Lo ricordiamo con un estratto del suo discorso al momento dello scioglimento della Legione Autonoma:
«Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino in fondo. Ci siamo
battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta
fosse dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per
sopravvivere; perché l'Italia riprendesse quel posto segnato da millenni
di storia. Per il domani, una volta raggiunta la pace, vi sono
speranze. Forse molte più di quanto non immaginiamo. E' necessario
riaffermare il valore sacro dei nostri principi, i principi del
Fascismo.
Dovremo
denunciare i futuri falsificatori della Storia, indicandoli come dei
servili mercanti. La storia della nostra Legione è stata breve ma
intensa. Non disperdiamone il seme. »
27 aprile 1945 - Discorso ai ragazzi della Legione
Davanti al plotone di esecuzione disse:
“FATE
VELOCE A FUCILARMI CHE MI FATE SCHIFO E NON SIETE DEGNI DI STARMI DAVANTI” concluse con : “ E ANDATE A CAGARE”
dopodichè
partì la scarica di mitra
1922
Una immagine della “Randaccio”, che poi confluirà nella “Sciesa”,
facendone la più forte squadra milanese, tra gli squadristi ritratti ci
dovrebbe essere anche Franco Colombo, il futuro Comandante della “Muti”
FRANCO COLOMBO : IN CARCERE MA INNOCENTE
Dopo la conquista del potere,
personaggi come Colombo divennero “naturalmente” scomodi per il fascismo, che
pure tanto al loro doveva e al quale loro non volevano rinunciare. Molti
sparirono dalla scena pubblica, altri a malincuore, per ragioni alimentari, si
intrupparono nella Milizia, il futuro Comandante della Muti continuò a
frequentare l’ambiente milanese (il suo nome compare spesso in allarmati
rapporti prefettizi su manovre “di fronda”), nel quale poteva contare
sull’amicizia del federale Giampaoli e dello stesso Arnaldo Mussolini. Diventato
responsabile del Gruppo Rionale Fascista “Ludovico Montegani” ebbe modo di
mettere in mostra le sue capacità organizzative, finche non incappò in un
brutto incidente. La sera del 19 settembre del 1926, accompagnato da un
iscritto al gruppo, tale Franco Giuseppe Carbone, si reca ad incontrare
l’avvocato Alessandro Garavaglia, esponente anche lui del fascismo locale, per
regolare alcune questioni finanziarie in sospeso (i due avevano avuto in comune
un’impresa di auto pubbliche poi fallita). La discussione si fa animata, finchè
si intromette il Carbone che spara all’avvocato, uccidendolo. Ci sono testimoni
(e la vecchia ruggine è nota), per cui nel giro di poche ore lo sparatore e
Colombo sono associati a San Vittore. Dopo sei mesi la piena confessione del
Carbone che si assume ogni responsabilità e l’accertata assenza di ogni
premeditazione, fanno però scarcerare Colombo, accolto all’uscita dal carcere
da una manifestazione di affetto dei suoi uomini. Meno ben disposti si
dimostrano i dirigenti locali del fascismo: Giampaoli non può difenderlo più di
tanto perché a sua volta oggetto di attacchi di “cordate” avverse, e il 9
aprile del ’27 Colombo è espulso dal Partito per indegnità, nonostante la sua
estraneità al fatto delittuoso sia provata. Da allora in poi tirerà avanti con
fatica, con lavoretti che lo porteranno anche in Sicilia per un certo periodo,
finchè, a luglio del ’43, per vie non ancora ben chiarite sarà tra gli
squadristi in cerca di un contatto con Muti e in attività per trovare il modo
di liberare Mussolini Nelle ore immediatamente successive alla resa riapre la
federazione milanese, con un gruppo di vecchi squadristi, e il 18 fonda una
squadra, la “Ettore Muti”, con sede in via della Zecca Vecchia.
Il biglietto che da carcere Colombo
indirizzò a Mussolini, un'altra prova
che non era proprio l'ultimo arrivato
sulla scena del primo fascismo milanese
Fu il comandante della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti.
Nel 1918, arruolato nel Regio Esercito insieme ai cosiddetti "Ragazzi
del '99", partecipò alla prima guerra mondiale come aviere e fu
squadrista della prima ora. Dopo la conquista del potere da parte del
fascismo divenne responsabile del Gruppo rionale "Montegani" intitolato
ad un aviatore caduto nella prima guerra mondiale.
MILANO OTTOBRE 1943 FRANCO COLOMBO CON I SUOI LEGIONARI
L’ESEMPIO DI GARIBALDI
Franco Colombo, sotto accusa
per alcune discutibili adesioni alla Muti, spiega le sue ragioni al federale
Resega: “Quando Garibaldi partì da Quarto per andare a liberare l’Italia, non
chiese ai suoi garibaldini di presentare all’imbarco sul Rubattino il
certificato penale. Eppure, fece l’Italia ! Io, che tu dici che sono un
balordo, con i miei balordi faremo piazza pulita dei traditori, dei gerarchi
vigliacchi, del’antifascismo....Li hai visti i gerarconi di allora dare
adesione al nuovo fascismo repubblicano ? No ! Quelli non ci sono più, hanno
tradito. Ma ci siamo noi ora, Resega. Sta tranquillo che ce la faremo !”
(in: Massimiliano Griner, La
pupilla del duce, Torino 2004)
La squadra d'azione Ettore Muti
Il 18 settembre 1943, fu costituita ufficialmente la Squadra d'Azione
Ettore Muti inglobando altre quattro squadre formatesi precedentemente
sotto il comando di Francesco Colombo. Le prime reclute furono arruolate
tra fascisti di provata fede.
« Quando Garibaldi partì da Quarto per andare a liberare l'Italia non
chiese ai suoi garibaldini di presentare all'imbarco sul Rubattino il
certificato penale...Eppure fece l'Italia! Io, che tu definisci un
balordo, con i miei balordi, farò piazza pulita dai traditori, dai
gerarchi vigliacchi, dall'antifascismo...Li hai visti i gerarconi di
allora aderire al nuovo fascismo repubblicano?
No!... quelli non ci sono più: hanno tradito! Ma ci siamo noi ora,
stà tranquillo, Resega, che ce la faremo! Tutti i giorni ci ammazzano e
tu vuoi che si faccia la fine del topo? Quali forze abbiamo che facciano
rispettare le nostre vite, le nostre famiglie e le nostre case? Ora
provvederà lo squadrismo milanese! »
(Francesco Colombo rispondendo alle obiezioni del federale Aldo Resega)
Questa presa di posizione determinò la nascita di due distinte
correnti nella città di Milano: quella moderata, che faceva capo allo
stesso federale Aldo Resega e poi a Vincenzo Costa e sostanzialmente
alla maggioranza degli iscritti al Partito Fascista Repubblicano, e
quella estremista, capeggiata dal comandante della Muti.
Il 16 dicembre, come testimoniato dal vice federale Vincenzo Costa,
si approvò nel corso di una riunione del PFR lo scioglimento della
Squadra d'Azione:
« Resega aveva presentato un elenco di elementi dal passato turbolento, già espulsi dal vecchio partito e tra quelli da
eliminare dalla vita politica del nuovo partito erano nomi noti, tra i
quali Alemagna, vice comandante della squadra Muti, e l'avvocato
Mistretta. Anche il capo della squadra politica aveva redatto un simile
elenco che in qualche caso coincideva con quello di Resega. Lo
scioglimento delle squadre d'azione avrebbe provocato certamente la
ribellione di alcuni loro componenti, che avrebbero visto nei
provvedimenti un cedimento che lasciava campo libero agli antifascisti;
il questore Coglitore assicurò al ministro degli Interni che l'arresto
dei designati all'epurazione sarebbe avvenuto da mezzanotte all'alba del
19 dicembre con un'operazione simultanea. »
(Vincenzo Costa nel suo diario in data 16 dicembre 1943)
Ma furono gli omicidi, commessi dai GAP, di Piero de Angeli il 17
dicembre e la mattina dopo dello stesso federale Aldo Resega a far
prevalere momentaneamente la fazione di Colombo e della sua Squadra.
« Da oggi noi squadristi prenderemo il comando di Milano; basta con la bontà, con la generosità: qui ci fanno fuori tutti! »
(Dichiarazione di Francesco Colombo in seguito all'omicidio di Aldo Resega)
Colombò elevò a federale di Milano, Dante Boattini. Il questore
Domenico Coglitore che si era dimesso in seguito all'omicidio di Aldo
Resega fu sostituito con il colonnello Camillo Santamaria Nicolini. Il
nuovo federale Boattini decise di non procedere più allo scioglimento
della "Muti".
Comandante della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti
Il 19 marzo 1944 Colombo partì per il Piemonte insieme ai primi
scaglioni della Legione che si recavano in zona operativa (1º
Battaglione “Aldo Resega”, 2º Battaglione “De Angeli” e Compagnia
speciale "Baragiotta"). Costituì quindi il comando nell'ex sede della
Gioventù italiana del littorio di Cuneo. Rientrò a Milano il 27 marzo
lasciando il comando delle operazioni militari al tenente colonnello
Ampelio Spadoni. Qui i reparti della "Muti" furono impiegati
principalmente nel presidio delle principali località del cuneese e
nell'attività di rastrellamento. Dopo il 28 maggio alcune compagnie
furono dislocate anche nel vercellese.
Il 7 giugno in località Brossasco Colombo fu lievemente ferito nel
corso di una imboscata mentre effettuava uno dei suoi consueti giri di
ispezione nel cuneese, mentre il 14 agosto assumendo direttamente il
comando della Compagnia Speciale "Baragiotta-Salines" partecipò a un
rastrellamento a Varzi in provincia di Pavia.
Il ridotto della Valtellina
Negli ultimi giorni della RSI, anzi nelle ultime ore, Colombo suggerì
al Duce di preferire il ridotto valtellinese assicurando che anche in
quello i "documenti" (il famoso carteggio oggetto delle mire di Winston
Churchill) sarebbero stati protetti altrettanto bene che in Svizzera.
Quando Mussolini lasciò Milano fu scortato anche da arditi della "Muti".
Colombo, dopo aver inutilmente atteso i reparti provenienti dal
Piemonte, partì per Como il 26 aprile con circa 200 legionari rimasti
ancora a Milano ricongiungendosi con Pavolini. Avendo perso Mussolini
nel frattempo ripartito per Menaggio la colonna fascista stipulò un
accordo con il CLN per avere libero transito, ma il mattino del 27
aprile, contravvenendo agli accordi, i partigiani bloccarono la strada
presso Cernobbio intimando la resa. I reparti fascisti furono sciolti.
Anche Colombo si risolse a sciogliere i reparti della "Muti":
« Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino in fondo. Ci siamo
battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta
fosse dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per
sopravvivere; perché l'Italia riprendesse quel posto segnato da millenni
di storia. Ma ora ho il dovere di impedire inutili spargimenti di
sangue. Mi hanno assicurato che quelli che non si sono macchiati di
gravi reati saranno lasciati liber. Questo è il momento più brutto della
nostra vita, ma dobbiamo sopravvivere. Per il domani, una volta
raggiunta la pace, vi sono speranze. Forse molte più di quanto non
immaginiamo. E' necessario riaffermare il valore sacro dei nostri
principi, i principi del Fascismo. Dovremo denunciare i futuri
falsificatori della Storia, indicandoli come dei servili mercanti. La
storia della nostra Legione è stata breve ma intensa. Non disperdiamone
il seme. »
(Francesco Colombo scioglie i reparti della "Muti" giunti fino a Como)
Telegramma di Mussolini a Colombo nel primo anniversario della fondazione della Muti
La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti è sciolta da Colombo alle 8 del
mattino del 27 aprile. Il Comandante raduna i suoi uomini nella piazza
dell’imbarcadero di Como e comunica loro malinconicamente che il giuramento
alla RSI è da ritenersi sciolto. Riaffermeremo ovunque i principi sacri del
Fascismo. La storia della nostra Legione è stata breve, ma intensa. Non
disperdiamone il seme. Questo è il momento più brutto della nostra vita, ma
l’Italia dovrà un giorno riprendere quel posto tracciato da millenni di storia.
La nostra battaglia sarà la medesima: lo spirito al di sopra della materia,
l’eroismo come legge morale. Sono certo che nessuno di voi, tornando dai propri
cari, dimenticherà l’alto insegnamento etico che la Legione, schieramento di
punta del Fascismo in armi, vi ha fornito in questo breve periodo. Protettori
dei deboli e dei diseredati, amici degli umili, temerari come nessuno in
battaglia, voi arditi avete onorato la sacra consegna del Duce e dei nostri
martiri. Grazie ragazzi: sono orgoglioso di voi! Quando Colombo pronuncia le
ultime parole con cui li congeda, gli arditi hanno gli occhi lucidi, i loro
volti sono rigati dalle lacrime. Sentono dentro la loro anima tutto il peso di
una sconfitta di civiltà, per realizzare la quale si sono mobilitate le più
alte potenze plutocratiche e tecnocratiche della storia. Un immenso sentimento
di malinconia, struggente e inspiegabile, rimarrà nell’anima a ricordo
dell’esperienza legionaria. Ma quasi tutti, tra loro, saranno uccisi nella via
del ritorno. Decine e decine, vittime di stragi, saranno brutalmente eliminati
in seguito a torture. Alcuni, non identificati, spariranno bruciati negli
inceneritori nei sotterranei della stazione centrale di Milano. Quei pochissimi
che, invece, riusciranno miracolosamente a sopravvivere saranno guardati con
diffidenza ed ostilità da tutti in quanto “mutini”, “fascisti della Muti”…. Colombo,
invece, catturato a Cadenabbia il 27 aprile del 1945 dove era in missione alla
ricerca di Mussolini, sarà fucilato a Lenno alle 13 del 29 aprile (non del 28
aprile come hanno riportato erroneamente una serie di storici, copiandosi a
vicenda). Quando gli comunicano che Mussolini è stato ucciso, che molti suoi
arditi sono stati passati per le armi, dice di voler morire. Dopo il
processo-farsa, alla fine del quale apprende dai carcerieri di essere
condannato a morte, Colombo risponde soltanto: “finalmente!”. Poco prima di
essere fucilato, alla domanda se ha bisogno dell’assistenza spirituale di un
prete, risponde: “Non ho niente di cui pentirmi”. Dopo avergli legato i polsi
dietro le spalle con un fil di ferro, i partigiani gli chiedono quale è il suo
ultimo pensiero. Colombo, con un berretto nero, alla sciatora in testa, molto
simile a quello delle Brigate Nere, risponde in dialetto milanese: “Andate a
cagare…siete solo dei vigliacchi…Viva il Duce!”. Sereno, fissandoli negli
occhi, ripete ai partigiani: “Femm dumà prest” (Fate solo presto!). La raffica
di mitra dei partigiani, ormai deceduto il Comandante, tinge di rosso il
berretto nero disceso frattanto sul petto. Sono i rivoli di sangue che sgorgano
copiosi… Dopo la morte del Comandante, in diversi casi agenti dei servizi
segreti anglosassoni penetreranno e perquisiranno le abitazioni dei parenti di
Colombo, nella disperata ricerca di documenti altamente compromettenti per la
storia dell’Inghilterra, documenti che – è lecito pensare – il Duce, in virtù
della stima e della fiducia, dette nelle mani del Comandante. Dopo la guerra,
decine di persone si presenteranno a casa del fratello del Comandante, rimasto
disoccupato ed osteggiato in quanto legato addirittura da vincoli di sangue
all’estremista fascista Franco Colombo, per offrire aiuto e lavoro, in quanto –
secondo la loro stessa testimonianza – “ebbero la vita salva grazie al
Colombo….”. Lo stesso neofascismo italiano ha sempre ignorato ed in molti casi
disprezzato la figura del Comandante Colombo, al punto da preferirgli
esplicitamente figure di importazione come ad esempio Degrelle o Skorzeny. Ora,
se è vero che queste ultime sono figure degne del massimo rispetto, è anche
vero che sono figure completamente estranee, per mentalità ed orizzonti, allo
squadrismo fascista rivoluzionario. Viceversa Colombo, incarna fino in fondo
l’essenza mistico-squadrista del Fascismo. Ne ha portato fino alle più limpide
soglie l’etica di fedeltà e sacrificio. Franco Colombo torna in prima linea
dopo l’8 settembre, quando la sorte negativa del fascismo incombe minacciosa.
E’ una scelta da autentico testimone. Con estrema coerenza, il Comandante ha
rialzato la bandiera nera nel momento della tragedia, servendo con animo da
apostolo la più mistica e la più mediterranea delle idee. Si può dunque
azzardare che il Comandante della “Muti”, nella Storia, è, dopo il Duce
Mussolini, nella schiera dei fascisti più determinati ed intransigenti. Franco
Colombo è dunque il simbolo immortale del Fascismo.
UFFICIALI E SOTTUFFICIALI DELLA
LEGIONE AUTONOMA "ETTORE MUTI"
Forza della legione : Ufficiali 69, sottufficiali 89, graduati 44,
arditi 1.306, per un totale di 1.508 effettivi.
29 APRILE 1945-LAGO DI COMO
IL COLONNELLO FRANCO COLOMBO (CHE SI INTRAVVEDE DENTRO IL
FINESTRINO) VIENE PORTATO DAI PARTIGIANI A LENNO,, PER ESSERE FUCILATO CONTRO
IL MURO DI UN BAR , DOVE ALCUNI MESI PRIMA, SI ERA SVOLTO UN
CONFLITTO TRA
FASCISTI E PARTIGIANI
LA MORTE DI UNO SQUADRISTA
“Verso le 13 di domenica 29
aprile 1945 (non del 28 come solitamente si riporta), i polsi assicurati dietro
le spalle, legati con un fil di ferro, con la pioggerella che batte
insistentemente, Colombo viene portato a Ganzo di Mezzegra, località scelta
perché un anno prima qui furono fucilati sei partigiani, che avevano in
precedenza colpito mortalmente quattro fascisti repubblicani
Alla domanda se ha bisogno
dell’assistenza spirituale di un prete, risponde: “Non ho niente di cui
pentirmi”
Lo sbattono con violenza contro
il muro, in un angolo, vicino ad una pasticceria. I partigiani gli chiedono
qual è l’ultimo pensiero che vuole esprimere. Colombo risponde in milanese:
“Andate a cagare…Siete solo dei vigliacchi. Viva il duce !”
Il Comandante è fermo. Osserva
con tranquillità negli occhi coloro che gli stanno per dare la morte. Ha le
immagini dei suoi Arditi negli occhi della mente e nel cuor; sa già che molti
di loro sono stati ferocemente uccisi, senza nessun rispetto della parola
data…..
Ora si ritrova con le spalle
appoggiate al muro, pochi istanti di vita davanti, il fil di ferro legato ai
polsi dietro le spalle, i mitra piantati in faccia, la pioggia che batte senza
tregua. Così muore l’ultimo squadrista
“E’ sereno, e guardandoli negli
occhi, dice: “Femmdumàprest” (Fate solamente presto)
Partono le prime scariche di
mitra. Cade in ginocchio, poi un’altra raffica, si accascia definitivamente su
un fianco
Il suo berretto nero, mentre il
corpo cade a terra, gli rotola sul petto; i rivoli di sangue che sgorgano,
copiosi, dalle ferite, lo coprono di sangue”
(Luca Fantini, “Gli ultimi
fascisti, Franco Colombo e gli Arditi della Muti”, Città di Castello 2007)
Franco Colombo era stato
squadrista ai tempi della vigilia, nella “Randaccio” milanese; a lui si deve,
in particolare, la presa di Palazzo Marino il 3 agosto del’22, quando, con
altri due o tre compagni di squadra, passando da una finestra, si introdusse
nella sede comunale e aprì il pesante portone di ingresso.
Giacinto Reale
Giacinto Reale
OTTOBRE 1944
28 ottobre 1944 Milano
L'ultima spedizione
Il figlio di Mussolini Vittorio e l'ex vice segretario del PRF Pino
Romualdi anch'essi a Como furono convinti da un ufficiale del servizio
segreto Alleato a raggiungere Mussolini a Menaggio per convincerlo a
consegnarsi agli Alleati. Alla spedizione in partenza si unì anche
Colombo. A garantire l'incolumità dei membri della spedizione fu
Giovanni Dessy munito di un apposito lasciapassare ma a Cadenabbia, la
piccola colonna formata da due macchine incappò in un posto di blocco
partigiano. Nonostante Dessy mostrasse le credenziali del CLN. queste
non furono prese in considerazione e gli occupanti delle vetture furono
sequestrati e portati a San Fedele. Qui Dessy riuscì a far rilasciare
Romualdi che non era stato riconosciuto. Colombo fu trattenuto per due
giorni poi il 28 aprile fu condotto a Lenno e sommariamente fucilato. La
sua tomba oggi si trova nel campo 10 del Cimitero Monumentale di
Milano, dove sono sepolti i caduti della Repubblica Sociale Italiana.
Francesco Colombo, detto
"Franco" nacque a Milano, 26 luglio 1899.
Colombo fu uno dei “ragazzi del
'99” che nel 1918 partecipa alla Prima Guerra Mondiale come aviere, contribuendo così al ricongiungimento
all'Italia delle terre irredente. Fascista
della prima ora, Franco Colombo partecipa allo squadrismo fino alla presa del
potere da parte di Mussolini, diventando
responsabile del gruppo rionale fascista “Montegani”.
Nel 1943 non esita ad aderire
alla Repubblica Sociale Italiana, fondando il 18 settembre la Squadra d'Azione Ettore Muti, intotalata
appunto al soldato più decorato della storia d'Italia vigliaccamente assassinato dai traditori della
Patria.
La Squadra d'Azione Muti,
composta da Fascisti di provata fede rappresentava l'ala più dura e intransigente del Fascismo Repubblicano
milanese, determinata a difendere ad ogni costo e con ogni metodo la Patria dai banditi che
collaboravano con l'invasore.
Gli omicidi di Piero De Angeli
e di Aldo Resega da parte delle forze partigiane nel dicembre del 1943 accrescono ancora di più questa
determinazione.
Il 19 marzo 1944 viene
costituita la Legiona Autonoma Ettore Muti con l'approvazione del Ministro dell'Interno Guido Buffarini Guidi. A Colombo
venne assegnato il grado di Colonnello.
Da gruppo squadrista milanese
il gruppo di Colombo diventa una vera e propria forza militare della Repubblica Sociale Italiana. La Legione viene
chiamata anzitutto a fronteggiare le bande partigiane in Piemonte, in particolare nelle
province di Cuneo e di Vercelli. La Legione Autonoma Ettore Muti fu definita dal Duce “la mia
pupilla”: a dimostrazione di questa grandezza, furono gli stessi reparti della LAM a scortare Mussolini
quando lasciò Milano.
Significativo è il pensiero di
Colombo: il Fascismo come redenzione. La LAM aprì le porte a moltissimi italiani (inquadrati nel reparto
“Battaglione Ricostruzione Redenzione”) che vennero salvati dalla deportazione in Germania o dal
carcere forzato. Ad essi Colombo offrì la possibilità di redimere i propri errori scegliendo la
bellezza del combattimento per la Patria.
Negli ultimi giorni della RSI
Colombo tenta di ricongiungersi a Mussolini al seguito di duecento legionari, ma il 27 aprile, contravvenendo
agli accordi, una colonna partigiana blocca la Muti presso Cernobbio. Colombo, ritenendo doveroso
evitare un inutile spargimento di sangue, accetta la resa e scioglie i reparti.
L'ultima spedizione di Colombo
per raggiungere Mussolini si concluse con un altro blocco partigiano sempre in violazione degli accordi;
Franco Colombo verrà portato a Lenno e sommariamente
fucilato il 28 aprile 1945.
La sua tomba nel Campo X
testimonia la vita di uomo che intese il Fascismo come sacrificio e redenzione, fedele al comandamento secondo il
quale non vi sono privilegi se non quello di compiere il proprio dovere.
Lo ricordiamo con un estratto
del suo discorso al momento dello scioglimento della Legione Autonoma:
«Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino
in fondo. Ci siamo battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta fosse
dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per sopravvivere; perché l'Italia riprendesse
quel posto segnato da millenni di storia. Per il domani, una volta raggiunta la pace, vi sono
speranze. Forse molte più di quanto non immaginiamo.
E' necessario riaffermare il valore sacro dei nostri principi, i principi del
Fascismo.
MILANO 18 DICEMBRE 1944
Milano 1945
Il segretario del PFR Alessandro Pavolini e il comandante della
"MUTI" Franco Colombo in visita alla caserma della Legione Autonoma
"ETTORE MUTI" in via Rovello
LEGIONARI DELLA MUTI
22 FEBBRAIO 1945
Legionari della Muti, di picchetto allo stabilimento Caproni a Taliedo,
con al centro il loro comandante Franco Colombo.
MILANO
Piero Parini e Francesco Colombo presso l'Arena Civica con gli arditi della Compagnia Giovanile "Alfiero Feltrinelli"
14 SETTEMBRE 1943
BATTAGLIONE DI COMBATTIMENTO VOLONTARI "ETTORE MUTI"
COLOMBO CON PAVOLINI AI FUNERALI DI ETTORE MUTI
L' ECO BERGAMO 1 MAGGIO 1945
MILANO CIMITERO MAGGIORE IL CAMPO X DEI CADUTI DELLA RSI
DOVE E' SEPOLTO FRANCESCO COLOMBO
La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti è sciolta da Colombo alle 8 del
mattino del 27 aprile. Il Comandante raduna i suoi uomini nella piazza
dell’imbarcadero di Como e comunica loro malinconicamente che il giuramento
alla RSI è da ritenersi sciolto. Riaffermeremo ovunque i principi sacri del
Fascismo. La storia della nostra Legione è stata breve, ma intensa. Non
disperdiamone il seme. Questo è il momento più brutto della nostra vita, ma
l’Italia dovrà un giorno riprendere quel posto tracciato da millenni di storia.
La nostra battaglia sarà la medesima: lo spirito al di sopra della materia,
l’eroismo come legge morale. Sono certo che nessuno di voi, tornando dai propri
cari, dimenticherà l’alto insegnamento etico che la Legione, schieramento di
punta del Fascismo in armi, vi ha fornito in questo breve periodo. Protettori
dei deboli e dei diseredati, amici degli umili, temerari come nessuno in
battaglia, voi arditi avete onorato la sacra consegna del Duce e dei nostri
martiri. Grazie ragazzi: sono orgoglioso di voi! Quando Colombo pronuncia le
ultime parole con cui li congeda, gli arditi hanno gli occhi lucidi, i loro
volti sono rigati dalle lacrime. Sentono dentro la loro anima tutto il peso di
una sconfitta di civiltà, per realizzare la quale si sono mobilitate le più
alte potenze plutocratiche e tecnocratiche della storia. Un immenso sentimento
di malinconia, struggente e inspiegabile, rimarrà nell’anima a ricordo
dell’esperienza legionaria. Ma quasi tutti, tra loro, saranno uccisi nella via
del ritorno. Decine e decine, vittime di stragi, saranno brutalmente eliminati
in seguito a torture. Alcuni, non identificati, spariranno bruciati negli
inceneritori nei sotterranei della stazione centrale di Milano. Quei pochissimi
che, invece, riusciranno miracolosamente a sopravvivere saranno guardati con
diffidenza ed ostilità da tutti in quanto “mutini”, “fascisti della Muti”…. Colombo,
invece, catturato a Cadenabbia il 27 aprile del 1945 dove era in missione alla
ricerca di Mussolini, sarà fucilato a Lenno alle 13 del 29 aprile (non del 28
aprile come hanno riportato erroneamente una serie di storici, copiandosi a
vicenda). Quando gli comunicano che Mussolini è stato ucciso, che molti suoi
arditi sono stati passati per le armi, dice di voler morire. Dopo il processo-farsa,
alla fine del quale apprende dai carcerieri di essere condannato a morte,
Colombo risponde soltanto: “finalmente!”. Poco prima di essere fucilato, alla
domanda se ha bisogno dell’assistenza spirituale di un prete, risponde: “Non ho
niente di cui pentirmi”. Dopo avergli legato i polsi dietro le spalle con un
fil di ferro, i partigiani gli chiedono quale è il suo ultimo pensiero.
Colombo, con un berretto nero, alla sciatora in testa, molto simile a quello
delle Brigate Nere, risponde in dialetto milanese: “Andate a cagare…siete solo
dei vigliacchi…Viva il Duce!”. Sereno, fissandoli negli occhi, ripete ai
partigiani: “Femm dumà prest” (Fate solo presto!). La raffica di mitra dei
partigiani, ormai deceduto il Comandante, tinge di rosso il berretto nero
disceso frattanto sul petto. Sono i rivoli di sangue che sgorgano copiosi… Dopo
la morte del Comandante, in diversi casi agenti dei servizi segreti
anglosassoni penetreranno e perquisiranno le abitazioni dei parenti di Colombo,
nella disperata ricerca di documenti altamente compromettenti per la storia
dell’Inghilterra, documenti che – è lecito pensare – il Duce, in virtù della
stima e della fiducia, dette nelle mani del Comandante. Dopo la guerra, decine
di persone si presenteranno a casa del fratello del Comandante, rimasto
disoccupato ed osteggiato in quanto legato addirittura da vincoli di sangue
all’estremista fascista Franco Colombo, per offrire aiuto e lavoro, in quanto –
secondo la loro stessa testimonianza – “ebbero la vita salva grazie al Colombo….”.
Lo stesso neofascismo italiano ha sempre ignorato ed in molti casi disprezzato
la figura del Comandante Colombo, al punto da preferirgli esplicitamente figure
di importazione come ad esempio Degrelle o Skorzeny. Ora, se è vero che queste
ultime sono figure degne del massimo rispetto, è anche vero che sono figure
completamente estranee, per mentalità ed orizzonti, allo squadrismo fascista
rivoluzionario. Viceversa Colombo, incarna fino in fondo l’essenza
mistico-squadrista del Fascismo. Ne ha portato fino alle più limpide soglie
l’etica di fedeltà e sacrificio. Franco Colombo torna in prima linea dopo l’8
settembre, quando la sorte negativa del fascismo incombe minacciosa. E’ una
scelta da autentico testimone. Con estrema coerenza, il Comandante ha rialzato
la bandiera nera nel momento della tragedia, servendo con animo da apostolo la
più mistica e la più mediterranea delle idee. Si può dunque azzardare che il
Comandante della “Muti”, nella Storia, è, dopo il Duce Mussolini, nella schiera
dei fascisti più determinati ed intransigenti. Franco Colombo è dunque il
simbolo immortale del Fascismo.
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