I
franchi tiratori, dimostrarono che la città di Pavolini, il capoluogo
di quel Granducato di Toscana, come sarebbe stata definita la RSI per
la grande partecipazione che la regione di Dante diede alla Repubblica non
sarebbe caduta senza colpo ferire. Centinaia di fiorentini di ambo i
sessi e di tutte le età spararono dalle finestre, dai tetti, dagli
angoli delle strade, inchiodando al suolo il nemico e le bande
partigiane al suo seguito. Non avevano alcuna speranza di sopravvivenza
perché, una volta presi, sarebbero stati fucilati. Gli ultimi soldati
ad abbandonare il capoluogo toscano provarono a convincere i franchi
tiratori più vicini a mettersi in salvo con loro. “La consegna –
risposero – è quella di morire sul posto”. E così fecero.
“Firenze è la più
bella città della Penisola perché lì
gli italiani ci accolsero sparandoci dai tetti.”
gli italiani ci accolsero sparandoci dai tetti.”
Generale Harold
Alexander, comandante
supremo delle forze alleate del Mediterraneo
supremo delle forze alleate del Mediterraneo
Subito dopo l’ 8 Settembre a Firenze i fascisti costituirono la prima Squadra d’azione cittadina e riaprirono la Federazione “...furono i primi otto uomini delle squadre, veterani di tute le battaglie della Patria a formare il primo nucleo del battaglione volontari...si fecero notare per la prima volta la sera del 13 settembre, quando saputo ...che Mussolini era stato liberato...essi vollero annunciarlo per primi ai fiorentini, percorrendo la città su di una autocarro con altoparlante” Un particolare “campanilistico” e curioso: a formare questo primo Battaglione volontari (che si chiamerà “Ettore Muti”) saranno in buona parte: “..ragazzi di Bari che, fuggiti davanti all’avanzata inglese, hanno preferito abbandonare le loro famiglie anziché subire l’onta di servire il nemico sotto le sue odiate bandiere”
IN VIA DEI SERVI
"La città italiana che preferisco? Firenze.
Perché lì gli Italiani
ci hanno accolto sparandoci addosso."
( Gen. H. Alexander)
Nel settembre 1943 non solo a Firenze i franchi tiratori Fascisti opposero una strenua resistenza alle forze angloamericane e a quelle partigiane.
Ricordiamo Napoli, Firenze,
Forlì, Ravenna ,Torino, Reggio Emilia, Parma, Piacenza , Milano e Genova.
Tra i franchi tiratori fascisti si
schierarono anche numerose donne.
La meno nota " resistenza fascista " del Sud
Dal 28 settembre a Napoli ci
furono dei franchi tiratori che si opposero all’invasione, ingaggiando vere e
proprie battaglie. Molti di loro furono catturati e subito uccisi, altri dopo
una strenua resistenza, si uccisero. Altri riuscirono a ritirarsi a nord e si
arruolarono nelle Forze Armate della R.S.I..
Ci furono scontri al Museo, a Porta Capuana, a Piazza Mazzini, nelle vie
del centro e anche in periferia; In via Toledo dalla terrazza della Rinascente
un Fascista Isolato sparò con una mitragliatrice, accerchiato quando stava per
essere preso, si precipitò con l'arma da una finestra. In via Duomo un Capitano
della Milizia si asserragliò e combatté strenuamente; quando gli insorti lo
raggiunsero, si uccise. In Piazza Marinelli un Fascista sparò e tirò bombe, ma
venne preso e fucilato. In Piazza Mazzini quattro giovanissimi tiratori
fascisti, armati solo di moschetto e presi di mira dai partigiani, rifiutarono
di salire su un camion tedeschi in ritirata affermando di voler opporre
l'ultima resistenza, (vennero ricordati come i " Kamikaze in Camicia Nera
"),di loro non si seppe più nulla! La caccia al fascista da parte dei
partigiani si protrasse ferocemente fino all'arrivo degli anglo-americani ed
anche oltre.
A Parma il 26 aprile del ’45 : qui, a sparare
contro i “liberatori” non sono né i franchi tiratori italiani, né i cecchini
tedeschi, ma combattenti francesi, con le proprie famiglie. Sono i militi della
Brigata Nera “Nizza”, composta da francesi ed accasermata in una scuola della
strada al ponte Capraruzza. È certamente l’ultima raffica in Italia del
patriottismo francese contro gli anglo-americani”
(in: Luca Tadolini, “I franchi
tiratori di Mussolini”, All’insegna del Veltro 1998)
A Firenze, contro i
franchi tiratori....si tirava a cannonate
(foto da Storia &
Battaglie nr. 94, settembre 2009)
L'11 agosto 1944 Firenze venne occupata dall'invasore
angloamericano perché era stata sguarnita dai nostri soldati che si
stavano attestando su di una linea di fronte più a settentrione. Ma vi
si resistette con caparbietà, con audacia e con onore. I franchi
tiratori, immortalati anche grazie a La pelle di Curzio Malaparte,
dimostrarono che la città di Pavolini, il capoluogo di quel Granducato
di Toscana, come sarebbe stata definita la RSI per la grande
partecipazione che la regione di Dante diede alla Repubblica, non
sarebbe caduta senza colpo ferire. Centinaia di fiorentini di ambo i
sessi e di tutte le età spararono dalle finestre, dai tetti, dagli
angoli delle strade, inchiodando al suolo il nemico e le bande
partigiane al suo seguito. Non avevano alcuna speranza di sopravvivenza
perché, una volta presi, sarebbero stati fucilati. Gli ultimi soldati ad
abbandonare il capoluogo toscano provarono a convincere i franchi
tiratori più vicini a mettersi in salvo con loro. “La consegna –
risposero – è quella di morire sul posto”. E così fecero.
Apprendiamo con gioia che i camerati fiorentini hanno
reso onore a questi eroi e che oggi stesso sarannno deposti fiori sulle
loro tombe.
I figli e i nipoti della vergogna sono invece insorti
perché non vorrebbero affatto che quel fulgido esempio venisse
ricordato: la grandezza è mal sopportata, e con astio, dai piccoli e dai
mediocri.
Il generale Alexander già a suo tempo aveva risposto in modo più
che esauriente a questi infelici. “La città italiana che preferisco?
Firenze. Perché lì gli italiani ci hanno accolti sparandoci addosso”.
TIRATORI, NON SOLO “FRANCHI”
Tra i franchi tiratori che, nelle città del Nord abbandonate da
Tedeschi e fascisti, continuano la battaglia per ostacolare l’ingresso di
Alleati e partigiani, vi sonoaanche parecchie donne….la Reuter parlerà di 25
ragazze catturate nella sola Firenze, a Milano, in via Gibson del Maino viene
giustiziato un commando formato da tre donne, che hanno fatto parecchi danni
alle avanguardie scese dalle montagne, casi isolati si hanno a Parma, Piacenza,
Torino e altrove
Uno degli episodi più singolari è quello registrato a Firenze:
“Sempre in borgo degli Albizi, all’ultimo piano di uno stabile, a
sparare come franco tiratore è una donna. I partigiani non riescono ad
individuarla: quando perquisiscono l’edificio, la donna ripone il fucile su una
trave del soffitto, prende in braccio il suo bambino e apre la porta del misero
locale ai militi avversari. Così per tre volte, finchè un partigiano non rimane
nascosto dentro la casa , scoprendo che i colpi partono dai locali della donna
Catturata, verrà fucilata in strada, poco lontano”
(Testimonianza in: Luca Tadolini, “I franchi tiratori di Mussolini”,
All’insegna del Veltro 1998)
Giovani che si opposero dai tetti della città all’avanzata delle truppe Alleate e che avevano aderito alla RSI solo per una questione ideale e per salvaguardare l’onore dell’Italia già gravemente macchiato dall’onta dell’8 settembre 1943. Una scelta disinteressata, spesso presa nella consapevolezza che avrebbe significato morte certa, a guerra ormai irrimediabilmente compromessa. Una scelta coraggiosa che dall’altra parte della Linea Gotica avevano fatto soltanto quegli antifascisti della prim’ora, che avevano scelto di opporsi al Regime Fascista nel momento di suo massimo splendore ed ai quali si aggiunse poi un’ondata di antifascisti dell’ultim’ora a cose ormai fatte, composta per lo più da persone che, magari, fino al 24 luglio 1943 salutavano festanti ed a braccia tese nel corso delle adunate fasciste.
I giovani fascisti giustiziati davanti alla Chiesa di Santa Maria
Novella ebbero il compito di bloccare le truppe anglosassoni alle porte
della città lasciando il tempo ai reparti della RSI e dell’esercito
tedesco di assestarsi sulle colline a nord di Firenze. Un compito
ingrato perché era chiaro che nessuno di loro avrebbe avuto via di fuga.
Un sacrificio che se non fosse stato per Curzio Malaparte sarebbe
totalmente passato inosservato e che, comunque, è caduto per decenni
nell’oblio che la storia riserva ai vinti. Al di là delle questioni
ideologiche e di parte abbiamo ritenuto che sia un dovere mantenere la
memoria di persone capaci di sacrificare la propria vita per un ideale
che ritenevano giusto e per l’onore della propria Nazione.
I FORI DEI PROIETTILI SULLA CHIESA DI SANTA MARIA NOVELLA
LUOGO DELLA FUCILAZIONE
L' ARRESTO PRIMA DELLA FUCILAZIONE
SFREGI PARTIGIANI
“siamo i leoni di Mussolini”
Queste le parole che, per sfregio, venivano
scritte sui cartelli messi
al collo dei cadaveri di molti franchi tiratori
fiorentini
CADAVERI DI ALCUNI FRANCHI TIRATORI FUCILATI
SUL SAGRATO DI SANTA MARIA NOVELLA
I FUCILATI DI FIRENZE (da LA PELLE di Curzio Malaparte)
I
ragazzi seduti sui gradini di S. Maria Novella, la piccola folla di
curiosi raccolta intorno all’obelisco, l’ufficiale partigiano a
cavalcioni dello sgabello ai piedi della scalinata della chiesa, coi
gomiti appoggiati sul tavolino di ferro preso a qualche caffè della
piazza,la squadra di giovani partigiani della divisione comunista “
Potente “, armati di mitra e allineati sul sagrato davanti ai cadaveri
distesi alla rinfusa l’uno sull’altro, parevano dipinti da Masaccio
nell’intonaco dell’aria grigia. Illuminati a picco dalla luce di gesso
sporco che cadeva dal cielo nuvoloso, tutti tacevano, immoti, il viso
rivolto tutti dalla stessa parte. Un filo di sangue colava giù per gli
scalini di marmo.
I
fascisti seduti sulla gradinata della chiesa erano ragazzi di quindici o
sedici anni, dai capelli liberi sulla fronte alta, gli occhi neri e
vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una maglia nera
e di un paio di calzoni corti, che gli lasciavano nude le gambe dagli
stinchi magri, era quasi un bambino.
C’era
anche una ragazza fra loro: giovanissima, nera d’occhi, e dai capelli,
sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che s’incontra spesso in
Toscana fra le donne del popolo, sedeva col viso riverso, mirando le
nuvole d’estate sui tetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo
pesante e gessoso, e qua e là screpolato, simile ai cieli del Masaccio
negli affreschi del Carmine.
Quando
avemmo udito gli spari, eravamo a metà via della Scala, presso gli Orti
Oricellari. Sboccati sulla piazza, eravamo andati a fermarci ai piedi
della gradinata di Santa Maria Novella, alle spalle dell’ufficiale
partigiano seduto davanti al tavolino di ferro.
Al
cigolio dei freni delle due jeep, l’ufficiale non si mosse, non si
voltò. Ma dopo un istante tese il dito verso uno di quei ragazzi, e
disse:
- Tocca a te. Come ti chiami?
- Oggi tocca a me - disse il ragazzo alzandosi - ma un giorno o l'altro toccherà a lei.
- Come ti chiami ?
- Mi chiamo come mi pare...
- O che gli rispondi a fare a quel muso di bischero, gli disse un suo compagno seduto accanto a lui.
-
Gli rispondo per insegnargli l'educazione, a quel coso - rispose il
ragazzo, asciugandosi col dorso della mano la fronte madida di sudore.
Era pallido, e gli tremavano le labbra. Ma rideva, con aria spavalda
guardando fisso l'ufficiale partigiano.
A un tratto i ragazzi presero a parlar fra loro ridendo.
Parlavano con l'accento popolano di San Frediano, di Santa Croce, di Palazzolo.
L’ufficiale partigiano alzò la testa e disse:
- Fa presto. Non mi far perdere tempo. Tocca a te.
- Se gli è per non farle perdere tempo - disse il ragazzo con voce di scherno - mi sbrigo subito -
E
scavalcati i compagni andò a mettersi davanti ai partigiani armati di
mitra, accanto al mucchio di cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di
sangue che si allargava sul pavimento di marmo del sagrato.
- Bada di non sporcarti le scarpe ! - gli gridò uno dei suoi compagni, e tutti si misero a ridere.
- Jack e io saltammo giù dalla jeep.
- Stop! - urlò Jack.
Ma in quell’istante il ragazzo gridò: - Viva Mussolini ! - e cadde crivellato di colpi .
L’ UCCISIONE DEL MARESCIALLO LUIGI GALLERANI
“Conviene a questo punto
ricordare l’allucinate (ma significativa) disavventura del maresciallo Luigi
Gallerani che proprio l’11 agosto (del 1944, è il giorno convenzionalmente
indicato come quello della “liberazione” di Firenze), al seguito delle truppe
alleate, rientra a Firenze, e raggiunge casa sua in Borgognissanti, strada ben
presidiata dai franchi tiratori; si affaccia alla finestra, forse per rendersi
conto della situazione, e viene notato da un picchetto di partigiani a caccia
di “cecchini”, che lo invitano a scendere in strada. Appena fuori dal portone,
un gruppetto di persone inferocite assale il malcapitato e, senza ascoltare le
sue rimostranze, lo trascina di peso nella vicina via Orti Oricellari. Qui vien
prelevato da altri “patrioti”, che lo mettono immediatamente al muro, e lo
uccidono con una raffica di mitra.
Il figlio, partigiano, e la
vedova, dopo qualche giorno pretendono che venga aperta un’inchiesta….. (che
rimarrà senza esito ndr)
(Gigi Salvagnini, L’ultima
guerra civile, Firenze e la RSI, Bagno a Ripoli 2004)
LE RAGAZZE E LE BOMBE A MANO….
“Sono gli ultimi giorni del
mese di giugno 1944. Un giovane fiorentino, appartenente all’Opera Balilla,
dopo essere stato presso dei parenti in via Arnolfo, attraversa l’Arno al Ponte
S Nicolò, con l’intenzione di fare una passeggiata
Quando si trova nella zona
retrostante il Lungarno Francesco Ferrucci, un milite gli sbarra la strada. Il
giovane presenta i suoi documenti di balilla e riesca a proseguire. Dopo pochi
passi, assiste ad una scena inconsueta: una ventina di ragazze, al massimo
ventenni, con i capelli tagliati corti, come nessuna ragazza porta in quei
giorni. vestite in camicia nera, senza distintivi e in pantaloni militari al
posto della gonna che rimane d’obbligo pe tutte le donne, anche inquadrate in
Reparti militari
Queste strane ragazze si stanno
esercitando a tirare bombe a mano Balilla, le tirano due alla volta. Il ragazzo
osserva l’inconsueto spettacolo per qualche minuto, poi torna sui suoi passi e
si avvia a casa. Tornerà anche il giorno seguente, e la scena si ripeterà: le
ragazze coi capelli corti sono sempre allo stesso posto a esercitarsi con le
bombe a mano
Sembra proprio che si preparino
a combattere”
(Luca Tadolini, “I franchi
tiratori di Mussolini”, All’insegna del Veltro 1998)
Il ragazzo è Stelvio Dal Piaz;
le giovani che si esercitano sono il primo nucleo delle volontarie che
resteranno a Firenze a combattere, dopo la partenza dei tedeschi
11
Agosto 1944, data della liberazione di Firenze. Gli inglesi ed i
partigiani del C.T.L.N. entrano vittoriosi nel capoluogo toscano dopo un
mese di combattimenti. Combattimenti che Churchill ed i tedeschi
avrebbero volentieri evitato, ma che invece vollero ad ogni costo i
partigiani. Ma durante la “battaglia di Firenze” emerse un nuovo
originale fenomeno, quello dei cosiddetti “franchi tiratori”, per molti
organizzati da Alessandro Pavolini in persona, per altri autentico
“fenomeno” popolare voluto da quei ragazzi che, impossibilitati ad
arruolarsi nelle milizie della RSI per motivi anagrafici (i più avevano
tra 14 e 16 anni), scelsero un modo tutto loro per contribuire a
difendere la loro Firenze e l’idea sotto la quale erano nati e
cresciuti. Che abbiano combattuto dalla parte sbagliata? Può darsi… Ma
questo non può servire a definire questi baby-martiri dei “terroristi”,
come la storia dei vincitori ha fatto fino ad oggi. Ecco perchè, nella
speranza di una sempre più auspicabile pacificazione nazionale, è giusto
ricordare anche questi martiri delle guerra più sanguinosa della
storia.
I tedeschi avrebbero voluto dichiarare Firenze “città
aperta” e questo andava bene anche al primo ministro britannico Winston
Churchill che si era detto pronto a fare di tutto pur di “distruggere
Firenze il meno possibile”. La bellezza della nostra città infatti non
era seconda neppure alla guerra. Ed anche gli uomini ormai assetati solo
di sangue che si trovavano a scrivere il destino delle ultime
drammatiche ore della guerra più sanguinosa della storia, non potevano
restare immuni di fronte a tanta bellezza.
Chi avrebbe mai perdonato colui che avesse distrutto la
cupola del Brunelleschi? O abbattuto il campanile di Giotto? Chi avrebbe
mai avuto pace dopo aver distrutto Ponte Vecchio o Piazza della
Signoria? Chi si sarebbe mai fatto perdonare una bomba sopra la Galleria
degli Uffizi? Eppure Firenze non fu dichiarata “città aperta”. Il
C.T.L.N. (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) aveva definito
“Firenze città aperta” una “truffa” tedesca per indebolire lo spirito
combattivo dei fiorentini. Infatti il 18 giugno 1944, 46 giorni prima
dell’arrivo delle truppe alleate, il C.T.L.N. aveva già scelto la
soluzione dell’insurrezione armata anti-tedesca perchè, come si poteva
leggere in un manifesto del 27 luglio 1944: “l’unico modo per impedire o
diminuire le stragi e le violenze è quello di combattere i tedeschi”.
Lo stesso manifesto, forse in maniera non molto onorevole, suggeriva
che: “nelle scale, nelle stanze, nei vicoli, un tedesco si può accoppare
in mille modi”.
E questa decisione del C.T.L.N., che indubbiamente aveva
i propri obiettivi (occupare le sedi istituzionali prima degli
inglesi), fece sì che anche Firenze vivesse una propria battaglia
culminata nella giornata dell’11 agosto quando si stima, caddero quasi
700 fiorentini, tra civili, partigiani e militari. Una tragedia che
forse si sarebbe potuta ampiamente evitare. Ma la storia non la si
racconta con i “se” e con i “ma” e questo è quanto accadde.
Ma Firenze in quei giorni si distinse anche per un
“fenomeno” assolutamente anomalo ed originale. Mano a mano che i
partigiani e le truppe alleate avanzavano nella conquista di Firenze ed i
tedeschi si ritiravano verso nord, emerse una nuova forma di
“resistenza” tutta fiorentina con la quale partigiani ed alleati
dovettero fare i conti.
Molti ragazzini, di età compresa tra 14 e 18 anni, nati e
cresciuti sotto il regime fascista chiesero, venendo rifiutati
logicamente, di poter aderire ai reparti militari della RSI per
difendere Mussolini fino alla fine. Non ci dimentichiamo che Firenze era
la città di Alessandro Pavolini, giovanissimo Podestà prima e
Segretario Nazionale del Partito Fascista Repubblicano, nonchè capo
delle Brigate Nere, poi, autentico mito per i giovanissimi formatisi
nelle scuole fasciste.
E questi bambini (perchè quello si era a 14 o 15 anni ad
inizio secolo) che non poterono seguire Pavolini e Mussolini a Salò
decisero di dare il proprio contributo alla causa alla loro maniera ed
imbracciato un fucile (spesso recuperato dal cadavere di qualche soldato
o di qualche partigiano trovato nelle campagne attorno a Firenze) si
assieparono sui tetti dei palazzi di Firenze in attesa che partigiani ed
alleati entrassero in città per poi sparargli addosso con l’obiettivo,
tanto folle quanto assurdo, di difendere il capoluogo toscano. Furono i
cosiddetti “Franchi Tiratori” ai quali lo storico gruppo musicale degli
Amici del Vento, a suo tempo, aveva dedicato l’omonima ballata.
Su questi ragazzi, simili per certi versi agli
adolescenti che difesero Berlino nelle drammatiche ore della caduta del
Reich, tanto è stato detto e scritto, ma purtroppo quasi sempre con
l’occhio dei vincitori. Si è parlato di loro come di “terroristi” o come
di assassini. Si è detto che fossero squadracce organizzate da Pavolini
in persona ed addestrate ad uccidere da grande distanza. Si è detto
addirittura che alcuni di loro fossero provenienti da reparti in rotta
di Waffen-SS. Quanto di questo sia vero e quanto frutto di fantasia non
si può stabilire. Una cosa è certa, l’età di questi ragazzi e la loro
provenienza: tutti o quasi fiorentini, figli del popolo, di età compresa
tra 14 e 18 anni, con qualche picco oltre i 20. Quando venivano
catturati nessuno mosse loro un dito a pietà. Nessuno si commosse per la
giovanissima età. catturati venivano consegnati nelle mani del C.T.L.N.
che, etichettandoli appunto come “terroristi” o come “uomini di
Pavolini”, non indugiava a passargli per le armi.
Furono le giornate del 10 agosto e dell’11 agosto le più
sanguinose. Decine e decine di giovanissimi incolonnati per le vie di
Firenze (qualcuno ebbe a dire che “parevano gite di scolari forestieri
venuti a vedere le bellezze di Firenze…”) venivano condotti dai
partigiani nei luoghi dove sarebbero poi andate in scena le esecuzioni.
Fucilati. Quattordici o trent’anni in quel momento era uguale. L’umana
pietà aveva lasciato ormai posto soltanto all’odio e alla sete di
vendetta.
Non ci sentiamo dalla parte dei 200 fascisti uccisi,
come non ci sentiamo dalla parte dei 223 partigiani. Vogliamo sentirci
solo dalla parte di quegli 809 fiorentini che, fascisti o comunisti,
partigiani o civili, in quel tragico mesi di agosto del 1944 trovarono
la morte. E ricordando il sacrificio dei cuori più puri, di chi
imbracciò un fucile in buona fede, convinto di fare la scelta giusta in
nome di quella patria che aveva imparato ad amare fin da piccolo, non
vogliamo accentuare le divisioni, ma richiamare ancora una volta a
quella pacificazione nazionale che in Italia ancora oggi pare osteggiata
da certe fazioni politiche che al dialogo preferiscono l’odio. Non non
siamo tra questi. E ci teniamo ancora una volta a sottolinearlo.
I BOMBARDAMENTI
ALLEATI NON HANNO NEMMENO PRESO
NELLA
PIU’ LONTANA CONSIDERAZIONE
L’ IDEA DI CONSIDERARE FIRENZE UNA PURA E SEMPLICE CITTA’ D’ ARTE.
NELLA FOTO IL CENTRO DI FIRENZE VISTO DA PONTE VECCHIO
L’ IDEA DI CONSIDERARE FIRENZE UNA PURA E SEMPLICE CITTA’ D’ ARTE.
NELLA FOTO IL CENTRO DI FIRENZE VISTO DA PONTE VECCHIO
4 AGOSTO 1944- PER IMPEDIRE ALLE TRUPPE ALLEATE L' OCCUPAZIONE
DI FIRENZE VENGONO FATTI SALTARE I PONTI
13 AGOSTO 1944 - IL CENTRO DI FIRENZE
12 AGOSTO 1944 - PARTIGIANI RISPONDONO AL FUOCO DEI FRANCHI TIRATORI ASSERRAGLIATI UN PO' DOVUNQUE IN CITTA' |
14 AGOSTO 1944 - PARTIGIANI RASTRELLANO I QUARTIERI DOVE SONO
ASSERRAGLIATI I FRANCHI TIRATORI
12 AGOSTO 1944 - DUE MOMENTI DELLA LOTTA
PER SNIDARE I FRANCHI TIRATORI
SETTEMBRE 1944 - LA CACCIA AI FASCISTI :
LA MOGLIE E LA FIGLIA DI UN FASCISTA
VENGONO CONDOTTE IN GIRO PER LA CITTA'
SETTEMBRE 1944 - PARTIGIANI CHE TRASCINANO
UNA DONNA SCALZA ACCUSATA DI APPARTENERE AL FASCIO
VALDARNO (FIRENZE) LUGLIO 1944
UNA DONNA ISCRITTA AL PARTITO FASCISTA VIENE
COSTRETTA DAI PARTIGIANI A CIRCOLARE NUDA PER LE VIE
LUGLIO 1944
VALDARNO (FIRENZE) LUGLIO 1944
UNA DONNA ISCRITTA AL PARTITO FASCISTA VIENE
COSTRETTA DAI PARTIGIANI A CIRCOLARE NUDA PER LE VIE
PERIODICO DELLA
FEDERAZIONE DEI FASCISTI REPUBBLICANI DI FIRENZE
ULTIMO NUMERO DEL
SETTIMANALE
PUBBLICATO DAL SETTEMBRE 1943 AL LUGLIO 1944
SONO RICORDATI I
COLLABORATORI DEL GIORNALE CHE DURANTE I DIECI MESI DI USCITA SONO STATI UCCISI
DAI PARTIGIANI
Il 29 luglio del ’44, sui muri
di Firenze viene affisso l’ultimo numero di “Repubblica”, il giornale della
Federazione del PFR. Questo uno stralcio dell’articolo di commiato:
“La nostra posizione di
combattenti, perché tali siamo e lo stanno a dimostrare le centinaia di nostri
martiri, ci dà il diritto e ci impone il dovere di ripiegare, per non
disperdere energie e riservarci per l’ultima battaglia…..
Oltre al nostro saluto,
vogliamo rivolgere ai concittadini anche una raccomandazione. Quella di
comportarsi con dignità davanti al nemico che invaderà con la sua gente di
colore le vie, i giardini, i palazzi e i monumenti della città del giglio
A tutti i fiorentini, di
qualunque idea politica, di qualunque ceto ed età, noi chiediamo di mantenere
alto il prestigio della stirpe. I cosiddetti nobili non si prostituiscano nei
ricevimenti delle autorità di occupazione; la borghesia ed il popolo non si
abbassino a mendicare l’aiuto della soldataglia nemica; le nostre donne non
cadano in solluchero alla vista dei damerini dell’esercito anglosassone…..
Andandocene abbandoniamo qui le
nostre case, qualche nostra famiglia, qualche nostro camerata. E’ un patrimonio
di italianità che vogliamo credere sarà rispettato dagli Italiani….”
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