato alla persona del Duce del Fascismo –
Mussolini – la cui politica personale diventa la politica del Regime e
dell’Italia.
Questa politica persegue i seguenti obiettivi interni:
a) lo smorzamento degli spiriti più
rivoluzionari del movimento fascista e il ridimensionamento delle
personalità più forti e più indipendenti (Farinacci, Arpinati, Balbo).
b) L’affermazione sempre più netta della
personalità del Duce al di sopra di tutti gli organi del partito e
dello stato e la riduzione del Partito Nazionale Fascista a un organo di
mobilitazione di massa più che di discussione politica.
c) lo stretto controllo della stampa e della radio quali strumenti di indottrinamento dell’opinione pubblica.
a) l’esaltazione dello stato-nazione
come portatore della tradizione della antica Roma e d’una propria
eticità e validità spirituale. Questa esaltazione della romanità e della
eticità dello stato trovano pertanto un limite nel rango riconosciuto
alla Chiesa dopo il Concordato.
b) la rivendicazione dei valori morali e
militari, come anche della esaltazione della terra, della prolificità,
dei valori contadini e guerrieri contrapposti a quelli cittadini e
tendenti a rivendicare il tipo del contadino rispetto a quello del
«borghese».
c) la apologia di tutte le forme di
rischio e di ardimento con la diffusione dello sport e dell’istruzione
pre-militare e la valorizzazione di ogni manifestazione di audacia
collettiva (la «trasvolata atlantica» di Balbo, etc.).
Alla tecnica del governo dittatoriale e
alla propaganda di massa, si uniscono talune direttive fisse di politica
estera che sono:
1) l’aspirazione a dare al popolo italiano uno spazio vitale adeguato alla sua importanza e al numero dei suoi abitanti;
2 ) la tendenza a una revisione delle
clausole del Trattato di Versailles a favore delle nazioni più
sfortunate (l’Ungheria, in un secondo tempo la Germania e la stessa
Italia);
3) la polemica con le nazioni troppo
ricche in territori e in colonie (la Francia e l’Inghilterra) con la
conseguente creazione di un forte esercito e d’una forte marina in grado
di mettere in discussione il predominio anglo-francese nel Nordafrica e
nel Mediterraneo.
Questo indirizzo di politica estera
porta dapprima alla conquista della Etiopia e poi a un riavvicinamento
con la Germania – unica nazione in grado di mettere in discussione il
predominio anglo-francese in Europa. La conquista dell’Etiopia, lo
stesso intervento nella guerra di Spagna che si risolve in un successo
dei «nazionali», porta al Fascismo il massimo della popolarità.
L’0pposizione si può considerare distrutta – e ciò non solo per i mezzi
repressivi, relativamente miti – ma per l’abile propaganda e i successi
del Regime.
Sostengono il Fascismo soprattutto:
a) i giovani, educati dal Partito e cresciuti nel nuovo clima di mobilitazione sportiva e di entusiasmo nazionale;
b) i ceti medi, soddisfatti della stabilità politica ed economica del Regime;
c) il clero, abbastanza contento della politica di conciliazione del Fascismo verso il Vaticano;
d) i militari e la monarchia, sensibili al nuovo prestigio acquistato dall’Italia in Europa;
c) vaste frange dei ceti popolari conquistati dal «populismo» mussoliniano e dalle istituzioni assistenziali create dal Regime.
Così, all’opposizione attiva contro il
Fascismo restano solo alcuni intellettuali e poche migliaia di operai
indottrinati dal Partito Comunista clandestino.
Peraltro, il Patto
d’Acciaio – con il conseguente profilarsi d’una nuova guerra -, le leggi
razziali e una troppo invadente propaganda «anti-borghese» portano
larghe frange dei ceti medi e della Chiesa cattolica ad una posizione di
critica e di ripensamento.
Questa posizione di critica e di riserbo si accentua con l’entrata in guerra alla quale il Fascismo è spinto:
a) dalla logica stessa della sua dottrina dell’espansione e dello spazio vitale;
b) dalla affinità ideologica e politica con la Germania nazista;
c) dalla necessità di trasportare sul
piano internazionale quella lotta contro il mondo delle democrazie e
della borghesia capitalistica che – insieme col bolscevismo russo – è il
contraltare del Fascismo.
L’intervento viene attuato da Mussolini
in un momento favorevolissimo (la Francia è fuori giuoco e l’Inghilterra
non è in grado di difendere Malta e l’Egitto), ma l’incertezza e
l’inettitudine della classe politica e militare vengono presto alla
ribalta in modo catastrofico.
La guerra mette rapidamente allo scoperto le debolezze del Regime:
a) il compromesso tra Mussolini e le
forze conservatrici ha lasciato intatta la vecchia classe dirigente con
la sua tendenza al carrierismo e al compromesso (Badoglio, etc.);
b) il Partito mortificato da troppi anni di conformismo non è in grado di animare efficacemente alla lotta il popolo italiano;
c) la propaganda è più nazionalista,
patriottarda, che «fascista» e non basta a illustrare il significato
ideologico e geopolitico della guerra rivoluzionaria e continentale
della Germania.
Così, dopo le prime sconfitte – e poi
con l’invasione del territorio nazionale – si sfalda l’unità della
Monarchia col Fascismo e della classe dirigente conservatrice col
movimento fascista. Il nazional-fascista si scinde, e la parte
«nazionale» – ossia più genericamente borghese e conservatrice – cerca
un’uscita qualunque dalla guerra. Ciò conduce al 25 Luglio e all’8
Settembre.
La Repubblica Sociale Italiana e il
nuovo Partito Fascista Repubblicano rappresentano una specie di «ritorno
alle origini». Peraltro, i 18 punti di Verona e la Legge sulla
socializzazione delle imprese costituiscono delle motivazioni affatto
secondarie del nuovo Fascismo, la cui vitalità è da ravvisarsi nella
difesa dell’onore militare e nel fascino che esercita ancora su una
parte della gioventù italiana.
Il Fascismo italiano è stato il
paradigma degli altri fascismi. ll partito unico, le organizzazioni
giovanili, l’ordinamento corporativo della economia, la milizia di
partito hanno servito da modello agli altri movimenti fascisti – a
cominciare dal Nazionalsocialismo.
Peraltro, proprio il Fascismo – che
aveva ideato lo «stato totalitario» – non lo attuò mai.
Dietro alla
facciata del Partito Nazionale Fascista – organizzazione di massa dal
carattere sempre più accentuatamente dopolavoristico – il Regime rimase
una dittatura appoggiata a una monarchia. La milizia, nata come guardia
armata della rivoluzione, non assurse mai, come le SS, ad armata di
partito, ma rimase una mera appendice dell’esercito.
Così Mussolini non aveva del tutto torto
quando osservava nella Repubblica Sociale che «non vi era mai stata una
rivoluzione fascista: l’Italia è prima una monarchia, e tale è rimasta
dopo».
Brani tratti dal libro postumo Il fascismo come fenomeno europeo, cap II (pp. 37-42).
TRATTO DA: CENTRO STUDI
TRATTO DA: CENTRO STUDI
Nessun commento:
Posta un commento