Disoccupazione, cresce l’allarme nel
Nord Est
In
una recente nota della Cgia( associazione artigiani e piccole
imprese) di Mestre risulta che il 24% dei disoccupati della regione
sono stranieri e questo dato pare destinato ad aumentare per effetto
della crisi, che non colpisce solo i nostri connazionali, ma anche
quelli che, attirati da offerte di lavoro a tasso zero, clandestini
e non, si sono tuffati in Italia, scambiandola per un nuovo
Eldorado. Le anime belle dell’”immigrazione tout court”, delle
“porte aperte”, degli stupidi slogan “nella mia città nessuno è
straniero” dovrebbero ora spiegarci cosa succederà nel momento in
cui le piccole e medie aziende dell’area veneta entreranno in crisi
ancor più di oggi, come sarà ricollocata questa massa lavoro e a
scapito di chi?
Era
facile prevedere che prima o poi sarebbe arrivata la resa dei conti
dopo anni di propaganda buonista pro immigrazione selvaggia, che
ancora oggi conta numerosi paladini tra gli imprenditori, la
sinistra, il governo e il clero. A gennaio in Veneto a fronte di
172.188 disoccupati, il 24% ,ossia 41.877 è rappresentato da
stranieri, con città capolista Treviso, leghista per eccellenza, con
il 32% .ma che evidentemente non disdegna l’extracomunitario quando
c’è da abbassare il cosiddetto “costo del lavoro”. Seguono poi a
ruota Padova e Vicenza con punte del 27% e Verona con il 23%.
Per
Giuseppe Bortolussi la perdita di posti di lavoro rischia di
tramutarsi in una vera “emergenza sociale” e chiede al governo di
rivedere, ovviamente in senso filo aziendale la “politica delle
quote d’ingresso”, dando certezza di un lavoro a chi entra in
Italia. Peccato che il Bortolussi dimentica che ci sono anche i
nostri connazionali ,ai quali pochi pensano, stretti dal cappio
della flessibilità che si traduce in precariato e salari da fame.
Il rappresentante della Cgia snocciola dati che indicano che ad
assorbire il 70% dei lavoratori stranieri in Veneto, sono le micro
imprese, quelle con meno di 10 dipendenti e che non possono fornire
alcun ammortizzatore sociale perché la Cig ordinaria e straordinaria
non è prevista per questa tipologia di aziende. Anche qui il governo
si dovrebbe impegnare ad estendere la Cig , al fine di evitare,
prosegue, Bortolussi il “rischio di clandestinità”. Prima gli
imprenditori fanno incetta di mano d’opera a basso
costo,preferendola a quella nazionale, ma poi quando le cose vanno
male, chiedono aiuto allo Stato ovvero a tutti noi, della serie già
vista: gli utili a me e le perdite invece vanno socializzate.
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